Capitolo 6 "Quiete e tempesta"

I giorni passavano alla Banca di Spagna.

La polizia aveva accettato di rilasciare Rio, dopo che il Professore era riuscito a trasmettere alla TV internazionale, la testimonianza di tutto ciò che gli era stato fatto; così Rio si era riunito alla banda: dopo che l'avevano rilasciato davanti alla Banca, egli era entrato, salutando e abbracciando tutti i compagni, tranne Palermo, Bogotà e Firenze, perché non li conosceva. Firenze in un primo momento non ebbe una buonissima impressione del giovane: *Come fa questo ragazzino a far parte della famosa banda dei Dalì? Ok, è un bravo Hacker, ma non mi sembra chissà che... Ha solo preso parte ad una rapina, rapina che tra parentesi, ha quasi rovinato*; ovviamente la ragazza dovette tenere per sè queste considerazioni.

Per di più, non c'era tempo di pensare a Rio, un problema ben più grande andava affrontato in quel momento: Palermo. Esatto, quel grandissimo infame, aveva sentito ogni cosa che la ragazza aveva detto ad Azzurra quando si erano allontanate da sole, e ovviamente non l'aveva presa affatto bene.

"Ti rendi conto di cosa hai fatto?!? Fraternizzare con gli ostaggi, vuoi anche prenderci un caffè insieme?!?" gli aveva sbraitato contro Palermo. Erano in una stanza isolata della Banca, ad uno dei piani superiori, in un angolo semi nascosto *chissà perché Palermo ha questa fissa per le ambientazioni teatrali* aveva pensato la ragazza tra un urlo e l'altro. "Senti non ho fatto nulla di male, gli ho semplicemente detto di tenermi aggiornata se gli ostaggi volessero scappare... Anzi mi sembra di aver fatto una cosa anche giusta!" si era difesa la giovane, "Così ti mostri debole, lei si approfitterà di te e ci inculerà tutti a sangue!". Palermo era rosso di rabbia, con il fumo che quasi gli usciva dalle orecchie; non avrebbe permesso che il suo piano perfetto, fosse rovinato dall'emotività di una ragazzina, (forse però, non era questo a turbarlo). 

Ovviamente Firenze non si fece intimidire, "Ascolta, solo perché tu hai la sfera emotiva di un bradipo, non vuol dire che tutti devono essere così; io ho fatto ciò che ritenevo giusto!" esclamò la ragazza spazientita aprendo le braccia; c'è ci aveva parlato, mica l'aveva liberata. Con queste ultime parole fece per andarsene, ma "Ascoltami ragazzina" la bloccò Palermo, afferrandola per un polso, "Sono io ad avere lo scettro del comando qui, quello che comanda sono io, e tu mocciosa mi devi obbedire" gli intimò lui stringendo la presa; non le faceva male, ma la sorpresa fu tanta. "Cosa credi, eh? Di essere speciale? Di essere importante? Tu vali meno del mio sputo, il piano potrebbe andare benissimo avanti senza di te, quindi fai la brava e lascia fare agli adulti il loro lavoro", finì lui in tono perfido, sfoggiando la migliore delle sue maschere menefreghiste.

La ragazza guardò prima la mano sul suo polso, poi guardò lui, girandosi: sapeva che quelle parole erano dettate dalla rabbia del momento, magari complice anche un po' di delusione... in fondo Palermo era sempre stato un tipo impulsivo; ma una piccola parte della giovane iniziò a porsi una domanda, *e se le pensasse davvero quelle cose? No dai, dopo tutto ciò che abbiamo passato, non può crederlo sul serio...*. Firenze lo guardò negli occhi (nell'occhio per l'esattezza), e con tutta la calma del mondo, "Se ti azzardi a toccarmi un'altra volta, prendo una matita e ti cavo l'occhio, fino a grattarti il cervello, così finalmente scopriamo se ce l'hai o no" così dicendo si liberò dalla presa e se ne andò sbattendo la porta. Poté sentire in lontananza Palermo dare libero sfogo a tutta la sua frustrazione, rovesciando sedie e cacciando parecchi urli; ma decise comunque di non dargli importanza.

