Capitolo 5
-La ferita sta guarendo bene- Erin sorride, impegnato a cambiarmi le fasciature -di questo passo non rimarrà nemmeno la cicatrice-
-Grazie- ricambio il suo sorriso, guardandolo lavorare.
-e per cosa?-
-per avermi aiutata- sussurro, nella speranza di non lasciar trapelare l'imbarazzo dalla mia voce.
Il ragazzo sbuffa divertito, scuotendo impercettibilmente il capo -siamo una squadra, te l'ho detto-
Rimango in silenzio, non so come dovrei rispondergli. In parte gli credo, mi è rimasto accanto facendomi capire che un po' ci tiene, che non mi abbandonerebbe, eppure mi è ancora troppo difficile fidarmi completamente, troppo difficile mettere a tacere tutti i dubbi che mi tormentano.
Lui sembra capirlo, mi lascia i miei spazi e non mi mette pressione. E lo apprezzo veramente tanto.
-vorrei farti conoscere una persona- dice ad un tratto, poi, di fronte al mio sguardo confuso, si affretta ad aggiungere -è un mio amico, l'ho conosciuto anni fa durante un mio viaggio. Vive qui vicino-
Rabbrividisco. Non sono molto propensa a conoscere nuove persone, nella mia vita ho legato solo con mio cugino Will e con lui. Sono sempre stata piuttosto timida, fare amicizia è sempre stato un passo troppo grande da fare da sola, così ci avevo rinunciato.
Non che non mi piacesse l'idea di avere degli amici, delle persone su cui contare, anzi. Erano anni ormai che speravo di incontrare qualcuno con cui poter essere me stessa senza la paura di essere giudicata, anni che vivevo con la consapevolezza che probabilmente non sarebbe mai successo.
Era strano come sogno, me lo ripetevano sempre, mi ridevano in faccia quando glielo confessavo. Per me però era reale, era il mio più grande desiderio, il più profondo.
Sentivo il bisogno di trovare quella metà che mi mancava, la metà che mi avrebbe resa completa, quella capace di capirmi con uno sguardo, l'unica capace di guarirmi e salvarmi dai demoni che avevo dentro.
Non cercavo "l'anima gemella", sarebbe stato chiedere troppo, cercavo solo un'amicizia vera, duratura.
Ma io ero solo Amber, la ragazzina che ospita nella sua mente mostri più grandi di lei, che si lascia dominare dalla paura, che si sente sempre fuori posto, che non riesce a spiccare il volo.
Ero solo quella che non riusciva a parlare con le persone, che si confidava unicamente con suo cugino, che spesso spariva per ore e tornava con gli occhi lucidi e il viso rosso tipico di chi ha pianto.
Era sempre stato quello il motivo della mia solitudine. Io non avevo abbastanza coraggio per buttarmi e provare a fare amicizia, e gli altri non avevano motivo per provare a parlarmi, non avevano la pazienza di attendere i miei tempi.
Le cose non potevano andare diversamente, era già scritto nelle stelle.
O almeno, questo era quello che pensavo prima di conoscere il ragazzo al mio fianco. Con lui era stato diverso.
I miei silenzi non l'avevano spaventato, non l'avevano allontanato. Era entrato a far parte della mia vita senza preavviso, scombussolando tutto e allo stesso tempo sostenendomi nei momenti peggiori.
Oltre Will, era stato l'unico a rimanere, l'unico a rispettare i momenti in cui avevo bisogno di stare sola e riordinare le idee, l'unico che non si era ancora stancato di rincorrermi quando scappavo dai miei pensieri.
Forse per una volta il destino mi aveva dato una possibilità, un'occasione per stravolgere la mia vita e rimettere tutti i pezzi al proprio posto, in modo corretto, non come si erano incastrati per non perdersi.
E forse per una volta sarei riuscita a cambiare tutto, a guarire le ferite del cuore che ormai si erano impresse su di esso come tatuaggi senza mai cicatrizzarsi.
-Amber... ci sei?-
Ancora una volta mi sono persa nei miei pensieri. Succede spesso ultimamente.
-si, si, stavo solo pensando... lascia perdere- raccolgo la mia bisaccia e lo seguo fuori dalla porta.
