Capitolo 13: Il piano
Sono in una stanza, l'ho già vista, ho già visto quel letto e quella televisione. Abbasso lo sguardo sulle mie mani e mi accorgo di riuscirle a vedere, ma non bene, sono un po' trasparenti. Arrivo alla conclusione di star sognando. Nonostante questo, mi sembra ancora di essere già stata qui, e più di una volta. Cole mi ha detto che non mi serve ricordare, che quello che sta succedendo ora è più che sufficiente, ma adesso, nella mia testa, Cole non c'è.
La porta si spalanca e due adolescenti entrano nella stanza, una è una ragazza dai capelli lunghi e rossicci, l'altro è un ragazzo moro.
– Quindi ci sarà anche lei? – chiede la ragazza raggiungendolo e chiudendo la porta. – Jeremy, rispondimi!
– Sì, va bene? Ci sarà anche lei – esclama il ragazzo di nome Jeremy.
– Ma...? - chiede la ragazza, incitandolo ad andare avanti.
– Non c'è nessun "ma", Ivy. Mi devo preparare, Paige sarà qui a momenti – risponde Jeremy, infastidito. Raggiunge l'armadio e prende dei vestiti, ma è soprappensiero.
– C'è un "ma", Jeremy, lo so – ribatte la ragazza. Il ragazzo si porta indietro i capelli, nervoso. Sembra sul punto di esplodere. – Dimmelo.
– Non lo so. C'è un qualcosa che non va, lo sento. Non sta male, non è morta, ma c'è qualcosa che non va e non riesco a capire cosa – risponde il ragazzo. I suoi occhi diventano blu e subito dopo chiude gli occhi e li riapre, frustrato. Sembra non volerci pensare, ma non a causa del dolore che gli provoca, credo sia più a causa dell'orgoglio.
– In che senso "c'è qualcosa che non va"? – chiede la ragazza, preoccupata eppure piuttosto determinata.
– Ti ho detto che non lo so, Ivy! Mi stai facendo innervosire – ringhia il ragazzo.
– Hai qualche idea però! È inutile che cerchi di proteggermi, Jeremy, non ci riuscirai mai. È di Cassie che stiamo parlando, è la mia migliore amica e non intendo lasciarla là con quel depravato di tuo fratello! – urla la ragazza. Aggrotto la fronte. È di me che stanno parlando? Forse non dovrei dare ascolto a Cole per una volta, forse dovrei provare a ricordare. No, non devo. Non posso. Lui non vuole.
– Ci sono troppe idee e non so cosa pensare, davvero. Sento che si sta distaccando, sento che ha paura e che... - la voce gli muore in gola.
– Jeremy. E che cosa? – chiede la ragazza con voce tremante. Eh, appunto, e che...?
– Non so come spiegarlo, ma è come se si stesse staccando da me e attaccando a Cole. Ogni tanto, mentre dormo, mi ritrovo da loro e lei è là che si esercita sotto lo sguardo di Cole. Lei lo guarda come se pendesse dalle sue labbra, lui le dice di continuare e lei lo fa senza dire niente. Non parlano quasi mai, lei non ci prova nemmeno, lui la guarda come se la volesse mangiare e lei abbassa lo sguardo. Ce la vedi Cassie che abbassa lo sguardo?
– Che significa? È asservita a lui o cosa? – chiede la ragazza, più preoccupata che mai. Io già non riesco più a capire niente, Cole mi ha detto di non ascoltare quando parlano di queste cose, Cole in verità mi ha detto che devo assolutamente svegliarmi quando sogno questo ragazzo. – Mi rispondi?! – urla la ragazza.
Il ragazzo è fermo, immobile, e tiene le mani chiuse a pugno con lo sguardo basso. – Lei è qui – mormora il ragazzo, il suo respiro si fa immediatamente più accelerato. – Cassie è qui – ripete ad alta voce.
– Cosa? Come fai a... La vedi? – chiede la ragazza.
– No, no, non la vedo. La percepisco, però – risponde lui. Entro nel panico. Non dovrei essere qui, se Cole lo scopre, passerò dei guai veramente seri. Non posso mentirgli, non posso.
Quando mi sveglio sono tutta sudata... e qualcuno mi sta chiamando. È un compagno di battaglia di Cole. – Signorina, non la vorrei mai disturbare, ma è ora di andare e lei si deve ancora preparare.
