Capitolo 6: Il funerale

Quando riprendo conoscenza apro gli occhi e sbatto più volte le palpebre per cercare di vedere meno sfogato. Davanti a me però riesco a vedere una donna con un camice celeste, mi sorride. - Buongiorno - mi saluta lei. - Come ti senti?

- Acqua - gracchio io, la donna annuisce e mi porge un bicchiere d'acqua, che bevo in pochi secondi. Faccio per mettermi seduta quando sento una fitta al fianco e tutto d'un tratto mi ricordo quello che è successo.

- Lo so, lo so - ribatte l'infermiera. - Era una brutta ferita, ma siamo riusciti a pulirla.

Rimango in silenzio ricordando anche che oggi ci deve essere il funerale per mio padre, mi giro verso l'infermiera e la guardo male. - Che ore sono?

- Sono le sei del mattino - risponde lei, un po' perplessa. Mi alzo di corsa dal letto nonostante il fianco mi faccia male. - Non puoi muoverti - mi ammonisce l'infermiera fermandomi.

- Si, ci riesco - ribatto io allontanandola.

Proprio quando sono davanti la porta per andarmene lei mi ferma. - Non puoi, ti si apriranno i punti in questo modo! - È arrabbiata, ma poco m'interessa.

- Devo prepararmi - ringhio scansandola un'altra volta.

- Voi cacciatori siete così ostinati - borbotta l'infermiera andando davanti la porta per non farmela aprire. C'è un momento in cui non succede niente, ci guardiamo male e basta. Vorrei prenderla e spostarla, buttarla a terra se proprio devo ma sono sicura di non avere l'energia necessaria per fare tutto questo.

- Che succede? - chiede Louis Dempson, spuntando come sempre dal nulla. Mi guardo in giro per vedere se c'è un'altra porta. Ci deve essere di sicuro, Louis prima non c'era, ne sono sicura. A volte può essere veramente inquietante questo uomo.

- La ragazza deve riposare, ma non vuole - risponde subito l'infermiera. Le lancio un'occhiata di fuoco, ma lei sembra quasi non accorgersene, o forse semplicemente non le interessa. Sicuramente a me interessa, visto che è di mio padre che stiamo parlando.

- Devo prepararmi, alle otto inizia il funerale ed io devo stare là un po' prima - ribatto io. Louis mi guarda con un po' di tristezza, mi procura molto fastidio ma devo ammettere che ora come ora mi serve dire la verità e soprattutto mi serve un mezzo per arrivare al fine, che sarebbe andare al funerale di mio padre. Il mezzo quindi sarà usare questa situazione per rattristare Louis.

- Cassie, non puoi muoverti - dice Louis dopo un po'.

Lo guardo incredula. L'unica cosa a cui adesso riesco a pensare è che non può non mandarmi al funerale di mio padre. Fanculo le regole, fanculo lui, fanculo l'Istituto. Io devo andare. - Come, scusa? Non posso andare al funerale di mio padre?! - tuono io. - Non me frega un cazzo delle vostre regole, io vado e se provate a fermarmi giuro che ve ne pentirete!

Qualcuno bussa alla porta, poco dopo Ivy è sulla soglia della porta, rigida come non mai. - Che succede qua? Perché Cassie la Whitesun continua ad urlare come una pazza?

- Perché? - chiedo io urlando. - Perché loro dicono che non posso andare al funerale di mio padre. Ma state bene? È di mio padre che stiamo parlando, voi non potete segregarmi dentro l'Istituto. 

Sto letteralmente dando di matto, ma ho le mie buone ragioni per farlo.

- Perché non può? - chiede Ivy guardando il padre. - Posso accompagnarla io. Dai, papà, non puoi dirle di non andare al funerale di suo padre.

- Finalmente qualcuno che ragiona in questa gabbia di matti! - esclamo io.

- No - risponde Louis Dempson, più deciso che mai. - Quello che è successo ieri sera è la prova che si stanno avvicinando sempre di più. La ragazza, tanto per spiegarti, era sotto incantesimo.

