2.7 Happy families are all alike...

"Oh, oh... fermati, Phoenix!".

Phoenix sollevò le braccia e cominciò ad agitare le mani nervosamente, ottenendone solo di impastare l'aria in maniera maldestra.

"Extinguite... Ex... cazzo!".

Eagle diede un rapido sguardo attorno a sé, poi si avventò sul tubo che penzolava dentro la piscina e diresse il getto verso la fiamma che stava guizzando di fronte a lui senza controllo.

Quando l'ebbe spenta del tutto, lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi, mollò l'estremità di gomma che affondò nell'erba e osservò con uno sguardo desolato il verde bruciacchiato. L'irlandese stava analizzando la stessa scena con una smorfia di impazienza e insieme di inquietudine.

"Sono un po' fuori allenamento", sbottò come a volersi giustificare del danno che stava per causare.

Eagle inarcò le sopracciglia e piegò il capo come a voler minimizzare, che non era poi così grave. La sua espressione demoralizzata, però, rivelava a chiare lettere la sua vera opinione: avrebbe eliminato un po' dalla frase di Phoenix e lo avrebbe sostituito con un bel decisamente.

"È troppo tempo che non faccio giochetti".

Era una puntualizzazione superflua: Eagle sapeva benissimo che Phoenix non aveva più usato il suo potere da quando l'Opera era stata compiuta. Si era semplicemente rifiutato di farlo, anche nelle rare occasioni in cui gli era stato chiesto. Aveva rinunciato a quella parte di sé.

"Abbiamo ancora qualche giorno per fare pratica", fu il suo unico commento secco.

Si girò senza attendere la replica dell'altro. Non c'era nulla su cui discutere: dovevano solo rimboccarsi le maniche e mettersi al lavoro. Quello era l'unico linguaggio che Phoenix era capace di comprendere.

Allargò le braccia, chiuse gli occhi e prese un profondo respiro. Si concentrò su se stesso, sul proprio Elemento, e vi si lasciò sprofondare. Cominciò a muovere le mani secondo una sequenza precisa e ponderata.

Phoenix, alle sue spalle, seguiva quello spettacolo con la stessa fascinazione che aveva provato la prima volta. Chiunque avesse guardato Eagle, avrebbe pensato che stesse solo praticando del Tai chi, ma Phoenix sapeva che stava modellando l'Aria, perché ne intuiva la forza incanalata in un flusso. Si sorprese soltanto perché, quella mattina, lo scorrimento aveva qualcosa di discontinuo, irregolare.

Eagle abbassò di colpo le mani e ogni spostamento si interruppe bruscamente. Sospirò e si girò a guardare Phoenix con un sorriso triste, tirato.

"Be', anche io sono un po' arrugginito, a quanto pare".

"Era quasi perfetto".

L'altro scosse il capo con una smorfia di avvilimento.

"Quasi".

"Stai forse suggerendo, Eaglet, che stavolta dovremo affidarci all'enorme e portentoso potere di Pigeon?".

Quello si strinse nelle spalle.

"Di sicuro è l'unico che ha continuato a esercitarsi con regolarità, mentre noi ce ne stavamo in vacanza. Non c'è molto su cui recriminare".

Phoenix scosse il capo, sfoderando tutto il fastidio che gli provocava l'impossibilità di trovare qualcosa di sensato da ribattere. Quanto all'allenarsi, con quello stato d'animo non ne aveva più voglia e non sarebbe stato in grado di concentrarsi nemmeno sforzandosi. Colse l'occasione per spostare il centro di quella discussione.

"A proposito di Pigeon... quando andiamo a Londra?".

L'espressione di Eagle si fece perplessa mentre si stropicciava la fronte con due dita.

"Non funziona così, Phoenix".

"Ah, no? E come funziona, di preciso? È già trascorsa una settimana e Sua Altezza Reale non si è degnato di darmi notizie di mio figlio. Non penserai mica che resterò qui con le mani in mano a lasciare che lui decida tutto al posto mio?".

