1.13 As long as you loved me
Quella discussione aveva sollevato un vero e proprio polverone, che non riguardava solo Raven e Phoenix, ma ognuno di loro.
Seminascosti tra gli strati densi e vistosi di quella baraonda, erano infine venuti fuori anche i ricordi, i dolori del passato, le incertezze. I rimpianti per ciò che avrebbero dovuto aggiustare e che avevano trascurato, per tutto quello che non era stato detto in tempo, per i momenti che avrebbero dovuto portare in salvo e che ancora esitavano a mettere al riparo. Solo per paura di ferire qualcuno o di farsi troppo male.
Eagle era perso in quelle considerazioni mentre affondava sul letto con un gesto stanco. Incrociò le braccia sul viso e si coprì gli occhi con un sospiro. La tensione di quella giornata gli scorreva ancora addosso, viva e presente. Si sentiva fiacco e svuotato da quella girandola di emozioni che, per sua stessa natura e condanna, lo colpiva e lo segnava più degli altri.
Rimase immobile, cercando di prendere fiato. Attorno a sé percepiva gli spostamenti di Swan nello spazio ristretto della stanza. Udiva i piccoli rumori che gli lasciavano immaginare i gesti che conosceva bene: lei che si sfilava le scarpe e le lasciava cadere a terra, lei che si liberava dei vestiti, che frugava tra i bagagli per cercare qualcosa da indossare prima di mettersi a letto.
Non aveva alcuna voglia di alzarsi e di imitarla. Voleva restare sospeso in quell'attesa. Sentiva sempre quando arrivava l'inevitabile momento di parlare e sapeva che ciò che sarebbe seguito a quel silenzio avrebbe cambiato il senso di ogni cosa.
Quando percepì il materasso piegarsi per accogliere il peso lieve di quel corpo, si girò su un fianco e si scoprì gli occhi. Fissò l'immagine di lei, seduta contro la testiera del letto, bianca e bella come la luna, con le gambe raccolte contro il petto e gli occhi azzurri spenti dalla stanchezza.
"Senti, Swan...", iniziò tentando di mostrarsi calmo, "a meno che non sia necessaria la mia presenza qui, io partirò la settimana prossima".
Lei si sforzò di valutare ogni sillaba di quella frase. Non era una domanda, era chiaramente una decisione già presa. E non includeva lei.
Non glielo aveva neanche chiesto, se le interessava seguirlo o no. Aveva stabilito tutto da solo. Considerò la situazione, le scarse opzioni che le restavano e rispose con un filo di voce, quasi sentisse il dovere di mostrare vergogna per la sua scelta.
"Io resto".
Lui la scrutò in silenzio per un po'.
"Intendi a Fulham, con Raven?", chiese infine, pacato ma diretto.
Swan ebbe un lieve scarto di fastidio. Non le piaceva la sottile allusione contenuta in quella domanda.
"Intendo a Fulham e basta", replicò piccata. "Che fino a prova contraria è anche casa tua".
Sospirò e affondò il viso tra le ginocchia, come se avesse sciupato ogni energia residua in quella frase.
"Ogni tanto avremmo avuto bisogno di tornare a casa", concluse piano dal suo nascondiglio.
Eagle socchiuse le palpebre. Si accorse che le ciglia gli si stavano bagnando, ma non se ne curò, perché Swan non lo stava guardando. Si era chiusa, come accadeva ormai da mesi, nella propria esasperazione.
"La mia casa", commentò con dispiacere, "era qualsiasi posto del mondo dove ci fossi anche tu. Evidentemente non è stato lo stesso per te".
Lei sollevò il capo di scatto e lo fulminò con lo sguardo arrossato.
"Hai il coraggio di lamentarti? Io ho accettato di seguirti dove hai voluto!".
Eagle si tirò su e si mise a sedere, fronteggiandola con aria spazientita.
"Appunto, hai accettato", puntualizzò. "Ma lo sai almeno cosa significa accettare? Significa scegliere di fare qualcosa. Significa dire di sì. Sì e basta, con tutto il cuore, senza segnare in un fogliettino a parte la lista di recriminazioni da tirare fuori alla prima occasione utile".
Prese una pausa, si alzò dal letto e si spostò per la camera, mentre Swan non gli staccava gli occhi di dosso.
"Io ho accettato che tu ti fossi invaghita di Raven", cominciò a elencare Eagle, con voce sempre più tirata. "Ho accettato il fatto che tu abbia deciso di starci insieme e poi ho accettato il momento in cui hai cambiato idea...".
