Fu un rumore disumano a svegliarlo, seguito dalla sonora imprecazione di Enea.
Virgilio si lamentò assonnato: si tirò la coperta pesante fin sopra la testa e affondò nella confortevole sfocatura di quella piccola tana tiepida, maledicendo suo fratello maggiore e la voglia che aveva di alzarsi prima dell'ultimo secondo a disposizione.
Dentro al letto era caldo, fuori non doveva esserlo affatto, questo si capiva anche senza sperimentarlo in prima persona: la luce fredda delle nuvole entrava dalla finestra, e gli faceva venire voglia di tenere gli occhi socchiusi in eterno, con le coperte che filtravano la luminosità pigra riflessa sulle pareti della stanza sfocata dalla sua miopia.
Virgilio si alzò di scatto.
«Enea!!»
«Che vuoi?» la voce scocciata di suo fratello giunse ovattata dalla stanza accanto.
«Che or'è?»
«Le otto e venti,»
«Le otto e venti?!»
Virgilio scattò su dal letto e corse in camera del fratello, scivolando sul parquet.
Come le otto e venti? Sarebbe dovuto essere a scuola. Anche Enea sarebbe dovuto essere a scuola, perché si era appena svegliato? Perché gliel'avevano permesso??
Irruppe in camera del fratello solo per vederlo accucciato in pigiama, sommerso dagli scatoloni dove teneva i suoi DVD, con la testa infilata in uno scompartimento della piccola libreria dietro l'armadio.
«Che stai facendo?»
«Niente che ti interessi,» gli rispose sarcastico Enea, senza degnarlo di uno sguardo.
«Ma la scuola?»
L'altro emerse dagli scatoloni, «Vacci tu, se vuoi,» esclamò con un disco in mano, «Io non ho intenzione di spenderci anche i giorni di festa.»
Virgilio ci mise un paio di minuti ad elaborare le parole del fratello, e un'altra manciata di tempo per realizzare che quel giorno scuola non c'era.
«Hai ragione.» mormorò, annuendo assorto.
«Certo che ho ragione,» grugnì Enea, ancora mezzo sepolto dai suoi DVD, «Ora sparisci, ti va?»
Virgilio se ne andò facendogli il verso.
Rimettersi a dormire non aveva senso, sapeva che non ci sarebbe riuscito, per cui si limitò a sbadigliare e tornare sotto alle coperte con il tablet, sperando che vagare nei meandri di internet l'avrebbe divertito più che stare alzato.
La sua camera era piccola e verde, e si sviluppava in verticale, col letto da un lato, incassato intorno a degli armadietti di legno, e l'armadio dall'altro: non c'era neanche spazio per una ridicola scrivania, non come quella di Enea.
In camera di Enea c'era un'intera stramaledetta biblioteca, ed Enea aveva il letto più grande, non come lui, che tra poco non ci sarebbe neanche più entrato, nel letto.
L'unica cosa che aveva in quantità superiori a suo fratello maggiore erano le coperte. Sul serio, ne aveva almeno tre sopra al piumone. Era freddoloso, cosa poteva farci.
Rimase sepolto sotto quella coltre fino a quando non fu la fame a costringerlo fuori: allora si districò mugugnando e si diresse verso la cucina, spaventato all'idea di vederla.
Il frigorifero non funzionava da una settimana, recentemente si erano guastate sia la lavastoviglie che la lavatrice, e tutti questi eventi erano stati interpretati come l'arrivo del momento in cui andava rifatta la cucina; il giorno prima era venuto un cugino più grande di entrambi, Flavio, a pitturare, e ora la pittura sarebbe rimasta ad asciugare per ancora un altro po'.
Virgilio non aveva voglia di mettersi le lenti.
Lanciò un'occhiata svogliata all'interno della stanza: spoglia, bianca e disordinata, col tavolo ingombro di tazze e bicchieri e posate e piatti e ciotole e le finestre coperte di plastica trasparente per non sporcarle di vernice.
Il ragazzo strizzò gli occhi per mettere un po' più a fuoco le figure mentre copriva con due passi la poca distanza tra la cucina e la sala, e vide sua madre seduta al tavolo che leggeva qualcosa dal suo iPad.
Quando si accorse di lui, la donna sorrise, «Buongiorno,» esclamò allegramente.
Virgilio mugugnò. La giornata non sarebbe proseguita meglio di com'era iniziata.
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