Capitolo 29: Fratelli

Apro gli occhi e sonocostretta a richiuderli immediatamente, a causa della luce eccessiva.La testa sembra esplodermi...

Una mano afferra la mia,e sono costretta a puntare lo sguardo su una ragazza. Passano pochisecondi e riesco a mettere a fuoco: si tratta di Caroline. – Ehi –mormora lei, sorridendomi dolcemente. – Come ti senti? Hai presouna bella botta, ma per fortuna non era niente di grave. Io ed Andrewti abbiamo curata, ora stai bene. Devi solo riposare un po'.

Laguardo, cerco di ricordarmi qualcosa, anche un piccolo sprazzo diquello che è successo dopo l'incidente. Ricordo di aver visto quelloche ha visto Jeremy, in qualche strano modo. Ricordo... le suesuppliche, le sue lacrime, le sue parole. Abbasso lo sguardo,confusa. – Jeremy è...

–Sta bene. Anche Lucy e tutti gli altri – risponde subito Caroline.– L'unica ad aver avuto qualche problemino sei stata tu, ma nonti devi preoccupare, è normale. Dopotutto, sei molto debole daquando... hai deciso di andare da Cole.

Annuisco.Sarà sempre parte di me, questa parte malaticcia e oscura; devoaccettarlo, nonostante il senso di colpa e la rabbia. Prima o poi,l'accetterò. Ad oggi, mi sembra un obiettivo lontano mille miglia.Devo concentrarmi, devo ricordarmi tutto. Austin, il mio miglioreamico... è stato lui a farci perdere il controllo della macchina, mal'unica cosa a cui riesco a pensare è "perché?". – Austin stabene? Voglio dire... ha imparato qualcosa? Quanto tempo è passato?

–Poco, direi tre ore. In queste tre ore, ovviamente, Austin non haimparato molto. Si sente in colpa per quello che ha fatto. Tra ilmorso e l'incidente... Ce l'hai con lui? Perché, da amica, noncredo che lui potrebbe sopportare anche questo.

–No, certo che no – mormoro io. Non potrei mai avercela con lui. Èun potere forte quello che ha, e non ha avuto alcuna preparazione. Sarebbe come incolpare Jeremy per avere un potere come quello delfuoco. – Potresti chiamarmi... Jeremy?

Inizialmentesembra quasi scioccata, nonostante questo però una luce sembraaccendere i suoi occhi; sembra felice. – Va bene – risponde lei,sorridendomi. Si alza e se ne va.

Neapprofitto per pensare a cosa dire quando Jeremy arriverà.Stranamente, sono piacevolmente in ansia. Ma anche molto confusa, èper questo che devo rimanere concentrata. Non sono sicura sappiaquello che è successo dopo l'incidente, che l'ho sentito urlare, inpreda al panico, per me. Credo sia ora di parlare chiaramente conlui, è evidente la mia diffidenza nei suoi confronti. Inoltre, nonriesco a capire il suo rapporto con mia cugina; quando c'è lei,sembra odiarmi ancora di più, il ché lo rende ancora piùincoerente. Devo convincerlo ad aiutare Austin, dobbiamo trovare suamadre e suo padre; credo sia arrivato il momento di avere dellerisposte, e possiamo averle solo dai genitori.

Laporta si apre, il mio cuore sembra avere un mancamento, mi ritrovo astringere le coperte tra le mie piccole dita. Jeremy si ferma unmomento, a guardarmi, con diffidenza, senza entrare. Mi ritrovo afissarlo, quasi con la sua stessa intensità. Jeremy Ruterful miprovoca dell'emozioni contrastanti. Vederlo mi fa prudere le mani,sento lo stomaco pizzicarmi, i suoi occhi mi portano a volerlo...eppure sento di volerlo ferire, di fargli del male fisico: voglioferirlo prima che lui faccia la prima mossa.

–Mi hai chiamato? – chiede, senza accennare un sorriso, anzi sembrapiù serio del solito. Annuisco e così entra in camera mia, con unandamento lento, che proprio non gli appartiene. – Come ti senti? –Prende la sedia dov'era seduta Caroline, l'allontana un po' dame e si siede, per poi posare i gomiti sulle cosce.

Faccioun respiro profondo, tutto d'un tratto agitata. Troppo agitata.Vorrei rispondere alle sue domande, vorrei porgli delle domande, mala mia mente sembra confusa, a causa della sua presenza. Mi sentopiena di vita, solo perché è entrato in camera. – Sei incoerente– inizio quindi, sapendo che molto probabilmente non mi fermeròpiù. – Immagino tu sappia cosa significa essere incoerente. Eimmagino anche che tu sappia che ero presente, quando mi hai tiratafuori dalla macchina, e te ne sono grata, davvero; ma continui adessere un ragazzo molto incoerente. Quando siamo arrivati al parco mihai detto chiaro e tondo che non eravamo nemmeno amici, che non c'eraniente e che non eravamo una coppia invincibile. Però poi ho perso isensi e mi hai detto tutte quelle cose... Cose dolci, Jeremy. Coseche non appartengono a te, che non appartengono a me, perchécontinui a vedermi come un demone. Usi tanti dispregiativi e mitratti malissimo...