– Oh, ma certo – esclamo io. – Vado subito a prepararmi, grazie – rispondo. Il demone annuisce e se ne va.
Dopo essermi fatta la doccia e messa il mio vestito elegante, mi guardo allo specchio. Sbuffo - anche se non potrei farlo - vedendo i miei capelli sopra il seno. Cole me li ha fatti tagliare a tutti i costi ed io non ho posto resistenza. Non posso porre resistenza. Cole mi ha anche detto che devo assolutamente tirarli su stasera. Così faccio, lo ascolto; come sempre. La collana brilla sul mio collo rendendo il mio vestito grigio chiaro con lo strato di pizzo bianco che ricopre tutto il vestito ancora più brillante.
Quando raggiungo Cole in salone, mi guarda per pochi secondi, esaminando il mio lavoro. – Sei pronta? – mi chiede Cole. Annuisco. – Ti ricordi quello devi fare? – Annuisco un'altra volta. – Che cosa devi fare quando inizieranno?
– Me ne devo andare – mormoro io.
Cole annuisce. – I tacchi non sono alti, ti ho fatto esercitare fin troppo per far sì che questa sera vada bene – replica lui continuando ad esaminarmi dalla testa ai piedi. Nonostante questo, però, si sofferma sugli occhi per cercare di avere la mia completa attenzione.
– Sì, lo so. Non ti deluderò. So quello che devo fare – ribatto io senza prendermela con lui. Non posso.
– Bene, allora andiamo – dice Cole. Fa un gesto a tutti i suoi collaboratori, quindi alcuni si mettono dietro di noi e altri davanti per proteggerci. Dopo essere usciti dalla casa sul mare, prendiamo la macchina, dove c'è una sirena alla guida. Cerco di ricordarmi un ragazzo-sirena che conoscevo fin troppo bene, ma mi fermo subito ricordandomi le regole.
Cole mi mette una mano sulla coscia e fa pressione, come per avvertirmi che lui è là e che sono sua, e ordina alla sirena di partire.
Ok, si inizia. Sono pronta.
Entriamo nel palazzo con la scorta di prima, pronta a proteggerci. Tutti ci guardano ed io non posso nemmeno comportarmi in modo naturale, così raddrizzo la schiena e cerco di non muovere le braccia mentre cammino. Il mio vestito è un po' troppo appariscente per i miei gusti, nonostante questo, però sono a conoscenza del fatto che non sta a me decidere cosa mettermi e cosa no in occasioni del genere.
La musica di sottofondo è rilassante, se non pensiamo al fatto che siamo qui per scatenare il delirio.
– Signor Ruterful – lo chiama una voce già conosciuta. Cole si gira e così sono costretta a fare anch'io, mi appoggia una mano sulla schiena vedendo una ragazza dai capelli castani chiari abbastanza corti. – Salve.
– Ma che bella sorpresa, signorina Peige. Non le dispiace se la chiamo per nome, non è così? – chiede Cole, prendendosi gioco di lei. È assolutamente conscio di quello che provoca alla gente quando li chiama per nome senza avere la minima confidenza.
La ragazza di nome Paige, infatti, gli fa un sorriso glaciale, facendogli capire il suo disappunto. – Assolutamente no, Cole – controbatte la ragazza.
Il mio corpo, allenato com'è, s'irrigidisce immediatamente sentendo il tono poco civile della ragazza. Esattamente come la nostra scorta, anch'io sono pronta a sacrificare la mia vita per proteggere quella del mio fidanzato. La mano di Cole stringe il mio fianco. – Tesoro, sta tranquilla – mi assicura lui.
– Chi si rivede! Ciao anche a te, Cassie – esclama Paige.
– Salve, signorina Paige – la saluto io in modo molto cortese. Non riesco a capire molto di quello che sta accadendo, molto probabilmente perché non mi ricordo niente di questa ragazza e l'unico istinto che ho mi sta urlando di saltarle al collo e ucciderla. – Spero che il viaggio non sia stato troppo noioso per lei.
– Oh, non ti preoccupare di questo, Cassie. Grazie a Dio c'è anche il mio compagno e devo dire che mi ha aiutato molto a contenere la noia – risponde Paige con un sorriso malizioso.
Deglutisco, inorridita. – Oh, bé, sono contenta per lei – dico io. – Anche se non credo sia molto... dignitoso parlare della propria vita sessuale a una sconosciuta, non crede?