Erin mi guarda ma non dice niente, non insiste, non mi obbliga a confessargli i miei pensieri. Sa che è meglio che sia così, non vuole distruggermi.
Il ragazzo cammina a passo spedito verso una meta a me ancora ignota, gli vado dietro senza fiatare, continuando a domandarmi chi sia questa sua conoscenza e perché ci tenga tanto a presentarmela.
Si ferma ad un tratto, senza preavviso e per poco non vado a scontrarmi contro la sua schiena. Poi bussa al portone in legno chiaro.
Dopo pochi secondi un giovane dai capelli biondi compare sull'uscio, invitandoci ad entrare con un caloroso sorriso.
Guardandolo bene potrà avere qualche anno più di me, di sicuro non supera i vent'anni.
Dalle poche frasi che si sono scambiati in questi minuti intuisco che il biondo debba essere Steven, l'amico di cui mi stava parlando.
Steven ha i capelli ricci ma non ricci quanto quelli di Erin, di una sfumatura particolare che li fa sembrare oro colato alla luce del sole. I suoi occhi sono verdi, del colore del muschio, puntigliati di piccole macchie castane che li risaltano ancora di più di quanto già non faccia la sua pelle abbronzata.
Il suo abbigliamento è semplice, meno vistoso di quella della gran parte della popolazione del villaggio, ma non per questo meno d'effetto. La camicia bianca che ha fascia perfettamente il suo fisico snello e ben allenato, andando a creare un forte contrasto con la carnagione scura delle braccia.
-Sei nuovamente in viaggio quindi?- Steven pronuncia questa domanda con un'espressione strana sul volto, ammirazione forse.
-Come sempre, fino a quando ne avrò la possibilità- ride lui in risposta.
Non riesco a seguire il loro discorso, troppo presa da ciò che mi circonda. Quando sono in un posto nuovo non riesco a fare altrimenti, devo per forza guardarmi intorno e studiare con cura ogni singolo particolare.
L'arredamento è in sintonia con quella che ho capito essere la personalità del mio ospite, sobria ma raffinata.
Le pareti in pietra sono tappezzate da scaffali colmi di libri ben ordinati, con qualche vaso di fiori colorati sparso qua e là.
Tutto in questa casa mi trasmette calma, per quanto ordinata non da l'impressione di essere un luogo sterile, anzi, si percepisce la vita scorrere al suo interno, quasi come il proprietario ed essa fossero una cosa sola.
Una mano sulla spalla mi riscuote, mi accorgo di essermi completamente estraniata dalla conversazione e di averne evidentemente perso una parte importante.
Arrossisco di botto, imbarazzata.
Steven mi riserva un sorriso rassicurante, come a dire che non fa niente e che non mi devo preoccupare, cosa che mi fa arrossire ancora di più.
-Scusate...mi ero distratta- mormoro con lo sguardo fisso per terra.
-Tranquilla, non ti sei persa niente di importante- è Steven a parlare, la sua voce è calma e profonda, Erin con un cenno del capo conferma le parole dell'amico.
-Amber, lui è Steven, un mio grande amico nonché miglior pianista del regno.- Steven ridacchia nel sentire tale definizione -Steven, lei è Amber, a parer mio una tra i migliori artisti del regno del Nord-
Scuoto la testa mentre le guance si tingono di rosso -non sono un'artista in realtà...- sussurro senza guardarlo.
-invece sì- si rivolge all'altro ragazzo al suo fianco -dovresti vedere i suoi disegni, sono spettacolari!- insiste.
-non è solito a dispensare complimenti, immagino tu debba avere un talento particolare se parla così bene delle tue opere- mi spiega il biondo, facendomi l'occhiolino.
-Grazie- borbotto confusa, cercando di sopprimere la fastidiosa sensazione di disagio che si sta facendo spazio a livello dello stomaco.
Queste attenzioni mi mettono a disagio, non sono abituata a ricevere complimenti e non so come rispondere.
Sento l'ansia aumentare e incomincio ad arrotolarmi una ciocca di capelli scuri intorno all'indice, incapace di rimanere ferma.
-è un piacere averti qui nel villaggio. Non c'è granché da vedere ma sono sicuro che ti piacerà un sacco.- mi sorride Steven per poi rivolgersi al ragazzo al mio fianco -l'hai già portata alla Torre, vero?-
Erin lo guarda colpevole, di cosa stanno parlando quei due??
