Capitolo 9 "Risposte Sbagliate"

Passarono tre giorni alla Banca di Spagna.

Ormai l'oro era quasi tutto fuso, Nairobi e Bogotà stavano facendo un ottimo lavoro, e a quanto pareva era nato anche del tenero tra i due; Rio e Tokyo passavano giorno e notte a fare la coppietta felice; Shangai invece era stato messo di ruolo fisso alla guardia degli ostaggi, e fin dall'inizio aveva legato subito con Azzurra.

La ragazza lo aveva riconosciuto subito quando l'aveva visto: era identico a come si vedeva nel video, nonostante fossero passati anni. Così in uno dei suoi primi turni di guardia, Azzurra chiese di essere portata in bagno, e il ragazzo acconsentì tranquillamente; arrivati lì iniziarono a scambiare due parole, e da quel primo turno in bagno ne seguì un secondo, poi un terzo, e così via. Ormai era un appuntamento fisso: la ragazza lo trovava estremamente bello e dolce, oltre che sveglio e simpatico; forse il giovane era anche più aperto della sorella. Il ragazzo dal canto suo, era felice di aver trovato qualcuno che non lo odiasse, o che non lo guardasse solo come "Il Fratello di Firenze".

"Grazie per accettare sempre di scambiare due parole con me..." disse timidamente lui, quel giorno, "Mi fa sempre molto piacere". Azzurra restò un attimo di stucco, poi rispose, "Grazie a te per non essere come tutti gli altri rapinatori. Sei l'unico oltre tua sorella, a trattarci come esseri umani, e non come oggetti" gli disse sorridendo; il ragazzo pure si fece spuntare un sorriso, anche se, notò Azzurra, la guardava con una strana luce negli occhi. "Ascolta, secondo te nelle decisioni cosa andrebbe seguito... il cuore o la ragione?", la ragazza rimase un attimo interdetta, *cosa c'entra ora questa domanda? * "Dipende, ma credo il cuore, insomma... per non avere rimpianti" gli rispose incerta lei.

Shangai la guardò un paio di secondi, e poi molto cautamente si avvicinò a lei, fino ad arrivare a pochi millimetri dalle sue labbra, "Segui il tuo cuore" gli sussurrò lui; di certo non la voleva obbligare, ma almeno provarci... ovvio, se lei non avesse voluto, non si sarebbe più avvicinato.

Azzurra provò a pensarci, ma alla fine decise di seguire il cuore, l'istinto, e lo baciò. Un bacio semplice, casto, labbra contro labbra, di quelli in punta di piedi, di cui si ha paura della reazione altrui... Insomma un bacio normalissimo; esso finì con la stessa rapidità con cui era iniziato, lasciando i due ragazzi incerti.

"Perché mi hai baciato?" "Perché TU mi hai baciato?", erano ancora a pochi centimetri l'uno dall'altra, lei con le mani sulle spalle di lui, lui con la mano sul collo di lei. Entrambi si ritrovarono a sorridere, erano felici; innamorati? Non si sa, ma sicuramente felici.

A rovinare il momento ci si mise un certo Argentino: Palermo entrò proprio in quel momento nel bagno in cui erano i due. "Lo sapevo!, non solo non fai nulla per aiutare la banda, ma adesso te la fai anche con gli ostaggi?!?" era furioso, il piano, il SUO piano così perfetto, era messo a rischio da un ragazzino appena arrivato... no, non lo avrebbe permesso. "Tu puoi farti mia sorella, e io non posso baciarmi con una ragazza degli ostaggi?" gli chiese lui con ironia; incredibile come riuscisse a mantenere una tale calma, anche nei momenti più critici.
"Tu stai fuori dagli affari miei, e non ti azzardare più a farti questa stronza di merda!" esclamò Palermo indicando distrattamente Azzurra, che stava per ribattere, ma venne preceduta da Shangai, "Che cazzo hai detto su di lei?! Vuoi ritrovarti di nuovo senza un occhio, frocio dei miei coglioni?". Adesso sì che era scoppiata la bomba, i due rapinatori stavano praticamente urlando, ed iniziarono anche a darsi qualche spintone, mentre la povera Azzurra cercava invano di calmarli.