Paige scoppia a ridere, posa lo sguardo prima su di me e poi su Cole. – Ma che le hai fatto, Cole? Sembra un'altra persona – esclama.
Guardo Cole, sconcertata. Questa sua esclamazione mi fa capire ancora di meno e, ora come ora, ho bisogno di una risposta da parte di Cole. – Niente di cui ti debba preoccupare, Paige – ringhia Cole.
Qualcuno mette una mano sulla schiena di Paige e le da un bacio sulla guancia. Quando alzo lo sguardo, vedo che è il ragazzo del sogno, e mi sta fissando. Tutti i miei muscoli s'irrigidiscono immediatamente e solo la stretta di Cole mi ferma dall'iniziare ad urlare. – Salve Cole – dice il ragazzo. – Ti trovo molto bene, Cassie.
Guardo un'altra volta Cole e poi passo subito al ragazzo. L'ho già visto da qualche parte e devo ammettere che è veramente un bel ragazzo, eppure tutto il mio corpo mi sta urlando di scappare o di fargli tanto male fisico. – Salve, signore. Il suo commento... mi lusinga.
Lo sguardo del ragazzo si spegne immediatamente. Guarda Cole in un modo che non mi piace, e questo mi fa irrigidire ancora di più. – Cosa le hai fatto? – chiede il ragazzo, quasi disgustato e assolutamente arrabbiato.
–Tranquilla, piccola, va tutto bene – mi tranquillizza un'altra volta Cole mentre rivolgo al ragazzo un'occhiataccia. – In quanto a te, fratello, non le ho fatto niente di male. Fidati.
– Niente di male? Ma l'hai sentita parlare? Sembra un robot! – alza la voce il ragazzo.
– Signore, per piacere, non alzi il tono di voce. Sono sicura che ci sia un malinteso tra di noi. C'è una bella musica... perché... perché non andiamo a ballare? – m'intrometto io per cercare di alleggerire un po' l'aria.
– Sì. Ballare – ringhia il ragazzo lanciando un'occhiata di fuoco a Cole. Sembra nemmeno notare la mia presenza. – Ho proprio bisogno di ballare con lei, in questo momento.
Mi sento avvampare. – Arrivo subito, Cole – avverto il mio fidanzato prima di dargli un bacio sulla guancia. Non posso fare altro che guardare il ragazzo in cerca di una conferma, quest'ultimo fa un sospiro e mi porge la mano. L'accetto subito e così avanziamo verso la pista da ballo.
Sento un brivido attraversare tutta la mia schiena quando mi posa tutte e due le mani sui fianchi. Cerco di stargli più lontano possibile e lui sembra non interessargli molto, eppure mi stringe ancora di più i fianchi dandomi una scarica di adrenalina mai sentita prima d'ora. Cerco di non sussultare. Mi chiedo se il suo potere non sia quello di dare scosse. Non sarebbe il primo cacciatore con questo potere, d'altronde.
– Cassie, dimmi che stai fingendo – mormora il ragazzo guardandomi negli occhi. C'è una strana luce dentro di essi, una specie di speranza non voluta, un desiderio completamente offuscato da qualcosa.
Come sempre, non riesco a capire niente di quello che mi dice. Non capisco da dove provenga tutta questa confidenza, nonostante tutto mi sembra di conoscerlo da pochi minuti. – Fingendo? Non so di cosa lei stia parlando, signore – rispondo io, confusa.
-Jeremy. Chiamami Jeremy, come hai sempre fatto – ringhia Jeremy, contrariato.
– Emh... va bene, signore Jeremy – mormoro io, sentendomi a disagio.
– Ti prego, dimmi che stai scherzando – continua lui. – Cos'è successo? Cosa ti ha fatto?
– Io non so di cosa lei stia parlando, signore Jeremy.
– Ma insomma, Cassie! Che cosa stai dicendo?! Almeno ti ricordi di me? Di Ivy? Di Christian? – esclama Jeremy. Lo guardo un'altra volta negli occhi e non posso fare a meno di notare che oltre al fisico ha anche dei begli occhi, e un bel viso... ma non posso pensare a lui in questo modo. No, non posso.
– Io non so...
– Alla festa c'è anche Ivy. In qualche modo è riuscita ad entrare e lei ti vuole vedere assolutamente – m'interrompe il ragazzo di nome Jeremy.
