Introduzione e Prologo
Tutto è essenza.
Tutto è energia.
Tutto è psiche.
La psiche è l'intelletto cosciente della volontà.
La psiche è l'energia di trasformazione.
La psiche è l'essenza dell'incondizionato.
La psiche è la razionalizzazione del caotico.
La psiche è il tramite tra la materia e l'immaginazione.
La psiche è il fondamento della verità trascendentale.
Prologo. L'origine di tutto
Così da me è stato udito.
Non è mai esistito il nulla assoluto. In principio vi erano il piano delle probabilità e il regno dell'immaginazione.
L'io ebbe origine dalle informazioni contenute a livello probabilistico e dalle infinite possibilità dell'immaginario; nel momento in cui il probabile e il possibile ebbero modo di congiungersi, si formò l'autoconsapevolezza da cui nacque la volontà.
Essenza, Conoscenza, Potere, i tre archetipi.
Il libero arbitrio si manifestò quando la coscienza acquisì volontà propria, assimilando la conoscenza e acquisendo piena facoltà di sé.
Determino, dunque sono determinato. Io so, dunque posso. Io posso, dunque so.
L'io consapevole plasmò la sostanza dall'immaginario trasferendo sul piano materiale l'energia della volontà e le informazioni contenute a livello probabilistico. A seguito di ciò la volontà si scisse moltiplicandosi, divenendo un aggregato disarmonico che influì sull'essenza della materia.
⁂
L'esistente divenne egemonia di ciascuna volontà, tuttavia non bastò a placare la loro brama. Fu così che venne elargita la consapevolezza dell'esistenza sul piano materiale, la vita.
I primi individui dotati di coscienza ad aver beneficiato del dono della creazione furono i Puruṣa, esistenze primordiali conosciute come "uomini cosmici"; essi erano composti da tutti gli elementi compreso uno dei principi della trascendenza, l'anima.
Ai Puruṣa vennero trasmesse le facoltà e la conoscenza dei loro creatori, divenendo l'apice della creazione: gli Esseri Supremi. Le loro dimensioni erano tali che le loro teste erano grandi come i pianeti che compongono i sistemi solari.
La vita fu concepita come strumento di glorificazione delle volontà creatrici, tuttavia le loro esistenze furono percepite come emblema di un potenziale inespresso, pertanto collocarono il creato all'interno della dimensione spaziotemporale.
La materia divenne instabile poiché l'energia in essa contenuta generò l'entropia, causando continue trasformazioni e movimenti caotici.
L'aver imprigionato l'esistenza materiale e l'energia all'interno dello spaziotempo fu causa del divenire: un inarrestabile sorgere e cessare di fenomeni.
Il divenire originò bizzarri dualismi: infinite combinazioni di elementi finiti, eterno scorrere di eventi effimeri, un insieme caotico contenente elementi ordinati. Un'assoluta relatività.
I creatori gradirono quell'imprevedibilità; vi era tuttavia chi sosteneva che occorreva una dimensione contenitiva per la materia e l'energia, un insieme raggruppante tutti i possibili domini e confini. Nacque l'universo e le volontà creatrici ne assunsero il ruolo di fautori.
Il primo universo risultò essere un ente armonico al cui centro sorse splendido e imponente l'albero cosmico, il connettore di mondi e dimensioni. Il dominio dei fautori divenne dimora dei diecimila Puruṣa.
⁂
Per un incalcolabile periodo di tempo l'universo e i suoi esseri vissero in pace; tuttavia l'influenza del divenire contaminò le menti di molti uomini cosmici, i quali scoprirono il libero arbitrio, e con esso l'egoismo e l'agire non secondo regole superiori, ma in base all'autodeterminazione delle proprie scelte.
Fu così che si originarono la corruzione, la discriminazione e la suddivisione in gerarchie. Il valore dell'esistenza non era più lo stesso per tutti, bensì variava in relazione alle convenzioni stabilite.
Il male si diffuse quando gli esseri viventi, ormai divenuti consapevoli dei propri limiti, furono accecati dall'ignoranza, dalla paura e dall'ira; spinti da tali sentimenti scatenarono i primi conflitti. I domini dei creatori divennero teatro di battaglie catastrofiche.
