Capitolo 35: Famiglia riunita
Sgrana gli occhi, ormai immobile, e poi cade a terra. Indietreggio piangendo. – Tu... – mormora lui. – Come... Mi hai mentito.
– Mi dispiace, Cole – mormoro io. – Mi dispiace così tanto – ripeto singhiozzando. – Corri, Austin! – tuono.
– Staranno arrivando i rinforzi. Tra pochi secondi sarete invasi da così tanti demoni che non saprete più dove andare – bofonchia lui. Gli esce un po' di sangue dalla bocca e così sputa. – Non credere che io muoia in questo modo. Mi guariranno e quando tornerò in vita, ti cercherò e farò in modo che tu non mi scappa più. Mai più.
– Ho fatto. Andiamo, Cassie! – urla Austin prendendo in braccio la madre. – Andiamo, corri!
– Mi dispiace – ripeto per poi andarmene insieme a loro. Corro più veloce che posso ma ormai Austin è diventato super veloce e mi è sempre più difficile stargli dietro. Mi guardo intorno sentendo i miei muscoli irrigidirsi: siamo invasi dai demoni. – Austin, corri più veloce! Stanno arrivando!
Eppure lui è quasi arrivato fuori il confine del bosco, sono io ad essere troppo lenta e quindi troppo indietro. Mi stanno rincorrendo e sono molto più veloci di me, in men che non si dica hanno già guadagnato terreno.
Mi fermo di scatto capendo che non c'è via d'uscita. Devo assolutamente uccidere qualche demone, così prendo la pistola, miro al primo demone che è troppo vicino e sparo. Miro e sparo. Miro e sparo... Fino a quando non finiscono le cariche. Ansimando cerco altre cariche ma mi rendo conto di non averle. – Cazzo! – esclamo io correndo via. Poi però alcuni demoni si mettono davanti e così non ho più via d'uscita. – Austin? – chiedo. Non può essersene andato senza di me. Il panico lo posso capire, ma fino a questo punto?
Prendo la spada e faccio un affondo al primo demone che si avvicina troppo, però lo manco ed esso riesce a buttarmi a terra. La sua bava cala sul mio collo, bruciandomi la pelle. Urlo più forte che posso, chiedendo in qualche modo aiuto. Tutto d'un tratto mi ricordo che in effetti ho un potere. Non serve molto in questo momento ma vale la pena tentare.
Faccio un respiro profondo e penso ad una grande vasca d'acqua proprio attorno a me. Tutti gli altri non riusciranno a respirare, ma io si e potrei scappare mentre loro soffocano. Caccio un altro urlo per prendere forza e fare in modo che quello che ho in mente diventi realtà. Poco dopo mi ritrovo sott'acqua e il demone così mi lascia andare. Prendo la spada e lo uccido. Faccio lo stesso con tutti quelli che mi stanno attorno, ma proprio quando credo di riuscire a scappare, l'acqua svanisce ed io cado a terra, sfinita.
– Cassie! – urla Austin. – Dove sei, Cassie?
Non ho la forza per fare niente però. Cerco di alzarmi ma cado subito a terra. Mi giro almeno di schiena e stringo la spada, aspettando che un qualche demone mi venga ad uccidere. Poco dopo infatti un demone con gli artigli viene davanti a me e così gli taglio il corpo in due di scatto, prima che lui possa fare altro. Qualcuno prende i miei piedi e mi trascina via facendomi sdraiare con tale forza che rimango senza fiato per un po' di secondi. Mi siedo cercando di fare forza con gli addominali e ferisco alla cieca il demone, esso mi lascia e così mi alzo e lo guardo dritto negli occhi. Con un ultimo urlo gli infilzo la spada fino a quando non lo vedo diventare cenere.
Altri due demoni stanno arrivando, uno a destra e uno a sinistra. Faccio un respiro profondo e solo all'ultimo secondo mi faccio da parte. Vanno a sbattere e si feriscono a vicenda, uccidendosi da soli.