Fanculo, non m'interessa. - Io vado. Quello che è successo ieri sera è la prova che non sono al sicuro da nessuna parte - ribatto. Nel viso di Louis intravedo un po' di tristezza e il mio cuore inizia a sciogliersi... ma poi ricordo il fine e mi rendo conto che questo è il mezzo: fargli tenerezza.

- Deve venire Jeremy allora - conclude Louis dopo un po'.

Lo guardo per poi alzare le mani al cielo ma mi fermo subito sentendo la ferita tirarmi. - Non fare questi gesti bruschi - mi ammonisce l'infermiera mettendo una mano sul mio fianco. Le vorrei solo chiedere "perché tu sei ancora qua?" ma ovviamente non posso.

- Non lo farà mai - rispondo guardando Louis. - Non mi aiuterà mai.

- Ma che dici?! - esclama Ivy. - Ieri è stato lui ad aiutarti. Si, h urlato in corridoio che qualcosa non andava e poi è sceso correndo per le scale con solo i pantaloni addosso, e quando sei svenuta ti ha portata in infermeria correndo come un matto.

Abbasso lo sguardo, in difficoltà. Per una volta mi chiedo se il mio meccanismo di difesa non abbia esagerato. Forse sì. Dopotutto, Jeremy sta cercando di arrivare ad un equilibrio sicuramente più sano, rispetto al muro che sembro aver eretto io dal momento esatto in cui ho posato gli occhi su di lui la prima volta. 

- Ti devi sdraiare - s'intromette ancora una volta l'infermiera.

Stranamente le dò ascolto e mi rimetto a letto. Devo pensare al funerale adesso. - Potete chiamarmi Jeremy, per favore? - chiedo. Ivy annuisce e se ne va, così il mio sguardo passa a Louis, che continua a sorridere tristemente.

- So che ha un carattere difficile, ma ce la sta mettendo tutta - dice Louis, confermando di aver ascoltato i miei pensieri. Poco dopo Jeremy apre la porta senza bussare o chiedere il permesso, come sempre d'altronde. - Vi lascio parlare da soli - mormora Louis andandosene.

- Ciao - mi saluta lui prendendo una sedia e mettendosi vicino a me con le mani pericolosamente vicine alle mie sul letto.

- Ciao - borbotto, accennando un sorriso. - Grazie per quello che hai fatto. - È veramente difficile per me ringraziare le persone, perché significa che ho un debito verso di loro.

- Di niente - risponde lui, sorridendomi a sua volta. - Mi dispiace solo non essere venuto prima, ma mi stavo immaginando tutt'altra cosa. Pensavo che mi stessi chiamando solo perché avevi cambiato idea e non te la volevo dare vinta. Viva il mio ego! - esclama facendomi ridere, ma faccio una smorfia sentendo una fitta al fianco. - Ssh, non ridere - borbotta lui, ridendo.

- È colpa mia, comunque - dico io. A quanto pare oggi è la giornata Ammettiamo Per Sentirci Più Leggeri. - Dovevo dirtelo, ma ero troppo concentrata a mettere KO la ragazza.

Ride. - Hai fatto un bel lavoro direi.

- Avrei un altro favore da chiederti - borbotto. Quando sospira lanciandomi occhiatacce inizio il discorso. - Oggi ci sarà il funerale di mio padre ed a quanto pare Louis Dempson non mi vuole mandare... a meno che tu non venga con me. Avevi ragione, è veramente un nostro grande fan, forse dovremmo fargli una maglietta o qualcosa del genere.

- L'ho detto io! - esclama lui, sicuramente per far passare un po' di tempo. A quanto pare ci deve pensare. - E va bene - sospira dopo un po'. - Ti ci porto. Ma non fare come le ragazzine: sappi che ti ci porto solo perché stiamo parlando di una figlia che non può andare al funerale di suo padre. Sai benissimo che non ti meriti tutto questo da parte mia, ma ci sarà sicuramente un modo per sdebitarti. Non so ancora di cosa si tratta, ma qualcosa troveremo.

Faccio una smorfia, disgustata. - Spero per te che non sia niente di  improponibile.