Fu proprio quando le cose stavano davvero per mettersi male, che si sentì uno sparo; tutti si girarono verso la porta, e vi trovarono Firenze con la pistola puntata in uno degli zaini contenenti i giubbotti antiproiettile, (i bagni venivano utilizzati anche come magazzino). "Che cosa succede qui, me lo volete spiegare?!?", nessuno rispose, "Allora?", la ragazza si stava esasperando, le loro urla si sentivano da un chilometro di distanza; ci mancava solo che arrivasse il resto della banda a ficcare il naso.

Fu Palermo il primo a parlare, o meglio ad urlare, "Quel grandissimo figlio di puttana di tuo fratello si è baciato con un ostaggio!", "Ascoltami immigrato frocio, l'ha fatto Denver con Stoccolma, perché non posso io?!?", rispose prontamente Shangai, "Perché è il MIO piano, e decido io cosa accade e cosa no!", "Non sei tu il capo!" i due si voltarono di nuovo l'uno contro l'altro, e si gridarono ancora contro, se possibile perfino più di prima. Fu un altro sparo a far zittire di nuovo tutti i presenti nella stanza.
"Ora, fatemi capire... Shangai tu ti sei baciato con Azzurra, e tu Palermo li hai beccati, in più avete quasi rischiato di ammazzarvi a vicenda per questo motivo... Ho capito bene?" ne Palermo, ne Shangai risposero; erano uno più innervosito dell'altro, così Firenze si girò spazientita verso Azzurra, che annuì impercettibilmente.

Firenze passò tra cinque emozioni diverse in meno di due secondi. Sbuffando sonoramente, si passò una mano sul viso, "Morirò di stress...".
Si voltò verso i presenti, che la stavano guardando, e spiegò, "Non potete farvi vedere da tutta la banda mentre vi sbacciucchiate," a queste parole, Palermo fece un sorriso vittorioso a Shangai, "Ma non mi importa nemmeno cosa fa mio fratello nel suo tempo libero, purchè non comprometta il piano..." a questa affermazione Shangai, fece la linguaccia all'Argentino, "Quindi in conclusione, se volete divertirvi, fate, ma se vi vedo amoreggiare davanti ad un qualsiasi essere vivente, vi faccio sparire... Siate discreti..." concluse la ragazza, "Tu invece vieni con me" disse poi Firenze indicando Palermo, che a quel punto sbottò, "Non accetterò certe cose durante il mio piano!" "NON SEI TU A DECIDERE! Finché è il Professore che comanda, tu non puoi imporre la tua volontà su qualcuno qui..." rispose la ragazza, avvicinandosi a lui, ritrovandosi a pochi centimetri dal suo viso "Specie su mio fratello".
Erano tre giorni che lui la evitava, e al massimo avrebbe dovuto essere il contrario, viste le recenti rivelazioni; per questo ritrovarsi così vicino a lui, gli fece uno strano effetto.

Palermo era fin troppo orgoglioso, per ammettere che la ragazza avesse ragione, e di certo non gliel'avrebbe data vinta così facilmente, per cui uscì dalla stanza a grandi passi, non prima però di aver detto "Ora capisco perché nessuno vi ha mai voluto...".

Queste parole ferirono la ragazza nel profondo: non sapeva se erano sincere o dettate dalla rabbia, seppe solo che sentì letteralmente il cuore spezzarsi; il suo cuore di ghiaccio, era stato appena spezzato dalla stessa persona che era riuscito a scioglierlo e a farlo battere. Prima di andarsene, Firenze si girò verso la nuova coppietta, e disse con tono di rimprovero, "Bel casino mi avete combinato"; Shangai ed Azzurra, rimasti soli, si guardarono per circa un minuto, per poi abbracciarsi: un abbraccio disperato, bisognoso di sicurezza... non sapevano cosa sarebbe accaduto da quel momento in poi, ma qualsiasi cosa, avrebbero cercato di affrontarla insieme.

Firenze, dopo essere uscita dal bagno, aveva bisogno di schiarirsi le idee, così iniziò a camminare a caso per i corridoi della banca, *Ormai li ho consumati questi pavimenti a forza di camminarci*. I suoi pensieri vennero interrotti da Bogotà, che aveva il turno di riposo dalla fonderia, e si stava fumando un sigaro, riempiendo il corridoio di fumo. "Ehi Firenze, cos'è che ti turba quest'oggi?", chiese lui senza nemmeno guardarla, troppo concentrato a studiare uno dei milioni di pezzi d'oro che avevano giù in fonderia.

