2.9 Read your Tarots well
"Sei sicuro di aver capito bene?".
"Sicurissimo, Phoenix. Non dovresti sempre mettere in dubbio tutto ciò che faccio".
"Io metto in dubbio qualsiasi cosa e comunque ammetterai che è abbastanza strano quest'appuntamento, qui e a quest'ora".
Eagle abbassò il finestrino dell'auto, annusò l'aria pungente della notte e cercò di trovare il cielo oltre le luci e i palazzi. Aveva posteggiato di fianco al locale notturno preferito da Raven e le 23 erano trascorse da dieci minuti.
Phoenix si agitò sul sedile. Stava per rincarare la dose, quando il rombo di un motore attirò l'attenzione di entrambi. Una figura scura, inguainata in protezioni nere e con il capo coperto da un casco ugualmente lucido, frenò con sicurezza e si fermò a una spanna dal loro sportello. Sebbene, dopo una prima sorpresa, avessero riconosciuto sia il mezzo che il suo guidatore, Eagle e Phoenix non poterono fare a meno di sussultare: Raven, in quell'arnese, faceva davvero paura.
"Ok, seguitemi", disse sollevando la visiera del casco, senza nemmeno concedere loro un saluto.
"Non era più comodo mandarci la posizione, Pigeon, invece di lasciarci qui al freddo? Sei pure in ritardo".
"Ho fatto prima che potevo. E no, ovviamente sarebbe stato da idioti mandarvi la posizione, irlandese, altrimenti l'avrei fatto. Ora seguitemi".
Non diede loro il tempo di replicare. Rimise a posto la visiera, sollevò il piede per inserire la marcia e imboccò una strada laterale. Eagle accese il motore e gli tenne dietro come poteva. Raven non andava di fretta, manteneva un'andatura tranquilla, ma stava facendo un giro così assurdo che Eagle a un certo punto si sentì perso e cominciò a proseguire sempre più titubante per strade che non riconosceva. Quando finalmente la moto si fermò di fronte a una elegante costruzione, ebbe perfino l'impressione che li avesse in qualche modo riportati indietro.
"Piano attico", indicò Raven, fermandosi di nuovo a fianco dell'auto. "Aspettate dieci minuti, poi salite. Swan vi aprirà".
Phoenix lo osservò mentre si allontanava, oscillando tra lo stupore e il divertimento.
"Credo che stavolta Pigeon abbia davvero esagerato con i film di 007", commentò ironico.
Eagle non rispose. Tutte quelle manovre di Raven cominciavano ad agitargli il respiro.
Attesero come gli era stato detto prima di raggiungere l'appartamento. Swan occhieggiò dalla porta socchiusa, poi si fece da parte e aprì per lasciarli entrare.
Quando ebbe richiuso l'uscio alle loro spalle, i due ragazzi cominciarono a studiare quell'ambiente nuovo esattamente come aveva fatto lei la prima volta.
"È qui che state?", si informò Eagle, senza osare guardarla negli occhi.
Swan parve realizzare quale fosse il suo reale quesito.
"Io e Charles, sì", rispose scandendo ogni sillaba.
Lui non chiese altro e lei indicò la vetrata che dava sul terrazzo.
"Andiamo fuori".
Eagle la seguì senza protestare, mentre Phoenix continuava a guardarsi attorno nervosamente, piuttosto restio a ubbidire a tutte quelle indicazioni insensate. Quando ebbe raggiunto lo spazio esterno, dove Raven li stava aspettando, non perse tempo in convenevoli.
"Charles dov'è?".
Il padrone di casa gli lanciò la sua solita occhiata asciutta.
"Sta dormendo. Se restiamo a parlare fuori, non lo sveglieremo".
Il viso di Phoenix sembrò andare a fuoco.
"Pensi davvero che, dopo essere venuto fin qui, io non voglia vedere mio figlio?".
Raven contrasse le labbra in una piega dura.