- Ti ho detto ancora non so di cosa si tratta. Più in là vedremo. - Si ferma a guardarmi. - Non mi fido di te, Cassie. Sei lunatica e i tuoi sentimenti verso quel vampiro mi portano a non fidarmi di te. Io non mi fido dei vampiri.

Alzo il viso, un po' arrabbiata, per non sentirmi meno di lui. - Capisco - borbotto. - Va bene, grazie.

Così Ivy mi aiuta a prepararmi facendomi mettere a forza un vestito nero e truccandomi leggermente. Quando scendiamo giù mi obbliga anche ad appoggiarmi a lei, cosa che non succederà quando staremo al funerale. Loro ancora non lo sanno, ma io si e forse questo è l'importante.

Appena le porte dell'ascensore si aprono, Jeremy si gira per guardarci. È vestito tutto di nero, con la camicia nera, dei jeans neri e delle scarpe eleganti. È bellissimo come sempre. Posa le mani su quelle di Ivy e sorride guardandola. - Faccio io, Ivy. Tranquilla - mormora. Intravedo uno sguardo intenso tra lei e lui così, in preda ad un attacco di gelosia, tossisco.

- Siamo in ritardo - borbotto usando una voce abbastanza distaccata. Ivy arrossisce un po' e se ne va lasciandoci da soli.

- Ti presento la tua nuova migliore amica, si chiama Sedia a Rotelle - esclama Jeremy prendendo una di quelle cose che stava nascondendo fino a poco fa dietro di lui. Faccio per dire qualcosa quando lui mi ferma. - Ho parlato con Louis. O ti siedi su questa cosa, oppure non ci possiamo andare.

- Non fai sul serio - ringhio. - Sul serio? Sto bene! Non è il mio funerale!

- Sta' zitta e siediti - borbotta lui obbligandomi a sedermi sulla sedia a rotelle. Sbuffo e usciamo per andare verso la macchina. - Il tuo odio verso i miei confronti in questo momento mi lusinga.

- Vaffanculo.

- Appunto. È così bello sentirsi amati da te, Cassie Moonic.

- Quando vuoi.

Dopo un bellissimo viaggio in silenzio dall'Istituto ad una chiesetta dove abbiamo fatto anche il funerale di mia madre, Jeremy spegne la macchina e scende. Rimango seduta in silenzio, pensando a come cercare di convincere Jeremy a non farmi mettere su quella sedia a rotelle. Non voglio attirare l'attenzione, già sono la figlia del defunto, non voglio anche essere la figlia del defunto sulla sedia a rotelle. Mi ricorderanno per sempre così, e non voglio.

- Devo pure aprirti la porta? - chiede, arrabbiato, aprendo lo sportello della macchina.

- Come un vero gentleman - scherzo, ma quando vedo che sta per andare a prendere la sedia a rotelle lo fermo prendendogli il braccio. Mi lancia un'occhiataccia ma faccio finta di niente ed inizio il discorso che mi sono preparata nella testa durante il viaggio. - Per favore, non farmi sedere su quella cosa.

- Cassie, devo farlo - ringhia. - Non iniziare a creare problemi...

- No, non devi - ribatto. - Non voglio stare su una sedia a rotelle durante il funerale di mio padre. Posso farcela. Ti dico cosa non posso fare: stare al funerale su una sedia a rotelle, come se fossi una specie di vittima. - Il discorso che mi ero preparata era molto più lungo, ma mi devo sbrigare.

Sbuffa scuotendo la testa. - Va bene, ma solo se ti reggi a me.

- Va benissimo! 

Mi prende in braccio e con gentilezza mi posa a terra tenendomi per le spalle. - Ce la fai? - chiede guardandomi con quei suoi occhioni celesti. Annuisco guardando a terra, sento il suo respiro sbattere sulle mie guance e questo mi fa capire quanto siamo vicini. - Ok, però continua a reggerti a me - aggiunge. Annuisco poggiandomi a lui, sento il suo braccio stringermi a lui e quel gesto mi fa sorridere.