*E pensare come eravamo partiti...*

Con questi pensieri, Firenze iniziò ad incamminarsi per il corridoio, intenta a tornare dagli ostaggi. A metà strada però sentì gli occhi bruciare, *Dannata polvere...* pensò in un primo momento, quasi a voler mentire a se stessa; ma quando due lacrime sfuggirono al suo controllo, capì la vera motivazione. Così si mise a correre verso l'ala ovest della banca, dove al secondo piano, le stanze erano tutte vuote; si chiuse in una di esse, e finalmente lasciò scendere senza vergogna quelle lacrime trattenute troppo a lungo. Il fiato iniziò ad accorciarsi, leggeri e silenziosi singhiozzi iniziarono a rompere il silenzio circostante; Firenze si accasciò contro la porta, stringendosi le ginocchia al petto, ed appoggiando la testa su di esse. Lacrime di fuoco, bagnate e silenziose, continuavano inesorabili a bruciarle il viso, senza accennare a voler smettere; segni indelebili del dolore provato in passato, e trattenuto per tanto, troppo tempo.

I ricordi involontariamente riaffiorarono...



Firenze, 4 mesi prima

"Dai, devi beccare il buco", "Pensi sia semplice da questa posizione?! tu fai silenzio" "Ma ci vedi?!" "Oh zitta!"  l'ammonì Nairobi, cercando per l'ennesima volta di scassinare la serratura della camera di Firenze, mentre Tokyo, camminando per il tratto di corridoio dietro di lei, faceva da guardia. 

Da quando aveva rivelato che era innamorata di qualcuno, per di più membro della banda, tutti bramavano di sapere chi fosse. Ognuno, a modo suo, ci aveva provato: Marsiglia durante una passeggiata tranquilla, ricevendo però solo "Non sapevo t'interessasse"; poi fu il turno di Nairobi, che complice l'alcool ottenne solamente "Ti ci vorrà molto di più..."; persino Palermo (che per quanto lo negasse, agognava di sapere quel nome) aveva provato, con un po' di ricatto... ricevendo solo una tirata di capelli; insomma nessuno ci si era minimamente avvicinato. 

Così Tokyo e Nairobi avevano deciso di tentare un ultimo disperato tentativo: scoprirlo curiosando in camera di Firenze. Il Professore era venuto a conoscenza della cosa, ed aveva esplicitamente proibito alle due di mettere in atto la loro folle idea; peccato che le ragazze lo avessero letteralmente ignorato, e così, complice Bogotà che aveva acconsentito a tenere impegnata Firenze, avevano deciso di provarci quel pomeriggio. 

Proprio quando stavano per rinunciare, CLICK "E' aperta" comunicò Nairobi; le due ragazze controllarono che non ci fosse nessuno, per poi entrare e chiudere la porta.

La cosa che saltò subito all'occhio, fu l'ordine maniacale della stanza: ogni singolo oggetto era messo perfettamente al suo posto; ciò era parecchio singolare come cosa, dato che avevano avuto lezione tutto il giorno, e dopo Firenze era andata subito con Bogotà. Il letto era rifatto senza nemmeno una piega, la scrivania in ordine quasi interamente sgombra, nessun vestito per terra, non un granello di polvere a giro... sembrava una camera da rivista.

Le ragazze iniziarono a curiosare in giro, scoprendo così che a Firenze piacevano molto i film, leggere libri di svariato genere, ed ascoltare musica, cosa provata dall'MP3 sulla scrivania. Nonostante questo però, di effetti personali nemmeno l'ombra; finché...

"Tokyo guarda" disse Nairobi, indicando una piccola cornice posta sul comodino. In essa erano raffigurati un ragazzo e una ragazza: una Firenze un po' più giovane di adesso, guardava verso l'obbiettivo con occhi pieni di passione ed entusiasmo... a quel tempo non aveva ancora gli orecchini, ma lo stile sportivo spiccava già, come si poteva notare dalla camicia blu scuro aperta davanti, e un top sportivo bianco sotto. Accanto a lei un ragazzo della sua età, forse un anno meno, gli circondava le spalle con il braccio sinistro, mentre la indicava con la mano destra: il giovane aveva i capelli neri lunghi fino alle spalle, pettinati all'indietro, gli occhi azzurro cielo risaltavano sulla pelle chiarissima, il sopracciglio sinistro era interrotto verso la fine, per poi proseguire normalmente; lui indossava semplicemente una camicia bianca aperta davanti. Ciò che però risaltava era il sorriso, grande e luminoso. In realtà, notarono dopo le ragazze, tutti e due nella foto stavano sorridendo di gran gusto; era strano veder sorridere così Firenze, di solito rideva più per le sventure altrui.

"Sembra conoscerla bene..." commentò Tokyo assottigliando lo sguardo, "Ma lui non fa parte della banda, o sarebbe qui con noi" precisò Nairobi tornando ad esaminare la stanza; le ragazze continuarono a cercare qualcosa nella camera, mentre nella loro testa si chiedevano chi potesse mai essere quel ragazzo misterioso.