Faccio per ridere quando qualcuno mi graffia l'intero braccio destro, urlo e guardo il mio braccio pieno di pus. Alzo un po' la spada ma essa cade subito a terra, visto che non ho più la sensibilità e la forza per tenerla. Cerco di prenderla con la mano sinistra ma lo stesso demone mi spinge con forza a terra e sbatto la testa. Rimango ferma per un po', non vedendo più molto bene.
Il demone si mette sopra di me, pronto ad uccidermi con il suo pus, quando qualcuno con il pelo lo travolge facendolo cadere dall'altra parte. Indietreggio continuando a rimanere a terra, sbattendo più volte le palpebre per vedere meglio. Un lupo sta facendo a pezzi tutti i demoni che cercano di avvicinarsi a me. Guardo la ferita sul braccio destro e vedo che si sta gonfiando sempre di più, sta diventando sempre più viola e brutta. Faccio una smorfia e prendo la mia ultima arma: il coltellino che mi porto sempre dietro.
Prendo la mira e prendo ogni singolo demone, ringraziando tutti questi mesi di allenamento per non essere non preparata ad ogni singola arma che mi porto dietro. Corro a prendere il coltellino che ormai sta a terra insieme alle ceneri del demone e prendo la mira per l'ultimo demone, mi avvicino un po' di più e lo tiro proprio dritto al "cuore" del demone. Esso scompare e mi sento per un po' di tempo in salvo, ma poco dopo sento un qualcuno ringhiare e quando mi giro vedo un enorme lupo mannaro dal pelo grigio.
– Chi sei? – urlo io.
L'enorme lupo non mi risponde e mi attacca facendomi cadere di nuovo a terra. Fa per avvicinare le sue zanne alla mia faccia, mentre io cerco di tenerlo il più lontano possibile. Prendo la testona, gli do un paio di gomitate alla gola e così esso tossisce e si allontana un po' dandomi la possibilità di prendere il coltellino alla mia sinistra e d'infilarglielo nella zampa, giusto per capire di chi si tratta e per farlo stare a cuccia.
– Sta' indietro, bel cagnone – ringhio io. – Dimmi chi sei e non ti farò del male. Lavori per Cole? Sbrigati o sarò costretta ad ucciderti. Non so se hai notato, ma sto scappando da dei demoni, che per la cronaca non finiranno mai.
Il lupo ringhia e fa per attaccarmi un'altra volta, quando un altro lupo gli va addosso facendolo cadere a terra. Il lupo nero, che presumo sia Austin, ringhia al lupo con il pelo grigio, minacciandolo di morderlo ogni volta che si avvicina sempre di più al collo del lupo. Quando sta per morderlo, il lupo grigio lo fa al posto suo e così Austin indietreggia ululando.
– Austin! – urlo io andando verso di lui, ma il lupo grigio mi ferma e ringhia nella mia direzione. Aggrotto la fronte capendo che quindi non vuole che io mi avvicini ad Austin, che è ancora un lupo. Lo guardo meglio, il pelo grigio forse sta a intendere che si tratta di un lupo più vecchio, forse... – Tu sei il padre di Austin? – chiedo io.
Ma il lupo non sembra volermi rispondere affatto, dietro di lui Austin si sta alzando e, dopo un ringhio, si avventa contro il lupo dal pelo grigio e lo morde così tante volte che ad un certo punto quest'ultimo si allontana da lui e si trasforma in uomo.
Poche volte avevo visto il padre di Austin, la maggior parte delle volte che andavo a casa loro sembrava essere sempre in viaggio d'affari e la madre sembrava sempre nervosa quando Austin o io le chiedevamo notizie del marito. Eppure quest'uomo è un Austin in versione uomo. È identico a lui, c'è così tanta familiarità con lui che mi fa rabbrividire.