- Eccoti! Stavo per chiamarti - esclama Jack venendo da me. Dopo essersi accorto di Jeremy inizia a guardarlo con diffidenza. - E tu sei...?

- Lui è Jeremy - lo presento. - È grazie a lui se sono qua.

Lo sguardo di Jack s'illumina e accenna un sorriso. - Jack, piacere - dice porgendo la mano a Jeremy.

- Jeremy - dice il ragazzo stringendo con forza la mano di Jack, molto probabilmente per fargli capire che non intende farsi trattare come un fenomeno da baraccone.

- Entriamo, su - esclama Jack avanzando.

Quando entriamo tutti gli sguardi delle persone sedute si posano su di noi e questo non fa altro che peggiorare la situazione. Per fortuna sono riuscita a convincere Jeremy a non farmi stare su una sedia a rotelle. - Smettila e calmati - ringhia Jeremy a bassa voce.

- Cosa? - chiedo guardandolo con occhi grandi. Ogni tanto non riesco proprio a capirlo. No ok, non riesco mai a capirlo. Credo faccia parte del suo fascino però, come ha detto Ivy.

- Il tuo cuore mi sta facendo venire il mal di testa.

- Appena tutta questa gente di volterà e smetterà di guardarmi, starò meglio - borbotto a bassa voce guardando a terra. In verità penso che finirà solo quando questa giornata sarà finita.

Ci avviciniamo alla bara di mio padre, sento il cuore in gola e le lacrime si fanno troppo insistenti e pesanti da trattenere. Una mano stringe la mia e mi accorgo subito che è quella di Jeremy. - Sta tranquilla - mormora al mio orecchio. - Ti lascio un po' sola. Appena hai finito lanciami un'occhiata e vengo da te.

- Grazie - dico con una voce strozzata. Mi siedo vicino la bara e mio padre e l'accarezzo, è fredda e... mi ricorda vagamente il freddo che emanava il suo corpo ormai privo di vita.

Osservo la bara di un marrone caldo, e... Dannazione, le lacrime fanno capolino ma sento il mio dolore come ovattato. 

Ehi, papà. Spero che tu e la mamma siate felici adesso. Mi mancate tutti e due, sto cercando di fare del mio meglio per non deludervi. Spero solo di star facendo la cosa giusta. Vi voglio bene. 

Guardo tutti i fiori che stanno accanto alla bara, prendo un petalo e lo accarezzo. Sembra tutto ghiacciato, eppure è soffice al tatto. Tutto sembra spingermi ad essere ghiacciata, fredda... sempre e comunque.

Mi dispiace non averti portato i fiori, spero che la tua noncuranza verso di essi sia ancora valida.

Guardo Jeremy e mi accorgo che  già mi stava osservando; forse mi stava proprio fissando. Si alza di scatto e viene verso di me, mi aiuta ad alzarmi e ci sediamo sulla prima panca della fila a destra. Cerco di non piangere davanti a lui, ma una volta iniziato è difficile smettere. - Se vuoi, puoi piangere. Ai funerali si piange sempre.

Gli stringo la mani. - Sei un angelo - mormoro io guardando dritto negli occhi.

Eppure si irrigidisce sempre di più, così tanto che mi fa irrigidire anche a me. - Non farlo - mi ammonisce.

- Cosa? - chiedo aggrottando la fronte.

- Non parlarmi così. Siamo a malapena amici, niente di più - borbotta lui.

- Jack? - chiedo io. Si gira verso di me. - Questa è... la chiesa dove si sono sposati, vero? Ricordo di aver visto una foto vecchia di loro due fuori.

- Come la mamma, tuo padre voleva che facessi il suo funerale qua - risponde Jack annuendo. - Volevano che l'inizio della loro storia e la fine della loro vita fosse racchiusa nella stessa chiesa.

Tutto d'un tratto mi rendo conto di non potercela fare. Mio padre è morto e così anche mia madre. Sono sola, sono morti tutti ed è solo colpa mia e del mio stupido potere. Mi alzo prima d'iniziare a piangere come una ragazzina, cosa che sono in effetti, ma di certo non voglio farlo capire a tutte le persone che sono qua.

