A misura de nanerottolo.


Quella mattina, in officina, fa un caldo snervante.  Si soffoca quasi.

Manuel ha già trascorso al suo interno almeno cinque ore, tra un lavoro da ultimare e l'altro. 
Tra una piccola discussione con un cliente e dei motori che proprio non ne vogliono sapere di ripartire, è stata anche una giornata decisamente storta.
Spera fortemente finisca in modo migliore e, ogni tanto, per distrarsi e distendere anche i nervi, scarabocchia su di un foglietto di carta degli schizzi di un progetto su cui lavora già da qualche tempo. 

Asciuga la sua fronte imperlata di sudore con la manica della tuta grigia che utilizza ormai da anni.
É un po' logora ma secondo il suo insindacabile giudizio svolge ancora in maniera piuttosto decente la sua funzione, per cui va ancora più che bene. 


 Simone l'ha pregato più e più volte di cambiarla, procurandogliene una nuova, ma non c'è stato verso.
Per Manuel, quella tuta è rimasta al centro delle sue mansioni lavorative, come un piccolo portafortuna dal quale è impossibile separarsi; su di essa sono cuciti i ricordi dei suoi primi incontri con Simone, i primi lavoretti e i primi guai. 

Controlla nervosamente l'orario e tira un sospiro di sollievo quando si accorge che può finalmente tirar giù la saracinesca e gettarsi sul divano di pelle rossa che ha sistemato in un angolo della sala. 

Anche quel divano sembra essere uno scrigno pieno di ricordi. 

É su quel divano ha firmato gli accordi con i clienti migliori, su quel divano ha discusso delle collaborazioni con i suoi attuali fornitori e, sempre su quel divano, ha fatto più volte l'amore con Simone. 

Recupera il cellulare che ha abbandonato in un angolo dello stesso.
Ne sblocca il display strisciandovi sopra rapidamente il pollice per inserire la sequenza.
Sinistra, destra, sinistra.
A comporre la "S"  di Simone.

Ed è proprio di Simone che compone il numero.
Allontana nuovamente per un attimo il cellulare già rovente dalla guancia e lo osserva per ricontrollare l'orario.
L'ha letto qualche istante prima, ma la stanchezza è tanta da esserne già dimenticato. 

14:37

Immagina che Simone sia già in auto con Jacopo. 
Consapevole di fare tardi infatti, oggi ha deciso, con non poca fatica, di lasciare al marito il compito di andare a prendere il piccolo a scuola. 
Non che non si fidi, semplicemente preferisce lui ad occuparsi degli spostamenti della famiglia. 

Dal canto suo, Simone lo lascia fare e se non strettamente necessario, si accontenta di buon grado di occupare il sedile lato passeggero. 
Sa perfettamente da dove arrivino le paure del compagno e non intende caricarlo di ulteriori ansie durante la giornata. 
Sentendosi quasi lusingato quando Manuel gli chiede di occuparsi di andar a prendere Jacopo a scuola, com'era successo quella mattina. 

Dopo un paio di squilli a vuoto, la voce di Simone riempie le orecchie di Manuel.
Non lo saluta nemmeno, le prime parole sono unicamente tese a rassicurarlo del fatto che fosse andato tutto bene. 

«Amore! Io e Jacopì siamo già a casa da nonno Dante.» 
Allunga il cellulare verso il piccolo per spronarlo a far sentire anche la sua voce dall'altro capo del telefono «Vero Jacopì? Saluta papà!»
«Pa-pà» ripete la vocina del piccolo.

Nel sentirla, Manuel scatta dritto in piedi, preme con entrambe le mani il telefono sulla faccia e lo avvicina alla bocca per far sentire la propria voce ancora di più. 
Il cuore sembra esplodergli da un momento all'altro dall'emozione. 
Eppure è lontano da lui da sole sei ore.

«Papà ti ama così tanto Jacopino, torno presto, mi manchi!» quasi urla.
«È corso nel salone a giocare»
«Ha sentito che lo amo?»
«Sì»
«E che mi manca?! Ha sentito che mi manca!?»


Dall'altro capo del telefono, Simone sbuffa una risata 
«Si Manuel, ha sentito. Senti ma quando torni?»

«Ecco- su questo ti volevo parlare.
Potresti passare dall'officina oggi? Ho davvero bisogno di una mano.» la voce si fa più incerta e quasi supplicante per convincerlo.

Recupera dal bancone il foglietto sul quale scarabocchia dalla mattina, lo distende con le dita, controllando brevemente le misure annotate. 

« Tu vuoi una mano, da me? Dici sul serio?» 
«Si, da te. Da chi posso volè 'na mano, scusa?»
«Certo che mi va! Sono solo un po'- stupito. Insomma, me dici sempre che non sò capace. »
«É vero, te lo dico ma devi fà poca roba» si giustifica brevemente «Allora! Te va?»
«Si. Va bene.  Lascio Jacopo qui a casa con mi padre e arrivo.»

« Daje un bacio forte da parte mia, Simò, me raccomando!
Appena arrivo a casa me lo spupazzo » 

Un sorriso si fa largo sulle labbra di Simone, non c'è cosa al mondo che lo renda più felice dell'amore che Manuel prova per il piccolo Jacopo. 

