Metodo formine e supereroi.


In quella calda e afosa giornata di Giugno, casa Balestra è completamente esposta ai raggi solari che rendono complicato restare al suo interno.

Le enormi finestre di ogni stanza, che offrono una splendida visuale sul grande giardino che circonda l'intera villa, non offrono alcun riparo dalle alte temperature che si raggiungono nei mesi estivi, a Roma. 

 Ed è per questo che Simone, Dante ed il piccolo Jacopo si trovano fuori, a cercare un po' di fresco grazie agli alberi che riparano almeno una piccola porzione dell'atrio esterno all'abitazione. 

Sul tavolo, un grande vassoio con tre bicchieri di tè freddo che Simone ha avuto cura di decorare con qualche fogliolina di menta per renderlo più invitante per il piccolo, dei cubetti di ghiaccio in un piccolo secchiello utile nel caso in cui dovesse arrivare a scaldarsi troppo e un piattino sul quale ha preparato dei pezzi di anguria frega dalle formine più disparate. 

Anche quella, è un'abitudine che ha imparato da Manuel.

Non erano rare le volte in cui, da ragazzi, era Manuel ad avere per lui le stesse attenzioni che ora lui aveva per il piccolo.

A partire dal mettersi lì a sbucciare la frutta per entrambi e crearne delle formine prima di presentargliela.

Seppur borbottando ogni volta un lamentoso «Guarda te che mi fai fare» , continuava a farlo ed era felice quando riusciva ad ottenere qualche sorriso in più dal più piccolo.

Ed ora, a distanza di anni, è Simone ad occuparsi di trovare delle formine adatte da proporre al figlioletto. 

È diventato un vero esperto ormai.  

Passa le ore ad intagliare la frutta a forma di animaletti per far sì che Jacopo decida di prenderne qualche pezzo, ed è così che tutto si trasforma in un gioco. 

Una mela diventa un coniglietto, una pesca diventa un piccolo orsacchiotto e le fragole dei cuoricini.

Non passa molto prima che quel nanerottolo riccioluto si avvicini al tavolo per chiederne un pezzo, con immensa gioia di papà Simone che non riesce a nascondere un sorrisino felice che si fa largo sulle labbra. 

Del resto, non c'è momento in cui non sorrida quando ha Jacopo intorno.
Lo ama più della sua stessa vita ed è estremamente convinto che nel suo cuore non ci sia spazio per nessun'altro che non siano Jacopo e Manuel.

Mettendosi in punta di piedi, stira il più possibile le braccia sul tavolo per raggiungere il piccolo piatto, tentando di afferrarne il bordo con le dita e tirarlo a sé. 
Ci prova più volte, sotto gli occhi attenti e divertiti di Simone e Dante che lo guardano provare. 

Simone sbuffa una risata alla vista di quel cucciolo d'uomo, recupera il cellulare posto in un angolo del tavolo per scattare velocemente una foto e mandarla al marito.

"Il metodo formine ha funzionato anche con lui. Ti amo." 

«Amore, quale formina vuoi?» chiede, sollevando il piatto per mostrarne il contenuto al piccolo che si rimette giù, le osserva attentamente e ci pensa un po' sù prima di allungare di nuovo le braccia sul tavolo ed indicare il piatto.

 «Papi io voglio quello!» 

 «Quale? Il fiore?»

 «sì! Quello là!»

Avvolto con un tovagliolo il pezzo richiesto, lo passa al bambino che lo afferra tra le piccole mani, portandolo avidamente alla bocca.

Nei milleseicento incontri fatti con la pediatra- di cui millecinquecentonovantanove dettati più dalle paranoie dei due papà che da una reale necessità- gli è stato spiegato più volte che Jacopo si trova in una fase in cui sta delineando definitivamente i suoi gusti, sperimentandone di nuovi.

E loro, le vanno appuntando meticolosamente, le cose che gli piacciono. 

Per andare sul sicuro ed evitare lacrimoni che straziano il cuore. 

Ed è in virtù di quel pensiero che Simone recupera nuovamente il cellulare, riapre la chat con Manuel e digita rapido "Anguria approvata." 

Lascia andare una risata di gusto nel leggere la risposta di Manuel che spunta rapida sullo schermo dopo aver dato invio al suo messaggio. 

"E c'erano dubbi Simò? Doveva esse n'alieno per non amare l'anguria" 

"Vabè." risponde a sua volta "Te prendi nota lo stesso."