Avevano controllato ovunque, ormai stavano per rinunciare, quando "Nairobi, ho trovato qualcosa!" gridò Tokyo, che quasi sdraiandosi per terra infilò un braccio sotto il letto; dopo essersi quasi staccata l'arto, finalmente la ragazza riuscì a prendere l'oggetto misterioso: era un album da disegno.

Nairobi lo prese dalle mani dell'amica e quasi le caddero gli occhi dalle orbite.


"ATTENZIONE!!!!" urlò Tokyo, salendo in piedi sul tavolo della Sala Pranzo; tutti i membri della banda iniziarono pian piano ad riunirsi intorno a lei, ed anche Nairobi la raggiunse con una bottiglia di vino.

"Sappiamo chi è l'amore segreto di Firenze!!!" gridarono, sventolando al cielo l'album da disegno, quasi fosse un trofeo di guerra. Non appena vide l'oggetto in questione, la giovane trasalì, *Com'è possibile? io non lo porto mai fuori dalla mia stanza, e ieri sera era al suo posto, ne sono sicura... L'unica è che quelle due siano entrate in camera mia, ma quando? oggi abbiamo avuto lezione... Ma non oggi pomeriggio*, realizzando velocemente ciò che era accaduto, Firenze salì a sua volta sul tavolo strappando l'album dalle mani di Tokyo, e "Questo album era una cosa privata! Siete entrate in camera mia senza alcun permesso, violando la mia privacy... Si può sapere chi vi credete di essere?!" gridò quasi, con gli occhi colmi di rabbia; rivolgendosi poi al resto della banda, "Davvero sapere la persona che mi piace è così importante da venir meno il rispetto?" con questa ultime parole colme di delusione, la giovane quasi gettò l'album in mano a Nairobi, prendendo poi la strada in camera sua; nell'impatto alcuni fogli scivolarono dall'album, mentre in lontananza la banda poté sentire una porta sbattere.

Il Professore parlò per primo, "Vi avevo detto di non fare assurdità" le ammonì con rimprovero, mentre le due scendevano dal tavolo, stando bene attente a quei pochi fogli sparsi su di esso; il resto della banda si strinse un po' di più attorno ad esso, e finalmente il tema dei disegni fu chiaro: Palermo era raffigurato in ognuno di essi... con la tuta rossa, con la maschera, in giacca e camicia; ognuno dei disegni era perfetto, sembravano quasi fotografie, da quanto erano accurati.


Quella sera

*Ma che grandissime figlie di puttana! Con che coraggio l'hanno fatto?!, avevo anche lasciato la foto di Raphael fuori*, pensò Firenze distesa a letto; dopo l'evento di quel pomeriggio, non si era fatta più vedere dalla banda, saltando anche la cena. Marsiglia e il Professore avevano provato varie volte a farla uscire dalla stanza, ma senza alcun risultato. 

*Mai fidarsi delle persone...*

Un bussare alla porta, fece destare la giovane dai suoi pensieri, "Andate via!" fu la risposta immediata della ragazza, ma chiunque fosse continuò a bussare insistentemente. Alla fine Firenze, scocciata più per il rumore che per altro, si alzò e andò ad aprire: si trovò davanti Nairobi e Tokyo, tutte e due con uno sguardo mortificato.

"Avete dieci secondi" furono le uniche parole di Firenze, la prima a parlare fu Nairobi "Abbiamo sbagliato ad entrare in camera tua... non pensavamo di farti arrabbiare così... il Professore e gli altri ci hanno già  rimproverato duramente" "Ve lo siete meritato!" la interruppe Firenze, "Volevamo solo sapere chi ti piaceva" cercò di spiegare Tokyo. 

Firenze stette un minuto in silenzio, "Andatevene, voglio dormire" disse stancamente iniziando a richiudere la porta, "Ma ci perdoni?" chiese Nairobi speranzosa, "Se fossi stata io a fare una cosa del genere, mi sarebbe arrivato un pietrone in testa" disse Firenze, come se ciò rispondesse alla domanda. "Noi abbiamo una cosa per te" aggiunse Nairobi all'ultimo momento, proprio quando la porta stava per chiudersi del tutto; Firenze stette un attimo ferma, per poi riaprire con impazienza, aspettando ciò che le due gli volevano dare, *come se un regalo potesse farmi passare l'incazzatura...* Le due ragazze si spostarono di lato, e davanti alla porta comparve un Palermo assonato e sconvolto, ma con un sorriso accennato; l'Argentino teneva in mano un vassoio, contenente due porzioni di quella che doveva essere la cena di quella sera.