Accennaun sorriso e spunta una fossetta, proprio sulla guancia. Rimangocatturata da quel sorriso, così inopportuno in questo momento. –Sembra che ti stia molto a cuore il modo in cui ti tratto. – Sembrail solito ragazzo stronzo, ma Dio solo sa quanto sia solo unamaschera. Lui, Jeremy Ruterful, mente come pochi. Per qualche motivo,che probabilmente è uguale al mio, non vuole far vedere il suo latopiù bello, non vuole che la gente sappia che cerca di fare del suomeglio, che anche lui riesce ad affezionarsi alla gente.

Menti, Jeremy Ruterful – ringhio quindi io, facendolosbiancare. – Questo trucco non funziona più con me. Mi devispiegare perché sei così incoerente, perché so che c'è unaspiegazione. Ci deve essere!

Miguarda in silenzio per quelli che mi sembrano minuti, cerco dicollegarmi alla sua testa per captare i suoi pensieri; catturo quellesue pupille nere, mi ci immergo dentro... ma, come sempre, è unlibro chiuso. Sbuffo, frustrata, e sembra sbloccarsi. – Ci sonocose che non sai, Cassie.

Unasemplice frase. Una frase inutile, con lo scopo di confondermi ancoradi più.

–Bé, allora dimmele! – esclamo io sedendomi, sempre più frustrata.Mi fissa, non stacca quei suoi occhi blu da me, e nonostante questomi faccia battere il cuore all'impazzata per un motivo diverso dallarabbia, scoppio e gli urlo: – Dimmele!

–Perché dovrei? – sbotta lui, alzandosi dalla sedia senzadelicatezza e facendola cadere a terra. – Chi sei tu per darmidegli ordini? Non l'ho dette a Louis, perché diavolodovrei dirle a te? Chi sei, Cassie? Credi di essere migliore deglialtri? Credi di essere più importante degli altri? No, non losei affatto. Sei uguale ad ogni singolo essere umano, che vivein questa casa.

Questavolta sono io a rimanere in silenzio, non so per quale motivo, ma lesue parole mi feriscono in un modo esagerato. Vorrei essere diversadagli altri, più importante per lui. Ma da quando? Cos'era cambiato?– Io non mi credo affatto più importante degli altri. So diessere uguale agli altri. Non mi permetterei mai nemmeno di pensareuna cosa del genere! – So di essere come tutti gli altri, se nonpeggio. Una parte di me però, una parte molto nascosta, vorrebbeessere più importante. Ma non posso, non posso esserlo. Io, che l'hotradito. Io, che ero la fidanzata di suo fratello. Io, che sono undemone. Eppure non mi sento più importante degli altri; diversaforse, ma più importante... assolutamente no.

– Eallora perché me lo chiedi? – chiede lui, scoccandomi un'occhiatadi fuoco. I suoi occhi sono schegge voltanti, che si infilzano dentroi miei; occhi quasi come il ghiaccio, pronti a crepare i miei, ormaigrigi.

–Perché ho bisogno di saperlo!

– Ecredi che gli altri non abbiano bisogno di saperlo? – urla lui. –Credi che gli altri non abbiano paura di quello che sta per accadere?Credi veramente che gli altri non si chiedano, tutti i giorni,cosa gli succederà tra un'ora? O cosa accadrà ai loro cari tradue ore? O cosa faranno senza di loro, quando moriranno, a causa diCole o dell'altra persona che ti ha rapita?

–Immagino di non essere così altruista – mormoro, abbassando losguardo. Ed è vero: io sono egoista. A volte, mi sembra mi interessisolo della gente a cui voglio bene. Questo fa di me una ragazzaegoista.

–Già. Sei egoista, Cassie, e ce l'hai fatto capire, quando te nesei andata lasciandoci soli, lasciando Christian solo. Seiegoista, e mi fa piacere che tu l'abbia appena capito. – I suoiocchi non fanno altro che confermarmi che è arrabbiato con me, lasua mascella è rigida e accentuata come non mai, le mani strette inpugni... So di meritarmelo, so di essere stata egoista molte volte.Troppe volte.

Faper andarsene e sento il mio cuore tremare, all'idea di lui che se neva, ancora arrabbiato, senza avermi spiegato niente: sul suosentimento nei miei confronti, o su quello che sta accadendo. –Jeremy. Per favore. – Si ferma, con la schiena così rigida, dafarmi rabbrividire. – Ho bisogno di sapere la verità. Non possocontinuare a vagare in questo modo. Perché non ci dici a tutti chi èquesta persona e la facciamo finita?

