Capitolo 14: Piani B e C

Il mio tacco si scontra con un'altra scarpa e così apro del tutto gli occhi. Quel piede, che è il doppio, se non il triplo, del mio, è davanti a me. Alzo lo sguardo e incontro due occhi, che alla luce della luna sembrano abbastanza scuri, e un sorriso malizioso.

– Non ti vorrai mica addormentare – mi prende in giro Jeremy. Qualcuno gli da uno schiaffo sulla nuca e così varie ciocche di capelli gli ricadono sul viso, ma lui continua a sorridere.

– Lasciala in pace, Jeremy – lo ammonisce la ragazza dai capelli lunghi.

– Vi pentirete di quello che avete fatto – ringhio io. Jeremy mi guarda e scoppia a ridere, seguito dopo poco tempo anche dal guidatore. Questo non fa altro che alimentare la mia rabbia. – Sporchi traditori! Io vi ho aiutati e voi ripagate così il mio aiuto?!

– Il tuo aiuto? Mi hai fatto svenire – ribatte Jeremy fissandomi. Non dico niente, con il mento alzato per non farlo sentire ancora più superiore e lo guardo dritto negli occhi. Non mi farò mai comandare da lui.

– Mi stava per uccidere – mi giustifico io.

– Ancora mi dai del lei? – scherza Jeremy. – Dimmi un po', Isaac, la riconosceresti mai? – chiede al guidatore dandogli un piccolo schiaffo sul collo per attirare la sua attenzione.

– No, amico, avevi ragione te – risponde il ragazzo. Mi guarda dallo specchietto retrovisore più serio che mai e poi rivolge un'altra volta l'attenzione sulla strada.

– Io non so di cosa state parlando, ma mi dovete lasciar andare. Per piacere! Ho degli ordini e li devo rispettare – urlo io cercando di attirare l'attenzione. Tutti si girano verso di me, così raddrizzo la schiena e li guardo dritti negli occhi sperando di suscitare qualche reazione positiva.

– Secondo voi le ha fatto il lavaggio del cervello? – chiede Jeremy, guardandomi con la testa un po' chinata e con il suo solito sorrisino, tra l'incuriosito e il divertito. Mi sgonfio subito, non ci sono possibilità che riesca a convincerli di lasciarmi andare. Come faccio? Devo andarmene da qua. Ma dove stiamo andando? Devo assolutamente andarmene. Cole mi starà cercando, e sarà preoccupato, e appena mi troverà passerò dei guai molto seri per non aver eseguito gli ordini alla lettera. Non che io abbia paura di Cole, non mi farebbe mai del male...

Urlo cercando di sfogarmi e intanto cerco di slegarmi le corde che mi stringono troppo le mani. Jeremy si tappa le orecchie all'unisono con ragazza dai capelli lunghi e rossicci. – Fatela stare zitta! – urla invece il guidatore. Jeremy si alza dal suo posto e mi mette tutte e due le mani davanti la bocca, nonostante questo non mi do per vinta e continuo a divincolarmi nonostante quelle corde siano corde da cacciatori.

– Vuoi amputarti le mani per caso, stupida ragazzina? – urla Jeremy cercando di fermarmi. La ragazza viene in aiuto e riescono a fermarmi, ma non smetto di urlare. Non starò qui, ferma e zitta, mentre Cole mi sta cercando. Devo fare qualcosa e se questo può servire allora continuerò ad urlare fino a quando non le mie corde vocali non funzioneranno più.

– Se questo servirà a scappare allora sì, mi amputerò le mani. Lasciatemi andare! – tuono io, dopo un po', divincolandomi ancora di più. Sento la ragazza singhiozzare e mi fermo immediatamente, sentendo il mio cuore stringersi. Perché m'interessa quello che prova lei?

– Scusatemi – singhiozza la ragazza coprendosi il viso con le mani. – Scusatemi, ma non posso credere che lei ora stia così. Forse la dovremmo semplicemente lasciar andare.

– Ti sei impazzita o cosa? – esclama Jeremy.

– No! Ha ragione la ragazza. Lasciatemi andare e non dirò niente a Cole. Non potete tenermi rinchiusa in qualche scantinato aspettando un qualche miracolo divino, che io diventi come volete voi. Non succederà mai, quindi ora lasciatemi andare – mi intrometto io.

La ragazza e Jeremy si scambiano un'occhiata ma non c'è preoccupazione, anzi. – Abbiamo molto di meglio di uno scantinato e il miracolo non è divino, fidati – dice Jeremy.

– Cosa?! – urlo io. – Fatemi uscire da questo catorcio. Ora!