– Avevo ragione, sei tu il padre di Austin – mormoro io.
Il padre mi lancia un'occhiataccia. – Che razza di demone sei tu e perché cerchi di salvare la mia famiglia? Ti avverto, fai un passo in più e sarò costretto a strapparti la testa dal corpo.
Faccio una smorfia e guardo Austin che sembra così scioccato che ha la coda in mezzo alle zampe. Guarda prima il padre e poi me, troppo confuso per fare altro. – Signore, sono Cassie Moonic, la migliore amica di Austin; non si ricorda?
– Cassie Moonic non aveva sangue demoniaco dentro le proprie vene – ringhia il padre puntando il dito contro di me. – Quindi smettila di mentire e dimmi cosa sei, mostro.
– Papà – gracchia Austin trasformandosi di nuovo in umano. – Papà, è lei, è Cassie. Non provare a farle del male, papà, o quello che si farà male sarai tu. Mi ha aiutato a far scappare la mamma, cosa che tu non hai fatto. Lasciala stare, per l'amor del cielo.
– Cassie Moonic non aveva sangue di demone che le scorreva nelle vene, Austin! Quest'essere deve essere uno di quelli che cambiano aspetto, o forse è uno stregone della luna. – Mi guarda ancora una volta. – Dimmi cosa sei o giuro su Dio che ti strappo la gola.
– Signore, sono io, Cassie Moonic! – esclamo io. L'uomo si avvicina a me, con gli occhi da lupo mannaro e così indietreggio ed inciampo a terra. Egli si ferma proprio davanti a me, guardandomi, analizzandomi. – Signore, la prego, sono io – mormoro, impaurita. – Ho bisogno di tornare a casa. Questa ferita non guarirà da sola, a meno che non riusciamo a togliere tutto il pus.
Si mette in ginocchio guardandomi con le sopracciglia aggrottate. – Com'è possibile? Quando eri una bambina non c'era la minima traccia di sangue demoniaco in te. Come puoi essere veramente Cassie Moonic?
– Mi hanno fatto prendere delle pozioni che mi hanno cambiata – mormoro io guardandolo negli occhi. – Mi guardi negli occhi. Li vede? Mi hanno cambiata ma adesso... il mio sangue sta tornando piano, piano di nuovo rosso. Ci vuole un po' di tempo ma sta funzionando.
– Dov'è tua madre, Austin? – chiede il padre aiutandomi ad alzare.
– Sta in macchina. Per fortuna non ha nessuna ferita grave, ma è meglio se andiamo via da qua, prima che arrivino altri demoni.
– Si – borbotta il padre guardandomi ancora con le sopracciglia aggrottate. – Andiamocene da qua.
🗡️🗡️🗡️
Il padre parcheggia la macchina e non facciamo nemmeno in tempo a scendere che tutti escono dall'enorme edificio per venire verso di noi. Louis è il primo ma si ferma per pochi secondi vedendo il padre di Austin e la madre. Mi avvicino per aiutare la madre di Austin quando il padre mi ringhia contro e mi sposta brutalmente; gli lancio un'occhiataccia e faccio per entrare dentro la casa, quando Jeremy mi ferma prendendomi il braccio ferito.
–Ahia! Attento, cretino! – urlo io, scuoto il braccio per fare in modo che tolga la mano da esso. – Mi fai male – ringhio con le lacrime agli occhi. – Lasciami stare. Lasciami stare!
– Come diavolo fai a sentire dolore? – chiede lui, sembra scioccato, continua a guardare prima il mio braccio e poi i miei occhi. – Perché senti dolore?
– Non sono affari tuoi questi! – sbotto io. – Lasciami il braccio. – Prende una bottiglia e quando leggo di cosa si tratta indietreggio. – No, no. Non qua, non adesso, non te! – continuo, ma è inutile, perché dopo poco tempo la pozione è su tutto il mio braccio.