"Shangai e Palermo mi danno il tormento... litigano sempre... e puntualmente devo intervenire io a separarli... Perché non possono semplicemente andare d'accordo? Peggio di bambini dell'asilo!" si sfogò la ragazza frustata; ormai quella situazione era all'ordine del giorno, e l'aveva davvero stancata.
"Cosa ti aspetti da due galli in un pollaio? Che collaborino e si dividano il lavoro, o che si sbranino a vicenda? Mettiamolo così, adesso abbiamo un gallo psicotico, che a rischiato più volte di perdere il comando, e un nuovo arrivato che gli tiene testa... Era inevitabile questa situazione" disse Bogotà finalmente guardandola, "Capisco che tu ne abbia abbastanza, ma non intervenire sempre, lascia che si sfoghino tra di loro... alla fine troveranno un modo per andare d'accordo..." concluse infine l'uomo, andando verso il piano sotterraneo della banca, "oppure si uccideranno a vicenda" aggiunse poi il saldatore ridendo.

Dopo che egli se ne fu andato, Firenze rimase sola, appoggiata alla parete, era stanca, esausta; non sapeva dire se tutta quella storia della rapina, gli avesse cambiato la vita, in meglio o in peggio. Di certo però l'aveva cambiata.

Si ritrovò a ripensare alle parole di Bogotà, "andare d'accordo..."

Firenze, 2 mesi prima

Il sole brillava alto in quel pomeriggio d'estate, nel monastero si stava tenendo una partita di calcio, tra la squadra Nairobi, composta da Palermo, Helsinki, Bogotà e Nairobi, e la squadra Tokyo, formata da Denver, Marsiglia, Tokyo e Firenze; Lisbona e il Professore facevano da arbitri.

Firenze aveva scelto di stare in porta, con qualche dubbio da parte dei suoi compagni, che però si dovettero ricredere, in quanto la ragazza parava ogni singolo tiro dell'attaccante avversario, che ovviamente era Palermo. Si vedeva che i due erano italiani, tant'è che ad un certo punto l'Argentino entrò in scivolata su Denver, gesto da evidente ammonizione, che invece non ci fu; così appena si trovò abbastanza vicino alla porta avversaria, Palermo si sentì sussurrare all'orecchio, da Firenze, "Rifai una cosa del genere e ne tocchi", l'uomo si girò sgomento, ma la portiera era già ritornata a concentrarsi sulla partita. Così Palermo non solo mancò la palla che gli aveva passato Nairobi, ma evitò anche un goal alla sua squadra.

Il Professore fischiò proprio in quel momento, e così la partita finì sul due a uno, per la squadra di Tokyo.

Dopo che tutti si furono cambiati, Lisbona comunicò che la lezione era finita e che ognuno aveva il resto della giornata libera; Firenze dal canto suo, andò a fare una passeggiata per l'enorme distesa verde che circondava il monastero. Tanto era tutto recintato, quindi non ci sarebbe stata nessuna brutta sorpresa; aveva bisogno di stare da sola, ed era molto tempo, che non andava a fare una bella passeggiata nella natura.

*Una partita di calcio per fare lezione, magari fosse stata questa la mia scuola...* pensò la ragazza mentre camminava; eh già, il Professore era convinto che una partita fosse la soluzione migliore per insegnare alla banda il gioco di squadra.

"Certo che potevi anche farmi vincere..." disse lamentandosi una voce alle spalle di Firenze. Questa si girò, e si trovò davanti un Palermo in camicia verde salvia, e le mani in un paio di pantaloni scuri, i capelli erano ordinati e leggermente bagnati, segno della recente doccia. "Scusami... la prossima volta mi metto davanti al palo, quando stai per calciare la palla" rispose lei in tono sarcastico continuando a camminare. Da rumori dietro, la ragazza poté sentire che anche Palermo aveva riniziato a camminare.