Scuotela testa, facendomi capire che non sono riuscita a persuaderlo, e sene va, sbattendo un po' la porta. Sbuffo, mettendomi sotto lecoperte.

Bene.Non vuole dirmi cosa prova, ma questo posso accettarlo: spetta a luiessere pronto. Una cosa però non accetto. Devo assolutamente trovareun modo per scoprire quello che sa.


Aprola porta della mia camera e sbircio fuori. Quando non vedo nessunoche assomigli ad un ragazzo alto, con le spalle grandi e la faccia dastronzo, esco dalla camera e corro in salone. Cerco per molto tempoScott, per parlargli di suo fratello... o fratellastro. Floyd cercadi non guardarmi, mentre chiedo a tutti se notizie del fratello, ma èpiù forte di lui e, quando i nostri sguardi s'incrociano, vedo chesplendono per la gioia e accenna un sorriso sincero.

Quandomi dicono che sta in camera sua e che si sta allenando; cerco la suacamera e avanzo frettolosamente. Busso e apro senza il permesso dinessuno, e me ne pento immediatamente: sento subito il fischio quasiimpercettibile e lo collego subito al coltello, faccio appena intempo ad abbassarmi, che mi passa sopra la testa. Io e Scott ciguardiamo, sbalorditi, per tanto tempo. Io sono scioccata perché nonpensavo che Scott mi avrebbe tirato un coltellino, lui è scioccatoperché l'ha appena fatto.

–Ok, potevi ferire qualcuno, sai? – chiedo io, prendendo il coltelloche ha infilzato la porta di legno marrone scuro. Alzo la mano perevidenziare quello che sto per fare e poi tiro, lo prende al volo.Accenno un sorriso, ma sembra veramente arrabbiato. Arrabbiato con meo con il mondo? O semplicemente è arrabbiato con tutto e tutti.

Nondeve essere facile per lui. Ha perso la sua ragazza, che sicuramenteama ancora, poi ha perso il suo compagno di battaglia, nonché suoamico. Sento una stretta allo stomaco, quando mi rendo conto checonoscevo sia la ragazza che il ragazzo. Il dolore mi corrodel'anima, ricordandomi alcuni momenti passati insieme a loro.

–Tu lo sai che... – Sento la musica rimbombarmi forte nelleorecchie, facendomi quasi venire mal di testa. Mi sono semprepiaciuti i Linkin Park, ma diciamo che adesso non è il loro momento.Quindi spengo lo stereo e faccio finta di non notare le occhiataccetorve, che continua a mandarmi Scott. – Quindi, stavamo dicendo? –chiedo guardandolo. – Perché non ti siedi vicino a me? – Poso lamano accanto a me, quindi sul suo letto. Perde la sfida di sguarditrucidi e, sbuffando, si siede vicino a me.

–Cosa c'è? – chiede, stufo.

–Ho conosciuto Floyd. – Scott fa per alzarsi ma io lo fermo subito elo trascino ancora una volta sul letto. – Non ti capisco, Scott. Tipensavo molto più maturo. Non è colpa di Floyd se tuo padre hafatto quello che ha fatto. Si sentirà sicuramente solo e sono sicurache anche tu ti senti così, solo che non lo vuoi ammettere. Dopotutto quello che è successo quest'anno... credo che Floyd sia unbuon inizio per ricominciare da capo. E... – Scatta in avanti,pronto ad andarsene, di nuovo. Afferro il suo avambraccio e,conficcando le unghie dentro la sua pelle, lo costringo a sedersi.Ancora una volta. – Aspetta. Non ho finito. Tu sapevi findall'inizio di essere un Cacciatore, i tuoi genitori ti hannoguardato crescere e ti hanno insegnato le basi della caccia. Lui nonsa niente di questo mondo, ha bisogno di te, Scott. Ha bisogno di unfratello, di un fratello maggiore. Perché sennò non sopravvivrà, elo sai anche tu. Pensi che tuo padre voglia questo per i suoi duefigli? Vuoi...

–Stanne fuori, Cassie – ringhia Scott, alzandosi bruscamente.Capisco quindi che è veramente arrabbiato, questa faccenda di Floydlo fa infuriare come non mai. Ricordo quando era arrabbiato e feritoin modo simile, quando era morta Eireen. Ricordo i suoi scatti d'ira,la sua faccia completamente rigida, le lacrime che cercavano diuscire, inutilmente...

–Scott, per favore, pensaci: entrambi avete bisogno di...

–Cassie! – tuona lui, prendendomi per le spalle e strattonandomi. –Non ti immischiare. Non sai niente di mio padre. Non sai niente diFloyd. Tu non sai niente di me. Tu non sai niente di nessuno.– Mi guarda con uno sguardo che mi fa rabbrividire: è ostilitàquella che vedo. – E sai perché non sai niente? Perché tu non seiCassie. Sei uno zombie. Questo è il corpo di Cassie, ma non è lasua anima, quella dentro questo corpo.