"È una faccenda troppo delicata per fare di testa nostra", replicò Eagle tranquillo. "Hai deciso di fidarti di Raven, no? Quindi fidati!".

Phoenix esibì una smorfia di disappunto.

"Ailleann ha deciso di fidarsi di Pigeon. Non è la stessa cosa. E francamente, Eaglet, la tua imperturbabile calma talvolta è davvero fastidiosa. Mi spieghi come fai a non agitarti?".

L'amico lo squadrò con un'espressione talmente inalterata che, se Phoenix non avesse avuto la certezza assoluta che era sincera, avrebbe perso le staffe.

"Magari perché ci sono circostanze in cui agitarsi è del tutto inutile?", replicò, come se quella  fosse la risposta più ovvia del mondo. "Cambierò i piani di Raven se perdo la calma? O riporterai qui Charles solo perché vai in escandescenze?".

"No, ma... al diavolo, questa volta non ti credo! Te ne stai qui e ti comporti come se non stesse accadendo nulla, ma intanto Swan è con Raven sotto lo stesso tetto e, spero per lui che non sia così, magari anche nello stesso letto. E non tirare di nuovo fuori la storia della fiducia... lo conosciamo Raven! Come può starti bene una situazione del genere? Come fai a restare tanto tranquillo?".

Eagle attese che quella tirata avesse fine, come se avesse voluto farlo sfogare e lasciargli consumare tutta la sua energia in quel discorso, prima di rispondere.

"Non posso dire a Swan cosa fare o non fare. Non aveva senso prima, lo ha ancor meno adesso. E in quale letto dorma, o con chi, non è un argomento su cui posso sindacare perché non stiamo più insieme".

Phoenix strabuzzò gli occhi di fronte a quella rivelazione e spalancò la bocca incredulo.

"Avete deciso di farmi impazzire con la vostra settimana delle grandi confessioni?", sbottò, guadagnandosi un'occhiata interrogativa da Eagle. "E perché diavolo non me l'hai detto subito, poi?".

Si accorse solo dopo aver pronunciato quella domanda di aver alzato il tono al punto da sembrare minaccioso di fronte alla quieta ammissione dell'amico.

"Perché non me l'hai detto?", rimodulò più pacato e comprensivo.

Eagle distolse lo sguardo e mosse la mano in modo distratto, come per scacciare via un peso invisibile.

"È una decisione presa da poco. Stiamo ancora cercando di capire cosa fare, cosa succede adesso", si giustificò con scarsa convinzione. "Ma Raven ha messo fretta a tutti con questa storia che dovevamo vederci da te al più presto, che dovevamo parlare, così abbiamo ritenuto fosse meglio mettere da parte i nostri problemi e far finta di nulla, almeno per ora".

"Mi dici che diavolo di problema avete, voi due? Una vita passata a farvi gli occhi dolci e adesso ve ne uscite così, con un Signore e signori, è stato tutto uno scherzo?".

L'altro ragazzo non rispose, ma la sua espressione oscillava tra la tristezza di dover ammettere qualcosa e il fastidio di non poterlo evitare.

"Andiamo! Stiamo parlando della stessa Swan? Di quella che, mentre il soffitto le crollava addosso, ha preferito scoparti piuttosto che mettersi in salvo? Quella che, da sei anni a questa parte, ti segue pure in capo al mondo e che tu tratti da principessa, qualunque sia il suo capriccio? Dannazione, che altra prova d'amore vi serve?".

Eagle scosse il capo con un gesto che tradiva una certa insofferenza.

"Come la fai facile, tu! A volte hai un modo così crudo di riassumere i fatti che riesci quasi a farli sembrare stupidi".

Prese una pausa e finalmente si decise a guardare l'amico, tentando di contrastare il nervosismo che quello aveva alimentato.

"Non ci sembrava il momento adatto per affrontare la questione", tentò di spiegare. "Siamo qui per motivi più gravi, non per discutere di me e di Swan".

