12.

L'odore della cioccolata calda le inondava le narici. Chinò leggermente la testa per poter lasciarsi avvolgere ancor di più e portò le mani ai lati della tazzina di ceramica bianca con i fiocchetti rosa dipinti a mano. Sentì un piacevole calore diffondersi pian piano nel suo corpo. Chiuse gli occhi per un istante abbandonandosi a quella piacevole sensazione che la rigenerò. Era un freddo pomeriggio di novembre e fuori il vento tagliente le aveva fatto arrossare le guance e le nocche delle dita.

<<Cheesecake ai lamponi per la signorina Alexis e una bella fetta di torta alle carote per la signorina Leila>>, disse con voce roca ma affettuosa Julie Wottie poggiando delicatamente il vassoio di legno sul tavolino e pulendosi le mani al grembiule rosa che indossava con la scritta bianca MoonBall.

Notando come la vernice bianca era ormai consumata ai bordi del vassoio, Alexis rifletté da quanti anni quel locale era il punto di ritrovo nella cittadina di Sandal. Lei e Leila avevano trascorso lì le migliori merende dopo la scuola e, quando era meno affollata -cosa abbastaza rara- si erano fermate a fare i compiti. Ricordava ancora l'affetto che Julie aveva sempre mostrato nei loro confronti. I signori Wottie non ebbero mai figli: in paese erano molti i pettegolezzi, ma i Wottie non diedero mai loro la soddisfazione di sapere la reale motivazione. Alexis e Leila divennero per loro come delle nipotine da viziare con dolci e caramelle e, nonostante fossero passati venti anni, l'affetto era rimasto lo stesso. Mark Wottie era venuto a mancare tre anni prima. "E' morto con il sorriso il mio angelo", ripeteva spesso Julie contemplando la foto del marito incorniciata al centro della parete dietro il bancone. Nonostante gli ottant'anni, era ancora un'ottima proprietaria che non aveva mai avuto il bisogno di essere aiutata con il lavoro. Durante le feste Alexis si recava spontaneamente per darle una mano, ricevendo in cambio un grosso cesto di dolci per lei e la sua famiglia.

<<Grazie, signora Wottie>>

<<Figuratevi, ragazze. E' un piacere. Vi lascio chiacchierare. Chissà quante cose avete da raccontarvi>>, disse andando via. Era sempre stata una donna di piccola statura -non a caso Mark la chiamava "la mia bambina"-, ma in quegli ultimi anni la schiena ricurva la rendeva sempre più bassa e chiusa in sé. Portava il peso di otto decenni, come diceva spesso a se stessa ridacchiando.


<<Allora, amica mia, tutto bene?>>, chiese Leila con espressione furba.

<<Mh mh...>>, si limitò a pronunciare Alexis che stava già addentando un pezzo di torta. <<Perché?>>, aggiunse portandosi via col dorso della mano un po' di confettura di lampone rimastale accanto alle labbra.

<<Non so... Hai ordinato cioccolata calda e doppio cheesecake. Sai, noi donne ci rifugiamo ai dolci quando...>>

<<Guarda che sei tu quella poco normale!>>, la interruppe Alexis. <<Torta di carote e thé nero: troppe poche calorie. Qualcuno si deve fare bella per...>>

<<Cretina>>, rispose Leila recitando la parte dell'offesa e lanciandole una briciola di ciambellone.

Alexis prese al volo la briciola e se la gettò in bocca con la stessa maestria di un giocatore di basket, facendo seguire una fragorosa risata.

<<Mmm... Ricomponiamoci>>, disse a se stessa, guardando Leila con sguardo serio negli occhi. <<Chi è l'uomo al quale hai accennato nel messaggio?>>

Improvvisamente Leila cambiò espressione: sembrava le fosse sceso un velo sul volto che divenne inespressivo, completamente pietrificato.

<<E' sposato. Mi sono innamorata di un uomo sposato!>>, urlò con voce quasi isterica.

<<Calma, calma, calma.>> Alexis chinò il busto verso il tavolo per farsi più vicina e allungò il braccio oltre il tavolino per prenderle la mano. <<Una cosa per volta. aStephan che fine ha fatto?>>

<<Oddio Alexis, Stephan è acqua passata ormai>>, rispose con voce irritata.

