2.8 Message in a bottle
Eagle fece cenno a Phoenix di seguirlo dentro casa e insieme salirono le scale fino alla stanza in cui dormiva. Si chinò e cominciò a sciogliere una serie infinita di lacci che serravano uno zaino, rivelando scomparti e nascondigli inimmaginabili in un bagaglio. D'un tratto si fermò, sfilò da una tasca un piccolo libro avvolto in un panno e lo tese all'altro ragazzo.
"Cos'è?", chiese l'amico, rigirandosi il volume tra le mani e scoprendo con cura i lembi della stoffa che lo proteggevano.
Eagle si drizzò di fronte a lui, rivolgendogli uno sguardo luminoso.
"Alice nel Paese delle Meraviglie", chiarì con orgoglio e tenerezza di fronte all'espressione confusa dell'irlandese. "Il libro che Phoenix ci leggeva sempre quando eravamo piccoli. Un giorno, poco prima di morire, mi fece promettere che l'avrei dato al nuovo Phoenix".
Quello si lasciò sfuggire una risata divertita.
"E ci hai messo tutti questi anni per ricordartelo?".
Eagle chinò il capo, si fissò le scarpe come faceva sempre quando era in imbarazzo e lasciò che i capelli biondi gli celassero il viso.
"A essere sinceri", mormorò, massaggiandosi nervosamente la nuca, "avevo deciso di regalarlo a Swan. Era il suo libro preferito e lui le manca così tanto! Insomma, pensavo che sarebbe potuto essere un regalo speciale per un'occasione speciale".
Phoenix gli restituì un'occhiata comprensiva.
"Allora perché non lo dai a lei?".
"Sono stato sul punto di farlo mille volte, ma non sembrava mai... quella giusta. E poi mi sembrava sempre di tradire la fiducia di Phoenix, così l'ho tenuto per me senza mai riuscire a decidermi".
La voce di Eagle si incrinò appena, perdendo un po' del suo smalto.
"Adesso che Swan... be', adesso credo che questo libro fosse destinato solo a te".
A Phoenix non occorrevano tante parole per comprendere cosa avesse agitato il cuore di Eagle per tutto quel tempo. Gliene occorrevano ancor meno per capire quanto prezioso fosse quel dono per lui. Gli avrebbe riservato ogni cura, anche se i libri non erano mai stati la sua passione. Forse per dimostrargli quanto l'avesse apprezzato, passò delicatamente una mano sulla copertina ingiallita, poi cominciò a sfogliarlo con attenzione, soffermandosi sulle immagini retrò che decoravano l'interno del volume.
"Alice nel Paese delle Meraviglie", commentò, accarezzando i fogli con interesse e un lieve sorriso dipinto in volto. "Penso che potrebbe piacere a Charles. Lui adora le storie fantastiche".
Mentre voltava le ultime pagine, si interruppe e tornò indietro, come se qualcosa avesse colpito la sua attenzione.
"Eagle, tu lo hai mai sfogliato, questo libro?".
"No. È un'edizione originale, ha più di cento anni... non lo volevo rovinare. E poi non è per il suo contenuto che lo considero tanto importante".
Phoenix ignorò l'avvertimento sulla fragilità dell'oggetto, distese una pagina con la mano per scoprirne meglio la parte interna e la girò verso Eagle.
"Invece dovresti. Guarda questo".
Il ragazzo si avvicinò, poggiò a sua volta le mani sul volume e si chinò per osservare. Sulla carta ingiallita campeggiava una minuziosa illustrazione che Eagle riconobbe immediatamente: Alice, il Cappellaio Matto, la Lepre Marzolina e il Ghiro.
Il Tè di Matti!
Nel margine interno del foglio, a far da cornice al disegno, una mina ormai sbiadita dal tempo aveva vergato una serie di frasi in caratteri piccolissimi, con la bella grafia che lui conosceva alla perfezione.
"È la scrittura di Phoenix", confermò ad alta voce.
"Che roba è?".
