14.

<<Mamma, dove sono le ballerine turchesi?>> Alexis saltellava su di sé per fa salire meglio i collant. Quanto li odiava: avrebbe preferito andare a gambe nude, nonostante l'aria gelida di dicembre pur di non sentire quel pizzichio lungo le gambe. Sporse la testa giù per la scalinata: <<Mammaaaa...>>, esclamò a gran voce. Era tardi. Tra meno di mezz'ora sarebbe iniziata la festa e loro erano ancora a casa. Vide suo padre seduto al divano consultare la sua agenda; in realtà, era appoggiato piuttosto che seduto. Come al solito era impeccabile, con un completo blu scuro e la cravatta grigia. I capelli biondi gellati e tirati indietro gli conferivano ancora più autorità.

<<Tesoro, sono dove le hai lasciate: ancora in busta nell'armadio>>, rispose Claire mentre poggiava con attenzione due piccole perle ai lobi delle orecchie, osservando la sua immagine riflessa allo specchio. <<Ti manca tanto? Tra cinque minuti dobbiamo partire. Sai quanto detesto lo sguardo imbronciato della signora Lancaster, Alexis!>>

<<No, mamma. Indosso le scarpe e sono pronta>>, rispose continuando a saltellare per tornare in camera sua, sentendo il piacevole scricchiolio del legno ricoperto dalla moquette color crema sotto i suoi piedi. Estrasse la busta dalla parte inferiore dell'armadio, dove sistemava solitamente i pigiami e le tute. Si sorprese nel rendersi conto di non aver ancora tolto il bigliettino pinzato sulla plastica rosa: "Per la mia principessa. Con amore, Matt".

Gliele aveva regalate qualche settimana prima, quando erano andati a fare merenda alla pasticceria del centro commerciale. Prima di tornare a casa avevano fatto un giro rapido tra i negozi. Matt sapeva quanto lei amasse Little prohibitions. "Scegli quelle che più ti piacciono", le disse dolcemente ammiccando un occhiolino. Alexis gli buttò le braccia al collo per svincolarsi subito dopo e perdersi in quel labirinto di scarpe di ogni tipo e di ogni colore. Per ogni paia che provava imitava di sfilare davanti a Matt che la osservava compiaciuto, seduto comodamente su un puff rosso poco lontano da lei. "Matt, sono tutte bellissime. Quali prendo?", ricordò di aver chiesto in tono dispiaciuto: avrebbe voluto portare a casa tutto il negozio. Quello che doveva essere un semplice giro aveva occupato tutto il loro pomeriggio. "Tesoro, ti stanno tutte divinamente. Ma quelle turchesi fanno risaltare maggiormente il tuo essere principessa", le sussurrò Matt baciandole la guancia.

Quella sera le indossò per la prima volta dopo averle provate al negozio. Erano ancora più belle sotto il suo vestito argentato a campana, che la cingeva in vita con un fiocco grosso dietro la schiena. Si spruzzò per un'ultima volta la lacca ai capelli supplicando ai suoi boccoli di rimanere perfetti per tutta la serata e si diresse di sotto.


<<Il regalo per il signor Lancaster dov'è?>>, chiese Edmund con voce seria e piatta senza distogliere la vista dalla strada, mentre svoltava verso Spring Avenue.

<<Papà, l'ho preso io. Sforzati ad essere simpatico stasera, ok? O almeno cerca di sorridere>>, gli rimproverò Alexis con voce stizzita.

Gli alberi che costellavano la strada erano decorati da innumerevoli luci bianche, in sintonia con l'atmosfera natalizia. Quello era il quartiere dove risiedevano le famiglie più benestanti di Sandal. E la famiglia Lancaster era una di quelle. Qualche secondo prima di scendere dall'auto digitò velocemente un "siamo arrivati" da inviare a Matt e poco dopo lo vide aspettarli sul portone principale.