"Chi sta facendo la lista delle recriminazioni, adesso?", lo interruppe lei risentita.
Eagle la ignorò e proseguì.
"Ma ho rinunciato al diritto di rinfacciarti le tue scelte alla minima difficoltà nel momento stesso in cui ho detto sì. Ti è chiaro adesso come funziona?".
Il suo tono era stato un crescendo di insofferenza che era esplosa in quell'ultima domanda. Swan sentì di non poter sopportare oltre quella situazione che la faceva sentire come un imputato inchiodato al banco del proprio processo. Strattonò le lenzuola a coprirsi nervosamente le gambe.
"Dio mio, Eagle!", sbottò brutalmente ironica. "E quando potrò mai essere all'altezza della tua perfezione?".
Lui si bloccò al centro della stanza e la fissò dai piedi del letto, abbattuto, come se lei lo avesse colpito nel suo punto debole.
"Non sono affatto perfetto e non credo di esserlo", replicò con voce disarmata. "Ho commesso più errori di quanto non pensi, e i più gravi proprio con coloro che amavo, purtroppo".
Swan serrò le labbra, non rispose. Quella replica l'aveva ammansita di colpo. Perché stava parlando di lei. In un modo parecchio contorto, Eagle stava cercando di ammettere i propri sbagli e forse di chiedere scusa. Quel pensiero, suo malgrado, le addolcì il cuore. Nascose di nuovo il viso tra le ginocchia.
"Forse perché chi ama di più spesso è anche quello che sbaglia di più", mormorò.
Eagle la studiò con attenzione. Era così piccola, raggomitolata su se stessa, persa nella sua insicurezza. Incapace di attaccarlo davvero ma anche di scrutare dentro di sé, restava in bilico tra la luce e l'ombra, tra la voglia di scappare e quella di abbandonarsi tra le sue braccia. Lo sentiva, lo fiutava, perché Swan era una parte della sua anima. Resistette all'impulso di avvicinarsi a lei, di stringerla, di accarezzarla, perché sapeva che sarebbe stato l'ennesimo errore di cui si sarebbero pentiti il mattino dopo. Lasciarsi andare all'amore per una notte e non riuscire a rivolgersi la parola senza aggredirsi il giorno successivo era una tortura che avevano già sperimentato e che non aveva più la forza di affrontare.
Scosse il capo e sorrise con amarezza.
"Be', almeno ho la certezza di aver amato, allora", concluse triste.
Swan lo inchiodò con un'occhiata diretta e senza lacrime.
"Aver amato...", ripeté con una strana consapevolezza nella voce, lasciando cadere nel vuoto quelle parole.
Tacque e rimase a fissarlo mentre si aggirava per la stanza e impilava sul braccio un paio di pantaloncini e una maglietta.
"Fin quando tu mi amavi", sussurrò mentre lui era chino a osservare gli indumenti che aveva afferrato e non la guardava, "sapevo di essere in salvo".
Eagle si drizzò sulla schiena e fissò la finestra. Il suo profilo si disegnò di fronte a lei, gli occhi rivolti verso un punto lontano, la linea del naso perfetta, le labbra socchiuse, una ciocca di capelli scivolata sul collo. Sembrava teso a cercare qualcosa, un filo d'aria, una stella, una certezza che gli sfuggiva.
Si girò verso di lei, stringendosi i vestiti contro il petto.
"E fin quando tu mi amavi, lo eri davvero".
Si scambiarono un lungo sguardo tentennante, ma nessuno dei due ebbe il coraggio di contraddire l'altro, di aggiungere un Ho sbagliato o Non è quello che intendevo.
"Buona notte, Swan", biascicò Eagle sulla porta, prima di uscire e chiudersela alle spalle.
֍
Aprì ed entrò nella stanza in silenzio, senza nemmeno bussare.
Dio, lo conosceva da quando era piccolo! Sapeva perfettamente che a quell'ora, se era da solo nel suo letto, non dormiva ma leggeva. E non aveva bisogno di chiedere il permesso. La lista dei favori che si erano scambiati era talmente lunga che a un certo punto della loro vita avevano semplicemente smesso di aggiornarla.
Eagle non accese nemmeno la luce, tanto la lampada sul comodino era sufficiente per muoversi senza problemi anche in uno spazio che non conosceva bene. Aggirò il grande letto, spostandosi sul lato vicino alla finestra, e lasciò cadere i vestiti che aveva in mano sulla parte di lenzuola ancora perfettamente sistemata.