"Per tua fortuna", ribatté, "Charles è fin troppo sveglio. Ha già capito da un pezzo che c'è qualcosa di strano, in questa vacanza. È irrequieto, si sveglia di notte e comincia a chiedere sempre più insistentemente di te e di Ailleann. Non mi sembra il caso di confonderlo ancor di più con la tua improvvisa apparizione notturna".
Phoenix borbottò un paio di frasi a mezza voce, ma non replicò. Girò lo sguardo attorno, individuò un posto dove sedersi e si accomodò. Swan, senza una parola, gli versò un dito di whisky dentro un bicchiere che lui afferrò senza esitare.
Raven, a quel punto, rivolse la sua attenzione a Eagle, che nel frattempo sembrava più interessarsi al panorama che si godeva da quell'altezza che alla loro strana riunione.
"Quindi? Cos'è questa cosa tanto urgente? Spero che non si tratti solo di una scusa per assecondare le paturnie di Phoenix".
"Fottiti, Pigeon!", masticò l'irlandese dalla sua poltrona, ingollando un sorso.
Eagle si girò finalmente a considerare i presenti, poi tirò fuori qualcosa dallo zaino che aveva portato con sé. Liberò il libretto dalla sua protezione e lo tese a Raven.
"Abbiamo trovato questo".
L'inglese lo osservò per un istante e non impiegò molto a riconoscere il volume.
"Era uno dei libri di Phoenix", commentò senza mostrare particolari emozioni.
L'altro annuì.
"Sì. Mi aveva fatto promettere di consegnarlo al nuovo Phoenix, dopo che fosse morto. E dentro ci ha lasciato un messaggio".
Finalmente l'espressione di Raven si fece attenta.
"Come fai a essere sicuro che fosse per noi?".
Eagle aprì la pagina che conteneva le prime annotazioni e la mise sotto lo sguardo inquisitore di Raven. Lui prese il libro, si posizionò vicino a una delle lampade che illuminava il terrazzo e cominciò a leggere le frasi in silenzio. Gli occhi degli altri tre erano puntati su di lui che, come sempre, sembrava essersi completamente astratto dal contesto, preso com'era dallo studio di quelle parole. Non si accorse nemmeno che Swan gli era andata di fianco, aveva poggiato le dita sul bordo del volume quasi con deferenza e si era sollevata sulla punta dei piedi per riuscire a sbirciare ciò che sembrava tenerlo tanto impegnato. Solo quando ebbe finito sembrò fare caso a lei. Le lanciò una rapida occhiata, morbida e silenziosa, poi le lasciò il libro, che Swan si limitò a stringersi contro il petto.
Raven guardò Eagle, poi Phoenix.
"Qualche idea?".
L'irlandese fece una smorfia.
"E tu?", rispose di rimando. "Qualche idea?".
L'inglese chinò le ciglia e scosse il capo lievemente.
"Davvero, Pigeon?", proseguì Phoenix con voce brusca. "Davvero non ne sapevi nulla?".
Raven si sentì gelare di fronte a quell'accusa. Gelare e un attimo dopo fremere, quando il calore che si portava dentro cominciò a pressare contro la sua fredda scorza esterna.
"Hai pensato che ne fossi al corrente e non ve l'avessi detto?".
L'altro non rispose, ma il suo sguardo era eloquente.
"Francamente, Phoenix, dopo tutto quello che abbiamo passato, questo non me l'aspettavo", commentò Raven amaro.
"Nessuno sta dubitando di te", si intromise Eagle, sistemandosi tra i due, con la schiena contro la balaustra e le braccia incrociate sul petto. "Ma ammetterai che è fastidioso doverti stare dietro in questo momento, con tutti questi misteri. Ci stai chiedendo di fare quello che vuoi senza mai dare spiegazioni. Noi ti vogliamo bene, ma questo è davvero troppo. Dovresti almeno metterci al corrente del tuo piano".