Firenze si affacciò alla porta, e sulla sinistra poté vedere tutta la banda in pigiama nel corridoio, in attesa della sua reazione; se la ragazza rimase colpita non lo diede minimamente a vedere. "Se sapevo che mi avreste portato la cena in camera, me la sarei presa fin dall'inizio..." commentò lei ridendo, contagiando via via anche gli altri.

"Voi andate pure a dormire, te entra così mi lasci la cena" disse lei, indicando l'interno della sua stanza; da alcuni della banda partì un fischio allusivo, "Silenzio!!!" dissero in coro Palermo e Firenze.

Dopo che lui fu entrato, la ragazza chiuse la porta scuotendo la testa con fare rassegnato, "Dove posso appoggiare?" chiese Palermo stranamente cortese. Firenze non rispose subito, prendendosi qualche attimo per osservarlo attentamente: aveva addosso una canottiera bianca e pantaloni grigi, con sopra una vestaglia bordò molto elaborata; infine indossava un paio di ciabatte nere, e i capelli erano leggermente spettinati, *Non male come regalo...* pensò la giovane. Ormai che fosse innamorata di Palermo lo aveva capito da molto, col passare del tempo ne ebbe solo la certezza.

"Mettilo pure lì sulla scrivania" rispose Firenze passandosi una mano sul viso, per poi continuare "Dì la verità, quanto ti hanno pagato per farti fare questo?" "Guarda, zitta, che mi hanno tirato giù dal letto a calci, stavo facendo un bellissimo sogno... Io progetto ed attuo tutto il piano, e loro manco mi fanno dormire" disse Palermo a metà tra il divertito e il drammatico.

La ragazza a quel punto guardò il vassoio: c'erano due porzioni.

"Ho capito che mangio tanto, ma due porzioni mi sembrano troppe" scherzò lei, nascondendo una nota di inquietudine "No, vedi... ho pensato che... magari potevo farti compagnia, sai... nemmeno io mi sono presentato a cena" disse l'Argentino mordicchiandosi le pellicine delle dita; la ragazza conosceva bene quel gesto, lo faceva sempre quando era imbarazzato, ma a lei piaceva... lo trovava dolce.

"Mi farebbe piacere, ma prima..." lasciando in sospeso la frase, la ragazza prese quattro dei suoi libri più grossi, andò verso la porta e li lanciò contro di essa; ciò provocò una forte botta e subito dopo, dei rumori dall'altra parte, "Ora non stanno più origliando..." spiegò lei ridendo, contagiando anche l'amico.

Passarono la serata parlando di tutto, da argomenti più seri, alle cavolate più varie; nessuno dei due accennò a ciò che era accaduto quel pomeriggio.

Palermo credeva di non poter dare nulla a Firenze, se non una bella amicizia; la stessa amicizia che tempo addietro aveva mostrato ad Andres. Lui sapeva bene cosa voleva dire vedere la persona amata allontanarsi completamente, e non voleva far provare lo stesso alla ragazza. Firenze dal canto suo, sapeva benissimo che Palermo fosse gay, ma non poteva farci nulla se i suoi sentimenti erano quelli, non poteva cambiarli. Così cercò di convincersi che la sua amicizia gli andasse ugualmente bene; ma in fondo alla sua anima, la ragazza sperava che un giorno anche Palermo si sarebbe innamorato di lei.

La sera lasciò il posto alla notte, e ben presto l'Argentino dovette andarsene, "Meglio che torni in camera mia... Devo essere in forze domani per spiegare il piano", "Grazie per la cena... e per tutto il resto" disse lievemente in imbarazzo Firenze, "Mi terrò i disegni come compenso, non si lavora mica gratis qui" rispose Palermo con un tono di arroganza, ma l'enorme sorriso tradì le sue parole.

"Se ogni tanto vuoi infamare qualche membro della banda, io ci sono" continuò lui alzandosi e guardandola negli occhi; "Per me lo stesso" gli rispose lei sorridendogli.

Stettero qualche minuto a guardarsi così, negli occhi, sorridendo, come se il mondo intorno a loro non esistesse; come se ci fossero solo loro due in quel monastero. "Buonanotte ragazzina" le disse lui appoggiandogli una mano sulla spalla, e andandosene poi verso la porta; "Buonanotte occhi azzurri" rispose lei, raggiungendolo alla porta, e chiudendo questa dopo che lui se ne fu andato.

Quella notte tutti e due dormirono finalmente bene, ma ciò che non sapevano, era che quella sarebbe stata l'inizio della quiete; 

e si sa:

dopo la quiete, c'è la tempesta.

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