11.

Era bellissimo. Probabilmente non aveva mai visto un ragazzo tanto bello. Arrossì al solo pensiero e chinò leggermente la testa in basso, fissando i propri jeans. Nonostante ciò, continuava a sentirsi i suoi occhi addosso. Che strano... Non conosceva nemmeno quel ragazzo, eppure suscitava in lei uno strano imbarazzo. Cercò di essere il più professionale possibile e rialzò lo sguardo. Lui era ancora lì a fissarla. Non appena incontrò il suo sguardo, lui rispose con un sorriso. Un sorriso furbo. O almeno così apparve ad Alexis.

Will non stava facendo nulla, la stava solamente osservando. Era un piacere trovarsi di fronte ad una creatura così bella. Eppure, lei arrossiva. I lunghi capelli le coprivano il viso, ma non abbastanza da nascondere il suo rossore. Will non poté non sorridere. Non riusciva a capire perché lei reagisse così. Sembrava essere in chiara difficoltà nello stargli di fronte. Le sembrava così pura, così innocente... Sembrava come non a suo agio nello stare davanti ad un ragazzo.

"Ma cosa mi succede?!", si chiese Alexis, spostandosi la solita ciocca di capelli che le cadeva sull'occhio. Le mani erano umidicce a causa del suo nervosismo. Inverosimilmente in dieci anni non le era mai accaduto di trovarsi da sola accanto ad un altro ragazzo. Era sempre in compagnia di amiche o se c'erano ragazzi c'era anche Matt. Ma tutta quella difficoltà a sorreggere il suo sguardo a cosa era dovuta? Probabilmente alla sua bellezza. Will era di una bellezza disarmante. "Che pensieri, Alexis! Hai appena visto un ragazzo e ti soffermi a riflettere su quanto sia bello?!", rimproverò a se stessa.

<<Will, come è andata questa settimana?>>, intervenne Russell per rompere quel silenzio che si era appena creato.

<<I diari non mi bastano più, dottore. Ho bisogno di altro. Ho tanto dentro. Troppo.>>, esplose Will con voce stufa e quasi rassegnata.

<<Sono qui proprio per questo. Non è stato lei anni fa a chiedere il mio aiuto per evitare di soffocare nei suoi pensieri?!>>

<<Sì, ma sento che non mi basta. La vedo il lunedì, mi sfogo. Ma poi? Poi sono solo. Io e la cella. Io e i libri. Io e il diario. Io e la penna. E' tutto troppo per me. Ho bisogno di evadere, di respirare aria fresca.>>

Alexis notò che Russell era attento a quelle parole e di tanto in tanto annuiva come a sottolineare la sua presenza e attenzione. Will, intanto, continuava. Era un monologo, uno sfogo che sicuramente avrebbe dovuto fare molto tempo prima.

<<Sa, dottore, a volte mi chiedo se mai mi riabituerò alla vita di tutti i giorni... Il caos, il vento, la pioggia, poi di nuovo il sole... Qui, nella mia cella 155, c'è una sola atmosfera da otto anni. Nebbia. Non vedo il sole. Non vedo nulla. Solo tanta nebbia...>>

<<Will, mi chiedo se questa nebbia di cui mi sta parlando sia in realtà una rappresentazione dei suoi pensieri>>, intervenne Russell con la voce pacata di sempre.

<<Può essere, dottore.>> Will abbassò la testa e intrecciò le dita sfregandosi le mani.

<<Li ha riavuti di nuovo in questi giorni oppure di notte?>> Il tono di Russell si fece improvvisamente preoccupato.

<<Non davanti a lei>>, si affrettò a rispondere Will mandando un'occhiata in direzione di Alexis.

Involontariamente Alexis alzò leggermente le mani, come per difendersi, e scosse il capo.

<<Ok, Will, si calmi. Non affronteremo i contenuti di quegli incubi. Vorrei solo sapere se li ha avuti durante la scorsa settimana.>>

<<A volte. Raramente. Questa settimana è stata in realtà più semplice da digerire. Ho avuto altri pensieri. Pensieri nuovi>>, confessò Will con sguardo enigmatico.

<<Me ne vuole parlare?>>

<<Preferirei di no per ora. Le dico solo che sono stati molto piacevoli.>> Si voltò verso Alexis e le sorrise.