– Senta, io non di cosa lei stia parlando e mi sta dando ai nervi. Le ho chiesto di ballare perché stava mettendo a dura prova la pazienza del signor Ruterful e le consiglio di far uscire la sua amica che, sono quasi sicura al cento per cento, non è stata invitata alla festa – sbotto io.
Per un momento sembra quasi scioccato dalla mia reazione, poco dopo, però, è solo ancora più distaccato e si comporta ancora di più da persona superiore. – Bene. Se mi vuole scusare... – sibilla Jeremy. Fa un inchino veloce e se ne va, lasciandomi da sola sulla pista da ballo.
– Com'è andata? – chiede subito Cole.
– Bene – rispondo io, fredda.
-Ok, allora inizia a controllare tutte le stanze – mi ordina Cole. Annuisco ed avanzo. Salgo le scale e inizio a perlustrare tutte le camere. Impugno la pistola.
Spalanco la prima porta senza bussare. – Ma che modi sono... – inizia un mostro. Non l'ho mai visto, ma non dovrebbe nemmeno interessarmi, poiché ho solo un incarico.
– Parola d'ordine? – chiedo io, fredda. Il mostro dai tentacoli mi guarda non capendo cosa voglia dire quello che ho appena detto. Faccio un sospiro. – Appunto... Mi dispiace, bello mio, ma il tuo tempo è scaduto. – Prima che lui possa capire alzo la pistola e sparo due volte. Il mostro va in frantumi ed i frantumi spariscono. Nascondo un'altra volta la pistola e me ne vado chiudendo la porta a chiave.
– Perché stai chiudendo quella porta a chiave? – chiede un lupo mannaro dietro di me. Alzo gli occhi al cielo e mi giro. Non ho mai visto nemmeno lui, questo significa che molto probabilmente non fa parte della scorta di Cole.
– Come ti chiami? – chiedo io sorridendogli.
Rimane in silenzio per un po', guardandomi in un modo che non mi piace. – Chad – risponde dopo un po'.
– Chad, parola d'ordine? – chiedo io continuando a sorridergli dolcemente. La sua mascella s'indurisce. – Non puoi entrare se non sai la parola d'ordine, mi dispiace.
– Che razza di gioco è? – sbotta lui. Prendo un'altra volta la pistola e, muovendomi più veloce della luce, gli sparo alla tempia. Il lupo mannaro si accascia a terra.
– Oh... mio Dio – mormora una donna. Quando alzo lo sguardo verso di lei, è già troppo tardi e si è già trasformata in un lupo. Alzo la pistola e le sparo nell'occhio, lei ulula così forte che il mio cuore inizia ad accelerare troppo. Altri due spari ed è accovacciata anche lei a terra.
Mi affaccio alle scale e vedo che nessuno si è accorto dell'ululato, se non alcuni lupi mannari che si stanno guardando intorno senza capire. Cole mi guarda e così io li indico con il mento. Lui annuisce e se ne va, capendo immediatamente quello che voglio dire, ma non prima di avermi rivolto un'occhiataccia. Non sto facendo abbastanza.
Vado un'altra volta nel corridoio per ispezionare altre tre camere, ma non c'è più nessuno. Quando sto per entrare nella penultima stanza, sento delle voci provenire da dentro. – Che cosa significa "non si ricorda"?
– Secondo te? Questo. Che non si ricorda niente. Se la vai a vedere, sembra un'altra persona. Il modo in cui cammina, in cui parla, in cui ti guarda, è tutto diverso. Lei è diversa – risponde quella che mi sembra proprio la voce di Jeremy.
– Non è possibile. Come diavolo ha fatto Cole? – chiede la ragazza.
– Non lo so, ma è veramente tragica la situazione. Ivy, so che tu non vuoi ammetterlo, ma forse è meglio se la lasciamo stare – dice, un po' indeciso, Jeremy. Rabbrividisco senza capire il perché.
– Cosa? Sei impazzito o cosa?! – urla la ragazza. – Oh, oh! Ho capito tutto. Non ti lascerò affrontare tutto da solo, Jeremy. Ci sono anch'io.
Apro la porta di scatto e così entrambi si girano verso di me. Jeremy indurisce subito la mascella e mi guarda con occhi freddi, la ragazza invece sembra scioccata. È la stessa del mio sogno. – Cassie – mi chiama lei, si avvicina a me, ma chiudo la porta dietro di me ed alzo la pistola. Fa un passo indietro trattenendo il respiro e Jeremy si mette davanti a lei per proteggerla.