Eagle fece scivolare il libro dalle mani dell'amico per portarselo più vicino agli occhi. Cominciò a decifrare le parole, muovendo silenziosamente le labbra mentre procedeva nella lettura.
"Sembrano degli appunti. O delle... istruzioni".
Ruotò leggermente il volume perché anche l'altro potesse leggervi, poi cominciò a scandire le frasi che, apparentemente, non avevano tra loro alcun legame.
"Con l'aiuto di Giove, la Ruota della Fortuna girerà nel giusto verso, ma l'esito della sua corsa non sarà definitivo giacché in ogni fine è racchiuso un inizio.
La Forza dovrà essere contenuta se non vorrà produrre effetti disastrosi e l'Appeso dovrà rinunciare alla propria superbia per affrontare la Morte.
Se non lo faranno, il loro sacrificio non sarà considerato sufficiente".
Si interruppe e voltò la carta, come alla ricerca di qualche indizio. La sua intuizione si rivelò corretta: il testo proseguiva, fitto e minuscolo, nella piega delle pagine successive.
"La Temperanza dovrà impegnarsi a tenere in equilibrio Acqua e Fuoco, e presto o tardi il Diavolo dovrà essere affrontato per spezzare le catene.
La coda del Pavone è in grado di mandare in pezzi la Torre, ma la troppa sicurezza potrebbe rendere vano ogni tentativo. È allora che il Corvo dovrà alternare istinto e sincerità se vorrà vedere sorgere le Stelle.
Quando i fantasmi si dissolveranno alla luce della Luna, ogni visione sarà più chiara. E quando si sarà liberato da ogni dubbio, anche il Sole riuscirà a irradiare attorno a sé la sua eccellenza.
Se mai un giorno dovessero trovare un accordo, Colui che è morto e Colui che è vivo suoneranno insieme le nuove trombe del Giudizio, che però non è destinato a loro.
Unendosi alla danza del Cosmo, gli Elementi salveranno l'Anima del Mondo e metteranno fine all'Opera".
Eagle tacque e i suoi occhi tornarono a ritroso su quanto aveva appena letto. Studiò meglio il foglio e si accorse che sul fondo della pagina, incastonata dalle ultime due righe del testo, c'era ancora un'annotazione che non aveva visto in precedenza.
"Phoenix ha aggiunto qualcosa, qui in basso", osservò, stringendo gli occhi per mettere a fuoco la scritta semi-cancellata. "Leggete bene i vostri Tarocchi".
Sollevarono la testa nel medesimo istante e si specchiarono l'uno negli occhi dell'altro, trovandovi solo identica confusione e stupore. Phoenix lasciò la presa sul libro, che precipitò tra le mani di Eagle, e si tirò indietro di un passo.
"Ancora filastrocche incomprensibili?", sbuffò con nervosismo esibito. "Certo che a Fulham non hanno davvero niente di meglio da fare!".
Non aveva nessuna voglia di lasciarsi coinvolgere in un nuovo mistero. Quanto aveva concesso a Raven era inevitabile, ma era anche il massimo che era disposto ad accettare. Non voleva altre incognite in quella vita che già si era rivelata fin troppo complicata.
Eagle aggrottò le sopracciglia e cercò di smorzare la sua reazione.
"Uomini molto vecchi e molto soli chiusi dentro le mura gelide di un palazzo... che ti aspettavi?", provò a scherzare.
L'altro non raccolse. Si girò e cominciò ad agitarsi per la stanza.
"Bene, e adesso cosa vorresti farne?".
Eagle guardò una volta ancora il libro e la scrittura scolorita di quell'uomo che aveva amato come un padre.
"Raven deve saperlo".
Phoenix rise amaro.
"Chi ti dice che non lo sappia già?".
Il ragazzo sollevò la testa bionda di scatto e lo fissò sorpreso.
"Non ci avrebbe nascosto un'informazione simile".
L'irlandese si riservò un sogghigno cattivo.
"Ne sei davvero tanto sicuro?".