- Cosa stai facendo? - chiede Jeremy guardandomi arrabbiato e tenendo le sue mani sui miei fianchi per non farmi andare via e per non farmi affaticare troppo.

- Non... - ringhio per poi togliergli le mani dal mio corpo. - Ce la faccio da sola.

- Avevi promesso - mormora lui guardandomi avvilito e arrabbiato allo stesso momento.

- Lo so, mi dispiace - dico per poi andare a passo veloce anche se i punti continuano a tirare. Apro le porte della chiesa e un vento gelido inizia a pungermi la faccia, così inspiro ed espiro. Un po' d'aria... Mi siedo sulla panchina senza zoppicare e mi ritrovo ad osservare il meraviglioso panorama davanti a me. Il mio petto si alza e abbassa molto velocemente e in meno di cinque secondi il mio viso è bagnato dalle mie stesse lacrime. 

Ridicolo. Questo è il posto dove i miei genitori si sono sposati e adesso è anche quello dove hanno fatto il loro funerale. Forse hanno appena rovinato tutto.

- Sapevo sarebbe successo - borbotta Jeremy.

- Lasciami sola - singhiozzo io. - Voglio rimanere sola.

- Cassie - mi chiama lui sedendosi vicino a me, mi giro dalla parte apposta per non farmi vedere mentre piango come una bambina. - Non ti devi nascondere, è normale la tua reazione - sussurra prendendomi le mani e facendomi girare.

- Andiamo all'Istituto - dico continuando a singhiozzare.

- Cosa? - chiede, incredulo.

- Voglio andarmene da qua.

- Tu vuoi scappare dalla realtà, Cassie.

- E allora? Che c'è di male? Puoi biasimarmi, Jeremy? Mi madre è morta, mio padre è morto e tutti e due a causa mia, e ora, come se non bastasse, ogni santo giorno lo devo passare dentro un Istituto dove tanto vengo ferita lo stesso, perché secondo loro sono veramente in grado di uccidere tutti i lupi mannari e vampiri, quando non è così!

- So cosa stai provando - risponde prendendo di nuovo le mie mani. - Ma scappare non renderà le cose più facili, anzi - aggiunge cercando i miei occhi.

- Non posso - mormoro guardando a terra. - Non posso vivere nella paura e nell'angoscia, Jeremy!

Fa un sospiro. - Vieni qua - sussurra abbracciandomi. Lo stringo a me piangendo ancora di più. Ora mi sento ancora più ridicola e indovina perché? Perché lo sono.

Dopo essere rientrati e aver visto la bara di mio padre andare sotto terra, accanto a quella di mia madre, siamo costretti a tornare all'Istituto. Stiamo per entrare quando sento una voce chiamarmi, è Derek.

- Ehi - lo saluto io mentre mi ricordo si essere sulla sedia a rotelle, questo mi fa arrossire un po'. Odio sembrare la malata del momento, quando in verità sono loro che esagerano.

- Mi dispiace così tanto - mormora abbracciandomi.

Sono stanca di tutti questi abbracci. Sono stata un'ora ad abbracciare tutte quelle persone che a malapena conoscevo e che mi dicevano "condoglianze" in continuazione, una dopo l'altra. Sembrano non finire più. - Già - borbotto stringendolo a me, eppure non posso fare a meno di sentire un amaro sentimento sotto tutti i miei: quello di Jeremy.

Derek si distacca da me e mi guarda con uno sguardo dolcissimo. - Guarda chi ti è venuto a trovare - aggiunge facendosi da parte.

Caroline scende dalla macchina e viene verso di me. - Ciao, bella - mi saluta abbracciandomi. - Ho saputo quello che è successo ieri sera.

- Ah si? - chiedo, infastidita.

- Se vuoi posso farti un incantesimo di guarigione - ribatte lei avvicinandosi a me, ma Jeremy mette subito un braccio davanti a me e così Caroline è obbligata a tirarsi indietro.
Guardo Jeremy perplessa. Cosa c'è ora? Un incantesimo di guarigione non mi farebbe altro che bene.