Jeremy scoppia a ridere appena ricomincio a divincolarmi. – Dai, almeno una cosa non è cambiata. Rimane comunque una ragazzina testarda – mi prende in giro Jeremy guardando i suoi amici. Urlo più forte che posso, eppure sembra farlo ridere solo di più. – Che passatempo interessante, ragazzi.

– Ok. Ok. Non toccatemi – urlo io. Sia Jeremy che la ragazza si posizionano davanti a me, aspettando che io continui. – Possiamo fare un patto. Voi mi lasciate andare ed io non dirò niente a Cole Ruterful.

– Ma questo l'hai già detto – sbuffa Jeremy. – Stai iniziando a diventare noiosa così, però.

– No. No! E va bene! – urlo io mentre Jeremy già si avvicina di più a me. Si ferma. – Se mi lasciate qui... dirò a Cole Ruterful che mi avete aiutata a scappare e... e lui vi ricompenserà lasciandovi in vita.

Jeremy e il guidatore scoppiano a ridere. Sbatto i piedi per terra, frustrata. Mi sembra di parlare con dei ragazzini che non fanno nient'altro che ridere. Morirò qua dentro.

– Secondo te, noi – Jeremy si ferma per continuare a ridere – abbiamo paura del tuo Cole?

– Cassie, devo ammettere che con questa hai proprio superato te stessa – ha esclamato il guidatore.

– Ora basta! – sbraita la ragazza. – Vi siete impazziti, per caso? Tu, Jeremy, dovresti stare peggio di me. La tua anima gemella continua a dire cazzate su tuo fratello e tu che fai? Ridi? E tu, Isaac, Cassie era tua amica. Ci ha aiutati. Ti ha perdonato. Ti ha fatto da psicologa varie volte. E tu che fai? Ridi? Che diavolo avete in quella testa bacata?!

– Bene. Brava. Anche se non so di cosa sta parlando, penso che sia la meno pazza qui dentro, quindi mi fareste il piacere di... – inizio io, ma la ragazza m'interrompe.

– Sta zitta anche tu! – urla la ragazza facendomi sussultare.

Inspiro ed espiro per cercare di mantenere la calma, ma sembra impossibile: tre adolescenti mi hanno rapita e non vogliono lasciarmi andare. Uno dovrebbe essere il fratello del mio fidanzato, ad un altro dovrei averlo aiutato tante volte e dovrei essere la migliore amica dell'altra. Come faccio a mantenere la calma?

– Siamo arrivati – esclama il guidatore. Il furgoncino si ferma e con esso anche il mio cuore. Siamo arrivati? Dove siamo? Devo riuscire a scappare senza l'aiuto di Cole. Ci sarà sicuramente una via d'uscita. Ce la devo fare da sola, Cole non può essere il mio angelo custode. Io sono Cassie Moonic, e ce la devo fare da sola.

– Dove siamo? – chiedo, in preda al panico.

– Ho la pallida idea che lo scoprirai una volta scesa da questo furgone. Su! Non obbligarmi a trascinarti; per quanto tu sia piccola, mi da fastidio – si lamenta Jeremy.

Raddrizzo la schiena e chiudo gli occhi, sicura di me. – Io non intendo muovermi fino a quando...

Qualcuno mi prende subito e mi trascina fuori. Inizio ad urlare un'altra volta. – Io ti avevo avvertita, piccola Cassie – dice Jeremy. – È inutile che fai la ragazza ricca di buone maniere. Non lo sei mai stata e mai lo sarai.

–Mi lasci andare! Lei non può trattarmi così – urlo io. – Lasciatemi... – non finisco la frase che mi blocco e pesto il piede a Jeremy. Un urlo esce dalla sua gola, è così forte che all'inizio penso di esser diventata sorda. Una risata maligna esce dalla mia bocca. – Urli come una femminuccia.

Jeremy sembra diventar un cane: inizia a ringhiare. – Isaac, prendila tu perché sennò io la brucio viva – ringhia lui e non riesco nemmeno a capire la frase che vedo una piccola fiamma vicino al mio campo visivo. Trattengo il respiro e mi schiaccio contro il petto di Jeremy. Inizio a respirare velocemente e Jeremy sembra accorgersene: spegne il fuoco.

– Da', faccio io – borbotta l'altro ragazzo prendendomi. Mentre inizia a farmi avanzare, mi giro verso Jeremy. Lui rimane là, a fissarmi. Sembra sentirsi in colpa. Il ragazzo mi mette da parte e bussa tre volte alla porta con vari intervalli in mezzo. – Sta zitta, ok? Per favore, credo tu abbia già fatto abbastanza.

– Io non capisco perché voi siate così ostinati a tenermi con voi – ringhio io. La porta si apre e mi spingono subito dentro. – Ehi! Che modi...

