6.
Gli scaffali erano interminabili ed emanavano il cattivo odore tipico della carta inumidita e vecchia. In quello stanzone nel sotterraneo ce n'erano almeno cinque, ognuno dei quali si estendeva dalla porta di ingresso a quella dell'uscita d'emergenza. Ad illuminare ogni cartella penzolavano dal soffitto solamente un paio di lampadine ricoperte qua e là da ragnatele. Alexis se ne stava seduta su una sedia di legno dalle gambe scricchiolanti dietro un vecchio tavolo scheggiato a mandare giù il suo terzo caffè della giornata, rigorosamente freddo e senza zucchero. La sera prima era rientrata tardi a casa e quelle poche ore di sonno non le sarebbero certamente bastate alla giornata che l'attendeva.
Era il suo secondo giorno di tirocinio e le cose sembravano peggiorare sempre di più. Al suo arrivo, Irvy a testa china, mentre le timbrava il libretto delle presenze, le disse che il signor Arnold Warnor, l'addetto all'archivio, si era assentato e che lei avrebbe dovuto occupare il suo posto partendo da quel momento fino alle tre settimane successive.
<<Non è difficile, vedrai.>> Era la prima volta che Alexis sentiva la voce di Irvy, molto più dolce di quanto l'aveva immaginata. <<Dovrai solamente sistemare nelle apposite sezioni le cartelline che Arnold ha lasciato sulla scrivania.>> Le si avvicinò e le disse abbassando il tono della voce, come se le stesse facendo una rivelazione: <<Sai, a causa del suo tumore ai polmoni si è assentato più volte negli ultimi mesi; per questo c'è parecchio lavoro arretrato lì giù. Dannate sigarette!>>, implorò verso il soffitto.
<<Ma perché mai nel 2016, nell'era del digitale, avete ancora archivi cartacei?!>>, borbottò in risposta Alexis assicurandosi di non farsi sentire. L'entusiasmo che aveva cercato di portare con sé quella mattina andava via via scemando.
Era passata un'ora da quando Alexis si chiuse la porta alle spalle. Era inquietante stare lì da soli, nel sotterraneo di un carcere, senza sentire alcun rumore provenire da sopra. Ingurgitò un pugno di caramelline alla liquirizia -quante volte si era fatta salire la pressione alle stelle per quella stupida abitudine!- per essere ancora più vigile e iniziò a lavorare. C'erano un mucchio di scartoffie che ad ogni movimento alzavano manciate di polvere che le si poggiavano tra i capelli. Li sistemò con una coda da cavallo, sì inserì dei guanti di lattice blu trovati in una scatola e afferrò la prima cartella.
Loii... Le lettere erano state scritte con una penna sottile, dall'inchiostro consumato che era diventato grigio; si allungavano verso l'alto ed erano tutte attaccate l'una all'altra.
<<Prima o poi frequenterò un corso di grafologia!>>, esclamò a sé con voce sicura che riecheggiò per tutto lo stanzone.
Involontariamente, Alexis si portò una mano sulla bocca come per azzittirsi e rise poco dopo nell'accorgersi di stare sola e poter parlare o cantare senza problemi. Riportò l'attenzione alla cartella e ora riuscì ad interpretare quella scritta: Collins. Dovrebbe esser stato il cognome di un detenuto, pensò. Era la prima volta che si ritrovava una cartella tra le mani: era forte il desiderio di aprirla, ma d'altra parte temeva di trovare foto ingrandite di cadaveri, come si vede nei film polizieschi. Coprendosi gli occhi con la mano sinistra, aprì pian piano la cartella con l'altra. Era semplice ma utile questa strategia: bastava divaricare poco alla volta le dita sugli occhi, distanziandole l'una dall'altra in base a quello che si stava vedendo; se avesse scorto qualcosa di brutto, le avrebbe richiuse nell'immediato. Aveva funzionato sempre quando da piccola vedeva i film horror con suo cugino Henris di cinque anni più grande. E avrebbe funzionato anche questa volta. Le aprì sempre di più, sempre di più... Non notava nulla di strano: niente sangue, niente cadaveri, niente di niente. A quel punto le tolse e iniziò a sfogliare quelle pagine ingiallite.
"Micheal Collins, 1970...", seguivano una serie di dati e pagine e pagine di testo. Passò velocemente gli occhi per sapere il più possibile la causa della sua carcerazione: sembrava aver distrutto con una mazza metallica l'automobile del suo capo dopo esser stato licenziato. Era stato in cella per tre settimane ed era uscito nel 2005. Alla vista di quella data Alexis sbarrò gli occhi: erano passati più di dieci anni, quindi o il signor Warnor stava male da un bel po' di tempo o in realtà non aveva mai amato così tanto il suo lavoro.
Chiuse la cartella e proseguì con le altre. Sarebbe dovuta stare lì per altre dodici giornate. Abbozzò su un foglio che trovò sul tavolo una scaletta con tutti i lavori che avrebbe dovuto fare, ognuno con il giorno in cui l'avrebbe eseguito e il tempo che sarebbe occorso per portarlo a termine. Aveva sempre bisogno di poter schematizzare i suoi compiti per avere una sicurezza, una regolarità in qualcosa che riteneva del tutto caotico. E l'ordine era il suo forte: quel tirocinio le iniziava a piacere!
Spazio autrice:
Cari lettori e lettrici, a breve parteciperò ad un'iniziativa di scambi di lettura per poter conoscere altre storie qui su Wattpad e per fare in modo che anche la mia storia venga conosciuta da più lettori. Inoltre, cosa c'è di meglio di uno scambio di opinioni per poter migliorare?! Invito anche voi a partecipare! L'iniziativa è di
Vi aspettiamoooo :*
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