– Sei impazzita? – urla lui.
– Parola d'ordine? – chiedo io.
– Cosa? – chiede Jeremy, arrabbiato. – Ma di cosa stai parlando? Abbassa quella pistola, Cassie.
– Mi dovete dire qual è la parola d'ordine – urlo io. La ragazza inizia a singhiozzare. La guardo e mi si stringe il cuore. Ma no, ho un compito da fare ed è facile.
– Cassie, ti prego. Ti ricordi di me? – chiede la ragazza cercando di avvicinarsi a me per guardarmi negli occhi. Sembra completamente persa, distrutta. E la causa sembro essere proprio io.
– Non sapete la parola d'ordine, quindi non siete dei nostri – mormoro io.
– Ma di cosa stai parlando? – urla Jeremy. Punto la pistola su di lui, sul suo cuore, e il suo petto si gonfia. Il solito ragazzo prepotente che crede di essere più forte del mondo intero. – Mi vuoi sparare, Cassie? Vuoi sparare alla tua anima gemella? Vuoi sparare alla tua migliore amica?
– Io non so di cosa tu stia parlando! – sbotto. Lo guardo dritto negli occhi mentre la mano destra inizia a tremare. Metto l'altra mano su quella destra per tenerla ferma. – Lei non dovrebbe essere qui. Non è invitata.
– Cassie, sono venuta per te – balbetta la ragazza, sta cercando di spostare Jeremy per stare esattamente davanti a me, ma il ragazzo sembra essere troppo forte.
– Ma io non ti conosco nemmeno – urlo io. Poso l'indice sul grilletto continuando a tenere la pistola con tutte e due le mani. – Ho degli ordini.
– Cassie, per favore... – balbetta la ragazza.
– Smettila! – urlo io sparando un colpo. La ragazza urla e Jeremy la tiene stretta mentre il proiettile li liscia. Perché sto piangendo? Guardo la mia mano e vedo che mi sono fatta male, ho usato male la pistola e ora ho il morso della pistola. Il marchio che mi dice di non essere abbastanza brava. Abbastanza forte.
Qualcuno mi butta a terra, ma fa in modo di non farmi sbattere la testa. L'aria però mi esce dai polmoni in un modo tutt'altro che naturale. Quando apro gli occhi, vedo Jeremy sopra di me, mi toglie la pistola dalle mani e me le fa mettere sopra la testa, mentre continuo a guardarlo dritto negli occhi, sbalordita. – Vattene via, Ivy – ringhia Jeremy.
– Non vorrai mica... – ribatte Ivy.
– Ho detto vattene! – urla. Cerco di muovermi, ma credo pesi cento chili di soli muscoli. – Sta ferma, tu – sibilla guardandomi negli occhi e fulminandomi. Non mi do per vinta.
– Che cosa vuoi farle? – chiede Ivy con voce tremante.
– Non lo so, ma te ne devi andare. Isaac ti starà aspettando fuori – risponde Jeremy. – È inutile, Cassie. Ti sarai pure tonificata, ma continuo ad essere più forte di te. Quindi smettila di provare a scappare.
– Lasciami andare! – urlo io. Mi tappa la bocca con la sua mano e prende entrambe le mie mani con una sola mano. Gli mordo la mano, però lui non si muove, strizza solo gli occhi.
Inspira ed espira. – Non sai quanto sei fortunata, Cassie – ringhia lui continuando a tenere gli occhi chiusi. La ragazza ancora non se n'è andata e, per quanto mi trovi bene con il corpo di Jeremy sopra, mi sta mettendo in imbarazzo.
– Lasciami! – cerco di dire io. Jeremy scuote la testa. – Che cosa vuoi fare, eh? Tra un po' Cole verrà...
– È inutile che cerchi di parlare, tanto non ti capisco – m'interrompe lui. – Ivy, ora o te ne vai oppure mi aiuti a tenerla a bada per un bel po'.
– Come faccio? – chiede lei.
– Passami la pistola – risponde Jeremy. Spalanco gli occhi e inizio ad agitarmi. Non posso morire, vero? Il panico prende il sopravvento e così gli mordo più volte la mano.
– Non le vorrai sparare? – urla Ivy.
– No, ora passami quella dannata pistola – ringhia Jeremy. – Sta ferma, Cassie!