Mi guardo intorno. Il piccolo salone è pieno di persone, la maggior parte sono ragazzi e bambini. La casa sembra veramente troppo piccola per ospitare tutta questa gente. Davanti a me, c'è un signore dagli occhi verdi. – Ciao, Cassie.

– Lei come fa a sapere come mi chiamo? E dove sono? Chi è tutta questa gente? Mi dovete assolutamente lasciar andare – dico io.

L'uomo guarda prima me, poi il ragazzo che mi tiene ferma e infine Jeremy. – Che cos'è questa storia? – chiede l'uomo, sembra arrabbiato e preoccupato.

– È quello che sto cercando di capire io da più di un'ora! – esclamo io, eppure il signore sembra non sentirmi, capisco quindi che vuole una risposta dai ragazzi dietro di me.

– È messa male, Louis – interviene Jeremy. È freddo e guarda con superiorità l'uomo.

– Questo lo vedo, ma non era questo il patto che avevamo fatto – ribatte l'uomo.

– Papà, non potevamo lasciarla là. Non in questo stato – si intromette la ragazza dai capelli lunghi. L'uomo la guarda in modo severo ma lei non abbassa lo sguardo e così si guardano per un po', poi guarda a me e socchiude i suoi occhi a fessura. Abbasso lo sguardo, in imbarazzo.

– Cosa le ha fatto? – chiede Jeremy mentre l'uomo continua a fissarmi in un modo villano. Decido di alzare lo sguardo e tenergli testa, ma l'uomo sembra non farci caso. Sta pensando a qualcosa, è troppo concentrato per capire quello che sta succedendo all'esterno della sua testa.

– È strano. È come se le avesse cancellato una parte del suo passato dal suo cervello. No... mi sbaglio. È come se le avesse proibito di ricordare e lei fosse troppo debole per non prendere ordini da lui. È praticamente sua schiava, ma solo mentalmente, perché non le ha ancora fatto niente di male. L'ha addestrata, l'ha fatta diventare la ragazza dei suoi sogni e...

– Io non capisco cosa lei stia dicendo, ma se non la smette la farò smettere io con la forza – ringhio io.

– E ogni volta che qualcuno cerca di farla ricordare... non ci prova nemmeno, perché pensa che sia una sorta di crimine. In poche parole: Cole è diventato il suo capo – finisce l'uomo. Lo fulmino con gli occhi ma lui sembra non badarsene.

– Ora che ha finito, che ne dice se parliamo di qualcosa di più importante? Come, per esempio, di quando avete intenzione di lasciarmi andare. Possiamo negoziare – aggiungo io.

L'uomo rimane in silenzio per un bel po' e mi guarda negli occhi. – Non sei una cosa, Cassie. Non ho intenzione di negoziare con Cole Ruterful.

Cerco di alzare le mani al cielo, ma mi ricordo di essere legata. – Ma insomma! Cosa volete da me?! – urlo io. – Se non volete negoziare, cosa volete?

– La tua sicurezza – risponde l'uomo.

– Io sono al sicuro. Con Cole Ruterful – ringhio io. – Non potete obbligarmi a stare qui. Se volete la mia sicurezza, mi dovete lasciar andare.

– Ci penserò – mi liquida l'uomo, per poi guardare Jeremy. – Jeremy, portala in camera sua. Hillary e Isaac, nel mio ufficio. Ora.

La stretta si allenta e così cerco subito di scappare, ma sbatto contro un petto. – Ancora non hai perso le speranze? – chiede Jeremy con un sorriso maligno. – E comunque, Louis, questa storia di fargli da babysitter non mi piace tanto – urla all'uomo che se ne sta andando.

– A me non piace il tuo comportamento, lo trovo incoerente, ma non te lo vengo a dire – ribatte l'uomo prima di svoltare l'angolo e andarsene con i due ragazzi alle calcagna.

Jeremy sbuffa e mormora qualcosa sul fatto che glie l'ha appena detto, prende la corda che lega le mie mani e inizia ad avanzare. – Bene. Questa è la tua camera – borbotta Jeremy, una volta entrati dentro una stanza. – È inutile che provi a scappare, sei circondata da bravi Cacciatori e mi dispiace informarti del fatto che io dormo proprio nella stanza accanto alla tua. E, se cercherai di scappare, sarò costretto a dormire qui, in questa camera, quindi vedi cosa puoi fare. – Mi lascia le mani ed indica una porta. – Quello è il bagno.

– Non credo serva a qualcosa se calcoliamo il fatto che sono legata – ringhio io. – Avete intenzione di tenermi in questo stato ancora per molto?