Mi mordo il labbro inferiore per non urlare, di certo non lo farò davanti a lui.
Dopo che tutto il pus è uscito e non fa altro che sporcare il mio braccio, Jeremy prende della carta e me lo pulisce, facendo finta di non notare i miei sussulti ogni volta che passa anche sulla ferita ancora aperta. Lo vorrei prendere a schiaffi, morderlo, urlargli contro, ma non posso perché infondo mi ha appena curata.
Una piccola voce dentro la mia testa mi sussurra che ho esagerato, che l'ho ferito troppe volte per... Cosa? Che cosa ne ho ricavato? La rabbia dentro di me esplode in modo improvviso, ogni volta.
Sono diventata troppo vendicativa. Sono diventata il mostro che scorre nelle mie vene: un demone.
Ma se la paura alimentasse i miei demoni? Se non riuscissi a fare a meno di ferire, pur di non essere ferita?
Forse, dopotutto, da quando non sento niente ho allontanato Jeremy per non soffrire. Perché vederlo soffrire mi farebbe stare troppo male. Perché alimenterebbe anche le mie insicurezze.
Sono stata egoista. Sin dall'inizio.
Mi lascia il braccio. – Louis vuole parlare con te, mi ha detto di dirti che è importante e che ti aspetta nel suo ufficio.
– Di cosa si tratta? – chiedo io, preoccupata. Se è entrato in camera mia e soprattutto se ha visto il bagno sarò in veri guai. Mi guardo intorno e mi fermo a guardare Andrew che cerca di usare la sua magia per guarire le ferite della madre di Austin. Quando Andrew alza lo sguardo mi trafigge con i suoi occhi, facendomi capire che è arrabbiato con me; e c'è un solo motivo valido. – Cazzo – mormoro io entrando dentro la casa.
A passo veloce percorro il corridoio per andare in camera mia. – Dove vai? Non hai capito quello che ti ho appena detto? Devi andare subito nell'ufficio di Louis! – Faccio finta di non sentirlo e apro la porta della mia camera. – Cassie, sei stupida?! – sbotta lui girandomi stringendo con forza il braccio e facendomi per la prima volta male. – Quando me l'ha detto sembrava veramente incazzato. Non ti conviene farlo arrabbiare ancora di più.
– Lasciami il braccio o giuro su Dio che ti uccido – ringhio io.
Rimane per un po' fermo e in silenzio, poi però abbassa lo sguardo e mi lascia il braccio, così entro dentro la camera senza preoccuparmi di chiudere la porta e sono pronta ad aprire quella del bagno quando... vedo che è già aperta. Il sangue è ancora là, ma ci sono delle impronte di piedi su di esso e questo mi fa capire che sono veramente nei guai.
– Che cazzo è successo qua? – chiede Jeremy. Sussulto sentendo la sua voce dietro di me, quando mi giro mi rendo conto che è entrato con me nella mia camera; sta fissando il pavimento ed è bianco come un lenzuolo. – Di chi è quel sangue, Cassie?
– Di Austin – borbotto io andandomene. Sicuramente Louis sarà incazzato nero, Jeremy ha ragione e devo assolutamente farmi trovare dentro l'ufficio.
Entra dentro la casa e mi guarda malissimo. – Nel mio ufficio. Adesso. – La sua voce è fredda e sembra veramente arrabbiato, mi fa quasi paura. Annuisco ed entro nel suo ufficio prima di lui praticamente correndo, mi siedo e lancio un'occhiata a Jeremy, che è entrato insieme a noi. – Cosa ti è saltato in mente? – tuona quindi Louis facendomi sussultare. – Mi avevi detto che mi avresti fatto sapere, ci contavo, Cassie! E cosa succede? Il contrario. Non mi posso fidare di te a quanto pare, e questo mi fa veramente stare male, Cassie Moonic!