<<Ok, ma permetti che io voglia capirci qualcosa?!>>

<<Stephan era troppo un bravo ragazzo per me. Laureato il Lettere, amante della poesia e desideroso di avere una famiglia perfetta>>, disse Leila come se stesse leggendo l'elenco della spesa, con lo sguardo perso verso il soffitto. Poi lo riportò su Alexis: <<Mi dici cosa cavolo di facevo io con uno del genere?!>>

<<Beh, in effetti...>>, pronunciò Alexis con voce titubante. <<Ok, Stephan è una storia chiusa. Passiamo al tipo nuovo.>>

<<Mamma mia, Castle. Ma sei sicura di voler fare la psicologa? Mi sento sotto inquisizione!>>

<<Dai, Leila, voglio solo capirci qualcosa e aiutare te a capire in che situazione ti sei messa. Sai, quando la tua amica cambia un ragazzo alla settimana, faccio difficoltà a portare i conti e a seguire la sua soap.>>

<<Grazie per le belle parole>>, rispose Leila facendole la linguaccia. Comunque, Robert è un tipo pazzesco. L'ho conosciuto in palestra. E' il mio personal trainer.>> La sua voce si fece immediatamente romantica.

<<Aspetta, ma non facevi yoga?>>, chiese Alexis diventando sempre più perplessa.

<<Beh, sì. Ma poi nello spogliatoio ho sentito parlare di questo tipo appena assunto alla Well Being Gym e così il giorno dopo mi sono iscritta alla sala pesi>>, spiegò entusiasta.

<<E ti pare che Leila Marton si faceva scappare uno così?!>>

<<E dai, Alexis! Non riconosco più in te la mia complice. Se mi devi giudicare, puoi tornare al tuo lavoro.>> La voce di Leila era chiaramente seccata.

<<Scusami, hai ragione.>> La sua voce era realmente pentita. Avevano passato insieme i migliori pomeriggi sedute a quello stesso tavolo a fare pettegolezzi sui ragazzi. Ma ora non avevano più quindici anni. Ben dieci in più. A venticinque anni una ragazza dovrebbe avere una storia stabile e sicura, dovrebbe desiderare di ricevere la richiesta di matrimonio più emozionante che ci possa essere...

<<Ehilà... Alexis?!>>

Vide la mano di Leila agitarsi ripetutamente di fronte ai suoi occhi riportandola alla realtà. Evitò di riferirle i suoi pensieri, altrimenti sarebbe stata derisa come al solito, sentendosi dire che Matt ormai era diventato un pezzo d'epoca ammuffito e polveroso e che ogni donna necessita di nuove esperienze ogni tanto. Peccato che nel caso di Leila questo bisogno emergeva ogni settimana!

<<Dai, raccontami di Robert!>> Alexis fece il possibile per mostrarsi entusiasta di questa nuova storia che sembrava non promettere nulla di buono.

<<Oddio... Ti potrei parlare di lui per ore!>> La sua espressione si fece di nuovo trasognata. <<E' un uomo talmente misterioso... Sai, il ciuffo nero che gli copre gli occhi blu, le braccia possenti che quando mi stringono mi fanno sentire...>>, Interruppe la frase a metà. <<Vabbe', ma che te lo dico a fare?!>>

<<Sembrerebbe il tuo principe azzurro!>>

<<E lo è, credimi!>>

<<Tralasciando l'aspetto fisico, per il resto che persona è?>>

<<Sai, non è che passiamo tanto tempo a parlare: la conoscenza la lasceremo al futuro>>, ridacchiò.

<<Leilaaaa... Ma tu nemmeno lo conosci questo tizio?!>> Alexis si portò le mani sul volto per coprire la sua espressione disgustata.

<<E dai, non fare quella faccia>>, commentò dispiciuta. <<Comunque, Robert ha 50 anni, divorziato, con due figli: Sam e Lucas.>>

Alexis non poteva credere alle sue orecchie. La fissò allibita, ma Leila era ormai troppo presa dalla sua storia e continuò a parlare ininterrottamente: <<Sam è un piccolino ricciolino cicciottello di otto anni. Oddio quanto bene mi vuole! Peccato che non sono sua madre, ma non vorrei nemmeno che mi considerasse una sorella. Robert mi ha detto che appena sono pronta mi darà un figlio tutto nostro. Leibert. Non lo trovi fantastico?! 'Lei' di Leila e 'Bert' di Robert.>> Era chiaramente eccitata. Eccitata da essere fuori di sé.

<<Beh, ottima scelta: non si sa mai non ricordi il nome dei propri genitori>>, commentò Alexis con tono disprezzante.