Jeremy mi guarda per un po', e quel poco basta a mandarmi in fiamme la faccia. Ride. – Un'altra cosa che non è cambiata.

– E quale sarebbe, sentiamo – borbotto io e finalmente mi slega le mani. Il mio cuore manca un battito per la felicità. Il piano B sta funzionando.

– Arrossisci quando ti guardo – sussurra lui venendo davanti a me. Mi prende le mani e abbassa lo sguardo mentre cerco con tutta me stessa di allontanarmi da lui. Le sue labbra si arricciano formando una smorfia, che dovrebbe essere orribile ma che sulla sua faccia è adorabile. – Ti sei mossa parecchio, eh? Vedo se trovo un qualcosa per alleviare il dolore e attenuare il rossore. Ti vuoi fare una doccia, per caso?

– Emh... – mi schiarisco la voce sentendomi avvampare ancora di più. Jeremy sembra godere nel vedermi in questo stato. – Sì, sarebbe cortese da parte vostra farmi fare almeno una doccia.

– Bene, lo immaginavo. C'è un accappatoio, in bagno – mormora e sento i suoi pollici accarezzarmi i polsi. Sussulto e mi allontano immediatamente. Non sembra nemmeno notarlo, si gira e se ne va con lo stesso sorrisetto che aveva prima.

Mi guardo intorno. C'è una finestra nella stanza, corro là e cerco di aprirla ma è bloccata. È bloccata. E sarebbe inutile aprirla, visto che ci sono le grate. Entro dentro il bagno, purtroppo però non c'è nessuna finestra. Non visibile almeno. C'è una tenda, la scosto e noto immediatamente la finestra con dei vetri offuscati. Provo ad aprila e, con mia grande sorpresa, si apre. Eppure anche in questa ci sono le grate. Provo a tirarle e cadono.

Rimango senza fiato sentendo il rumore che ho provocato, nessuno però sembra averlo sentito oltre a me. O se l'hanno sentito non ne hanno dato importanza. Perché? Si fidano così tanto di me? Scuoto la testa. Non importa, non dovrebbero, lo sbaglio è loro.

Qualcuno bussa alla porta così chiudo immediatamente la finestra e corro in doccia per aprire il soffione. – Avanti.

La porta si apre e Jeremy si affaccia, un po' timido. – Queste sono le pomate. A quanto pare, fanno miracoli – annuncia porgendomi le medicine, che prendo subito senza nemmeno ringraziare. – Però ti consiglio di metterle dopo aver fatto la doccia.

– Va bene, grazie – mi affretto a dire. E chi ha intenzione di fare la doccia? Io no di sicuro.

– Per i vestiti... emh... ho preso dei jeans e una maglietta da Ivy. Credo ti stiano un po' grandi, ma tanto non è importante – bofonchia Jeremy, soprappensiero.

– Spero scherzi – esclamo io. – Dei jeans? Ti sembro una ragazza che si mette dei jeans? – sbotto poi. In verità, mi vanno bene i jeans, anzi sarebbero pure più comodi, ma ho bisogno di più tempo per scappare.

Jeremy infatti mi guarda un po' riluttante. – Che hanno i jeans che non vanno? Te li sei sempre messi – borbotta lui.

– Ti sbagli. Non me li sono mai messi – ringhio io. – Non avete un vestito, o una camicia da notte? Un qualcosa di abbastanza lungo, per piacere.

Rimane per pochi secondi in silenzio, come per cercare di capire se sono seria, e poi scoppia a ridere. – Tu sei matta. Vorrei ricordarti che siamo nel XXI secolo – dice lui. – Sei stata rapita e pensi ai vestiti lunghi? Cole ti deve aver fatto proprio a sua immagine e somiglianza, però non pensavo fosse così stupido.

– Non siamo stupidi. Anche se andiamo avanti con il tempo questo non significa che dobbiamo diventare più villani nel modo in cui ci vestiamo. Le ragazze ormai non hanno più ritegno nel mostrare le gambe o la pancia o...

– O le caviglie! Dio mio, è una cosa stravolgente! Mostrare le proprie caviglie alle persone, che cosa orribile! Per non parlare dei piedi e delle mani! Ma perché, il viso? Oh, mio Dio – mi prende in giro Jeremy, con tanto di una smorfia disgustata.

– Lei è un ragazzo superficiale – lo ammonisco io. – Immagino che vada... che faccia l'amore con tutte le ragazze che incontra. Addirittura con le poche di buono, come quella Paige. E scommetto che ci ha provato anche con quella ragazza... quella dai capelli lunghi e rossi...

– Ivy – risponde lui seccamente.

– IVy – gli faccio eco io.