Gli uomini cosmici erano individui dalla potenza inimmaginabile, tuttavia nessuna fazione riuscì a prevaricare sull'altra; fu per tale ragione che i fautori intervennero nei conflitti, elargendo benedizioni o scatenando calamità alle fazioni avverse.
⁂
L'universo fu sconvolto dalla furia della guerra: interi mondi furono distrutti e chi ricevette il dono della vita sperimentò la sofferenza. Tutto sembrò precipitare negli abissi della disperazione quando il monarca Puruṣa Taṇhaṅkara, sconvolto da quanto stava accadendo nel resto del creato, si recò presso l'albero cosmico.
Taṇhaṅkara si sedette e poggiò la schiena sul tronco, entrando in profonda sintonia con l'esistente. La meditazione ne educò la mente, permettendogli di comprendere la via per la liberazione della sofferenza; fu in quel momento che l'universo contemplò l'avvento del primo Risvegliato.
Il creato fu avvolto da una luce gentile e radiosa; attorno a lui sbocciarono una moltitudine di fiori gialli a cinque punte.
Conclusa la meditazione, l'Illuminato si alzò e si diresse nel suo mondo per diffondere quanto appreso.
Quelle parole fecero breccia nell'animo di due individui che divennero suoi discepoli; i loro corpi furono avvolti da lunghe tuniche di colore giallo, lo stesso colore dei fiori sbocciati nell'albero cosmico.
Chi ebbe modo di assistere a quella visione si unì al Beato e ai suoi discepoli. Dapprima a decine, poi a centinaia e infine a migliaia, molti Puruṣa abbandonarono la precedente condotta.
⁂
La portata di quell'evento fu tale che diversi fautori si interrogarono sulla natura del creato. Alcuni abbandonarono i loro piani d'esistenza per comprendere che cosa stava accadendo nei loro domini, altri invece, avvertendo cambiamenti imprevisti, recisero i legami con la materia, perdendo ogni interesse nei confronti delle loro stesse creature.
Il resto considerò un affronto l'aver rinunciato alla contesa dei domini; adirati, vollero ripristinare il caos e le guerre per stabilire chi fosse il vero dominatore. Tra loro vi fu chi acquisì un corpo fisico per insinuarsi tra i seguaci del Primo Risvegliato e demonizzarne i precetti, tuttavia l'eccelso insegnamento ebbe ragione sui loro intenti.
Le divinità che non discesero nella realtà materiale osservarono con sgomento la fine dei loro simili, ridotti a sudditi asserviti al verbo divulgato da una loro creatura. Nemmeno loro potevano opporsi a un individuo che aveva diffuso un insegnamento che stava rivoluzionando l'universo.
⁂
L'ossessione, la frustrazione, la presunzione, la cupidigia, l'autocompiacimento e la degenerazione di quelle menti divine confluirono in un'unica entità che soggiogò ogni altro fautore, dando origine a Māra il tentatore.
Māra divenne la forza primaria che dominò lo spazio, il tempo, la materia e l'energia e sovrastò ogni forma vivente. Nessuno era al riparo da quell'entità: qualunque fosse la bramosia, il dubbio, la distrazione, il conflitto, o il decadimento, in ognuna di quelle manifestazioni vi era nutrimento per il tentatore.
Quell'ente divenne il fulcro dell'universo poiché alimentato dalla crescente entropia, dal divenire, dalle pulsioni primarie e dai desideri di esseri materiali e divini; chiunque possedesse una volontà diventava suo schiavo. Non era possibile sconfiggerlo o affrontarlo, solo mediante la pratica dei precetti del Beato vi era la possibilità di superarne il giogo.
Māra radunò tutti i creatori sdegnati, intento a scatenare una catastrofe contro il mondo in cui il primo Risvegliato e i suoi discepoli dimoravano.
Di universo in universo.
Il piano del tentatore consisté nel creare un esercito per estinguere gli uomini cosmici, a tal proposito corruppe alcuni fautori affinché ideassero nuovi individui sulla base delle precedenti creazioni.
Le divinità scelsero il primo Puruṣa Ymir, il figlio dell'abisso cosmico; la sua indole maligna e la riluttanza ai precetti di pace apparvero perfette per generare le milizie di Māra.
Il corpo e la mente del Primo Essere furono manipolati e ne scaturirono mostruosità pronte a seminare morte e devastazione. I giganti attaccarono gli uomini cosmici e i discepoli del Risvegliato.