Ilcuore, oscuro o puro, mi chiede di smetterla; lo sento distruggersinella mia gabbia toracica. Oggi è la seconda volta che mi danno deldemone. Ma quello che mi ha appena detto Scott è molto peggio diquello che mi ha detto Jeremy. Almeno lui si è fermato alla partedel demone, Scott invece ha descritto un mostro. Ai suoi occhi, sonosolo un corpo. Ai suoi occhi, sono solo uno zombie che ha rubatol'anima alla sua amica. – Scott – gemo quindi, sopraffatta daldolore.

–Vattene via. – La sua voce non permette repliche.

Tuttavianon sono mai stata brava a stare zitta e andarmene, come se nientefosse. È per questo che mi giro, prima di aprire la porta e glidico: – Sono sicura che ti pentirai di aver detto queste cose.Perché forse io non sono la Cassie di una volta, ma questo non è loScott che ha incontrato la vecchia Cassie. È per questo che spero tusia ancora quel ragazzo: perché il ragazzo che avevo incontrato,tanto tempo fa, avrebbe accettato Floyd e l'avrebbe abbracciato,pronto a fare da fratello maggiore a chiunque.

Unavolta uscita dalla stanza e chiusa la porta, smetto di controllarecosì tanto il mio corpo e mi lascio andare. Le mani e le gambeiniziano a tremarmi, il respiro trema insieme ad esse, e la miafaccia si trasforma in una smorfia di dolore. A quanto pare, non miconviene parlare con le persone, con lo scopo di convincerle;tuttavia, ora bisogna vedere se non sono brava neanche a prendermiquello che mi aspetta. E di certo non è Jeremy Ruterful la personache mi spetta. Ma c'entra Jeremy, è qualcosa che ha, forse nellasua testa o forse... nella sua camera da letto.

–Non è andata molto bene, vero?

Migiro di scatto, sentendo la voce di Floyd, e per qualche secondo sonotentata di correre via per lo spavento. Poco dopo mi rendo conto chevoglio ancora correre via, perché non ho la più pallida idea dicosa dire al fratellastro di quel ragazzo, che non vuole avere nientea che fare con lui. Deve essere una cosa orribile, sentirsi odiatiaddirittura dal proprio fratello. Scaccio via il pensiero di Cole eJeremy, due fratelli che si odiano. Ha mai fatto male ad uno dei duetutto quest'odio? Una piccola vocetta mi dice che sì, qualcuno ciha sofferto: Jeremy.

–No, perché dici così? – chiedo io, in preda al panico. Poi peròci penso bene. Cosa succederà quando Scott continuerà a nonparlargli? Come gli spiegherò che abbiamo litigato, perché nonvoleva che mi intromettessi tra loro? Come gli spiegherò che, inverità, suo fratello non vuole avere niente a che fare con lui?

Primadi andarmene ho visto pentimento nel suo viso, spero solo di nonessermi sbagliata, perché anche se non conosco così bene Floyd, noncredo sia un cattivo ragazzo. Ha espressamente detto che ha bisognodel fratello, un ragazzo del genere non può essere cattivo. È unragazzo solo al mondo, lasciato come un figlio non riconosciuto dallapropria famiglia.

–Perché vi ho sentiti – risponde lui, facendomi diventare rossa inviso. – Non c'è bisogno che mi menti, Cassie. Ho bisogno disapere la verità e la verità è... che mio fratello non mi vuole.Posso farcela. Ho vissuto senza di lui per sedici anni, posso viverei miei prossimi settant'anni nello stesso modo.

–Mi dispiace, Floyd – mormoro io, abbassando lo sguardo. – Sperosolo che ci rifletti su e che cambi idea. – Anche se ho i mieidubbi, dopo tutto quello che mi ha detto.

–Va bene così – ribatte lui sorridendomi falsamente.

Rimaniamoin silenzio per un po', in imbarazzo, fino a quando mi ricordo diavere un compito da svolgere. Fare queste cose da sola non è maistato bello, figuriamoci adesso che devo andare in camera di JeremyRuterful. – Devi fare qualcosa?

Aggrottala fronte. – Emh... no?

–Bene. Perché io sì e mi aiuterai.


Perla seconda volta in una giornata mi ritrovo a guardarmi intorno,nascosta dalle mille pareti che ci sono in un solo corridoio, pienodi incroci con altri corridoio. Guardo prima a destra, sentendomi unpo' in una missione con un agente speciale, dove riesco a vedere ilsalone pieno di gente, che cerca di non urlare per dire quello chepensano sulla guerra. Sposto il mio sguardo alla mia sinistra e notoIsaac e Ivy venire in questo corridoio.

–Oddio! – esclamo io, stringendo il braccio di Floyd. Apro la primaporta che incrocio e mi ci fiondo dentro, insieme a Floyd. Lascio chel'aria esca fuori dai miei polmoni, mentre il mio cuore inizia giàa battere veloce e l'adrenalina inizia a scorrere nelle mie vene. –Ok, dobbiamo cercare di non incontrare persone che conoscono beneJeremy, ok?