– Louis, lo so che avrei dovuto dirtelo, ma alla fine siamo tutti qua. È venuto anche il padre di Austin. È andato bene e...
– Non è andato bene! – urla lui. – Quel sangue... Andrew mi ha detto quello che ti ha fatto e tutto questo per cosa, eh, Cassie? Perché ti sei fatta fare un incantesimo così forte e contro natura soprattutto.
– Contro natura è quello che mi hanno fatto! – urlo io.
– Non osare parlarmi in questo modo! – dice Louis. – Avresti dovuto dirmi quello che ti era successo. Tu non capisci quanto tutto questo possa essere importante. Cosa c'è? Pensi di poter perdere sangue così, come se niente fosse? Questo significa che non stai bene, Cassie.
– E questo già si sapeva – ribatto io sbattendo le mani sulla scrivania alzandomi. – Se ti avessi detto quello che mi era successo, non mi avresti mandato da Cole a prenderla e adesso non avremmo avuto una famiglia riunita.
– Non dovevi farlo per forza oggi! Tu non sai aspettare, Cassie.
– Si, perché Cole Ruterful aspetta i miei ordini, vero? – chiedo io ridendo. – Dio, ma ti senti Louis? Come potevo lasciare quella donna là? Cole l'avrebbe uccisa se non mi fossi presentata. Austin è riuscito a liberarla, tutto è andato bene.
– Non è andato bene! – tuona ancora una volta Louis. – Per l'amor del cielo, niente è andato bene! Ti dimentichi che ti posso leggere nel pensiero, tu e Austin non fate altro che pensare alla stessa, identica cosa.
– Louis, non dirlo qua. – Non davanti a Jeremy.
Eppure lui fa finta di non aver sentito. – Cole Ruterful ti ha minacciata. Tu l'hai provocato.
Scuoto la testa. – Non è andata così, a quanto pare a volte ti puoi sbagliare anche tu. Sai solo un pezzetto di quello che è successo, Louis.
– Qua l'adulto sono io! – urla lui sbattendo la mano sulla scrivania. – Tu sei sotto la mia protezione e guarda com'è andata a finire! Questo mi da la conferma che proprio non posso ascoltarti, non posso fidarmi. Ti rendi conto quanto può essere stressante questa situazione per me, Cassie?
Faccio spallucce continuando a tenere lo sguardo fisso nei suoi occhi, senza abbassarli nemmeno per un secondo. – Ho fatto quello che era giusto fare. Di certo un po' di sangue non mi fermerà. Non l'ha mai fatto e mai lo farà.
Si mette a sedere un'altra volta e si prende la testa tra le mani. – Santo cielo, Cassie! – tuona poi facendo sussultare tutti e due. – Cole Ruterful vuole vendetta. Ti ha minacciata. Ti ha detto che ti avrebbe cercata e catturata.
Abbasso lo sguardo. – Si, è vero – mormoro io. – Ma non ti devi preoccupare di questo, era solo arrabbiato perché ho cercato di ucciderlo.
Mi maledico da sola rendendomi conto di quello che ho appena detto; chiudo gli occhi per pochi secondi, cercando di mantenere la calma.
– Che cosa? – esclama Louis. – Hai cercato di ucciderlo? Sei impazzita, per caso?
– Non... Non l'ho fatto apposta. Stava per prendere Austin e così ho reagito d'impulso. Non potevo permettere che prendesse Austin, si sarebbe agitato e trasformato in lupo rendendo le cose ancora più catastrofiche.
– Perché adesso non lo sono – dice Louis. – Dopotutto ti vuole solo catturare.
Faccio spallucce. – Non è una novità, se ti può far stare meglio. – Ok, questa potevo risparmiarmela, come altre mille cose che sto dicendo. Mi metto indietro i capelli sospirando. – Se vuoi mi scuso, ma mi sembra abbastanza inutile, visto che ho salvato praticamente un'intera famiglia.