Sento la sua voce e riesco a ricordarmi un solo momento, un momento di cinque secondi, di quando la mia pelle un po' ti tempo fa è andata praticamente in fiamme dopo che aveva toccato la sua. Trattengo il respiro e Jeremy se ne accorge subito. Mi guarda, preoccupato, mentre continuo a non respirare. Continuo a guardarlo dritto negli occhi ed a rivivere quel momento. Jeremy si accorge anche di questo. Mi lascia una mano e con quella gli scosto i capelli dal viso, glie li sistemo dietro e poi passo la mano lungo la sua fronte, tempia, guancia, mascella... Ora sta a me decidere cosa fare.
Passo la mano dalla mascella al suo collo e premo su un punto strategico. Lui se ne accorge troppo tardi, e si accascia sopra di me. Me lo tolgo di dosso e mi alzo senza troppe cerimonie.
Ivy indietreggia quando mi vede con la pistola in mano, di nuovo. – Cassie, non fare scemenze, per favore...
– La parola d'ordine è "distruzione". Uscite da qui prima che sia troppo tardi – ringhio io. Do un'ultima occhiata a Jeremy e poi la scanso e cerco di andarmene.
– Perché me la dici? – chiede lei. Mi fermo immediatamente, mi giro verso di lei e la guardo dritta negli occhi. Non so cosa risponderle, perché non lo so nemmeno io. So solo che sto andando contro ogni regola di Cole per questi due sconosciuti. – Ti ricordi di noi?
– No, ma mi sembrate persone apposto e mi dispiace che voi stiate rischiando la vita per salvare me. Non ho bisogno di essere salvata. Sto con Cole e mi va bene – replico io senza un minimo d'incertezza, per farle capire che deve lasciarmi andare.
– Ti sta bene? La tua anima gemella è Jeremy – si strozza Ivy.
– Non di cosa tu stia parlando – mi affretto a dire.
– Hai fatto caso che lo ripeti sempre quando qualcuno cerca di farti ricordare qualcosa? – chiede.
– Non obbligarmi a spararti. Ho delle cose da fare e tu non mi devi stare tra i piedi, è chiaro? – chiedo io. Lei annuisce subito e così io me ne vado chiudendo la porta alle mie spalle. Mi guardo intorno, faccio finta di chiuderla a chiave, e me ne vado.
Entro in quella che deve essere l'ultima porta. Mi fermo di scatto vedendo un ragazzo con i capelli biondi un po' ricci, gli occhi come il cielo in autunno e un naso troppo grosso per lui. Il cuore inizia a battermi velocemente senza un motivo, o almeno non riesco a capirlo.
– Ciao, Cassie – mi saluta il ragazzo.
– Emh... – Mi guardo intorno e noto che ci sono altri mostri. Non conosco nessuno. – Non so chi sia lei.
– Ma come?! – esclama il ragazzo. Accenna un sorriso e si avvicina a me; sono troppo spaventata per fare qualcosa. – Non ti ricorda niente il nome "Cody"?
– No, mi dispiace – rispondo io. Lui mi sorride e mi mette indietro un ciuffo di capelli che mi è sfuggito dallo chignon elaborato che mi sono fatta.
– Mi dispiace anche a me – mormora. Lo guardo negli occhi mentre impugno bene la pistola e la punto verso la sua tempia. Sorride ancora di più, eppure questa volta è più freddo e cattivo. – Oh, ecco.
– Parola d'ordine? – chiedo io. Ma non ho tempo, è evidente che loro non fanno parte di noi, perciò cerco di sparare, ma Cody è più veloce di me e mi storce il braccio. Un urlo esce dalla mia bocca senza nemmeno il mio permesso. Tutto deve avere il mio permesso.
Mi tengo il braccio, mentre cerco d'intravedere la pistola a terra, tuttavia lo sguardo è appannato dalle lacrime e non vedo niente. Sento un qualcosa di freddo puntarsi sulla mia fronte e capisco che ormai è troppo tardi.
Penso in fretta. Agisco in fretta.
Con varie mosse metto al tappeto Cody e non faccio in tempo a impugnare la pistola che già sono invasa dai mostri. Riesco a sparare ad uno, ma dopo sono già a terra, ricoperta di acido demoniaco. Mi mordo la lingua per cercare di non urlare.
Non devo pensare al dolore.
Mi alzo e corro verso la mia pistola che è ancora a terra, la afferro e sparo al primo mostro che vedo. Qualcuno mi prende da dietro, eppure ormai sono entrata in azione e non intendo fermarmi. Gli tiro una gomitata, mi giro, prendo la testa deformata con tutte e due le mani e gli do una testata. Il mostro fa alcuni passi indietro e poi cade a terra.