«Va bene, amore. Mezz'oretta e sto da te. »


Contro ogni previsione, il traffico di Roma sembra essere sparito, passano meno di quindici minuti prima che Simone arrivi sul posto. 
Ha con sé una copia delle chiavi della saracinesca dell'officina, che stride rumorosamente non appena viene sollevata.
É quel rumore sordo che attira l'attenzione di Manuel, destandolo dal lieve sonno nel quale era caduto.
Solleva appena lo sguardo mentre sta ancora lì sdraiato, intravede la figura di Simone. 
Con un lento ma sonoro sbadiglio si rimette seduto e accarezza per qualche istante la pelle del divano, prima di tirarsi sù.

«Manuel?»

«Amore, entra.»

Lo invita, mentre lo raggiunge con passo lento. Continua a strusciare le mani lungo le cosce per asciugarle delle macchie di grasso nero che le costellano.

Prova ad asciugarle ulteriormente su di uno strofinaccio bianco che lascia poi cadere per terra, mentre con entrambe le mani racchiude il volto di Simone. 
Lo bacia lentamente, stringendo tra le labbra quelle del marito e tirandole appena a sè.

«Non ti abbraccio perchè sò a pezzà, fa 'n caldo oggi»
«Chi se ne frega del caldo, vieni qua.» 

Simone infila le sue mani nelle tasche posteriori della tuta del compagno, gli strizza leggermente le natiche mentre lo stringe a sé e fa sbattere i loro bacini in un colpo secco. 

Un brivido lo percorre lungo la schiena mentre guarda il marito tirare indietro la testa e mordersi le labbra.
Scuote velocemente la testa per imporsi un rapido ritorno alla realtà.

«Dobbiamo lavorà, Simò.»

«Per forza? Non possiamo proprio fare altro?»
«Me costa 'n casino dirti de no ma ho un progetto in mente che è più importante pure de 'na  scopata. Quella però la rimandiamo a stasera.» solleva le sopracciglia, mentre con un sorrisetto malizioso continua a stuzzicarlo.

Un ultimo bacio, più violento e passionale dei precedenti, viene impresso sulle sue labbra prima che il compagno si stacchi completamente.

«Accordato per stasera. Fammi vedè 'sto progetto.» 

« Guarda qua.»
 Mostra il foglietto, tentando di stirarlo il più possibile con i pollici per renderlo leggermente più chiaro agli occhi del compagno che apre e chiude le palpebre più volte per mettere a fuoco quei segni a matita. 

«So che non se capisce granché così. Però sarebbe 'na casetta.»

«'Na casetta?!» 

«Si. Per Jacopo! Ho già tagliato i pezzi, stanno dietro ar bancone.
Solo che non m'andava de montalla da solo.
Voglio dì. Semo due papà, dividiamo ogni cosa. No?»

«E certo che la dividiamo! Dimmi che devo fà per rendermi utile» risponde l'altro, con entusiasmo. 

É ancora strano, per loro, notare come tutto assuma un'energia nuova, quando si tratta di Jacopo. 
Strano e, al contempo, estremamente emozionante. 
Amano alla follia quella versione di se stessi, si riscoprono volenterosi, instancabili, infallibili. 

«Allora. Qua ce stanno i pezzi. E là-» indica con una mano una cassetta degli attrezzi ed attende un cenno dal compagno «-là ce stanno gli attrezzi. »

«L'unica cosa che tu devi fà è passamme gli attrezzi che te vado chiedendo.» spiega.
«Agli ordini!» esclama l'altro, prima di scattare a recuperare tutto l'occorrente. 

Con lavoro di squadra e qualche sgridata qua e là ad ogni attrezzo sbagliato, la casetta si presenta ai loro occhi nel giro di una mezzora. 

 «Guardala! Pare solida, no?» chiede Manuel, mentre bussa con vigore sulla struttura che tiene faticosamente tra le braccia. 
Le stende per avere una visuale più completa. 

«Jacopì secondo me ce sta pure comodo, è a misura de nanerottolo.»

In quel preciso istante, Simone si lascia scappare una risata.

« "A misura de nanerottolo" » ripete, facendogli il verso «Sei proprio 'n cretino»

Scuote lentamente il capo mentre nota una smorfia di dolore farsi largo sul volto del compagno «Pesa? Vuoi dare a me?» chiede incerto, mentre allunga già le braccia per alleggerire il peso che grava sulle braccia del compagno. 

Quest'ultimo, però, sembra non gradire; fa infatti mezzo giro su se stesso per scostarsi dall'aiuto offerto, con aria vagamente offesa. 

«Giù le mani! Ce la faccio, ao!»

 «Scusa! A guardarla sembra pesare più di te, ho pensato te facesse comodo-»

« E quinni? Te ricordo che quando ce siamo sposati t'ho preso pure in braccio!»

«Sì- e m'hai rimesso giù subito perché te stava a uscì n'ernia!
Vogliamo corre lo stesso rischio mò? » lo canzona l'altro, sogghignando sommessamente. 

«Ma lo sai che sei proprio stronzo, Balestra? De sto passo, me rimangio l'invito pe stasera!»

«Ma lo sai che tanto te convinco lo stesso-» con la lingua si inumidisce la labbra prima di far scioccare un altro bacio su quelle dell'altro «-e che sò stronzo perché ti amo da morì?» 


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