<<Wow, ecco la mia principessa!>>, esclamò rubandole un bacio. <<Sei fantastica stasera.>>

<<Tu elegante come al solito, Matt>>, rispose aggiustandogli il papillon bordeaux e sorridendogli.

Appena entrarono Maddie, la cameriera, era già pronta ad accogliere i loro cappotti da sistemare in cabina. Il salotto era gremito di gente. Gente mai vista. Gente elegante. Troppo elegante. Alexis detestava quel tipo di feste stracolme di convenevoli. Tra un centinaio di gente le parve che solo sua madre condividesse il suo parere: si voltò verso Claire, che la stava già osservando, quasi aspettandosi quello sguardo. Ricambiò con la stessa espressione e alzò le spalle. Sapeva alla perfezione il significato dell'espressione della madre: "buon viso a cattivo gioco", le avrebbe raccomandato se non ci fossero state troppe persone accanto a loro con le orecchie pronte ad ascoltare. Avrebbe dovuto essere -e forse lo era- la figlia perfetta e una fidanzata deliziosa per quella sera. Una sola sera. Una sera che prevedeva interminabile. Matt si era già allontanato per accogliere gli altri invitati.

<<Dai sù, andiamo a fare gli auguri a Lorenz>>, la invitò Claire prendendole la mano e trascinandola dietro di sé.

I signori Lancaster erano accanto ad un tavolo stracolmo di regali, molti dei quali erano buste bianche, probabilmente contenenti soldi che si sarebbero accumulati alle altre migliaia che già avevano. Al centro regnava un grande bouquet di rose bianche. Lorenz e Amalia sembrarono non accorgersi del loro arrivo, presi com'erano nello scartare un grande pacco blu dal fiocco dorato.

<<Buon compleanno, signor Lancaster!>>, proferì con voce acuta Claire richiamando la loro attenzione.

<<Oh, Claire, tesoro...>>, rispose con finta sorpresa Amalia con la sua voce flebile e dall'accento vagamente francese, raggiungendole e abbracciandole. <<Finalmente sono arrivate anche la mia consuocera e mia nuora>>, aggiunse compiaciuta. Alexis detestava quegli appellativi: Matt non ancora le aveva fatto la richiesta di matrimonio, eppure tutti davano per scontato che a breve ci sarebbe stata la cerimonia. E poi, perché essere così sicuri che la sua risposta sarebbe stata un "sì" senza ombra di dubbio?!

<<Benvenute, mie care!>>, le accolse Lorenz, interrompendo gli assurdi pensieri di Alexis. <<Dov'è il capo famiglia?>>, chiese alzandosi leggermente sulle punte per cercare di scorgere Edmund in mezzo alla folla. <<Ecco lì, sempre al telefono! Non a caso è il miglior avvocato che ci sia sulla piazza>>, disse giustificando quel comportamento.

Alexis gli porse la scatolina che teneva nascosta dietro la schiena: <<Tanti auguri, signor Lancaster.>> In quei dieci anni ogni compleanno di quella famiglia generava un dilemma circa il regalo. Avevano tutto e non avevano bisogno assolutamente di nulla. Per fortuna Matt aveva in serbo sempre qualche idea e anche quella volta fu così, permettendo ai Castle di fare un'ottima impressione con il loro regalo.

<<E' magnifico...>>, affermò Lorenz con voce entusiasta dopo aver scartato il regalo. <<Guarda, amore>>, disse mostrando il portasigari di legno intagliato dal famoso Dalton Cox, <<proprio quello che cercavo!>>

<<Impeccabili come sempre, i Castle>>, rispose con aria di sufficienza Amalia. Alexis cercò di concentrare tutti i suoi pensieri sul fuoco, sullo scricchiolio delle fiamme che ardevano poco dietro di loro nel camino di mattoncini bianchi a mosaico. Uno. Due. Tre. Si innalzavano e crepitavano contro le pareti. Detestava la signora Lancaster. Detestava la madre del suo fidanzato. E ogni volta questi pensieri la spaventavano perché le facevano prospettare un futuro non piacevole. "Buon viso a cattivo gioco", continuava a ripetere a se stessa e, tentando di metterlo in pratica, sorrise ad Amalia con la stessa finzione di quella donna.