Non riesco a sparare che sento degli artigli attaccarsi al mio collo. Chiudo gli occhi perché questa è una di quelle occasioni in cui mi devo calmare e riflettere. Lui ha gli artigli, io una pistola. Ok. Facile.
Alzo la mano e la giro verso la mano fatta di artigli del mostro. Lui se ne accorge troppo tardi ed io già gli ho sparato alla mano. Mi lascia subito e così ne approfitto per girarmi e sparargli dritto in testa. Il sangue demoniaco è dappertutto nella stanza. Il mostro di prima però si sta lamentando, il ché significa che lo devo finire subito. E così faccio.
Chiudo anche l'ultima porta a chiave e sospiro. È stato più faticoso di quanto mi aspettassi.
Guardo la gente al piano di sotto. Tra di loro c'è anche Cole, mi guarda con uno sguardo interrogativo ed io annuisco. Un sorriso malefico si allarga sul suo viso mandandomi in confusione. So che è cattivo ma allora... perché sono qui con lui? Perché sì. Perché devo esserci.
Scendo le scale con più tranquillità possibile. Non vedo Jeremy ed Ivy da nessuna parte, perciò immagino che se ne siano già andati. Sani e salvi.
Perché adesso inizierà la fine del mondo.
Cole impugna la sua pistola e spara in alto, intanto continuo a scendere le scale, ancora tranquilla. Tutti smettono di parlare, di muoversi, e la musica si ferma. C'è così silenzio che quasi mi sale il panico. – Salve a tutti – inizia Cole. – Spero che vi stiate divertendo – continua con un sorriso ancora più cattivo, – perché adesso vi chiederò una cosa importante e voglio che voi facciate proprio come vi dico.
Silenzio assoluto. Cole li guarda tutti, in silenzio e con quel suo sorriso. Poi guarda me e mi aspetta fino a quando non sono proprio accanto a lui. Mi schiarisco la voce e mi pulisco un po' il vestito, anche se devo dire che è rimasto abbastanza pulito. – Io sono pronta – mormoro.
– Vorrei che la stanza si dividesse in due gruppi: quelli che stanno con me e quelli che stanno contro di me – dichiara Cole. Tutti si guardano intorno, non capendo. – Su, per piacere.
La gente inizia a muoversi. È confusa e questo grazie al vino che gli abbiamo fatto bere, il quale ovviamente non era solo vino. Cole mi prende per mano e me la stringe, come per dirmi che ho fatto un bel lavoro. Glie la stringo anch'io e così sento lui fare una piccola risata. – Sai – mormora, – sono felice, adesso. Qui, con te. – Dovrei sorridere. Ma non lo faccio.
Dopo un po' vedo che siamo esattamente in mezzo alla stanza. Dietro di me ci sono tutti i nostri collaboratori e davanti a me i nostri nemici.
Cole fa un sospiro e dice: – Bene. Ora, chi è che vuole venire dalla mia parte è ben venuto. Non ve lo chiederò un'altra volta, quindi dovete essere molto furbi e pensare a cosa vi convenga fare e a cosa è meglio per voi. – Tutti si guardano un'altra volta in giro. Alcuni avanzano verso di noi, altri rimangono fermi e ci fissano con occhi pieni d'odio. Quelli che avanzano verso di noi si fermano e fanno un inchino, per poi svanire dietro di noi. Guardo Cole e scorgo un sorriso ancora più cattivo.
Poi succede qualcosa che è più che aspettato. Qualcuno cerca di pugnalarci da dietro e così la mano di Cole mi manda avanti e si gira verso il traditore, che in meno di un secondo è a fuoco. La sala esplode e a tal punto che mi rendo conto di dover scappare. Questi sono gli ordini.
Sto per salire le scale, quando qualcuno si mette davanti a me. Mi fermo di scatto e vedo che è quella ragazza che stava con Jeremy, non quella con i capelli lunghi e rossicci ma la prima. Ho ancora la mia pistola. – Che fai, scappi? – chiede lei avvicinandosi a me. Anche lei ha una pistola. – Codarda. Questa è la tua guerra, non credi? – chiede ancora mettendosi davanti a me. È molto più alta di me.
– Questa guerra non è di nessuno. Non ancora almeno – rispondo io.