– Proprio non riesci a vedere il contorno – mormora Jeremy. Mi giro per lanciargli un'occhiataccia e lui fa lo stesso. – Cosa c'è? Solo perché sto in un angolo non significa che io sia sordo. La verità è che sei veramente troppo impulsiva per avere il controllo di una missione, ci deve essere sempre qualcuno che ti tiene d'occhio e che pianifichi ogni singola mossa al posto tuo.
Faccio per dire che deve starne fuori quando qualcuno apre la porta. – Louis Dempson? Ci servi in infermeria. La madre del lupo mannaro sta urlando come una matta – dice un uomo con la faccia tutta rossa per lo sforzo, di fare cosa non lo so.
Mi alzo subito insieme a Louis ma mi ferma subito. – Tu rimani qua. Jeremy, mi raccomando, decidi tu cosa fare con lei, ma con saggezza. I tuoi sentimenti devono rimanere fuori da questa porta quando devi prendere queste decisioni.
– Va bene. Non preoccuparti – borbotta lui. Dopo che Louis ha chiuso la porta e se n'è andato, Jeremy si appoggia alla scrivania, proprio accanto a me ed inizia a fissarmi con la fronte aggrottata. – Quindi... raccontami cos'è successo.
Scoppio a ridere. – Di certo non lo vengo a dire a te.
– Come ha detto Louis, i miei sentimenti ormai sono fuori da questa porta. Non te lo chiederei se Louis non mi avesse chiesto di farlo. Quindi ora dimmi cos'è successo.
– Forse però ti interessa sapere quello che è successo tra me e Jay – sogghigno io alzandomi dalla sedia, mi metto davanti a lui. – L'avevo già visto e mi è piaciuto sin dall'inizio. Quando è uscito da camera tua, abbiamo iniziato a parlare; mi ha chiesto dove si trovassero le sale per allenarsi e così io ce l'ho portato.
– Smettila – ringhia lui.
– Continuava a guardarmi. – Scoppio a ridere. – Per non parlare di quando mi si è alzato il vestito. A quel punto ha iniziato a fare battutine ed io ho posato le miei mani sul suo petto, proprio in questo modo. – Mi avvicino a lui e poso le mie mani sui suoi pettorali. Digrigna i denti, furioso. – E gli ho sussurrato – mi avvicino al suo orecchio – "perché non fai qualche altra cosa esplicita?" e indovina lui cos'ha fatto? Mi ha baciata.
Mi prende i polsi e mi allontana da lui praticamente strattonandomi. – Smettila – ringhia ancora una volta, ma sembra ancora più arrabbiato.
Rido. – E dovevi vederci. Il tuo caro amichetto a quanto pare non sa usare il suo potere, ma sa usare il suo corpo. – Avvicino il mio viso al suo. – Il tuo amichetto mi ha baciata, mi ha toccata, mi ha sentita tanto quanto io ho sentito lui. – Rido ancora una volta. – E posso dirti che quello che ho sentito mi è piaciuto.
Mi allontana un'altra volta e avanza verso la porta. – Ti ho detto di smetterla. Non siamo qua per parlare di questo, quello che accade tra te e Jay non è affar mio. Dimmi cos'è successo e vattene.
Gli sorrido e mi appoggio alla scrivania dov'era lui pochi secondi prima. – Cosa c'è? Ti da fastidio? Cosa, esattamente? Il fatto che io sia stata baciata e toccata da un ragazzo, o che io sia stata baciata e toccata dal ragazzo che tu stai cercando di aiutare?
Jeremy apre la porta e se ne va, più arrabbiato che mai.
Ed io sorrido, perfida. – Chi è che sta perdendo adesso? – mormoro io.
Il demone dentro di me - che sono io, solo e soltanto io - sogghigna, soddisfatto. Mentre io capisco: non potrò mai tornare indietro. Quello che sono diventata mi disgusta ma non riesco a farne a meno.
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