Coloro che si opposero a Māra benedirono i Puruṣa, supportandoli in battaglia e creando dal corpo di Ymir nuovi esseri dall'indole giusta. Le divinità che trovarono rifugio nel Dhamma affrontarono gli emissari del tentatore senza ricorrere alla forza o ai loro poteri; alcuni furono trucidati, altri persuasero i giganti a non combattere.
La situazione ebbe esiti inaspettati: morirono molti discepoli, ma altrettanti figli di Ymir cessarono le ostilità.
Il primo uomo cosmico constatò la morte dei suoi simili e delle creature da lui generate. Quei decessi causarono ulteriore squilibrio nell'universo poiché dalle salme dei Puruṣa deceduti si svilupparono intere galassie ricolme di sistemi solari.
⁂
L'espansione cosmica avvenne con eccessiva rapidità; il Risvegliato si rese conto che la fine era incombente, pertanto erudì i suoi discepoli su come affrontare la morte e far sì che i suoi insegnamenti perdurassero a quella catastrofe.
La profezia di Taṇhaṅkara si avverò: il creato si avviò verso il collasso e con esso morirono gran parte dei suoi abitanti. L'albero cosmico, ormai incapace di preservare l'armonia, cominciò a disgregarsi; i suoi frammenti si dispersero nello spazio, alcuni dei quali precipitarono nei nuovi mondi e donarono differenti forme di conoscenza alle future civiltà.
⁂
I reduci dell'epoca precedente si ritrovarono esuli in un non luogo, incerti se seguire la sorte dei loro simili o affrontare l'inesorabile. Privi di una guida e diffidenti nei confronti dei loro creatori, rinnegarono i fautori e condussero le loro esistenze attendendo la venuta di una guida che ponesse fine al caos.
In quel periodo i figli di Ymir che si opposero al tentatore assursero al ruolo di nuove divinità, erigendosi contro tutte le creature demoniache e ogni seguace di Māra, ignari del fatto che ogni conflitto ne avrebbe accresciuto i poteri.
L'imminente teomachia avrebbe sconvolto il rinato universo, quando un bagliore illuminò ogni cosa, ogni regno esistente sia esso materiale o divino. L'avvento di un individuo straordinario aveva coinvolto ogni essere.
Tutti seppero della sua comparsa, ma solo gli dèi furono in grado di capire dove si fosse manifestato. In un mondo al riparo dai conflitti, il Beato Medhaṅkara vide la luce ed ebbe modo di conversare con esseri materiali e spirituali. In mezzo a loro trovò un discepolo del precedente Risvegliato, il quale, dopo avergli mostrato le piaghe che affliggono ogni essere dotato di intelletto, gli raccontò le gesta del suo predecessore.
Medhaṅkara capì che Māra era insaziabile di corruzione, pertanto rivolse un appello affinché si cessasse ogni conflitto.
Alla chiamata risposero gran parte delle nuove divinità e degli esseri senzienti. Ymir, la cui mente era ancora sotto il giogo del tentatore, ignorò per la seconda volta quel messaggio e il suo corpo continuò a generare esseri mostruosi, coinvolgendo il cosmo verso una nuova catastrofe.
Il Risvegliato accorse in suo aiuto, stabilendo un contatto con la sua mente: "Tu sei molto più forte delle illusioni di Māra. Spezza le catene che ti opprimono e troverai la libertà."
Il Primo Essere ascoltò il messaggio di Medhaṅkara, il suo corpo irradiò una potente aura che saturò l'universo e permeò ogni cosa. L'energia incenerì le creature mostruose, ma la sua potenza fu tale che danneggiò anche i corpi celesti più lontani, uccidendo gran parte degli esseri viventi.
Gli dèi, allarmati per la nuova strage, accorsero per fermare il Puruṣa sconvolto per aver recato nuovo orrore. Un manipolo attaccò l'uomo cosmico e riuscì a ferirlo, tuttavia la notizia della morte del Beato li sconvolse, permettendogli di allontanarsi e placare il suo animo.
⁂
Trascorse un incommensurabile periodo di tempo, l'universo apparve come un agglomerato caotico dal numero di esseri viventi esiguo; il ricordo del tentatore si affievolì.