Solleva lo sguardo dallo schermo per controllare Jacopo.
Il piccolo è a pochi passi più in là, sta giocando con Anita e sembra tutto preso dalle loro attività.

"Amore ma a che ora torni?"  digita ancora. 

La risposta arriva parecchi minuti dopo, suppone sia colpa di qualche cliente che si è soffermato più del dovuto durante un ritiro o di qualche rottame che tiene occupato Manuel nel tentativo di ripararlo. 

"Sto per chiudere e arrivo, fatevi trovare pronti così torniamo a casa, sò stanco." 

Legge il messaggio giusto un secondo prima di richiamare Jacopo. Sa perfettamente quanta fatica richieda il lavoro in officina e quanto stanco possa arrivare Manuel quando torna a casa.

 «Amore! Sta tornando papà! Inizi per favore a -» non riesce nemmeno a terminare la frase che la voce di Jacopo lo sovrasta.

«Papà! Vieni qui!! È caduto! »

Riconosce tra le parole qualche singhiozzo e il cuore inizia a battere nervosamente prima di avvicinarsi a grandi falcate verso il piccolo che è ancora accanto ad Anita che pare consolarlo, accarezzandogli affettuosamente la schiena.

Raggiunge il piccolo mettendolo in braccio rapidamente, non ha ancora capito cosa sia successo ma si lascia stringere forte dal piccolo che getta le braccia intorno al collo e si lascia andare ad un pianto inconsolabile

 «È caduto dall'albero!»

«Amore ma cos-»

«Il pio pio

Il suo sguardo rivolto al terreno viene catturato da uno strano muoversi delle foglie sparse ai piedi del grande albero davanti casa.
Ne nota la causa qualche istante dopo: un cucciolo di rondine, probabilmente caduto da un nido, arranca con difficoltà, beccando di tanto in tanto il suolo.

«Amore è una rondinella!» spiega al bambino che stringe ancora tra le braccia. 

Accarezza la schiena del piccolo per incoraggiarlo, prima di affondare una mano tra i suoi ricciolini morbidi e accarezzargli la testolina. 
Con un leggero movimento della testa, si spinge verso la guanciotta rigata dalle lacrime per baciarla piano.

 «Ora la prendiamo e le diamo una mano. Vuoi aiutarla con me, mh?»

Jacopo si limita ad annuire, restando accoccolato sulla sua spalla.
Tira sù col naso prima di sollevarsi piano per guardare a terra verso il cucciolo di rondine. 

«Guarda.» Si accovaccia per prenderla tra le mani, racchiudendola tra le lunghe dita, per portarla agli occhi del bambino «Sarà caduto da qualche nido sugli alberi»

«Ora lo portiamo dentro e controlliamo stia bene.»

È in quel momento che Jacopo si lascia mettere giù, afferra presto con la sua manina la mano di papà Simone e si lascia guidare verso l'abitazione.

Ed è sempre in quel momento che l'auto di Manuel si ferma davanti casa.
Lo sportello si apre lentamente. Con passo stanco e pesante Manuel scende dalla vettura.
Si stiracchia vistosamente, con un grande sbadiglio, prima di rintracciare con lo sguardo Simone e Jacopo che si muovono lenti verso di lui.

Sorride alla loro vista, l'uomo che ama che tiene per mano quel piccoletto che ama follemente. 

«Embè? Manco 'na corsetta ve fate per raggiungermi? »

È sempre festa, quando Manuel torna a cosa. 

Tra Simone che lo bacia come se non lo vedesse da secoli e Jacopo che si lancia tra le sue braccia ricoprendolo di piccoli bacini, quella scena che sta vivendo gli pare totalmente surreale. 

Nonostante la distanza che li separa, nota subito gli occhi lucidi del piccolo.

«Ma che è successo?» chiede, balbettando appena. 

Vedere Jacopo piangere lo manda letteralmente in tilt. 

«Amore, succede che abbiamo un piccolo ospite.» 

Si ferma davanti l'auto del marito «Vieni qua, dammi un bacio.»

Manuel li raggiunge a rapidi passi, prende subito in braccio Jacopo, stringendolo al petto. 
Un po' gli dispiace, rischiare di far respirare al piccolo il cattivo odore di benzina che probabilmente gli è rimasto addosso dopo una giornata passata in officina, ma non riesce a non farlo.

«Amore di papà, come stai?» chiede subito, mentre lo stringe e lo accarezza piano.

Si avvicina a Simone, tirandoselo addosso con una mano dietro la nuca per far unire le loro bocche in un rapido bacio.

«Perchè stava piangendo?»