<<Ma non credi...>>

Non le diede il tempo di ribattere: <<Leila, ascoltami. Ha 50 anni. Cin-quant-anni. Sai quanti sono?! Il doppio dei tuoi. Proprio come...>>

<<Mio padre. Lo so. Ha la stessa età di mio padre>>, la interruppe Leila irritata. <<Ora mi vuoi fare la predica? O meglio, vorresti tirar fuori una delle teorie psicologiche per cui se ho scelto un uomo della stessa età di mio padre significa non so che cavolo vi inventate voi!>>

<<Assolutamente no. Sono Alexis, la tua amica. Non Castle, la psicologa.>> Allungò di nuovo il braccio verso Leila per cercare un contatto, ma lei lo ritrasse velocemente e abbassò lo sguardo a terra.

<<E comunque, dato che non me l'hai chiesto, te lo dico io: sono felice. Mi hai sentita?! Sono fe-li-ce!>> Suonava strano sentire quelle parole pronunciate con un tono di rabbia.

<<E io sono contenta per te, amica mia. Se tu sei felice, sono felice anch'io per te. Anzi, per voi. Ma capisci che sono comunque preoccupata? State insieme da poco e già parlate di figli?! Comunque, tu come ti senti? Sai, non deve essere facile sapere che lui è stato sposato, è padre...>> Alexis disse tutto con voce molto rilassata questa volta, anche per non far allarmare la signora Wottie che poco prima si era affacciata credendo di non essere notata.

<<Lo so, la situazione non è delle migliori. Ma Robert mi piace. E tanto. Ci siamo promessi di conoscerci per quello che siamo da ora in avanti, senza ripescare eventi del passato. Certo, lui ha due figli, ma questo non gli preclude di amarmi.>> Ora a parlare era la parte più matura di Leila, quella che faceva capolino raramente lasciando il campo libero alla parte senza freni che finora l'aveva guidata in esperienze spesso difficili.

<<Sicuramente sarà così. Te lo auguro>>, rispose Alexis lanciandole un dolce occhiolino. <<Avrò mai l'opportunità di conoscere Robert?>>

<<Certo, ho già organizzato tutto. Sabato prossimo a casa di Matt>>, precisò con voce acuta per l'entusiasmo.

<<Matt già sa tutto?>> Alexis era sorpresa di essere l'ultima a essere a conoscenza di quella storia.

<<Glielo dirai tu oggi appena lo vedrai. Chiaramente non si tirerà indietro: non l'ha mai fatto>>, rise.

<<Santo, il mio Matt>>, rispose accompagnando la risata dell'amica.

<<Invece, a te le cose come procedono tra gli antri bui e sperduti della Stanford?>>, chiese Leila cercando di far apparire la sua voce più macabra possibile.

<<Se ti riferisci agli archivi, passo lì solo un giorno alla settimana. Negli altri due assisto ai colloqui dello psicologo con due detenuti.>>

<<Salto di grado, Castle! Complimenti.>> Le porse la mano per battere il cinque. <<E che tipi sono? Gente con ancora la puzza di sangue addosso?>>

<<Oh mio dio, Leila. Ma che diavolo di film ti vedi?! Assolutamente no! Per il segreto professionale>>, pronunciò queste ultime due parole con fare altezzoso per poi ridere di sé, <<non posso dirti nulla. Ma siccome sei la mia migliore amica, ti confesso qualcosa>>, aggiunse con tono sempre più basso, temendo che qualcuno la potesse sentire.

<<Dimmi, dimmi, dimmi.>> Leila non era più nella pelle per la curiosità. Portò la tazzina alle labbra: <<Accidenti, ma questo thé è un ghiacciolo!>>, disse sputacchiandolo qua e là. Risero di gusto e Alexis le passò la sua tazzina di cioccolata calda che rimaneva ottima anche dopo un po'.

<<Allora, seguiamo una donna, Josy, borderline. Sai, tentativi di suicidio ripetuti, tagli per tutti le braccia...>> Fece una pausa per osservare il volto di Leila perso nelle sue parole. <<E poi, un ragazzo. Will.>>

<<Com'è?>>, la interruppe Leila facendo uno scatto sulla sedia come se fosse stata improvvisamente sorpresa da qualcosa.