–Scusate?! – trilla una persona, facendoci sobbalzare. Rimaniamoentrambi senza parole quando vediamo un ragazzo in mutande, intento amettersi i pantaloni. – Posso sapere che cosa state facendo nellamia camera? E soprattutto perché non avete bussato prima di entrare?

SentoFloyd sussultare, sta ridendo in silenzio. Gli do un pugno e mi girodi nuovo verso il ragazzo, che non mi sembra di aver mai visto. Glisorrido e giocherello con le dita delle mani. – Sì, ci dispiacemolto, non pensavamo che qua ci stesse qualcuno e... Ci dispiace.

–Andatevene via! – tuona il ragazzo indicando la porta. Floyd miprende per mano e ce ne andiamo subito dalla camera. Una volta chiusala porta, mi giro verso Floyd, rosso come non mai, per quanto stacercando di non ridere.

Glido un altro cazzotto. – La vuoi smettere? – chiedo io, seria. –Allora, ti sei fatto dire dov'è la stanza di Jeremy? – Sonomolto agitata, nervosa; l'ultima cosa che vorrei fare è sbirciarenella sua stanza, so che è una cosa sbagliata, ma non mi ha lasciatoaltra scelta: devo sapere chi è stato a rapirmi. E se lo sa soloJeremy, non posso chiedere nemmeno a Louis Dempson. Non ho altrascelta.

–Sì, vieni, è il momento perfetto. Mi hanno detto che è fuori, èuscito con qualcuno... non lo so. – Percorriamo i corridoi a grandipassi, io dietro Floyd, il quale sembra sapere benissimo dove andaree come andare. Questo mi fa sentire meglio, perché io invece non misento affatto pronta a fare una cosa del genere. – Ok, la camera èquesta – mormora lui, si guarda in giro, con la mano sullamaniglia. Forse adesso anche lui ha un po' di paura. – Entriamo?

–Vado prima io – sussurro, spostandolo un po'. Entro, prima checambi idea. Floyd chiude la porta dietro di sé e iniziamo aguardarci in giro, a disagio. – Ok, Jeremy non è stupido.Ovviamente tutto quello che ci serve l'avrà nascosto per bene.Direi di controllare giusto per precauzione i posti più ovvi, anchese dubito che lui abbia messo delle informazioni importanti sotto illetto o dentro i cassetti del comodino.

–Ok, controlliamo allora – borbotta Floyd, in fretta, andando acontrollare. Non riesco a muovermi, mi sento come se avessi le gambedi piombo. Floyd alza il materasso e controlla. – Non ci sta nientequa, a parte armi.

Accennouna risata. – Proprio da Jeremy Ruterful. – E con questaesclamazione inizio a cercare anche io. Guardo dentro l'armadio acabina, mi impongo di non fare commenti su quanto possa esserepiccolo un armadio, nonostante sia a cabina. Controllo, alzo ivestiti neri di Jeremy e cerco di non fermarmi quando vedo un vestitorosso - il vestito che mi aveva prestato tanto tempo fa - e deglislip che non sono miei. Rabbrividisco e ricaccio dentro la sensazionedi vomito, butto entrambi gli indumenti dentro un cassetto e continuoa cercare.

–Sotto il letto e dentro i cassetti non c'è niente – borbottaFloyd. Muove distrattamente le mani, per scacciare il senso di ansiae l'adrenalina. – Cassie, se ci pensiamo bene, un ragazzo non ècosì stupido da tenere delle informazioni dentro la camera. Ok,forse qua sono tutti carini e affettuosi come dei peluche, ma noncredo che uno si dovrebbe fidare così tanto.

–No, gli servono delle prove, quando dirà a tutti l'identità diquesta persona. Non può dire semplicemente "attenzione! CiccioBello è una spia!". No, sono qua. Me lo sento. Stiamo solocercando nei posti sbagliati.

Guardola camera, dove governa il caos. Molto probabilmente starà sottotutti quei vestiti che stanno sulla sedia e sulla scrivania, o dentroi libri nella libreria, o sotto il tappeto. Mi ricordo che Cole avevauna botola sotto il tappeto, magari ce l'ha pure il fratello. Dovranno pur avere qualcosa in comune...

Mimetto indietro i capelli e ricomincio a cercare sulla scrivania. Posoi pochi vestiti che ci stanno sulla sedia e controllo tutti i foglisopra di essa. Niente dice qualcosa di importante, sono evidenziatitutti i posti dove noi Cacciatori possiamo andarci ad allenare, dellelettere che il Presidente ha inviato a Louis Dempson, per avvertirloche non si avvistano più demoni; altre lettere dove parlano diragazzi, ipotetici Cacciatori o lupi mannari... Mi fermo di scattoalla vista di una foto incorniciata, vicino al computer portatilenero. La prendo con le mani tremanti e la guardo bene, solo per averela conferma: siamo noi due, che sorridiamo alla fotocamera,abbracciati. Sembriamo felici e spensierati. Innamorati, sembriamotanto innamorati, stretti l'uno all'altra, con le mie piccole manistrette nelle sue.

