Lacrime

Seduta davanti alla finestra, a guardare il sole che tramonta a ovest, sopra i tetti di Roma. Mi è sempre sembrato che quella vista, al calar del sole, fosse un'inspiegabile magia, un meraviglioso spettacolo di luci allestito per allietare il cuore di tutti coloro che si fermano ad ammirarlo.
Questa sera il tramonto è più luminoso del solito, ma Roma ha ormai perso ogni colore.
Mi ritrovo a stringere in mano la tua mano, un gesto naturale, quasi automatico. Ma le forze vengono meno quando la mia mano si trasforma in un pugno, vuoto e freddo, la tua mano non c'è più. La mia mente si rifiuta di accettare la tua mancanza, non vuole abituarsi alla solitudine.

Chiudo gli occhi, e per un attimo provo a immaginarti ancora qui accanto a me, a fissare il cielo, a perderci insieme nello splendore di quelle sfumature.
Eri convinto che non ci fosse cosa più romantica di un tramonto. Non volevi mai perderne uno. Quando lo spettacolo volgeva al termine eravamo già al culmine della pienezza del nostro amore, due corpi incastonati, come pezzi di un puzzle, nati per unirsi e diventare una cosa sola.

Le urla di alcuni passanti mi riportano violentemente al presente. Sotto la mia finestra, la vista di un gruppetto di ragazzi sistemati a semicerchio, che schiamazzano urla di incitamento incomprensibili. Al centro due ragazzi impegnati a picchiarsi violentemente e a scambiarsi imprecazioni reciproche. Rimango a guardare la scena per qualche minuto. Fra le urla della calca che comincia a diventare sempre più numerosa, riesco a percepire una frase: "Sta' lontano da lei." Stanno litigando per amore. Ho come un déjà vu. Lacrime cominciano a spuntare dai miei occhi, lacrime che tagliano solchi sul viso e lasciano lividi.

Lacrime di rabbia che mi riportano a quella sera, quella maledetta sera quando non sei riuscito a trattenerti davanti all'ennesima provocazione di quel che credevo fosse un mio amico, ma che poi si è rivelato essere un verme viscido. Lo scaraventasti a terra con tutta la rabbia che avevi accumulato, io tremavo e gridavo, ma invano, ormai non mi ascoltavi più. Continuavi a piazzargli calci e pugni in tutto il corpo, ripetendo solo queste parole: "Sta' lontano da lei, sta' lontano da mia moglie."
Quando finalmente esauristi le forze, lo lasciasti andare, e quello scappò via. "È un mio amico!" ti sbottai in faccia. "Hai quasi ammazzato un mio amico" continuai con tutta la voce che avevo.
"Non è tuo amico" mi dicesti di rimando. "Un tuo amico non ti regalerebbe rose rosse il giorno del tuo compleanno, un tuo amico avrebbe rispetto per tuo marito."
Sentivo che dovevo ferirti, odiavo questi tuoi esagerati scatti di gelosia. "Almeno lui si è ricordato del mio compleanno" sono riuscita a dirti. Non sembravi irritato a quelle parole, ma quando ti avvicinasti a me ti cacciai. "Vattene, vattene via da qui, non voglio più vederti. Sei un mostro schifoso."
Ti cacciai, ma il mio cuore ti gridava resta, non andare via. Resta ti prego. Maledetto orgoglio...
Il tuo viso d'un tratto si incupì, salisti in macchina e sfrecciasti via come un fulmine. Un fulmine che finì la sua corsa, schiantandosi cento metri più avanti contro un autoarticolato.
Quando dopo due ore i medici riuscirono a tirarti fuori eri già morto. Nel sedile del passeggero, un mazzo gigante di rose rosse, e un bigliettino allegato con scritto: "all'unico amore della mia vita." Non l'avevi dimenticato...

Un senso di nausea mi assale, cerco di reprimerlo, d'istinto metto la mia mano sul ventre. Sono entrata al settimo mese e ancora ogni tanto soffro la nausea. Dall'ecografia sembra che ti somigli, sono sicura che avrà i tuoi stessi occhi verdi e profondi, capaci di scrutare dentro l'anima delle persone che li guardano. Lacrime continuano a scendere copiose dal mio viso. Se è vero che ogni lacrima è un ricordo, allora piovono perle dagli occhi e piovono senza più limiti. Cerco il tuo viso nel vuoto ma invano, non ci sei più a farmi ridere, fermale tu queste cazzo di lacrime. Mi ritrovo a fissare una nostra foto, una foto che ritrae due innamorati felici, nel retro la scritta: "finché c'è vita c'è speranza" mi fa rimettere la mano sul ventre. Speranza è il nome che ho scelto per nostra figlia, perché io non perda la SPERANZA di poterti rivedere un giorno, e perché finché c'è SPERANZA c'è vita, e il ricordo di te non morirà mai.

Fine.

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