-Alla Torre..?- domando spostando lo sguardo dall'uno all'altro, senza capire.
-Alla Torre- ripetono all'unisono senza però darmi spiegazioni.
Steven sembra capire la mia confusione e si affretta a spiegare.
-A Nord-Est del villaggio si trova una piazza, la Piazza dell'orologio, che prende per l'appunto il nome dalla torre dell'orologio che si trova al suo interno. Dalla torre si può ammirare il mare e l'arcipelago delle sirene. È praticamente il punto più panoramico del paese- si interrompe per lanciare un'occhiata piena di disappunto ad Erin, il quale risponde scrollando le spalle -mi stupisce che non ti abbia detto nulla-
-Non ne ho avuto modo, gliene avrei parlato alla prima occasione- si giustifica il ragazzo al mio fianco, sorrido per la sua espressione fintamente offesa.
Steven alza gli occhi al cielo.
-Vieni Amber, ti porto nel posto più bello di DalhiaCliff- mi tende la mano destra, che afferro titubante -Tu rimani qui- afferma indicando Erin.
-Ma non è giusto...- il ragazzo prova a ribattere, ma viene immediatamente fermato dallo sguardo minaccioso del biondo -Riportamela intera-
Sorrido ma sono sicura che si possa percepire l'imbarazzo.
Qualcuno mi spiega come mai sto seguendo uno sconosciuto che vuole portarmi alla torre della città?
Steven cammina a passo svelto, faccio quasi fatica a stargli dietro.
Ho il fiatone.
-Allora dimmi... com'è che hai conosciuto quello scappato di casa di Erin?- rallenta per rimanermi a fianco.
Rido all'udire il nomignolo che gli ha affibbiato, spostandomi una ciocca dal viso.
-mi trovavo nel bosco del mio villaggio per disegnare e all'improvviso è sbucato da un albero, facendomi spaventare...-
-Tipico- commenta lui.
-il giorno dopo l'ho incontrato di nuovo nel bosco e abbiamo iniziato a parlare- o meglio, lui mi aveva parlato, io avevo solo fatto figuracce -poi si è fatto tardi e lui doveva cercare una locanda per la notte quindi l'ho portato nella locanda mia e di mio cugino- mi blocco, indecisa sul condividere o meno quella parte della storia che per me rappresenta ancora una ferita aperta.
-Erin è rimasto per alcuni giorni alla locanda e poi mi ha chiesto di partire con lui- non sto mentendo, non del tutto almeno.
Ho solo omesso un piccolo dettaglio, ovvero che mio cugino è stato costretto ad abbandonare la sua vecchia vita e aveva chiesto al ragazzo di starmi vicino.
-Tuo cugino è rimasto lì?-
Mi concentro sulla stradina di mattoni che stiamo percorrendo, incapace di affrontare quel discorso.
-Forse non avrei dovuto chiedertelo... scusa, se non ne vuoi parlar...-
-No, fa niente...- deglutisco cercando di spingere giù il peso che sento alla gola -lui... è stato arruolato al confine...-
-Ah...- Steven sembra riflettere su cosa dire.
Non voglio compassione, non voglio fargli pena.
-Non importa- forzo un sorriso, consapevole di quanto in realtà sembri più una smorfia.
Arriviamo in silenzio alla torre dell'orologio, il ragazzo mi indica una scala a chiocciola e mi fa segno di salire.
Faccio come dice e dopo alcune decine di scalini mi ritrovo di fronte al panorama più bello che abbia mai visto.
-Quindi non stavi esagerando!- mi lascio sfuggire, prima di tapparmi la bocca con una mano.
Il ragazzo soffoca una risatina e mette su un finto broncio, facendomi vergognare ancora di più.
-Pensavi stessi esagerando?- mi chiede divertito.
-No cioè... si ma... io...- mormoro sottovoce abbassando la testa.
-Sto scherzando stai tranquilla- si affretta a rassicurarmi -quando ho detto che è il punto più bello del villaggio ero serio- volge lo sguardo verso il mare, invitandomi a fare lo stesso.
È una giornata serena, non c'è un filo di vento. Il mare è uno specchio d'acqua cristallina che si fonde completamente con il cielo azzurro privo di nuvole.