Raven, di fronte a quella invasione, aveva abbassato il libro e si era limitato a seguire i suoi gesti con uno sguardo sorpreso.
"Vorrei farti presente, Eagle", sbottò caustico, con un tono che voleva apparire tediato e distaccato, "che non ho mai diviso il letto con un uomo in vita mia, e francamente non intendo cominciare adesso".
L'altro lo fissò dalla propria posizione sforzandosi di sorridere.
"Quindi il ragazzino che mi faceva rifugiare nel suo letto quando avevo otto anni non eri tu?".
Raven sospirò e mise da parte il volume senza replicare. Si limitò a tirar via le coperte al suo fianco, mentre Eagle, quasi rasserenato, si sfilava la maglia e la sistemava sulla sedia più vicina.
Quando Raven spense la luce, rassegnato a finire il capitolo in sospeso la notte successiva, Eagle lo ringraziò mentalmente per quel buio che gli stava concedendo. Si distese sul letto e rimase con gli occhi spalancati a fissare il soffitto.
Non riusciva a dormire e, nello stesso tempo, non riusciva a pensare. Non in maniera lineare, almeno. Troppe informazioni gli ronzavano in testa, e lui non faceva che passare da una suggestione all'altra senza trovare un ordine. Gli sembrava di dover esplodere se fosse rimasto ancora a lungo senza parlare.
"Posso chiederti una cosa, Raven?".
Nell'oscurità percepì solo un mugolio di assenso, che nel caso di Raven era più di quanto normalmente avrebbe concesso a qualcuno che irrompeva a quel modo nella sua pace notturna.
"Che stai facendo?", domandò tutto d'un fiato. "Tu detesti Fulham".
"Infatti".
Eagle sbatté un paio di volte le ciglia, come per mettere a fuoco qualcosa che non poteva comunque vedere.
"E allora perché arrivare a tanto? Perché diventare uno di loro?".
Il respiro di Raven era sempre uguale, misurato. Il suo corpo era immobile, come se fosse impossibile spostarlo dalle sue posizioni.
"Semplice", rispose infine. "Per distruggerla".
C'era odio, in quella frase. E risentimento, violenza, rabbia. Eppure Eagle assorbì quelle emozioni senza riuscire davvero a scomporsi. Avrebbe dovuto? Avrebbe dovuto agitarsi, mettersi a sedere di scatto e chiedere altre spiegazioni a Raven? Metterlo in guardia? Dirgli che era una follia?
Si accorse, con quieta consapevolezza, di avere sempre saputo cosa l'altro si portava dentro. Non c'era davvero nulla che non avesse capito di Raven. Quella, per lui, era solo l'ennesima dimostrazione.
"Mi darai una mano?", gli sentì domandare d'un tratto dall'ombra che gli nascondeva il viso.
Eagle si fermò a valutare quella richiesta, sprofondato nello stesso nero che inghiottiva Raven totalmente, a eccezione del bagliore dei suoi occhi e del riflesso dei suoi capelli.
"Sì".
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SOUNDTRACK:
Eccoci alla fine di un altro capitolo "difficile" da scrivere. Per fortuna ho la musica che mi sostiene in alcune scene.
Mentre Eagle e Swan si confrontavano, infatti, la voce di Chris Cornell mi ha accompagnata con Patience ❤️
"Shed a tear 'cause I'm missing you
I'm still alright to smile
Girl, I think about you every day nowWas a time when I wasn't sure
You set my mind at ease
There ain't no doubt you're in my heart now
Said woman, take it slow, it will work itself out fine
All we need is just a little patience
Said sugar, make it slow, we will come together fine
All we need is just a little patience
I sit here on the stairs
I'd rather be alone
If I can't have you right now, I'll wait, dear
Sometimes it gets so tense
I can't speed up the time
But you know, love, there's one more thing to consider
Said woman, take it slow and things will be just fine
If you and I just use a little patience
Said sugar, take the time, 'cause the lights are shining bright
You and I got what it takes to make it, oh
I've been walking these streets at night
Just trying to get it right
Hard to see with so many around
You know I don't like being stuck in a crowd
And the streets don't change but maybe the names
You know I ain't got time for the games
'Cause I need you
Yeah, I need you
Said, woman, take it slow, it will work itself out fine
All we need is just a little patience
Said sugar, make it slow, we will come together fine
All we need is just a little patience"
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