Sbuffa. – Vado a cercare un vestito del secolo scorso – mormora, infastidito. Fa per chiudere la porta, quando si ferma. – E comunque, vorrei ricordarle, che con questo ragazzo superficiale lei ci ha fatto l'amore, come lo chiama lei.

– Bé, io non me lo ricordo quindi non le credo – rispondo io, con il viso in fiamme. – E se è successo veramente, allora...

– È successo.

– Se è successo veramente, allora non voglio nemmeno immaginare com'ero – finisco io. Mi guarda per un po' senza dire niente. Non sembra offeso, ma credo sia veramente bravo a nascondere le proprie emozioni.

– Vado – dice semplicemente chiudendo la porta.

Faccio un sospiro. Finalmente se n'è andato. Corro verso la finestra e la apro. La casa è circondata da Cacciatori che sembrano volerla proteggere a tutti i costi. È praticamente impossibile, ma non posso non provarci. Mi allontano un po' dalla finestra e mi tolgo i tacchi, che ormai sono distrutti. Mi fanno male i piedi solo a vederli, anzi mi fanno male comunque. Cole non avrebbe dovuto farmi mettere i tacchi, non quando si tratta di correre. Infatti si è visto com'è andata a finire.

Penso di togliermi anche il vestito, tuttavia a quel punto starei solo con il bustino, la biancheria intima e le calze. Non va bene. Mi tolgo solo le scarpe, salgo sul ciglio della finestra e mi guardo intorno. Ci sono troppe persone, ma per fortuna non guardano verso la mia direzione, quindi posso iniziare a correre e quando si accorgeranno che sto scappando sarà troppo tardi per riuscire a prendermi.

Ci devo almeno provare. Cosa possono farmi? Menarmi?

Faccio per scendere dalla finestra, quando sento la porta del bagno aprirsi. Jeremy si guarda intorno per un po' ed infine posa lo sguardo su di me. Trattengo il respiro e mi lascio cadere. Corre verso di me, ma è troppo tardi. – Cassie! Prendetela! – urla lui.

Sento la caviglia farmi male dopo la caduta, eppure non ho tempo per preoccuparmi adesso. Mi alzo ed inizio a correre. Sono costretta a fermarmi immediatamente per non perdere l'equilibrio: il mio vestito si è impigliato da qualche parte e, quando mi giro, noto che Jeremy lo sta tenendo. Mi sorride, tranquillo. Tiro la gonna e così si strappa, ma quando mi giro mi trovo davanti tre uomini.

Cerco di sfuggirgli, nonostante il mio corpo esile e quindi la mia velocità però, riescono ad afferrarmi immediatamente. Inizio ad urlare e a scalciare. – Ci mancava solo questa ragazzina – ringhia uno.

– Appunto! Lasciatemi andare! – urlo io.

Jeremy è ormai accanto a me. Tutto d'un tratto sembra infastidito, e non da me. – Lasciatela, ora ci penso io.

– Pensavo che lo stessi già facendo – ringhia quell'uomo fulminandolo con gli occhi color nocciola.

– Lasciala – dice Jeremy guardandolo dritto negli occhi, con un tono che non mi piace affatto. – Non ti devo spiegazioni. Non a te.

– Non mi fai paura, ragazzino – ribatte l'uomo con lo stesso tono di Jeremy. Li guardo e penso che potrei riprovare a scappare.

Faccio per andarmene, quando Jeremy mi prende subito per le spalle. – Sta' ferma, tu – digrigna i denti Jeremy. – Riguardo a te, grande uomo, ne riparliamo più in là – conclude poi. Mi prende in braccio e mi posa sulla finestra. Fa un gesto con la mano ed il fuoco inizia a correre verso l'uomo, il quale indietrggia, spaventato.

Guardo il ragazzo davanti a me e noto il suo sorriso. – Cosa stai facendo? – chiedo.

– Niente d'importante. Ora entra – borbotta, mi spinge per incitarmi ad entrare e così mi giro e faccio come mi dice lui. Sbuffo. – Bella... – si ferma cadendo in piedi in bagno, si pulisce un po' i pantaloni continuando la frase. – ...trovata. Un po' troppo scontata direi, ma la speranza è l'ultima a morire, giusto? Ti do un quattro, mi dispiace.

– Non m'importa niente dei suoi voti – ringhio io. – Lasciatemi andare.

Fa ancora la smorfia con le labbra. – Così non mi divertirei più, però. Ed io amo divertirmi.

– Lo vedo.

Sorride e poi indica la doccia. – Hai intenzione di farti veramente la doccia? Perché stiamo sprecando l'acqua, e l'acqua è fondamentale per l'uomo. È una risorsa che dovrebbe durare per un altro po' di anni, ma non si sa mai... meglio non sprecarla, non credi?