Raven lo fissò in silenzio per un interminabile minuto. Dalla sua espressione era impossibile capire cosa gli passasse davvero per la testa. Finalmente parve capitolare, rilassarsi e decidersi a parlare.
"La verità, Eagle? È che non ce l'ho, un piano".
Swan piegò il capo e lo guardò con curiosità. Phoenix sobbalzò e fece cadere una goccia di whisky. Eagle, invece, si limitò a ridere quasi istintivamente.
"Tu non hai un piano?".
"Non ti credo", sopraggiunse Phoenix.
Raven abbozzò una smorfia, suggerendo che, quella volta, non aveva proprio nulla da fare per illuderli del contrario.
"In tutti questi anni ho sempre tenuto sotto controllo le attività della Congrega, ma a distanza, senza mai mostrare reale interesse. Adesso ne faccio parte, ma non ho accesso ai livelli più segreti, sono poco più che un segretario. Quando ho capito che qualcosa all'interno si stava muovendo, ho cercato di fare più collegamenti possibili e agire di conseguenza".
"Vai al punto, Raven", lo incitò Phoenix spazientito.
"Il punto è che mi mancano un paio di pezzi del puzzle. So che vogliono Charles, ma non so perché proprio adesso. Nel dubbio, la cosa migliore che io possa fare è lasciar credere che lui sia inutile, qualunque sia il loro scopo".
"E questo è possibile?", chiese Eagle.
Raven girò appena lo sguardo e incontrò gli occhi di Swan, che erano ardentemente rivolti verso di lui. Indugiò un istante in quello scambio muto, poi se ne sottrasse, come se si fosse ustionato.
"Secondo il vecchio Phoenix, sì. O almeno questo è ciò che mi ha spiegato una volta", confessò Raven, senza scendere in particolari. "Ma io non ho mai assistito di persona a nulla di simile".
"Mi stai dicendo che hai portato mio figlio fin qui per farci un esperimento di cui non conosci nemmeno la reale fattibilità?", ruggì Phoenix, drizzando la schiena e puntellandosi alla poltrona.
"Un esperimento che, se riesce, gli salva la vita. E se non riesce... be', loro l'avrebbero preso ugualmente. È cinquanta e cinquanta".
Swan si spostò piano, si ancorò alla sedia occupata da Phoenix e gli sfiorò il braccio con le dita.
"Cinquanta è molto più che zero, in certi casi", sussurrò nel tentativo di placarlo.
L'irlandese sbuffò e si lasciò ricadere contro lo schienale, mentre la ragazza sollevava il viso a cercare nuovamente gli occhi di Raven.
"Magari sono proprio qui, nel libro di Phoenix, i pezzi che ti mancano".
Gli tese il volume e Raven fece un passo verso di lei per agguantarlo di nuovo, prima di ritornare al suo posto, aprirlo e rileggere le frasi sibilline all'interno.
"Potremmo iniziare mettendo insieme quello che sappiamo con certezza", suggerì Eagle. "Il Corvo, il Sole, la Luna... direi che la questione ci riguarda. Sembrano istruzioni per ognuno di noi".
Raven ascoltò senza staccare gli occhi dalle parole che gli danzavano lievi nella mente.
"Quello che non capisco", mormorò, prima di sollevare lo sguardo sull'altro Custode, "è perché Phoenix lo abbia destinato al suo successore. Non lo conosceva neanche! Perché non darlo espressamente a te? Eri il suo figlioccio, il suo spirito affine. O perché non darlo a me, che ero il più preparato sull'argomento?".
"Ovvero il più intelligente, Peacock?", ironizzò Phoenix.
Eagle sollevò di scatto la testa bionda e squadrò Phoenix con gli occhi sgranati.
"Che hai detto?".
"Che il nostro Peacock continua a stupirci costantemente con la sua modestia".
A quel punto anche Raven aveva sollevato lo sguardo sull'irlandese e lo fissava con la stessa aria sorpresa. Si girò verso Eagle, a cercare conferma della loro reciproca intuizione, e quello gli sorrise.