In qualche recesso cosmico sopravvissero piccole comunità praticanti il Dhamma, ma la venuta di un nuovo Risvegliato sembrò non giungere.
Māra ne approfittò per soggiogare le forme di vita superstiti, quei mondi rappresentavano l'ultimo ostacolo e la mancanza di una figura di riferimento fu l'occasione perfetta per sferrare l'attacco decisivo. Gli empi fautori vollero scatenare catastrofi per eliminare ogni residuo di antica saggezza, ma l'inaspettato intervento di Ymir permise a quelle civiltà di salvarsi e respingere l'attacco divino, subendo tuttavia ferite fatali.
Il figlio dell'abisso cosmico vegliò su quel mondo fin quando non giunse il risvegliato Saraṇaṅkara che ne elogiò l'operato e rivelò che la sua mente si era liberata da ogni tormento. Il Primo Essere si lasciò convertire e visse purificando la sua anima.
Giunto alla fine della sua esistenza, Ymir ascoltò la predizione del terzo Beato, il quale gli rivelò che sarebbe divenuto il nuovo mondo dove nuovi individui sarebbero vissuti sotto l'egida infallibile del Dhamma e nuovi Risvegliati l'avrebbero predicato nei periodi di maggior smarrimento morale.
Con le ultime forze rimaste, il Puruṣa richiamò tutta la materia dell'esistenza e la concentrò su se stesso, divenendo un fulcro di massima energia e scatenando un'esplosione che determinò la distruzione e la rinascita dell'universo.
Come nella precedente estensione cosmica, frammenti di sapere ancestrale si diffusero in diecimila mondi sparsi nelle infinite galassie e almeno mille pianeti poterono beneficiare della nascita di civiltà capaci di sviluppare forme di conoscenza.
Da una parte del corpo di Ymir si formò un mondo dalle proprietà del fuoco e del gelo, caratteristiche del Primo Essere. Il cosmo, privo dello splendore delle precedenti ere e della grazia dei fautori, divenne gelido e tetro, in balia dell'entropia.
Gran parte dei corpi celesti divennero ammassi inerti alla deriva nello spazio; lo stesso universo era così instabile che poteva espandersi, implodere ed esplodere per cicli infiniti.
Il pianeta dei beati.
Oltre centomila eoni fa, nel mondo creato dal sacrificio di Ymir, si sviluppò una civiltà gigantesca dall'indole mite.
Māra non gradì che i discendenti del Primo Essere vivessero privi di concupiscenza, ma venendo a mancare il precedente esercito, ordinò ai suoi seguaci di inviare i loro emissari per tentare quel popolo e fomentare tumulti.
Gli emissari discesero dal cielo suscitando stupore e ammirazione; la loro bellezza ultraterrena sedusse le donne di quel mondo, le quali concepirono una nuova progenie di giganti alati recettiva al volere dei loro creatori, i Nephilim.
Non appena il loro numero fu ritenuto sufficiente, i figli degli emissari scatenarono i primi conflitti, la gigantomachia esplose e quel mondo fu dilaniato dalle guerre. Gli abitanti originari chiamarono i Nephilim "caduti", poiché forieri di caos e corruzione.
Nel corso della storia quel pianeta subì conflitti che portarono sull'orlo dell'estinzione i suoi abitanti; quando la speranza sembrò eclissarsi, la venuta d'individui straordinari pose un freno alla violenza e alla depravazione.
Per ventiquattro volte il mondo fu vittima delle rappresaglie di Māra e dei suoi seguaci e altrettanti Risvegliati giunsero in suo soccorso ristabilendo gli antichi insegnamenti, raffrenando le pulsioni più violente e diffondendo parole di pace.
Le conseguenze delle guerre influirono sulle generazioni successive, riducendone le dimensioni e la durata della loro vita: da svariate decine di migliaia di anni fino alla decrepitezza dopo nemmeno un secolo.
In quell'infinito periodo di tempo si susseguirono svariati universi, ma i fautori ossequiosi del Dhamma preservarono quel mondo poiché certi della sua importanza per il destino del creato nelle ere a venire.
La Terra, reliquia di ere passate e di esseri sovrannaturali, divenne la culla di una civiltà che non sarebbe dovuta esistere, ma che avrebbe condotto a sconvolgenti rivoluzioni cosmiche.
Un testimone dell'ultimo Risvegliato di questo fortunato eone.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top