"Fanculo, Eagle!", lo interruppe l'irlandese con la solita grazia. "A me interessa di te. E di Swan. E non mi piace essere preso per i fondelli dal mio migliore amico".

"Swan non avrebbe fatto salti di gioia se te ne avessi parlato prima".

Realizzò solo dopo averlo pronunciato d'istinto che quel commento aveva ormai perso d'importanza e di familiarità. Non ci sarebbero più state discussioni del genere tra lui e Swan, e quel pensiero lo ferì inaspettatamente.

"È sempre stata un po' gelosa di te", si affrettò a concludere, quasi a volerla giustificare.

Phoenix sogghignò, si portò le mani alla cintura e gli lanciò un'occhiata ironica.

"Non al modo in cui tu sei geloso di Raven, spero".

"Io non sono geloso di Raven", protestò Eagle, mentre la sua espressione si faceva di colpo accigliata.

"Se lo dici tu!", sbottò l'altro, abbandonando la sua posa e muovendo qualche passo distratto sull'erba. "E adesso che ti ho tirato fuori almeno un paio di sillabe, pensi di riuscire anche a dirmi dove diavolo si è cacciato Pigeon?".

"Non lo so".

Phoenix si bloccò e lo fissò sinceramente sorpreso.

"Come non lo sai?".

"Be', penso che Raven abbia letto troppe spy-stories. È fissato con quella faccenda del Meno informazioni condividiamo, più siamo al sicuro e del Se vi torturano, non potete confessare cose che non sapete".

L'aveva detto con aria distratta, come faceva spesso quando si riferiva a Raven. Lo conosceva talmente bene da avere smesso di stupirsi delle sue richieste bizzarre. La smorfia sul volto dell'irlandese, al contrario, non cessava di essere perplessa.

"Un giorno mi svelerai come hai fatto a venire su così normale", considerò lui infine.

"Normale?".

"Rispetto a quanto sono disturbati Raven e Swan, tu sei senza dubbio normale", valutò Phoenix con l'aria di chi sa il fatto suo.

Gli occhi dorati di Eagle brillarono di una luce inusuale e il suo viso parve adombrarsi a quelle parole.

"Raven e Swan non sono disturbati", tagliò corto, con voce scura.

"Stai scherzando, vero? Raven è tormentato e maniacale, e Swan è la persona più instabile dell'universo".

"E tu prendi fuoco troppo facilmente", ribatté l'amico di slancio, con una lieve nota di risentimento che in genere non gli apparteneva. "Dipende dal nostro Elemento, sai? Se non lo si tiene sotto controllo".

"O dipende dal lavaggio del cervello che vi hanno fatto, sai?", lo incalzò l'irlandese.

Eagle gettò la spugna. Non gli piaceva discutere con Phoenix e non gli interessava avere sempre ragione.

"È buffo", commentò con tono più disteso. "Sei tremendamente ossessionato da questa faccenda di Fulham, eppure sei quello che ci ha vissuto per meno tempo".

Phoenix sembrò mitigare il suo trasporto, ma non rinunciò a guardarlo con sospetto.

"Perché sembra che la cosa non ti riguardi? Ti sei sempre comportato come se a te non pesasse".

"Forse perché è davvero così?".

L'irlandese sbatté le palpebre, incredulo. Non riusciva davvero a capire.

"E non ti è mai mancata la tua famiglia, quando eri piccolo?".

"Loro non avevano molto tempo per me".

Non c'era rancore, in quella risposta. Non c'era astio. Eagle sembrava semplicemente intento a spiegargli qualcosa. Qualcosa di ovvio e naturale, una verità che non aveva retroscena, ma che poteva essere accettata per ciò che era.