– Sì, intendo farla – rispondo io incrociando le braccia. Lui annuisce e si siede sul water. – Cosa sta facendo?

Mi guarda e ride con un'aria di superiorità. – Pensi davvero che io ti lascerò sola un'altra volta dopo la figuraccia che mi hai fatto fare? Scordatelo, signorina.

– Non può rimanere qua! – urlo io.

Incrocia le gambe, mettendosi ancora più comodo, e mi guarda con aria di sfida. – Non è niente che io non abbia già visto – ribatte lui, facendomi avvampare. Sorride ancora di più. – Dai, non guardo, lo giuro.

– Mi viene da vomitare – ringhio io. Apro la tenda ed entro nella vasca vestita. Mi tolgo il vestito solo dopo essermi assicurata che non riesca a vedere nemmeno l'ombra del mio corpo e poi butto il vestito fuori. Timida, inizio a lavarmi.

– Sai, non abbiamo mai fatto la doccia insieme – inizia lui. – Forse prima o poi dovremmo provarci.

– Mi sta veramente dando ai nervi. Lei è senza ritegno, veramente – ribatto io. Vorrei dargli del tu, dirgli altre cose meno carine, ma le regole sono regole. Ed io non posso non essere cordiale.

– Era solo una considerazione – scherza lui. Riesco quasi a vedere il suo sorriso malizioso.

– Una considerazione inopportuna, aggiungerei – ribatto io.

– Forse, però riesco a sentire che ho smosso qualcosa dentro di te, e non è il vomito – continua a prendermi in giro lui.

Non dico niente. Questo ragazzo è veramente inopportuno.

Sbuco con la testa fuori dalla tenda per guardarlo e sembra non accorgersene. – Mi serve l'accappatoio – lo informo io. Si gira subito e mi guarda, tornando sulla terra. – Ora, se è possibile.

Si alza, prende l'accappatoio e me lo porge ridendo. Lo guardo male e lo afferro coprendomi prima con la tenda. Sospiro sistemandomi fin troppo bene l'accappatoio. Scosto la tenda ed esco dalla doccia. A questo punto, mi porge il vestito e la biancheria intima, così sbuffo, mi giro e cerco di cambiarmi. – Non posso crederci. Potrei denunciarla per pedofilia. Quanti anni ha?

– Pedofilia? – mi fa esco Jeremy prima di scoppiare a ridere. – Non la sto guardando né toccando.

– Per stalkerismo allora – ribatto.

– Stalkerismo? Non credo esisti veramente come parola. Forse Cole Ruterful dovrebbe insegnarle un po' di vocaboli.

Mi giro verso di lui ed incrocio le braccia. – Non posso mettermi il reggiseno ed il vestito davanti a lei. È una cosa inaudita. Le do la mia parola che non proverò a scappare ma, per favore, esca da qua.

Sbuffa. – E va bene. Ma ti do tre minuti massimo e se non avrai finito entrerò dentro comunque.

– Va bene. Posso farcela – dico. Alza gli occhi al cielo e se ne va.

In tre minuti riesco a mettermi la biancheria intima ed a infilarmi il vestito, eppure la chiusura lampo è posta dietro la schiena e quando Jeremy rientra sto ancora litigando con essa. – L'hai fatto apposta, vero? A prendermi un vestito con la chiusura lampo sulla schiena!

Ride. – No. Sono indiscreto e maligno, ma fino ad un certo punto – risponde semplicemente lui, si mette davanti a me, mentre cerco di non far scivolare il vestito, rossa in viso. – Dai, girati. Faccio io.

Sbuffo e mi giro. Sento le sue mani posarsi sulla mia schiena nuda e la chiusura lampo fredda salire. Caldo e freddo. Rabbrividisco. Ho la pelle d'oca e lui se ne accorge subito. Mi giro per guardarlo, immaginando che stia ridendo senza farlo notare o semplicemente sorridendo, ma non è così.

Mi sta guardando serio, non credo di averlo mai visto con un'espressione così profonda. Si schiarisce la voce. – È tardi. Dobbiamo andare a mangiare e poi dormire.

Annuisco, così mi metto le infradito e andiamo in salone. Tutti stanno parlando, c'è un grande baccano, tuttavia quando arriviamo smettono immeditamente e ci guardano. Mi fermo guardandoli. Non ne conosco nemmeno uno.

– Cassie! – urla un bambino venendomi incontro. Non faccio in tempo ad indietreggiare che già mi sta abbracciando. Guardo Jeremy con aria interrogativa, ma lui sorride al bambino.