«Te c'hai proprio mille antenne, eh?» lo canzona l'altro, sbuffando una risata
«Chi te lo dice che stava piangendo?» 

«Lo so e basta. Dimmi che è successo. Che c'hai te da nascondere?» indica con lo sguardo la mano di Simone, ben nascosta dietro la schiena. 

«Ora non dare de matto. Va bene?»

«Non c'ho le forze per dà de matto, Simò. Dimmi che c'hai.» 

Con un lento movimento, come un bambino che confessa d'aver combinato un guaio, riporta entrambe le braccia in avanti, rivelando il cucciolo ancora stretto tra le dita. 

«Simò dimmi che non gli hai preso un uccellino perché io veramente- »

«Ma papà! È caduto dall'albero e papà Mone l'ha salvato!» la voce del piccolo Jacopo si interpone tra loro come la voce della verità.

«Ah! Papà Mone l'ha salvato, quindi? E mò che facciamo con 'sto pennuto, Simò? »

«Ce ne prendiamo cura, ovviamente. E comunque è una rondinella!»

«Forse volevi dire me ne prendo cura! Lo sai che me fanno un pure impressione 'sti cosi!»

«Amore ma... è innocua.» 

«Lo so, ma io c'ho paura de sti cosi! c'hanno gli occhi strani » conclude rapidamente, scrollando il capo come a scacciare via la visione di quell'esserino dai suoi occhi. 

«Na rondinella!» gracchia poi, con una risatina al limite dell'isterico
«Torno a casa e lo trovo con la rondinella!»

«Amore ma che altro avrei dovuto fare?! Lasciarla lì? È piccola! Jacopino l'ha notata e quindi- »

«E quindi mò tu fai il papà rondinello ! Sistema 'sta cosa, prendilo autonomo, daje da mangià, fai quello che te pare! Io-io vado a prendere un gelato con Jacopo!» accarezza i ricci del figlio, scompigliandoli un po' «Te va un gelato, Jacopì?»

Non attende nemmeno una risposta, con una piccola giravolta su sé stesso, si allontana verso casa con il piccolo in braccio. 

Passano circa venti minuti prima che quella leggera rabbia iniziale- dettata più dalla stanchezza che da un effettivo fastidio- abbandoni definitivamente il suo corpo.

Si avvicina alla finestra del salone per guardare verso l'esterno: Simone è lì. Seduto al tavolo, si è armato di tutto l'occorrente per prendersi cura della piccola rondine che già zampetta sul tavolo e sembra più vispa. 
Sospira rumorosamente, svuotando i polmoni, prima di uscire e raggiungerli. 

«Scusa se ho un po' smattato.» sussurra, prendendo posto accanto al compagno. 

Simone lo guarda un attimo, prima di stringersi nelle spalle «Non fa niente.», dice.

«Non ti preoccupare » aggiunge, per rasserenarlo ancora.
Il tono calmo e pacato.

«Jacopo m'ha detto che è vero che l'avete trovato assieme e che tu- insomma- l'hai salvato.»

«mh mh »
Gli occhi sono rivolti al cucciolo che sembra aver trovato una posizione comoda tra gli asciugamano che Simone ha sistemato sul tavolo. « comunque sta bene »

«Meno male, Simò. Ce sai fare pure con le rondini» dice, sbuffando una risata.

«Jacopino m'ha chiesto di tenerlo» 

«Si? Che gli hai detto?» 

«Che per ora starà con noi ma una volta guarito vorrà volare con gli altri suoi amici.» 

 «Giusto. Anche io avrei detto lo stesso.» 

«M'ha detto che sei stato un eroe e che appena rondinino sta meglio lo vuole salutare.» 

Il minore incurva le labbra in un sorriso piccolo ma pieno d'amore, gli occhi grandi e lucenti sembrano comunicare più di ogni altra cosa al mondo quanto amore è capace di donare.

E Manuel lo sa bene, ne è innamorato perso, di quegli occhi. 

Si ferma a guardare quello che è il suo compagno di vita.

«A volte non capisco quello che fai, amore. C'hai un cuore talmente grande che fai cose che io nun so capace de fá..manco de pensacce, probabilmente..»

«- Però me fai sorridere il cuore -» 

«- E anche a Jacopino. Che te vede come un supereroe.»

Simone non dice una parola, si allunga solo verso di lui per depositare un bacio lento sulle sue labbra carnose e umide. 

«Anche tu sei il suo supereroe. E anche il mio. Bellissimo e invincibile.»

 «Solo perché c'ho te al mio fianco.»


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