1.1 A strange place called home

"Charles!".

La voce era distante, resa ovattata dalle mura esterne. Non c'era nessuno in giardino.

Schivò la piscina e corse a nascondersi dietro la casetta degli attrezzi. Lì non l'avrebbero trovato. Si sedette a terra, le gambe incrociate e le spalle contro il muretto grezzo, quindi aprì il libro e si mise lentamente a sfogliare le pagine.

"Charles!".

Ailleann si fermò sulla soglia della porta-finestra che si apriva sul prato e lì si fermò a scrutare lo specchio d'acqua immobile e lo spazio verde che la circondava. Serrò un fianco con la mano, piegò la testa da un lato e assunse un'aria accigliata.

"Charles, vieni dentro immediatamente", scandì severa. "Devi cambiarti per la cena".

Un braccio le circondò la vita e un calore improvviso le si diffuse sulla schiena. Una guancia leggermente ruvida si strofinò contro la sua con un movimento affettuoso e seducente al contempo.

"Lascialo stare", mormorò Phoenix contro il suo orecchio, la voce morbida di chi ha tutte le intenzioni di arrendersi alla pigrizia dopo una giornata di lavoro.

La ragazza si rilassò, si distese in quell'abbraccio e si godette a occhi chiusi la carezza senza replicare. L'abbandono, tuttavia, durò appena qualche minuto: il rumore di un motore scoppiettante mandò in frantumi la quiete di quell'angolo di paradiso.

Phoenix si staccò da lei, uscì e tagliò il prato fino al punto dal quale si vedeva la strada che conduceva all'ingresso del cottage. La sua bocca si piegò in una smorfia sarcastica.

"Stendi il tappeto rosso, Ailleann", esclamò allegro, guardandola da sopra la spalla. "Sua Maestà il principe ereditario di Fulham è appena arrivato".

Il sorriso di Raven si percepiva ancor prima che fissasse il cavalletto sulla ghiaia e sfilasse il casco, facendo ricadere i capelli corvini sul collo. Scese dalla moto ignorando Phoenix e si diresse con decisione verso la donna che gli aveva aperto il cancello.

"Grazie, Ailleann", la salutò portandosi la mano alle labbra e baciandole il dorso con fare galante. "Sei un tesoro come sempre...".

"Giù le mani da mia moglie, Peacock!", esclamò l'irlandese, parandosi scherzosamente tra i due.

"Niente a che vedere con quel bifolco di tuo marito", completò Raven lanciando all'altro un'occhiata di traverso.

Ailleann si lasciò sfuggire una risata, poi annunciò che sarebbe andata in cucina a completare la cena e li precedette verso casa.

Raven si diresse direttamente in salotto con la disinvoltura di chi non ha bisogno di farsi indicare la strada. Si liberò del giubbotto abbandonandolo sul sofà, poi prese a sfilarsi lentamente i guanti dalle dita. Gli ultimi sei anni non avevano intaccato per nulla il suo fascino. Al contrario, avevano aggiunto una nota matura alla sua indolente sensualità.

"I due Aquilotti non sono ancora atterrati?", domandò quando si ritenne soddisfatto dell'ordine ristabilito tra i suoi capelli.

L'irlandese si strinse nelle spalle con un'espressione scanzonata.

"Lo sai com'è fatto Eagle. Se non ci fosse Swan, non baderebbe mai a date e fusi orari. L'ultima volta che li ho sentiti erano appena scesi dall'Annapurna o dalla Grande Muraglia o Dio solo sa da dove!".

Raven si lasciò sfuggire un moto di disappunto.

"Tra poco non gli resterà molto da visitare, se si ostina a evitare il Canada", sentenziò.

"A quel punto dovranno fermarsi o ricominciare da capo. Sospetto che qualsiasi posto vada bene per lui, purché non sia la sua vera casa".

Raven abbozzò un sorriso triste.

"Non posso dargli torto. Se avessi potuto scegliere, probabilmente avrei fatto lo stesso".

Phoenix non commentò e si limitò ad assestargli un colpetto sul braccio con aria affabile.

"Be', prenditi da bere e mettiti comodo, Pigeon. Io vado ad aiutare Ailleann".

A quell'invito, Raven si lasciò cadere sul divano, allargò le braccia sulla testata e accarezzò con lo sguardo gli arredi della stanza. In qualche strano modo, quel cottage stava diventando casa.

Quella sensazione lo assaliva ogni volta che andava a trovare Phoenix, anche se non lo faceva poi così di frequente. Perché quell'emozione che provava aveva sempre una nota finale agrodolce: non riusciva ad accettare il pensiero di sentirsi tanto attratto da quel posto, e allo stesso tempo di sapersi estraneo a quell'ambiente.

Mentre era perso in quei ragionamenti, avvertì un movimento impercettibile alle spalle. Qualcosa strisciava sul pavimento e lui poteva sentirlo benissimo. Allungò la mano dietro lo schienale e serrò la sua preda senza nemmeno doverla cercare con lo sguardo.

"Ah-ah... ti ho beccato anche stavolta, giovanotto", commentò allegro.

Una testa di ricci rossi sbucò dal divano, sfrecciò veloce come un furetto e si lanciò sull'ospite, investendolo con il calore di un abbraccio.

"Uffa, zio Rav!", borbottò il bambino, imbronciato e felice allo stesso tempo, mentre sollevava il viso dal suo petto per guardarlo. "Tu mi senti sempre".

Raven ridacchiò mentre gli scompigliava i capelli con la mano.