Deglutiscomettendo giù la foto, al suo posto. Guardo qualsiasi cosa, trannequella scrivania, e mi decido a spostare il tappeto, purtroppo perònon c'è niente se non una superficie di legno, che gli umanichiamano "pavimento". – Qua non c'è niente – sbuffo. –Niente di niente.

–Io credo di aver trovato qualcosa d'interessante – borbottaFloyd. Mi giro di scatto verso di lui e mi accorgo che ha in mano uncellulare. – Stava sotto il cuscino del letto. Dovresti venire avedere, parlano di te. – Lascio un pantalone di Jeremy a terra e miaffretto ad andare da lui. Afferro il cellulare e controllo tutti imessaggi. La maggior parte sono di mia cugina, in cui chiedespiegazioni: "come avete fatto a prendere Cassie?", "come avetefatto a non farla morire?", "perché cazzo l'avete presa?!".Sembra molto arrabbiata con lui. Magari ha visto la foto che ha sullascrivania. Spero l'abbia vista.

–Sì, ma non dice altro – ringhio io, posando il cellulare sulcomodino. – A noi servono prove, quel cellulare ci fa solo capirequanto mia cugina sia gelosa.

–Ma magari è stata proprio lei a rapirti – inizia lui. – Magarivoleva Jeremy tutto per sé e quindi ha deciso di rapirti perucciderti. – Fa spallucce. – Dopotutto non sembra una ragazzamolto normale, e non è solo per i suoi occhi, anche per... tutto ilresto.

–No, è troppo paurosa per fare delle cose del genere – mormoro io,sovrappensiero. – No – dico quindi, convinta. – Non è il tipo.È troppo... umana per fare una cosa del genere. È vero che èparte Sirena, ma non è spietata come loro. E dai, è venuta achiedermi aiuto, perché delle Sirene volevano portarla nel lorogruppo! Non è affatto la tipa che riesce a fare un gruppo di demoni,solo per prendersi un ragazzo.

Floydfa spallucce. – Come trama sembrava carina. – Controlla dietro lafoto, aprendo la cornice, e il mio cuore si ferma. Non l'ho fattocon la mia foto. – Niente – mormora Floyd, rimettendo apposto lafoto con un piccolo Jeremy, spensierato, e i sui genitori. Controllonella nostra foto, mentre la mia testa continua a ripetermi quantonon sia normale che tenga una foto di una ragazza, che continua areputare un mostro, a trattare male. Mi rendo conto che forse glimanca la vecchia Cassie, quella che adesso per lui è morta.Rabbrividisco al pensiero. Apro la cornice con le mani che mitremano, ma dentro non c'è niente. Nonostante questo mi facciaabbattere, sarebbe stato troppo strano se avesse messo una provaproprio nella cornice della nostra foto.

Guardola parete accanto alla porta, ormai senza speranza. Entro dentro ilsuo bagno, giusto per controllare dentro i cassetti e lo sportello aspecchio. Ma non c'è niente nemmeno là, reprimo un ringhio difrustrazione e mi guardo in giro, con le mani sui fianchi. Sto perdare un calcio al cestino, quando noto che una mattonella vicino allosportello a specchio non combacia con le altre. Mi avvicino, con ilcuore che batte a mille, e la tocco. Essa si muove un po',facendomi rabbrividire dall'eccitazione! La prendo per gli angoli ela tolgo dalla parete, senza alcuno sforzo. Dentro sembra non esserciniente, ma prendo il cellulare e mi faccio luce con esso, percontrollare meglio.

Quandovedo un foglio di carta, devo reprimere un urlo di gioia. Poso lamattonella nel lavandino ed afferro il foglio. La lettera è scrittaal computer, ci sono solo poche parole, ma sono molto importanti...perché ci sta scritto dove vive questa persona, che deve essere perforza quella che mi ha rapito, perché sennò Jeremy non avrebbenascosto la lettera. Purtroppo non c'è nessuna firma, ma sembranomolto amici, dal modo in cui ha scritto la lettera, dicendogli chegli farebbe piacere se lo andasse a trovare, di tanto in tanto,perché tutti sembrano volere Jeremy nel loro "gruppo". Dietro lalettera c'è anche una foto, che ritrae una casa in mezzo al nulla.

Stoper mettermi in tasca la lettera, quando Floyd entra nel bagno, congli occhi sbarrati. – Jeremy è tornato e sta arrivando.

