Capitolo Extra per Wattpad
Vola in alto nel cielo, un gabbiano, osserva il mare e ci si tuffa dentro. Poco dopo riemerge, libero e con un pesce tra il becco. Spiega le sue grandi ali, le piume bianche con le punte nere, accarezza l'aria con movimenti veloci. Poi si posa su di una roccia e divora il suo cibo, il più forte vince ancora sul più debole.
Due grandi occhi verdi lo guardano affascinati, sono gli occhi di Carolina che sta seduta sulla spiaggia.
Lei al mare non ci va quasi mai, eppure è la cosa che adora di più al mondo. Ma non il mare di quando vai in spiaggia e ti fai il bagno, preferisce il mare aperto.
Quello profondamente blu.
Trova tra quelle onde la serenità, assomigliano tanto alle tempeste che ha dentro.
Il gabbiano finì il suo cibo e volò via, così anche Carolina si alzò avviandosi verso casa.
L'autobus era in ritardo come al solito: passavano auto, biciclette e motori, e lei restava lì. Guardava il paesaggio che la circondava, la gente che camminava, ignara di tutto e di tutti.
Un signore anziano si sedette accanto a lei, lo guardava, come avrebbe guardato suo nonno.
E l'autobus intanto non passava, e il tempo scorreva.
Aprii il suo zainetto colorato e tirò fuori un paio di cuffiette, le inserii nel telefono e si perse in quei giochi di parole. Ascoltava ''Cold Coffee'' di Ed Sheeran.
Quasi non se ne accorse, quando arrivò finalmente l'autobus.
Per pochi secondi, da dietro quelle porte di vetro, rimase a fissare l'anziano signore che da quella panchina adesso la guardava. Si chiese qual era la sua vita, che in quel giorno d'estate l'aveva portato a sembrare completamente solo.
Carolina non lo sapeva, ma le venne voglia di conoscere meglio la sua, di vita.
Arrivò a casa sbattendo la porta e si gettò tra le braccia di sua madre per salutarla con un lungo abbraccio.
"Amore mio, sei pronta per domani ?" le disse la madre, con un enorme sorriso stampato sulle labbra.
"Si, non vedo l'ora " rispose Carolina, e quelle parole resero sua madre ancora più felice.
Mancavano solo un paio d'ore e Carolina sarebbe diventata una liceale. A differenza di quanto aveva detto alla madre, non era poi così contenta d'iniziare questa nuova avventura. Moriva di paura. Il liceo la spaventava, così come l'idea di doversi fare dei nuovi amici che ancora non la conoscevano.
Preferì non cenare, poiché l'ansia era troppa.
Aprì lo zaino e vi infilò tutto l'occorrente per il giorno dopo.
I nonni e gli zii avevano già telefonato per augurarle buona fortuna, le ripetevano in continuazione che il primo giorno di liceo non si scorda mai, così come il primo giorno di elementari o medie, ma Carolina sperava seriamente che almeno questa volta andasse meglio.
Era una ragazza estremamente timida, una di quelle che quando parla neanche la senti.
Per questo suo lato così negativo aveva spesso fatto fatica a farsi degli amici, o meglio, di veri amici non ne aveva mai avuti.
Preferiva restare a casa ad ascoltare musica, o leggere un buon libro.
Quella sera però la musica non le andava proprio.
Salutò i suoi genitori, felicissimi per lei, aspettò che suo fratello smettesse di fare baccano e si rannicchiò sotto le coperte.
Con il rumore della strada in sottofondo iniziò a fantasticare.
Quella stessa sera, pregò. Pregò Dio che le cose andassero meglio. Voleva che il suo primo giorno di liceo fosse indimenticabile, nel senso più buono possibile. Gli amici di cui sentiva sempre parlare tutti i suoi coetanei li voleva anche lei.
Di solito era quella strana, che non parla e sta sempre da sola.
Così era decisa ad iniziare bene, sarebbe entrata in quella scuola con tutta la grinta possibile e avrebbe parlato ad alta voce. Talmente forte che l'avrebbero sentita tutti.
La notte scorreva e Carolina cadde in un sonno profondo, quel sonno che credeva non sarebbe arrivato, in una di quelle nottate che non si scordano mai.
Il mattino seguente si svegliò decisamente più felice e motivata.
Corse in bagno e dopo una brave doccia si infilò i vestiti che aveva preparato il giorno precedente.
Jeans, top bianco e converse, erano alcuni dei suoi vestiti preferiti, li aveva scelti apposta per l'occasione. Eppure non si sentiva carina neanche oggi.