*Ora che ci penso, come mai prima non l'ho sentito quando si è avvicinato?... perché avevi la testa per aria* giusto, "A cosa devo la tua presenza, occhi azzurri?" chiese diretta lei, non che la sua compagnia gli dispiacesse, anzi... ma l'ultima volta che erano stati così appartati solo loro due, avevano finito per baciarsi. *è successo tre giorni fa, non un secolo fa...* l'odiosa voce della sua coscienza aveva ragione.

"Volevo parlarti da solo, e se ci fossi riuscito, anche in privato" disse lui fermandosi, anche Firenze si fermò di colpo, rimanendo ferma in piedi davanti a lui; ormai erano in un sentiero in mezzo agli alberi, se fossero tornati indietro, sarebbero risbucati al monastero, se invece proseguivano in avanti, avrebbero letteralmente attraversato il bosco intorno all'edificio, e dopo una lunga camminata sarebbero tornati comunque al punto di partenza; tutto dipendeva da quanto volevano camminare.

"Ci ho pensato molto, su ciò che sento, su ciò che provo quando sono con te..." iniziò Palermo, lievemente imbarazzato; la ragazza davanti a lui lo incoraggiò con lo sguardo a continuare, "E sono arrivato alla conclusione che... Forse possiamo provarci" concluse l'Argentino, che lo sguardo leggermente basso, quasi fosse insicuro delle sue stesse parole; se il resto della banda lo avesse visto in quel momento, lo avrebbe preso in giro per il resto della vita.

"Quindi tu ti stai dichiarando a me, ho capito bene?" disse la ragazza sorridendo, lui in risposta annuì impercettibilmente; "Mi fai un'altra dichiarazione così la metto nel mio MP3?" chiese lei scherzando, "Che stronza!" esclamò lui riprendendo a camminare, "Ehi, calmo occhi azzurri stavo scherzando..." disse mortificata Firenze, fermando l'Argentino per un polso, "Certo che sei permaloso" disse lei, facendolo almeno sorridere.

"Ascolta io non ho mai avuto una storia davvero seria, forse essendo troppo impegnata a cercare mio fratello per averla, e... Non so bene cosa fare, come comportarmi..." spiegò piano la ragazza.
"Tu hai paura?" ora era il turno di Palermo di prendere in giro, e quello gli riusciva dannatamente bene, "Questa me la segno sul calendario! Creo una festività apposta per questo!" disse lui ridendo, "Ma smettila!" rispose secca lei, "Allora vuoi che ci proviamo o no?" chiese la ragazza, si stava facendo tardi, se volevano prendere una decisione quella sera, dovevano sbrigarsi.

"Ti offro l'onore di stare con una meraviglia come me" disse con teatralità Palermo, sapeva che quel suo lato piaceva molto alla ragazza; la quale stette qualche secondo a guardarlo intensamente negli occhi, e poi...

Lo baciò, e stavolta non fu un bacio semplice, ma infuocato, intenso, sentito... Avrebbero potuto produrre energia per una città intera. La giovane sapeva che l'Argentino era insicuro quanto lei su cosa fare, o su cosa dire, per cui voleva cercare di dimostrargli il più possibile, i suoi sentimenti; di certo non li avrebbe esternati ad alta voce, troppo semplice.

Mentre il sole iniziava a calare, gettando ombre e luci misteriose sul bosco, i due innamorati non accennavano a volersi staccare: lei con le braccia intorno al collo di lui, lui con una mano sul viso di lei e l'altra sulla sua schiena, come il bacio che si diedero in camera; le loro lingue si cercavano bramandosi a vicenda, e fu in quell'esatto momento che entrambi capirono, perché le coppiette stessero così tanto a baciarsi. Quel gesto, quei sentimenti erano qualcosa di meraviglioso, di magico, che davano emozioni ineguagliabili.

Quando si staccarono, anche se contro voglia, avevano entrambi il fiato corto, ma stavano comunque sorridendo, "Lo diciamo agli altri?" chiese Firenze, "Ti vergogni di me?" chiese serio Palermo, "Mai, mai e poi mai" rispose sicura lei, "E allora torniamo al Monastero, e urliamo in faccia a quei figli di puttana, la grande notizia" gli disse lui carico e sorridente.

Fu così che tornarono alla base, mano nella mano, come la più comune delle coppie, con il sole che ormai lasciava il posto alla sera. 

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top