<<Amore!>> Sentì le braccia di Matt avvolgerle la vita da dietro, stringendola a sé e sfiorandole dolcemente il collo con le labbra. <<Ti stai divertendo?>>

<<Certamente, è una festa bellissima>>, affermò Alexis sforzandosi di apparire convinta di ciò che aveva appena detto. Gli prese la mano e gli sorrise: <<Grazie per averci consigliato il portasigari: sembra sia piaciuto molto a tuo padre.>> Si diressero verso l'immensa tavolata che si allungava per tutto il salotto, ospitando infinite quantità di cibo. Matt aumentò la stretta della presa, intrecciando saldamente le sue dita a quelle piccole e sottili di Alexis, come per paura di perdere la sua principessa in quella folla.

<<Oh mio dio... Matt Lancaster?!>> Una voce stridula appartenente ad una signora anziana interruppe il loro slalom tra gli invitati per arrivare al buffet. Era minuta e sicuramente sulla ottantina, ma il fondotinta pesante e il rossetto rosso accompagnato da una matita di una tonalità più forte tradivano il suo sentirsi ancora una ragazzina. <<Tu sei il piccolo Matt?!>>, aggiunse aguzzando la vista e passando su di lui lo sguardo da capo a piedi lentamente. <<Oh mio dio... oh mio dio... Sei davvero cresciuto!>>, continuò stridula senza attendere una risposta.

<<Sì, signora, sono Matt, il figlio di Lorenz e Amelia Lancaster>>, cercò di rispondere prima di essere sormontato nuovamente da quella voce. Alexis si sentì invisibile in quel momento. Invisibile come ad ogni festa della famiglia Lancaster. Ogni volta arrivava un invitato non rivisto da anni che assorbiva tutte le loro attenzioni, comprese quelle del suo fidanzato che, da bravo figlio, l'accoglieva al meglio. Essere invisibile era stranamente piacevole: sperò che potesse durare per tutta la serata. Si spostò nel retrocucina, lontana dal caos che regnava il salotto, e seduta sullo sgabello osservò Maddie preparare altre tartine e cocktail da servire. Per tutti quegli invitati c'era solo lei, una povera cameriera messicana che in pochi anni aveva imparato a soddisfare ogni desiderio dei Lancaster, trasformandosi nella loro macchina dei sogni. Brava. Precisa. E soprattutto veloce. Tagliava il salmone così velocemente quasi da far girare la testa ad Alexis che, quando Maddie effettuò l'ultimo taglio impugnando con più decisione e forza quel coltello affilato, non poté trattenere un gridolino di paura che la fece lievemente sussultare dallo sgabello. L'avrebbe volentieri aiutata a servire i vassoi in salotto, ma poteva facilmente prefigurarsi il volto sdegnato della signora Lancaster. Dunque, rimase seduta in cucina a ripulire i rimasugli di salmone, leccandosi di tanto in tanto le dita.
Dopo essersi rilassata abbastanza, si diede forza per immergersi nuovamente tra gli invitati. Lo faceva per Matt, per renderlo felice mostrandosi felice. Si lasciò cadere su una poltroncina insieme a sua madre, anche lei esausta, e per rimanere sveglia cercò di concentrarsi sulle note del sax, oscillando lievemente la testa seguendo il ritmo.

<<E papà? E' da un po' che non lo vedo...>>, chiese rendendosi conto che non c'era.