I fianchi larghi, i chili di troppo, le guance troppo piene, le gambe grosse, erano state la sua ossessione fin da bambina.
Ma in quel momento non le importava poi così tanto.
Era uscita dall' incubo tre mesi prima, con la fine delle scuole medie e adesso voleva ricominciare, più decisa e sicura di sé.
S'incamminò verso scuola insieme a sua madre, come al solito appena entrate in macchina Carolina accese subito la radio, trasmettevano canzoni di Rihanna e Beyonce .
La piccola traversa davanti la scuola era piena di ragazzi e ragazze che cercavano di entrare, le frequenti macchine poi, non facilitavano la cosa.
Salutò sua madre e si diresse verso le scale.
Una ragazza davanti a lei si girò e le rivolse la parola "Sai dov'è la 1° A ? "
" Credo all' ultimo piano, la sto cercando anche io ", disse.
Nella vecchia scuola nessuno le rivolgeva mai la parola, neanche per un'informazione. Non era mai stata un genio in nessun materia e aveva l'abitudine di isolarsi anche nei luoghi affollati.
" Oh, piacere Alice "
"Piacere mio, Carolina "
Il tono della sua voce era stato basso come al solito, dubitava che avesse sentito.
Salirono insieme le scale e trovarono la classe.
C'erano già diverse ragazze sedute a due a due nei verdi e stretti banchi.
Alice si sedette in un banco libero della seconda fila.
Carolina si avvicinò e rimase un attimo ferma a guardare. Non le capitava mai di dover prendere una posizione del genere, il posto in classe glielo avevano sempre assegnato, tranne in quei pochi casi in cui si era seduta al solito primo banco aspettando la persona che sfortunatamente, per lui o lei, le sarebbe capitata al fianco.
Scacciò via i brutti pensieri e si sedette in quel banco insieme ad Alice.
Le lezioni del giorno erano Scienze naturali, Latino e Italiano. Si presentarono ad uno ad uno e così anche gli alunni, che indicarono nome, cognome e scuola di provenienza.
Si sentii soddisfatta quando la sua voce fu un po' meno bassa del solito.
Dietro di loro c'erano due ragazze che continuavano a ridere e nel giro di quelle tre ore si scambiarono qualche parola.
Si chiamavano Sofia e Giulia, e parlavano dell'estate, che non era ancora del tutto finita e già volevano che iniziasse di nuovo.
Scoprirono di avere gusti musicali in comune, cosa che la rese estremamente felice, visto che prima d'ora era stata insultata anche per questo motivo.
Al suono dell' ultima campanella della giornata si sentì più piena e più felice. Quel primo giorno di scuola era andato meglio di come si fosse mai aspettata.
Era appena uscita da quel luogo e già non vedeva l'ora di ritornarci, strano, ma la colpa era tutta dell' euforia.
Più i giorni passavano e più Carolina si sentiva felice. Aveva trovato delle persone che l'avevano accettata. Ma allo stesso tempo, più il tempo passava e più lei andava male a scuola.
Non sapeva come facevano le altre, ma in un modo o nell'altro riuscivano sempre ad andare avanti.
Lei era ingenua, non avrebbe mai copiato ad un compito, suggerire poi, non sapeva neanche come si facesse.
Eppure non la misero da parte.
Fu allora che Carolina si rese veramente conto che qualcosa stava cambiando.
E non era una sua illusione come al solito, non era uno stupido scherzo, era la realtà.
Tornava a casa e non aveva più l'incessante bisogno di piangere, non si nascondeva.
Scriveva ancora nel suo diario con le pagine ingiallite. Raccontava tutto, ogni minimo dettaglio.
Poi, quando i ricordi facevano troppo male, lasciava che qualche lacrima le scorresse ancora lungo il viso.
A volte Sofia, Alice e Giulia le stavano accanto e la abbracciavano.
Senza un motivo, la abbracciavano e basta.
Non conoscevano la sua storia, quanto meno le sue sofferenze.
Restavano, come resta il sole dopo un temporale.
Non importava il passato, era il presente che loro stavano vivendo.
Quando inizi il liceo, credi di poter essere immensamente grande, senza renderti conto di tutte le difficoltà che questo comporta.
Ti senti abbastanza libero da poter fare le tue scelte, da vivere le tue esperienze.
Dipendi sempre meno da qualcuno e sempre più da te stesso.
Così Carolina si sentiva indistruttibile.
Caro Amico .... scriveva nel suo diario.