Eagle prese fiato e non rispose. Non voleva cedere a quella provocazione. Non voleva nemmeno pensare a quell'ipotesi. Aver sbagliato una volta non condannava Raven per sempre. Fece una smorfia di noncuranza, a suggerire quanto quell'argomento fosse inconsistente per lui.
Phoenix, però, continuò a sfidarlo con lo sguardo, come se volesse a tutti i costi metterlo all'angolo, costringerlo ad ammettere ad alta voce i suoi dubbi. Sembrava aver bisogno di scoprire se, in qualche modo, erano uguali a quelli che si portava dentro.
"Tu lo conosci da molti più anni di me e su tante questioni che lo riguardano è possibile che io mi sbagli".
Era una concessione, quella, che aveva tutta l'aria di voler anticipare o addolcire un pensiero duro e inflessibile.
Tipico di Phoenix...
Eagle pazientò in silenzio, in attesa della sentenza, che infatti non si fece attendere.
"Ma su un punto ho una certezza assoluta: Pigeon non è mai stato tanto pericoloso come in questo momento".
"Perché ne sei così sicuro?".
"Perché pensa di non avere più nulla da perdere nella vita".
L'altro annuì. Sembrava stranamente rassicurato dalla piega che aveva preso la discussione. Riuscì perfino ad abbozzare un sorriso.
"Proprio per questo motivo, allora, dovresti sapere che non sarà mai tanto sincero come adesso", replicò.
L'amico esitò, valutò quell'affermazione per un attimo, poi scosse la testa. Non era convinto. Eagle capì che, quella volta, non sarebbe riuscito a togliergli dalla testa tutte le ansie e le paure che lo bloccavano, che ancora gli impedivano di giudicare l'intera faccenda con l'oggettività necessaria.
Avrebbe dovuto pensarci lui. Anche a costo di sbagliare. Anche a costo di farsi male.
"Ci siamo sempre detti che non dobbiamo essere per forza d'accordo, io e te, no?", scandì, come se avesse dovuto prima di tutto confermarlo a se stesso. "Quindi adesso farò di testa mia e troverò un modo per avvertire Raven".
Chiuse il libro e lo poggiò sul letto, poi tirò fuori dalla tasca il cellulare e digitò un messaggio:
- Ehi, Rav... ho bisogno di un consiglio.
Phoenix non disse una parola. Non si informò nemmeno su cosa avesse scritto. Tenendosi a distanza, continuò a osservare Eagle e il suo telefono con aria contrariata, mentre il silenzio tra di loro si faceva sempre più teso. Il bip che giunse dopo qualche minuto risuonò nella stanza fastidioso come lo stridio di un freno.
- Urgente?
Raven era sempre sbrigativo nelle risposte, neanche avesse dovuto pagare i caratteri uno a uno, ma almeno non era il tipo che si faceva aspettare. Eagle si sentì mentalmente sollevato da quella sua solerzia e, allo stesso tempo, indeciso su come esporre la propria richiesta. Ragionò per qualche istante su quale fosse il modo migliore di comunicare senza infrangere gli assurdi protocolli di sicurezza imposti dall'altro, quindi proseguì:
- Sì. Quando posso chiamarti? Qui è l'alba.
- Quando vuoi, ma prima delle 23.
Era proprio la replica che desiderava ricevere. Aveva l'ora, gli occorreva solo capire il luogo.
- Le 23 a Londra?
- Sì. Non te lo scordare.
- Che succede alle 23?
- Ho un appuntamento al solito posto
- Ahah... ok, poi voglio i dettagli
- Un gentleman non li racconta mai, Eagle
- Un gentleman, appunto. Ci sentiamo dopo!
- A dopo.
Phoenix seguì quello scambio di battute con l'aria di chi, messaggio dopo messaggio, vede peggiorare la propria sorte inesorabilmente. Non voleva dare a Eagle la soddisfazione di mostrarsi curioso, ma non poteva trattenersi dall'esserlo davvero.
"Allora?", domandò brusco. "Qual è il responso del nostro Oracolo?".
Eagle rimise in tasca il cellulare con grande calma e finalmente lo guardò con un'espressione trionfante.
"Non volevi andare a Londra?".
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