<<Ha ricevuto una chiamata urgente ed è scappato>>, rispose Claire con aria sconsolata e allo stesso tempo rassegnata a quelle abitudini del marito. <<Non commentare, ti prego>>, supplicò sua figlia prevedendo una risposta di rimprovero non tanto per il padre quanto per la madre, che si ostinava a stare con un uomo che nemmeno era consapevole di appartenere ad una famiglia.

<<Signori e signore, vi prego di accomodarvi all'ingresso>> La voce di Matt riecheggiò per tutta la sala, seguita da un fischio del microfono. <<Prima io e la mia fidanzata>>, aggiunse scendendo dal soppalco dei musicisti e incamminandosi verso Alexis con un largo sorriso adagiato sul volto.

Claire si rivolse alla figlia con aria interrogativa. <<Non ne so nulla, mamma>>, affermò Alexis chiaramente sorpresa, sentendosi le guance avvampare per la vergogna. Matt era già di fronte a lei, leggermente chino, con il braccio piegato verso di lei per invitarla a procedere con lui. La musica si era interrotta e la folla ammutolita. Li osservarono tutti mentre procedevano verso l'ingresso.

<<Ehi, amore, sei forse agitata?!>> Matt le strinse le spalle per rassicurarla.

Ad aspettarli c'era un uomo vestito interamente di bianco, se non per il suo papillon nero. Appena li vide arrivare si sedette sullo sgabello del pianoforte e iniziò a suonare. Alexis non era mai stata un'esperta di musica classica, ma quella canzone era inconfondibile per lei: Preludio numero 1 di Bach, la melodia che Matt più volte le aveva suonato a quello stesso pianoforte mentre lei si lasciava cullare da quelle note. Le bastò un attimo per commuoversi e portarsi le mani al volto per non farsi vedere.

<<Tremi come una foglia, amore. Stai tranquilla>>, l'abbracciò forte Matt passandole delicatamente un dito sulle guance per portare via le lacrime.

<<Sono felice, Matt>>, gli sussurrò. Quella folla era scomparsa, anche sua madre non c'era più per i suoi occhi. C'erano solo loro due. Alexis e Matt. Matt e Alexis.

Matt si scostò delicatamente da lei, lasciandola al centro dell'immenso ingresso.

<<Amore mio, ricordi questa melodia? Te la suonai per la prima volta dieci anni fa, quando ti invitai a casa mia per fare merenda>>, si interruppe ridendo imbarazzato. Poi riportò lo sguardo su quel foglio che stringeva con forza tra le sue mani, cercando di celare il tremolio. <<Te l'ho suonata almeno una volta all'anno, per dieci anni. E' la nostra canzone, la nostra dolce melodia. Oggi vorrei cogliere l'occasione per dire davanti a tutte le persone che in modi diversi fanno parte della mia vita che tu sei la donna che io amo. Sei la ragione del mio sorriso. Sei la luce dei miei occhi. Il mio respiro. Vorrei assaporare il nostro amore ancora per anni, per l'eternità se potessi. Lo vorrei vivere qui, in casa mia, così come sulla Luna. Per ora, mi accontento di qualcosa di più facile da realizzare: ti va di assaporare il nostro amore sulla Torre Eiffel, Alexis Castle?>> Matt pronunciò le ultime parole quasi con la voce rotta per l'emozione. Sapeva che Parigi era il sogno più grande di Alexis da quando era piccola e voleva regalarle nuovamente un sorriso. Sempre. In ogni occasione. Lui viveva grazie al suo sorriso.

<<Sì>>, pronunciò flebilmente Alexis piangendo e correndo verso di lui.

Il pianista accelerò il ritmo della canzone, facendoli precipitare ancor di più in quel turbinio di emozioni. Matt la sollevò leggermente girando su di sé al centro, godendo a pieno di quel momento. Partì un applauso, un applauso così intenso che li riportò alla realtà senza far svanire la loro felicità. Alexis diresse lo sguardo su sua madre e la vide piangere commossa.
"Ti voglio bene", percepì dal suo labiale.


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