Da quest'altezza si riesce ad ammirare un insieme di isolotti lontani ma non troppo, che riconosco come il famoso "arcipelago delle sirene".
Tutto intorno si stagliano imponenti, scogli appuntiti, come a difendere quelli squarci di paradiso galleggianti.
-Steven... posso porti una domanda?- mi volto verso il biondo, colta da un improvviso bisogno di appesantire il mio bagaglio culturale.
-Certo, dimmi tutto- Steven ora è rivolto verso di me e mi guarda incuriosito.
Mi ritrovo a titubare un attimo, la domanda che ho in mente è un po' stupida, probabilmente penserà che sia una bambina che crede a qualsiasi cosa, ma di fronte alle sue iridi verdi che aspettano impazienti di sapere cosa ho da dire, sono costretta a parlare.
-L'arcipelago delle sirene... si chiama così perché ci sono veramente le sirene?- tengo lo sguardo basso per tutto il tempo, sperando di evitare così la sua espressione di scherno che sicuramente mi avrebbe riservato dopo quella domanda.
Ma la risata e le prese in giro non arrivano, al loro posto un leggero colpo di tosse di chi sta per intraprendere una lunga spiegazione.
-speravo che me lo chiedessi in realtà- sorride -sì, l'arcipelago ha questo nome perché in effetti è popolato dalle sirene...-
-sul serio?- dico sbalordita -ma le sirene si sono estinte centinaia di anni fa... lo dicono tutti i libri del mio regno...-
-non si sono mai estinte, la loro specie è stata decimata da un'epidemia alcuni secoli fa, ma i sopravvissuti sono riusciti a riportare il regno al vecchio splendore- mi spiega serio, come se avesse detto la cosa più ovvia del mondo.
-e sono veramente cattive come si racconta?- insisto, desiderosa di saperne di più.
-Non ci credo che ci siano ancora certe voci in giro, è vergognoso che questi pregiudizi vengano tramandati per intere generazioni- sbuffa -se per "cattive" intendi le storie di barche affondate a causa loro o di marinai tratti in inganno e poi uccisi, no, è tutto falso.-
Rimango a bocca aperta, senza parole.
-le sirene in realtà sono creature pacifiche, ogni tanto vengono sulla terra ferma ma non hanno mai fatto niente di male agli umani... nell'arcipelago ci sono alcuni insediamenti umani e ti assicuro che vige il rispetto reciproco- continua, fiero di poter essere lui ad insegnarmi queste cose -mia madre viveva lì, prima che nascessi- il suo sguardo si illumina di gioia.
-perché si è trasferita qui?-
Non sono fatti tuoi Amber, stai zitta
-scusa non sono affari miei, io...- mi sento arrossire ma vengo interrotta.
-e di cosa? Tu mi hai parlato di tuo cugino- mi rassicura sorridente -mia madre ha conosciuto mio padre quando aveva poco più di 19 anni, suonava in giro per i locali del suo villaggio per guadagnare qualcosa, è stata lei a trasmettermi la passione per la musica.- si interruppe lasciandosi sfuggire un sospiro malinconico -una sera stava suonando in riva al mare, aveva litigato con suo padre ed era scappata lì per calmarsi, come faceva sempre... Mio padre la notò e fu amore a prima vista, qualche mese dopo lei rimase incinta e decisero che sarebbe stato meglio per me crescere qui a DalhiaCliff... Mia madre è una donna coraggiosa, mi ha cresciuto quasi da sola perché mio padre non poteva venirci a trovare spesso a causa della sua natura...-
-la sua natura?- ero sicura che non avesse detto nessun dettaglio riguardante suo padre.
-Papà è un tritone, mi ero dimenticato di accennarlo- ridacchia divertito dalla mia espressione sorpresa -sono per metà un tritone-
Per la seconda volta in un giorno mi ritrovo senza parole.
-Ti assicuro che le sirene non sono come tutti descrivono... in realtà sono più simili a voi di quanto sembri, hanno solo la coda, possono respirare sott'acqua, di natura sono più affascinanti di voi uomini e cantano divinamente, per il resto siamo uguali- sorride -non sono cannibali o altro, fidati-
-ma quindi tu...-
-non respiro sott'acqua- ridacchia, quasi leggendomi nel pensiero -sono abbastanza bravo nel canto, però... e sono pure affascinante- aggiunge buttando i capelli all'indietro, facendomi ridere.