Ho incontrato persone fantastiche. Il liceo è stupendo, ho sentito cose che non sapevo e visto cose che non credevo esistessero. E' una fonte di esperienze incredibile. La mia classe è una bella classe, ci sono persone di tutti i tipi e andiamo molto d'accordo. Vorrei che tu fossi vero, in carne ed ossa davanti a me per poterti raccontare tutto con le parole e farti vedere ogni foto. I miei genitori sono felici, ogni volta che torno a casa sorridendo. Prima non capitava spesso, quasi mai. Adesso è tutto diverso. Non sono più andata al mare, ma vorrei ritornarci presto. Ho ancora mille cose da scoprire. Il tempo che mi rimane per scrivere è sempre di meno, anche se vorrei poter scrivere all' infinito. A proposito, ormai ho tredici anni. Non vedo l'ora di compierne diciotto, manca sempre meno. Adesso devo andare.
Con affetto, C.
Posò il suo diario nel solito nascondiglio, e lì rimase. Finché non ebbe tempo per pensarci, ma mai per scriverci. Finché non venne spostato, sballottato negli scatoli, dimenticato e quasi perso.
Era mattina e faceva parecchio caldo. Una di quelle temperature che non ti faceva sudare ma ti mancava l'aria, troppo insana per poterla respirare.
La scuola era finita da un paio di giorni e Carolina stava sistemando gli ultimi scatoli nella sua nuova stanza.
Si erano trasferiti da un po' ormai. La città era sempre la stessa, ma tutto era meglio.
L'ultimo scatolo conteneva alcuni quaderni e cianfrusaglie, ma fu qualcosa di inaspettato a colpire l'attenzione di Carolina. Sotto tutte quelle cose che non si ricordava di avere, impolverato e malandato, c'era il suo vecchio diario.
Erano quasi tre anni che non lo vedeva più, l'ultima volta era soltanto una tredicenne al suo primo anno di liceo, adesso di anni ne aveva quasi 17 e andava verso il quarto anno.
Non ricordava neanche più il motivo per il quale aveva smesso di scriverci sopra, ma da allora erano cambiate diverse cose.
Troppe cose a dire il vero.
Era cresciuta, più di quanto si sarebbe mai immaginata.
Alcuni dei chili che aveva tanto odiato erano andati via, il fisico era più pronunciato, si piaceva di più, forse, ma era comunque lei.
Non le piacevano più le cose di un tempo, cambiava argomenti, generi musicali, decisioni.
E la vita era andata avanti.
La classe che un tempo amava a volte non la sopportava più.
Alice, Giulia e Sofia erano sempre con lei, non come prima, ma parlavano ancora e si tenevano vicine, in quei momenti in cui anche quattro piastrelle del pavimento non sembravano solchi insormontabili.
Avevano preso la loro strada, e non sempre avevano punti in comune.
Eppure voleva bene a entrambe, comunque.
Adesso Carolina usciva di sera e beveva alcool. Scriveva solo su internet e l'unico gioco era innamorarsi.
Innamorarsi come fanno gli adulti, quando si spera e poi ci si spezza il cuore.
Non era più così convinta di voler compiere diciotto anni, non sarebbe cambiato niente, ma avrebbe preferito ritornare bambina. Essere di nuovo spensierata e senza problemi. Cambiare le cose. Vivere ogni dettaglio.
Sfogliò quel diario abbandonato e ne rilesse ogni pagina.
Ogni tanto una lacrima le solcava il viso, o una risata la rallegrava.
Era stupita, da quante cose aveva lasciato incise su carta, quanti momenti, emozioni, attimi, di una vita che ormai era già passata.
Notava la sua calligrafia pessima e il modo di scrivere diverso.
Rivedeva se stessa, dolce e troppo ingenua, districarsi tra problemi che ora le sembravano banalità.
Sapeva, che un diario non faceva per lei. Preferiva le lettere.
Ma la voglia di scrivere era ancora presente.
Scrivere, la sua più grande passione.
Non ne avrebbe mai fatto a meno.
Così prese un foglio bianco ed una penna. Iniziò a incidere lettere d'inchiostro, formavano frasi, periodi, aneddoti, supposizioni.
Scrisse lettere che non avrebbe mai inviato. Vi dedicava tempo e passione. Tutta la passione che ancora le restava in corpo.
Poi le inseriva del diario, quel diario che cadeva a pezzi. Consumato dal tempo e dai troppi scritti. Fragile come un'anima sul filo della vita.
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