Quasimi cade la lettera dalla mano. – Come fai a saperlo? – Però nongli do modo di rispondere, perché subito dopo si sente la voce diJeremy. – Ok, ok. Nasconditi dentro l'armadio. – Floyd annuiscee se ne va, do un'ultima occhiata alla lettera e posiziono lamattonella, prendendo solo la foto e poi ritorno in camera. Mi guardoin giro, ma capisco subito che non potremmo mai stare tutto il giornonascosti, quindi potrei usare la scusa di essere venuta qua perparlargli.

Mettola foto dentro la tasca posteriore dei pantaloni giusto in tempo,perché la porta si spalanca. Mi siedo sul letto e Isaac, che staaccanto a Jeremy, s'irrigidisce notandomi, proprio mentre Jeremydice: – Sì, si sono alleati e la madre di Austin sta con loro. –Poi guarda nella direzione di Isaac e si blocca di scatto. – Cassie– bofonchia, scioccato. – Che ci fai... qua?

–La porta era aperta – rispondo io, semplicemente. Non accenno unsorriso, finirei con insospettirlo. Rimango ferma, sul letto, con lemani sulle cosce. Nonostante il viso rosso, potrei sembraresemplicemente in imbarazzo. – Ti devo parlare, è piuttostoimportante. Ma non qua. La foto sulla scrivania mi mette l'ansia. –Mi sputo in un occhio, rendendomi conto della scusa che ho usato perfarlo uscire dalla camera.

InfattiJeremy aggrotta la fronte. – Quale foto? – chiede, poi guarda lascrivania e diventa bianco come un cencio. – Ah, quella foto. –Mi guarda per un po', non in preda al panico, ma con diffidenza,facendomi sudare ancora di più le mani.—Va bene allora, andiamo daqualche altra parte. – Mi fa segno di uscire e così mi alzo edavanzo verso la porta a scatti, sembro quasi un robot. Isaac si fa daparte ed apro la porta. Poi però sento qualcuno sfilarmi la foto,che era bella nascosta! Mi giro di scatto e le mie pupille trovanosubito Jeremy, ancora più bianco in faccia.

–No! – esclamo io, cercando di prendergli la foto, ma alza la manofino a dove non posso arrivare. – Dammela! – tuono io, cercandodi arrampicarmi. Mi sento molto stupida, ma sono così in imbarazzo earrabbiata da non avere più il controllo del mio corpo. Per questo,continuo ad arrampicarmi sul suo corpo per afferrare quella maledettafoto. – Jeremy!

–Dove l'hai presa questa? – sbotta lui, avvicinandosi a me,furioso. – Come ti permetti di farti gli affari miei? Come tipermetti di entrare nella mia stanza e di perquisirla, come se nientefosse? Ti sei impazzita, per caso? – Si guarda intorno, muove gliocchi freneticamente, rigido come una statua. – Floyd, esci subitodal mio armadio o ti vengo a prendere io, e ti giuro che te nepentirai amaramente.

–Non c'è nessun altro, deficiente – ringhio io, spingendolo, conil solo scopo di attirare la sua attenzione. – Dammi la foto. Miserve.

–Dove diavolo l'hai presa? – tuona lui, avvicinandopericolosamente il viso al mio, con fare minaccioso. È rosso in visoe le sue pupille sembrano voler incenerire le mie. – Floyd! Timancano due secondi, a quel punto ti vengo a prendere! – Floyd escedall'armadio e mi guarda preoccupato. Quando Jeremy si gira versodi lui però sembra ancora più preoccupato. – E tu... stupidoragazzo...

–Lascialo stare! – urlo io, spingendolo ancora, così forte che faun paio di passi in avanti. Si gira verso di me, con uno sguardoassassino. – Stava solo cercando di aiutarmi, cosa che tu non fai,tra parentesi. Tutto questo sarebbe potuto essere molto menocomplicato, se solo tu mi avessi detto la verità!

–La verità? – continua a urlare lui. – Dove hai preso quellafoto, Cassie? Dimmelo! Subito!

– L'avevi lasciata sul lavandino! – mento io. – Cos'è? È la casa dove vive quella persona, non è così? E il fatto che tu sia così preoccupato, mi dice che ci sono altre prove, in questa stanza; magari proprio in quel bagno.

–Mi giro per tornare in bagno, per poi ritrovarmi subito a terra. Ancora una volta, Jeremy è riuscito a farmi cadere, senza che me ne accorgessi. Mi alzo, più arrabbiata che mai, e gli tiro un cazzotto, che però mi para subito. Mi mette il braccio dietro la schiena, facendomi girare a forza. Gemo, sentendo le scosse di dolore passarmi per tutto il corpo, mentre tira sempre di più il braccio.

–Non provare a combattere con me, Cassie. Lo sappiamo entrambi che nonhai speranze – ringhia lui vicino il mio orecchio destro.Rabbrividisco, nonostante il braccio mi faccia male, il pensierodelle sue stupide labbra sul mio orecchio mi fa venire la pelled'oca. Mi giro di scatto e così Jeremy è costretto a lasciarmi ilbraccio, per non farmi troppo male. Lo fulmino con gli occhi, ma ètroppo scioccato da qualcosa, che ho paura sia la vicinanza. Prendoun respiro profondo e poi lo metto a tappeto, con una delle tantemosse che mi ha insegnato Cole, suo fratello.