Mi sorride con quegli occhi puntati su di me e le ciglia lunghe che li coprono un po'. – Ma stiamo combattendo per ucciderti – ribatte lei. Non dico niente per un po'. È vero? No. Non proprio, almeno. Rimango in silenzio e ferma per davvero troppo tempo, lasciandole l'occasione di spararmi. Faccio appena in tempo a vedere che alza la pistola; le do un calcio e la pistola vola via. Mi guarda malissimo, eppure alzo subito la pistola e non esito a spararle.
Mi guarda con gli occhi sgranati e poi passa alla ferita allo stomaco. Il suo vestito rosso pieno di brillantini sta diventando di un rosso più reale: sangue. Mi guarda un'altra volta e cade a terra. Alza una mano per puntarmi e poi dice qualcosa come: – Prima mio padre e...
Io non ho idea di cosa lei stia parlando. Suo padre non lo conosco.
Le chiudo gli occhi solo perché si trattava di una Cacciatrice e me ne vado. Salgo le scale più velocemente possibile, visto che non posso passare per l'uscita principale. Apro la quarta camera a sinistra, come da copione, e corro dentro.
Mi guardo intorno e corro verso la finestra per aprirla. Mi sporgo un po' e vedo che la scala è posta a destra, così mi alzo sul ciglio della finestra ed esco. Appena ci appoggio le due mani la sento scricchiolare e un brivido di paura passa su tutta la mia schiena. Non posso morire... o sì? Questa è una causa naturale, ma in situazione anormale.
Scendo lentamente ed a ogni rumore strano mi fermo. – Dai, ce la puoi fare – mormoro io cercando di non guardare giù. Non dovrebbe mancare tanto. Poi però qualcosa sopra di me attira la mia attenzione: la luce della camera si è accesa. Un mostro con le chele al posto delle mani si sporge dalla finestra e mi sorride. – Cosa? No!
Ma è troppo tardi. Il mostro rompe la rampa di scale ed io mi sento subito cadere. Guardo sotto di me e decido di lasciarmi cadere. Lascio la presa e cado a terra. Vedo la scala venire sempre più vicina, così scappo prima che sia troppo tardi.
Indietreggio continuando a guardare il mostro che però rimane immobile e non dice niente. Alzo la pistola e sparo. Morto.
Qualcuno mi prende da dietro e mi mette le braccia dietro la schiena. Cerco di urlare ma mi tappano subito la bocca con la mano. Almeno sono umani. – Carina la mossa del collo. Complimenti. Ti do un otto – mi sussurra all'orecchio Jeremy.
– Lasciami! – urlo io, ma il suono è completamente attenuato dalla sua mano. Glie la mordo un'altra volta e lo sento ringhiare.
– Dobbiamo andare! – esclama una voce maschile. – Dai, Jeremy!
– E va bene! – ringhia Jeremy iniziando a trascinarmi verso un furgoncino. Cerco d'inchiodare i piedi all'asfalto, ma non ci riesco. È troppo forte.
– Dovresti ringraziarmi! Ti ho salvato la vita – urlo io, anche se tanto non si capisce niente.
– Che cosa hai detto, cara? – mi prende in giro Jeremy. La rabbia prende la meglio su di me ed io inizio a divincolarmi più di prima, non tanto per liberarmi quanto per fargli male.
– Come ti permetti?! – urlo io. Lui inizia a ridere, quindi capisco che se continuo a divincolarmi in questo modo gli do solo più occasioni per andare più veloce. – Ho degli ordini.
– Sì, certo, come no. Chi sei, un soldato? – dice Jeremy.
– Lasciala in pace, Jeremy – s'intromette la ragazza.
– Stai scherzando? Ti stava per uccidere! Ci stava per uccidere – ribatte Jeremy. Approfitto di questo momento per dargli una testata. Si allontana subito iniziando ad imprecare, inizio a correre più veloce che posso. Sento il vento battermi sul viso, fa freddo ma non mi posso fermare.
Non faccio in tempo a girare la testa per vedere se mi stanno seguendo, che qualcuno mi prende subito e mi alza da terra. Urlo più forte che posso, ovviamente però mi mettono di nuovo la mano davanti alla bocca.
– Ok – dice qualcuno con il fiatone procurandomi dei brividi. Jeremy. – Ora basta giocare, andiamocene da qui.
Merda. Troppo lenta. Sono stata troppo lenta.
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