"Peacock", ripeté come se quella risposta fosse scontata. "E se fossi tu il Pavone?".
Raven non commentò, ma Swan lo guardò con preoccupazione.
"La coda del Pavone può mandare in pezzi la Torre della Sapienza. Mi pare che, in fin dei conti, sia questo il tuo unico, vero piano, no?".
"Sì", mormorò Raven con un filo di voce, come se avesse ricevuto un colpo in pieno petto e solo a quel punto fosse riuscito di nuovo ad articolare parola. "E, se anche loro ne sono al corrente, direi che non è affatto una buona notizia".
Guardò Phoenix, che si era di colpo rabbonito e lo fissava con gli occhi verdi attoniti e ansiosi. Sembrava cercare in lui la ragione di qualcosa che gli sfuggiva.
"Continuo a non capire", dichiarò infine. "Perché non ne ha parlato con noi?".
Eagle, a quella domanda, ebbe uno scarto.
"E se...".
Pronunciò solo quei due suoni e si zittì di colpo. Chiuse gli occhi e affondò il viso tra le mani, provocando un moto di sorpresa e di preoccupazione negli altri.
"Se cosa?", lo incalzò Swan.
Eagle riemerse lentamente da quell'istante di vertigine in cui era precipitato. I suoi occhi sembravano puntati su una scena diversa, distante, che solo lui poteva osservare. Una scena di rose candide e di rosso sangue che stillava goccia a goccia ai suoi piedi.
"E se Phoenix avesse scoperto qualcosa? Se non fosse semplicemente... morto? Se loro lo avessero...".
Non completò il suo pensiero, ma l'orrore che lo accompagnava li investì tutti. Raven fu il primo a cercare di ricomporsi, di recuperare un po' di fredda lucidità.
"Ma tu lo hai visto, no?", domandò con voce tesa, di ghiaccio. "Lo hai visto quella notte. Avresti notato qualcosa di... strano".
Il ragazzo chinò le ciglia e scosse il capo.
"No, in verità no. Mi sono svegliato perché avevo fatto un incubo e sono andato da lui, ma il Secondo Maestro era già lì. Non mi ha fatto entrare. Non me l'ha fatto vedere".
A quell'affermazione seguì un silenzio terreo. Raven si sentì quasi in dovere di riprendere in mano quella situazione che rischiava di precipitare nella disperazione più cupa. Prese un profondo respiro, come se dovesse farsi coraggio da solo, e scandagliò i suoi compagni con uno sguardo d'acciaio.
"Allora, se è così, in questo libro c'è un avvertimento. Per noi, ma soprattutto per l'unico di noi che Phoenix non avrebbe mai potuto incontrare di persona. L'unico che non aveva gli strumenti per difendersi".
"Se Eagle ha ragione, allora Phoenix non voleva solamente metterci in guardia da un pericolo", osservò Swan. "Ci sta dicendo cosa fare per eliminarlo".
Raven ripensò istintivamente all'ultima annotazione.
"Leggete bene i vostri Tarocchi", ripeté piano. "I Tarocchi predicono il futuro ma, cosa ancor più importante, contengono decine di riferimenti alchemici. Non me ne sono mai interessato, ma forse è il momento per recuperare un paio di testi trascurati".
"Ti daremo una mano", lo rassicurò Eagle. "Dobbiamo solo coordinarci nel modo più sicuro possibile e capire come procedere".
Raven annuì a quella proposta.
"Phoenix, torna a casa e non muoverti da lì. Tu, Eagle, faresti meglio a restare nei paraggi, ma non puoi registrarti da nessuna parte per il momento. Se non metti piede fuori da qui, dovresti essere al sicuro. Io rimarrò a Fulham per un po' a cercare qualche libro utile. E poi", sorrise recuperando la solita aria ironica, "se sparisco per più di due o tre notti di fila rischio di diventare poco credibile".
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top