–Ne siamo sicuri? – chiedo quindi. – Sono stata mesi e mesi contuo fratello. Credi veramente che lui non mi abbia insegnato niente?Come faceva, secondo te, a proteggere suo figlio? Sua madre dovevaproteggere suo figlio.

–Cassie – ringhia Isaac, dietro di me. – Neanche io so qualcosa diquesta faccenda, e credimi quando ti dico che anche io vogliosapere il nome di questo mostro; ma, purtroppo, non cambieràniente, una volta che sapremo il suo nome, perché se Jeremy dice checi vuole tempo... allora io gli darò del tempo. Perché mi fido dilui. Perché so che il mio migliore amico è tornato e lui sabenissimo tenere in mano una situazione del genere. Qualsiasisituazione, perché lui è Jeremy Ruterful, il fratello di ColeRuterful e se lui non è una spia e ha la forza per combattere controsuo fratello... allora può fare tutto il resto.

Rimangoin silenzio, guardando Isaac, che mi sembra veramente sicuro diquello che sta dicendo. E molto probabilmente ha ragione, ma il fattodi non sapere la verità mi corrode l'anima. Ho bisogno di farequalcosa. Ho bisogno di capire cosa sta succedendo. Ho bisogno diuccidere quella persona, perché è l'unica che riuscirò aduccidere. So benissimo che durante la guerra non sarò io ad uccidereCole Ruterful. Non ho la forza mentale per ucciderlo.

–Cassie, andiamo – mormora Floyd posandomi una mano sulla spalla.Scuoto la spalla con le lacrime agli occhi, non so cosa fare, nonriesco a distinguere quello che è giusto da quello che è sbagliato.Ancora una volta, mi ritrovo in mezzo, tra il bene e il male. – Perfavore, Cassie. Isaac ha ragione. Se tutti danno ragione a Jeremy,c'è un motivo. Forse noi non riusciamo a credergli, perché siamoappena arrivati e non sappiamo di chi fidarci.

Incontrolo sguardo di Jeremy e un singhiozzo esce dalla mia bocca. Mi mettouna mano davanti la bocca, ripetendomi che il mio posto è proprio inmezzo, tra il bene e il male. Voglio guardarlo, voglio fargli vederequanto, non sapere il nome della persona che ha ucciso mio figlio, mifaccia stare male. – Tu non sai cos'è meglio per tutti noi –mormoro io, gli occhi dentro i suoi.

Attraversola camera a grandi passi e stranamente nessuno mi ferma. Prendo lacornice con la nostra foto sulla scrivania e la tiro a terra.

Jeremysussulta quando il vetro della cornice si fa in mille pezzetti.Prendo la foto e la strappo in quattro pezzi. Jeremy continua arimanere fermo, non sono sicura che stia respirando; il suo sguardo èfermo sulla foto e sulle mie piccole mani, che la stanno facendo apezzi. – E di certo non sai cos'è meglio per me. Questosignifica che non hai il diritto di tenere la foto di una persona,che non sei riuscito a salvare, proprio perché pensavi distar facendo la cosa giusta.

Accartoccioi pezzetti e li lascio cadere a terra. Isaac mi guarda duramente,come se mi odiasse e, per la prima volta da quando sono qua, nonm'importa. Faccio segno a Floyd di seguirmi e ce ne andiamo dallacamera.

–Cassie, cosa stai facendo? – chiede Floyd. – Dove stai andando?

–In camera di Ivy – borbotto io, facendo delle falcate enormi.Voglio allontanarmi da quella camera, da quella foto strappata, dallosguardo duro di Isaac e quello distrutto di Jeremy. – Ho bisognodel suo computer, io non ce l'ho. Come posso non avere il computer?Prima ne avevo due, quando vivevo all'Istituto; uno era mio el'altro stava nel salone dell'Istituto. E vogliamo parlare delcellulare? Non che serva a molto, visto che non ho amici.

–Cassie, mi stai spaventando – dice Floyd, con voce tremante. – Acosa ti serve il computer? Vuoi vedere dov'è quella casa? Ma comefai con solo una foto, che oltretutto non hai più? Con una foto nonci fai niente! Cosa puoi cercare? "Case di campagna"?

Sorrido.– E chi ha parlato di foto?

–Vuoi dire...

–Voglio dire che so dove si trova la casa dove abita quello stronzoche mi ha rapita.


Aggiornamento:

Sono tornata! Sono una persona orribile, lo so, ma è stato un anno piuttosto... orribile e sono felice sia quasi finito! 

I capitoli di questa seconda parte della storia saranno di meno, probabilmente ne mancano altri dieci (sei già scritti). 

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