<<Non lo so ancora. Sembra un tipo a posto. Ha la cella piena zeppa di romanzi. Beh, certo, essendo nel reparto omicidi qualcosa ha combinato. Poi, gli incubi a cui fa riferimento...>>

<<Ok ok, non metto in dubbio sia un caso interessante. Ma com'è? Nel senso, è carino?>>

<<Leila, ma pensa a Robert ora! Comunque...>> Il volto di Alexis cambiò espressione. Distolse lo sguardo da quello dell'amica e lo lasciò posare su un dipinto appeso sulla parete alla sua destra. <<E' carino.>>

<<Carino quanto?>> La curiosità di Leila era difficile da saziare.

<<Carino tanto>>, pronunciò con una voce talmente bassa che fece lei stessa difficoltà a sentirla.

<<Cosa?!>>, ridacchio Leila.

<<Oddio, Leila. E' bellissimo. Contenta?!>> Gli occhi dell'amica brillavano. Alexis continuò, ma questa volta come se stesse parlando a se stessa: <<Will è di una bellezza disarmante. I suoi occhi scuri, talmente scuri che non mi fanno vedere altro. Le sue labbra carnose... Il suo tatuaggio...>>

<<Cavoli, deve essere davvero un tipo fighissimo! Ma a te non piacevano gli incravattati?!>>, la prese in giro ridendo.

<<Sì, e mi piacciono ancora>>, precisò arrossendo. <<Lascia stare quello che ti ho appena detto. Sai, il freddo di fuori mi ha congelato il cervello.>>

<<Scherza, scherza, Castle! Anche la più brava ragazza si stancherà della monotonia.>>

Ormai Alexis conosceva quelle parole a memoria; quindi, la lasciò parlare. Intanto, finirono i rispettivi dolci che per troppo tempo avevano lasciato intoccati nel piatto. Leila la aggiornò degli ultimi pettegolezzi sulle loro ex compagne di liceo, dei nuovi tacchi che si era comprata, del lavoro che andava a gonfie vele, ecc.

Erano le sette di sera quando Alexis vide l'amica che continuava a salutarla dalla parte posteriore della macchina della signora Marton che l'era andata appena a riprendere per tornare a casa. Alexis aveva rifiutato il passaggio perché poco prima Matt le aveva scritto che a breve sarebbe riuscito dall'ufficio e sarebbe passato a prenderla. L'aria era gelida e il cielo troppo nero: quel solo lampione non riusciva certamente ad illuminare tutta Basty Street. Anche le ultime vetrine chiusero, portatando ancora più buio. Non c'era nessuno. Solo lei e le foglie secche ai lati del marciapiede. Estrasse il cellulare dalla borsa per chiamare Matt. Lo stava aspettando da oltre dieci minuti. Solitamente era abituata ad attenderlo anche per mezz'ora, ma non con quelle temperature. Si alzò il bavero del cappotto e saltellò su di sé con il tentativo di scaldarsi. Compose il numero e dall'altra parte si attivò la voce registrata di Matt che diceva di essere in riunione. Chiuse e riprovò di nuovo. Ancora la segreteria. E di nuovo. Forse non era raggiungibile, disse a se stessa. Sul display vide sobbalzare l'icona rosa a forma di lettera per indicare l'arrivo di un messaggio: "Ehi, amore. Lo so che mi stai aspettando. Non posso chiamarti. Sto ancora in riunione. Dico a Tilly di mandarti un taxi. I love you." Bloccò immediatamente lo schermo e gettò furiosamente il cellulare in borsa. Non era di certo la prima volta che le riunioni si prolungavano oltre il previsto e che lei rimaneva ad aspettarlo. Ma mai l'aveva lasciata sapendo che stava per strada, al freddo. <<Con cavolo che aspetto il taxi, Matt!>>, urlò ad alta voce. Indossò i guanti e si incamminò a passo veloce verso la strada di casa. Intanto, il cielo non voleva proprio stare dalla sua parte: piccole gocce di pioggia si trasformarono in un acquazzone nel giro di cinque minuti. E se in altre occasioni si sarebbe preoccupata di bagnarsi, questa volta si perse a ripensare alla confessione fatta a Leila e, in realtà, anche a se stessa. Come le era saltato in mente di dire certe cose su quel ragazzo?! L'imbarazzo lasciò ben presto il posto ai pensieri. Altri pensieri che l'accompagnarono per tutto il tragitto fino a casa. E l'ultimo fu di desiderare l'arrivo del mercoledì successivo più di ogni cosa al mondo. E con quel pensiero dimenticò anche della rabbia provata per Matt.




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