-wow... pensavo che cose del genere esistessero solo nei libri...- commento a mezza voce, rivolgendomi più a me stessa che al ragazzo.
-e non è tutto...- mormora lui, quasi pensando ad alta voce.
Il suo tono mi fa capire che non è il caso di chiedergli spiegazioni.
-Meglio che ti riporto da Erin... che altrimenti ti da per dispersa- esclama ad un tratto, interrompendo il silenzio creatosi tra noi.
Annuisco e lo seguo per le scale, in pochi secondi siamo ai piedi della torre, diretti verso casa del ragazzo.
Steven mi racconta aneddoti sulla sua amicizia con il riccio, mentre camminiamo, e insieme ci ritroviamo a ridere di quella volta in cui avevano rischiato la prigione.
-Ti giuro, lui non si era accorto di niente-
-ma come si fa a non accorgersi di avere una gallina nella sacca-
-ma che ne so io- scoppia a ridere -nemmeno i proprietari la pensavano così e ci accusarono di furto-
-non ho parole giuro- gli occhi lucidi per le troppe risate.
Ora capisco come mai due persone apparentemente così diverse come loro possano considerarsi quasi fratelli.
Steven è veramente simpatico, è capace di farti ridere in modo genuino, senza alcuno sforzo.
-come mai vi state sbellicando dalle risate voi due?- Erin sbuca da una siepe accanto alla porta.
-Oddio Erin! La devi smettere di sbucare così a caso!- lo rimprovero portandomi una mano al petto, il battito accelerato dallo spavento.
In tutta risposta il rosso scoppia a ridere, seguito a ruota da Steven che ha assistito a tutta la scena come se in realtà se lo aspettasse.
-Come mai ridevate?- insiste, assottigliando lo sguardo e facendolo rimbalzare da me al suo amico diverse volte.
-che c'è? Invidioso perché sono più simpatico di te?- lo prende in giro l'altro, ottenendo una linguaccia.
-nessuno è più simpatico del sottoscritto, Amber diglielo anche tu- Erin mi indica, gonfiando il petto pronto a ricevere un complimento, che non arriverà mai.
-Steven non sapevo ti chiamassi Nessuno- ridacchio scrollando le spalle di fronte all'espressione sconvolta del riccio che mi mima un "ti lascio qui".
-Dai fratello, non prendertela così tanto per la verità- mi da man forte il biondo, ridendo a sua volta, evidentemente non si aspettava quella risposta da parte mia.
Erin mette il broncio, incrociando le braccia.
-Dai, lo sai che ti voglio bene anche se sei meno simpatico del tuo amico- lo prendo ancora in giro, dandogli una pacca sulla spalla.
-certo che mi vuoi bene, sono il migliore- si pavoneggia il ragazzo, passandomi un braccio intorno alla vita e facendo aderire la mia schiena al suo petto.
A quel contatto sento la pelle bruciare, abbasso immediatamente la testa, consapevole del colore che ormai avrà assunto la mia faccia.
Sento il suo sguardo bruciare su di me e spero vivamente di essere inghiottita dalla terra in questo preciso istante.
Steven mi guarda con una faccia di chi la sa lunga, cerco in tutti i modi di ignorarlo, come cerco in tutti modi di ignorare lo strano formicolio allo stomaco, ripentendomi che è normale perché non ho mai avuto questo tipo di contatto con un ragazzo che non fosse mio cugino.
Non appena il ragazzo mi lascia libera di andare scatto in avanti, ma perdo l'equilibrio e cado, ritrovandomi tra le braccia del biondo che mi aveva afferrata al volo.
-mi devi dire qualcosa tu?- mi sussurra all'orecchio in modo tale da non farsi sentire dall'amico a pochi passi da noi.
Rimango in silenzio, incapace di dare voce alle mille emozioni che stavano girando come un turbine dentro di me, allontanandomi il più in fretta possibile dai due.
💫ANGOLO AUTRICE💫
No, non avevo abbandonato questa storia... stavo solo aspettando l'ispirazione giusta.
Steven è il personaggio migliore per ora🤭
Spero vi piaccia, vi voglio bene ❤
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top