<<Ok, ok, Will. E' già qualcosa.>>


Il colloquio era finito da poco e, come la scorsa volta, il dottor Russell si fermò all'ingresso a parlare con Alexis.

<<Allora, Castle, come le è parso questo colloquio?>>, le chiese sorridendo.

<<Sinceramente mi sono sentita di troppo. E mi dispiace. Non voglio che qualcuno non si senti a proprio agio a causa mia.>>

<<Stia tranquilla, Will all'inizio si mostra scontroso con chi non conosce. Se lui non vorrà, non ci sarà alcun altro incontro. E' più rilassata ora?>>

Fece di sì col capo, ma non lo era affatto. In realtà la disturbava l'idea che non avrebbe più visto quel ragazzo. Non sapeva spiegarlo a se stessa, ma sapeva solo che voleva rivederlo.

<<Tralasciando ciò, cosa ha potuto trarre dal colloquio? Spero che qualcosa le sarà utile in futuro.>>

<<Certamente, dottor Russell. Innanzitutto, ho notato l'importanza del silenzio per lasciar parlare il paziente. Io ho sempre avuto difficoltà in ciò>>, confessò Alexis con voce imbarazzata.

<<Si spieghi meglio. Che tipo di difficoltà?>>, la interrogò Russell.

<<Io parlo molto, sempre. Certo, ora non si direbbe perché il mio ruolo è quello di osservare e non di parlare. Ma se potessi, quante cose direi! Credo di non riuscire a stare mai zitta. Ad esempio, quando in facoltà il professore ci proponeva di fare delle simulazioni dei casi clinici, io nel ruolo di psicologo ero una frana.>> Seguì una leggera risata da parte di Russell. <<Sì, mi creda. Avevo sempre bisogno di parlare. E parlavo ancor di più quando l'altro, nel ruolo di paziente, rimaneva in silenzio. O ancor peggio, lo interrompevo per fare domande.>>

<<Non la conosco, Alexis. Quindi, non posso azzardarmi a farle un'analisi qui su quattro piedi. Ma potrei solo ipotizzare che ciò sia dovuto ad una sua insicurezza. Sa, Bion diceva...>>

<<Di non saturare ogni momento, ma lasciare degli spazi aperti>>, lo interruppe Alexis.

<<Complimenti. Ora è solo questione di esperienza, cara Alexis.>>

Era la prima volta che le si rivolgeva chiamandola per nome e ciò suscitò in lei una piacevole sensazione.

<<Mi dica, cosa vorrebbe fare dopo il tirocinio?>>, chiese Russell cambiando discorso.

<<La scuola di specializzazione in psicoanalisi>>, affermò con voce sicura Alexis.

<<Caspita, una psicoanalista che adora il carcere?! Qualcosa non mi torna>>, ridacchiò Russell.

Poco dopo si avviarono verso l'uscita. Si congedarono con uno scambio di mano.

<<Dottor Russell, perché Will è dentro?>>, chiese Alexis d'impeto. Non aveva programmato quella domanda. Non sapeva come le fosse potuta uscire. Aveva appena varcato il portone, eppure fece un passo indietro per quella domanda. Sentiva il cuore sussultarle.

<<Segreto professionale, Castle>>, affermò con voce dispiaciuta lo psicoterapeuta. <<Se mai un giorno vorrà, glielo confesserà Will stesso.>>


Spazio autrice:

Buonasera mie limitate, ma fedeli lettrici :) Dopo tanto sono riuscita a pubblicare un altro capitolo. Lo so, è estremamente corto e non mi soddisfa abbastanza come gli altri. Ma per ora lo metto a vostra disposizione perché non so quando riuscirò a tagliarmi nuovamente un po' di tempo per poterlo rivedere. Si potrebbe trattare anche di mesi :D L'università è ricominciata da poco, ma si fa sentire forte e chiara! Inoltre, devo riconoscere che questo capitolo, a differenza degli altri sui quali stavo tre ore in media, l'ho scritto di getto con le cuffie che mi bombardavano le orecchie. Cercherò di ritornare al vecchio metodo, la prossima volta!

Vi auguro una buona lettura e attendo vostre opinioni ;) Un abbraccio virtuale a tutte, mie care :*

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