Christian, lasciala respirare un po' – dice Jeremy prendendolo per le spalle e allontanandolo un po' da me. Guardo il bambino, ma non cerco nemmeno di ricordarmelo. Non posso. Deglutisco guardandolo, sta con le lacrime agli occhi.

– Mi sei mancata tanto, Cassie – piagnucola il bambino di nome Christian.

– Oh – esclamo io, indecisa su cosa fare o no. – Anche tu... Christian – aggiungo poi, capendo che è la cosa giusta da fare, nonostante tutto. Il bambino strattona Jeremy e mi abbraccia un'altra volta. Guardo Jeremy e così fa anche lui. Vorrei delle risposte, eppure non posso chiedere, sarebbe come ricordare.

– Ciao, Cassie – mi saluta una donna anziana con le lacrime agli occhi. Il bambino si distacca da me e prende la mano di Jeremy. – Non ti ricordi di me, vero?

– Emh... no, mi dispiace – rispondo io.

Annuisce con gli occhi ancora più lucidi. – Sono tua nonna, Cassie.

– Non so di cosa lei stia parlando – esclamo io. La donna scoppia a piangere e se ne va schivandomi. Mi guardo in giro. Devo assolutamente andarmene da qua. Cole deve assolutamente trovami, non posso continuare a stare qua. Questa notte proverò a scappare un'altra volta.

– Signori, la cena è pronta – annuncia l'uomo di prima di nome Louis. Tutti iniziano a camminare nella cucina con le spalle curve e a testa bassa. Un ragazzo coi capelli rossi attira la mia attenzione. – È Scott. Era tua amico – risponde l'uomo, ormai accanto a me. – Non sta passando un bel periodo. La sua ragazza non ce l'ha fatta a... Non è riuscita a scappare da un attacco che c'è stato. Non parla da un mese.

Non riesco a non farmi scappare una smorfia disgustata. – È orribile, mi dispiace molto per lui – mormoro io guardandolo. – C'è qualcosa che posso fare per alleviare il suo dolore?

Sorride. – Mi piacerebbe pensarlo, ma non credo, Cassie. Purtroppo quando la sofferenza è troppa non possiamo far altro che aspettare che passi almeno un po'.

– Magari, se provassi a parlargli...

– Provare non fa male.

Mi siedo al tavolo più lungo che io abbia mai visto. Accanto a me c'è il ragazzo dai capelli rossi. Mi giro per guardarlo e gli sorrido, ma lui nemmeno mi ha notata. – Ciao – lo saluto io. Silenzio. – Io... emh, sono Cassie.

Mi metto composta non sapendo cos'altro fare. Cosa potrei dirgli? Un "mi dispiace" non farebbe altro che peggiorare la situazione, un "ti capisco" anche. – Sai – inizio io, – io non ti posso capire. Non immagino nemmeno cosa tu stia provando ma... penso che tu la stia prendendo meglio di chiunque altro. Non so cosa farei se il mio fidanzato... Comunque, non credo che ti possa fare qualcosa, ma se ci fosse solo una cosa che potrebbe attenuare il tuo dolore, almeno per un po', io potrei aiutarti.

– Grazie, Cassie – mormora il ragazzo a voce così bassa che quasi non riesco a sentirlo. -- Ma non credo tu riesca a capire quello che sto provando, credo che tu non sappia nemmeno cosa sia l'amore, visto che stai con Cole. Ma non è colpa tua, Cole ti ha rovinata e tu sei troppo ottusa per capirlo. Va bene anche questo, perché non è colpa tua se ti ha ridotta così. Dopotutto, sei qui adesso ed Eireen invece... no. Quindi Jeremy è fortunato, perché tu sei qui; non come lui avrebbe voluto, ma almeno sei qui. La mia Eireen adesso è da qualche parte nel nostro Istituto e magari l'hanno calpestata. Hanno calpestato la mia ragazza come.... immondizia – detto questo prende il piatto e lo tira. Sono troppo esterrefatta per urlare.

– Bel tiro, amico – si congratula Jeremy sorridendogli. Però il ragazzo sembra non sentirlo, si alza e se ne va. Abbasso lo sguardo. – Tu non c'entri niente, Cassie. Lo fa tutte le volte che vede un piatto. Veramente lo fa ogni volta che trova un qualcosa che si può rompere.

– Oh, questo mi fa sentire molto meglio – esclamo io, ironica.

Lui mi sorride e inizia a mangiare come se niente fosse. – Dovremmo iniziare a comprare tutte le cose di gomma e cambiarle con quelle che può rompere – aggiunge Jeremy continuando a mangiare. Tutti accennano una risatina e vedo i suoi occhi luccicare. È felice quando fa felice altra gente. Non è dal Jeremy che ho conosciuto.