"Ero l'ultimo di sei fratelli", proseguì. "La mia famiglia non è come quella di Raven. I miei non erano particolarmente ricchi, facevano avanti e indietro da Weyburn a Regina e lavoravano tutto il giorno, non avevano molto tempo per occuparsi davvero di tutti noi. Mio padre non apparteneva nemmeno a uno dei rami principali della Casata. Afferivano alla Congrega più per abitudine che per vera convinzione. Hanno sempre vissuto senza interessarsene granché. Sai, un po' come la storia della religione: nasci in un paese cattolico, ti battezzano e sei cattolico, ma questo non significa che tu conosca davvero la tua fede".

Lo colpì la spontaneità con cui Eagle parlava della sua famiglia al passato. Era assai probabile che fossero tutti vivi, ma nelle sue parole sembravano appartenere a un tempo morto. Sembrava che fossero altro da lui.

"E com'è che sei venuto fuori tu?".

Eagle si strinse nelle spalle.

"Genetica, caso, fortuna. I miei nemmeno ci pensavano al fatto che potessi essere io, l'Eagle. È stato mio zio a portarmi a Fulham. Lui è uno dei pezzi grossi. E, a conti fatti, con Raven, Swan e il vecchio Phoenix ho avuto molta più compagnia e attenzione di quanto non avrei avuto a casa".

"Sì, ma quella resta comunque la tua famiglia. I tuoi genitori, i tuoi veri fratelli. Davvero non ti importa?".

Il ragazzo piegò appena la testa e gli sorrise quasi con indulgenza.

"Ti ho sempre detto che preferisco vedere il quadro d'insieme, no? Senza soffermarmi ossessivamente sui piccoli dettagli. Sono quello che sono, l'ho sempre accettato e non mi dispiace. Che senso avrebbe tentare di cancellare se stessi? Tutti noi siamo quello che siamo. Non è una maledizione e non è un premio, e sarebbe stupido interrogarci ossessivamente sul perché siamo così. Sarebbe come voler sindacare sul perché gli uccelli hanno le ali o alcuni mammiferi hanno la coda".

L'amico continuava a guardarlo senza osare interrompere. Sembrava che il discorso di Eagle, per vie misteriose, stesse penetrando nei suoi pensieri fin quasi a incantarlo. Si passò una mano sulla nuca con aria perplessa.

"Le ali servono per volare", osservò cauto, "e la coda... be', a qualcosa servirà!".

"Esatto", sorrise Eagle. "Quindi lo stesso vale per noi. La natura tende sempre all'equilibrio, cerca soluzioni. A me piace pensarci esattamente così: siamo soluzioni. Esistiamo per bilanciare. Nel migliore dei casi, per risolvere qualche problema. Se si viene chiamati a fare qualcosa, vuol dire che quello è il nostro posto. E non perché ci si rassegna, ma perché lo si vuole. Non esiste nulla di meglio al mondo: scegliere di essere ciò che si è, sapere di essere dove siamo utili, amare il compito per cui siamo stati mandati".

Phoenix lo sfiorò con uno sguardo che voleva essere delicato. Non sapeva bene cosa pensare, non sapeva dire quale sarebbe stato il modo più giusto per valutare quelle affermazioni. Per quanto quelle convinzioni fossero distanti anni luce dal suo modo di sentire, intuiva in Eagle una serenità e una verità che non richiedevano di essere messe in discussione.

"Avrei voluto conoscerlo, il vecchio Phoenix, sai?", confessò infine. "Quando parlo con te, penso sempre che avrei accettato molte più cose, se avessi potuto discuterne anche con lui".

A quelle parole, qualcosa mutò in Eagle. Il suo sguardo si fece teso, come se di colpo avesse riflettuto su qualcosa di molto importante. Cercò lo sguardo dell'amico con una vena di impazienza mista a preoccupazione.

"Senti, Phoenix... c'è una cosa che devo darti".

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NOTE:

"Happy families are all alike; every unhappy family is unhappy in its own way".

"Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo".

Penso che il famoso incipit di Anna Karenina di Tolstoj sia perfetto per introdurre questo capitolo. Così come penso che Eagle sia la persona ideale per offrirci una diversa prospettiva sull'intera faccenda 😉💛

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