"Un giorno ti insegnerò come fare".

"Non gli insegnerai un bel niente, Coso!", tuonò una voce dalla cucina, facendoli sobbalzare. "Prenditi da bere e chiudi il becco".

I due sul divano si scambiarono uno sguardo complice, poi Raven si portò lentamente un dito alle labbra, facendo cenno al bambino di tacere. Lo lasciò scivolare dalle proprie ginocchia, si rimise in piedi e si avvicinò al mobile bar, dove prese a studiare etichette e bottiglie.

Il tintinnare lieve del vetro si perse tra i rumori provenienti dalla cucina e per quasi mezz'ora regnò una strana calma nella casa. Era il quieto tramestio che precede la sera, quell'ora del crepuscolo che annuncia la convivialità della cena.

Phoenix si prese il lusso di assaporare per qualche istante quella sensazione prima di tornare in salotto. Appena ebbe varcato la soglia, però, la sua espressione appagata si contrasse immediatamente in una smorfia: Raven era chino sul tavolo e le sue ciocche nere sfioravano i ricci rossi di Charles che si reggeva al bordo, in punta di piedi. Le sue labbra erano alla portata delle orecchie del bambino, che seguiva con occhi trasognati i suoi gesti misurati.

"Adesso, Charles", gli sentì recitare a bassa voce, dopo aver versato con cura del Grand Marnier in un bicchierino già pieno a metà, "devi solo dire Conflăgra e...".

Prima che il piccolo avesse avuto il tempo di eseguire quell'ordine, il bicchiere sparì di colpo. Phoenix l'aveva afferrato, vuotato in un sorso e sbattuto rumorosamente sul tavolo, sotto gli occhi sbalorditi dei due.

"Che diavolo stai facendo, Pigeon?".

Raven liberò il bambino, si drizzò sulla schiena, mise le mani sui fianchi e si lasciò andare a una risata di fronte all'espressione truce dell'irlandese.

"Datti una calmata, Phoenix! Gli insegno solo cose che un giorno gli saranno utili. Non permetterò che si affidi esclusivamente alla fortuna per conquistare una donna, come hai fatto tu".

Phoenix brontolò qualcosa tra i denti e scosse il capo.

"Ricordati le regole, Coso: niente droghe, niente alcol e niente sesso almeno fino a diciotto anni", sbottò, mentre Raven annuiva con un'espressione palesemente beffarda stampata sul viso. "O questa volta ti riduco in cenere, così non dovrò nemmeno prendermi il disturbo di riportarti indietro".

Ailleann fece capolino nella stanza e i suoi occhi passarono dall'espressione accigliata del marito al sorriso divertito di Raven, prima di scendere sul visetto furbo del figlio, che se la rideva sotto i baffi di quello strano alterco tra maschi adulti.

"Phoenix, i ragazzi sono arrivati", annunciò.

Il padrone di casa annuì e si diresse verso l'entrata. Ailleann si avvicinò a Charles, lo attirò a sé e lo strinse contro le sue gambe, mentre sollevava su Raven uno sguardo preoccupato che cancellò in un lampo ogni ironia dal volto di lui.

"Non lo fa apposta, lo sai", disse piano, mentre le iridi metallo fuso che la scrutavano si addolcivano di colpo. "È solo preoccupato per Charles".

"Lo so, Ailleann. So perfettamente di cosa ha paura".

"Io mi fido di te. Promettimi soltanto che starai attento e che non ti farai mai sfuggire nulla su questa faccenda, a Fulham".

Di fronte a quelle parole il viso di Raven si distese in un sorriso sincero, uno di quelli che elargiva ormai sempre più raramente.

"Stai tranquilla. Non c'è persona al mondo tanto brava a mantenere un segreto quanto me, e Phoenix ne sa qualcosa".

"C'è qualcosa che Phoenix sa e io non so?".

La voce allegra di Swan tranciò di netto il silenzioso scambio di sguardi tra Raven e Ailleann, attirando la loro attenzione sui nuovi arrivati.

La ragazza lasciò cadere una pesante borsa ai suoi piedi e si scostò una ciocca d'argento dal viso con uno sbuffo. Era abbronzata e aveva l'aria di aver fatto migliaia di chilometri, ma l'espressione di felicità dipinta sul viso non lasciava spazio a dubbi. Era deliziosamente esausta e raggiante. Raven non riuscì a trattenersi dal lanciarle la sua solita occhiata ironica e altezzosa.

"Improbabile, signorina Swan. Phoenix non è di certo famoso per il suo bagaglio di conoscenze, quindi smettila di lagnarti inutilmente e vieni subito ad abbracciarmi".

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BENTORNATI!

Davvero passare nel fuoco non è stato sufficiente a dissuadervi dal ritornare qui? 😱

Be', miei lettori coraggiosi, allora non posso che abbracciarvi e darvi il benvenuto in questa nuova storia 😊💛

Come vedete, sono trascorsi sei anni dalla "Fine del Mondo" e tutto sembra andare per il meglio: un cottage tranquillo nella campagna inglese, una cena per ritrovarsi tutti insieme... insomma, What a wonderful world!

Il ritmo rilassante dell'ukulele ci accompagna lungo questo capitolo. Basta chiudere gli occhi e pensare che the dreams that you dream of, dreams really do come true.

O forse no.

Siete pronti per questo nuovo viaggio? Le porte di Fulham Palace (e non solo) si stanno aprendo nuovamente per voi... a vostro rischio e pericolo, è ovvio 😉

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