– Ti ringrazio, Jeremy, ma non credo che questo sia molto opportuno da dire. Il tuo amico sta soffrendo molto. So che sei un ragazzo molto ironico, ma in questo momento non credo che sia molto opportuno, come ho già detto – lo ammonisce Louis giocando un po' con il cibo.

– Dicevo tanto per dire, Louis. Se continuiamo così veramente ci troveremo con la casa piena di cose rotte, ed in questo momento non possiamo uscire a fare compere – ribatte il ragazzo.

– Lo so, Jeremy. Purtroppo lo so – sospira Louis. – Dai, mangiamo.

-Ti bastano queste coperte? – chiede Jeremy chiudendo la porta della camera.

– Sì, credo di sì – mormoro io infilandomi dentro il letto. Annuisce e si sdraia per terra con un cuscino e la coperta. Si gira dandomi le spalle e sospira. – Quel ragazzo... Scott. È... Starà bene?

C'è un momento di silenzio, riesco a vedere la schiena contratta di Jeremy. – Forse sì, forse no.

– Non credo che starà male per sempre. Ad un certo punto, dovrà per forza andare avanti. So che è difficile ma... – Mi fermo pensando alle parole giuste da dire, la verità è che non ce ne sono perché quest'argomento non è giusto. Non è giusto che Eireen sia morta, non è giusto che l'abbiano calpestata, non è giusto che lei non ce l'abbia fatta ed altri sì. – Ma alla fine andare avanti è l'unica cosa che rimane da fare.

– Ne sei sicura, eh? - chiede lui ridendo amaramente. – Io non credo che il dolore si attenui più di tanto, Cassie. Abitudine. È tutta questione di abitudine. Rimani senza genitori? Ti abitui a stare senza genitori. Rimani senza una casa? Ti abitui a dormire da qualche altra parte. Rimani... senza ragazza? Ti abitui a stare senza di lei. – Si ferma per un bel po' e poi sospira. – È tutta questione di abitudine. Dovrebbero metterla nel manuale di sopravvivenza, anzi già c'è. Se non ti abitui non sopravvivi, e Scott si abituerà prima o poi.

– Lei è pessimista, signore – ribatto io.

Ride. – Sì, è sempre stata una delle mie caratteristiche peggiori. Anche tu lo eri, sai? Tanto pessimista, forse pure peggio di me.

– Le auguro la buonanotte – dico io dopo un po'.

– Buonanotte, Cassie.

Il respiro di Jeremy ora è veramente pesante. Sono sicura che si sia addormentato veramente.

Mi alzo senza fare il minimo rumore e, in punta di piedi, vado in bagno. Chiudo la porta e poi corro alla finestra. La apro ed intravedo solo due uomini al di fuori della casa. Uno ad ogni angolo della casa. Non riusciranno mai a prendermi, o almeno credo.

Scendo dalla finestra ed entrambi si girano verso di me. – È la Whitesun. Prendiamola! – urla uno. Corro più veloce che posso mentre sento il panico attraversarmi tutto il corpo.

Mi giro per vedere dove sono e mentalmente mi congratulo con me stessa vedendoli veramente lontani. Qualcuno dietro di loro attira la mia attenzione: è Jeremy. La sua faccia è traumatizzata e questo mi fa male, ma non posso rimanere qua.

– Cassie! – urla la ragazza dai capelli rossi. È dietro Jeremy, insieme ad altre persone che non riconosco. – Per favore, Cassie, fermati!

Sento la caviglia storcersi ed il secondo dopo sono a terra. Rimango senza fiato per un po', però mi rimetto subito a correre nonostante il dolore alla caviglia sia insopportabile. Il freddo non aiuta, le mie ossa si stanno congelando ed i miei muscoli fanno fatica a stendersi.

– C'è una trap... – inizia un uomo, ma è troppo tardi. Il terreno sotto di me crolla e cado nel vuoto urlando. Cerco di aggrapparmi a qualcosa, non c'è niente di solido e sono troppo lontana. Un dolore lancinante alla schiena mi fa capire che ho toccato terra. Non riesco a respirare e le lacrime mi escono senza che io me ne accorga.

– Cassie – la voce di Jeremy echeggia nel vuoto. Sembra che anche lui non riesca a respirare. – Cassie, mi senti? – chiede, ma non riesco a parlare o a muovermi. Qualcun altro mi chiama singhiozzando e sono quasi sicura che si tratti della ragazza di nome Ivy. – Fate entrare Christian in casa. Fatelo entrare dentro casa!

– Io lo sapevo! – urla un uomo. – Non risponde, Jeremy, e questa è una causa naturale!

– Cassie! – urla la ragazza. – Ti prego, rispondimi.

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