- No - ringhia Jeremy.

- Scusami, tu chi sei? - chiede Caroline facendo una smorfia disgustata. - Ah! - esclama lei sorridendo maliziosamente. Indica prima me e poi lui. - La stronzetta ha trova il suo sole - aggiunge per poi scoppiare a ridere, soddisfatta. - I miei sensi non mentono mai.

- Cosa? - chiede Derek, confuso.

- Ha trovato il ragazzo a cui è destinata - risponde Caroline. Alzo lo sguardo con cautela per vedere la reazione di Derek: mi sta guardando scioccato. - Chissà perché non l'ho visto subito. Determinati legami sono come un sole per noi- pensa ad alta voce la maga, ma io continuo a guardare Derek, preoccupata.

- Ok, noi dobbiamo rientrare - borbotta Jeremy. - Cassie - mi chiama, infastidito. Lo guardo non capendo cosa voglia da me, in questo momento voglio solo rimanere qua e chiedere scusa a Derek. - Dobbiamo rientrare - ripete.

- Giusto, va bene. Ci vediamo, ok, ragazzi? - chiedo guardando prima Caroline, che continua a sorridere e poi Derek, che tutto d'un tratto sembra arrabbiato.

- Certo - esclama Caroline.

- Già - borbotta invece Derek. Accenno un sorriso, ma lui si gira e se ne va, senza darmi il tempo di fare o dire altro.  Caroline fa una smorfia e gli corre dietro, da brava amica.

Quando rientriamo nell'istituto ci fermiamo sentendo una voce femminile chiamare - Jeremy. - Ovviamente è Biancaneve.

- Ciao - dice lui. Mi guarda come per dire "puoi andare da sola?".

Faccio un finto sorriso. - Io vado in camera mia. - Entro dentro l'ascensore senza guardarlo un secondo di più e pensando a come farmi scusare da Derek, ma dopotutto cosa ho da scusarmi? Non è certo colpa mia se Jeremy è la mia anima gemella e per la cronaca io provo qualcosa anche per lui. Quindi per cosa mi dovrei scusare se non ho voce in capitolo?

🗡️🗡️

Sono passate ore da quando ho visto Derek e il suo sguardo continua a perseguitarmi. Per fortuna qualcuno bussa alla mia porta, portandomi finalmente alla realtà. - Avanti - dico io continuando a stare davanti la finestra. È Louis Dempson.

- Ciao - mi saluta lui. Sorrido, ma mi metto subito a guardare un'altra volta fuori dalla finestra, un po' scombussolata. Non c'è molto da vedere purtroppo, ci sono tanti alberi con una sola strada sterrata. - Jeremy mi ha raccontato dell'incontro ravvicinato con i tuoi amici e - si ferma un attimo per guardarmi dritto negli occhi, - mi ha detto che posso fidarmi del vampiro. - Abbasso lo sguardo ricordando la tristezza che stavo provando fino a poco fa per colpa di Derek. - Quindi d'ora in poi potrai stare con lui, ma solo qua davanti, per il momento. Non me ne far pentire, Cassie.

Mi alzo di scatto dalla sedia sorridendo come una scema. - Non lo farò!

- Ok - borbotta lui.

Quando se ne va chiudendo la porta alle sue spalle, chiudo gli occhi e ringrazio Jeremy sperando che il pensiero gli arrivi e subito dopo chiamo Derek per comuniscarglk la grande notizia.

- Cassie, dimmi - borbotta, poco entusiasta di sentirmi a quanto pare.

- Il preside dell'Istituto mi ha dato l'autorizzazione di vederti tutte le volte che vogliamo! - annuncio io, troppo felice per non alzare almeno di un po' il mio tono di voce. A quanto pare,, mi sono veramente affezionata a questo vampiro e tutt'ora una parte di me cerca di essere diffidente nei suoi confronti, ma lui lo rende molto difficile.

- Davvero? - chiede lui. - È una bella notizia, ma credo che dovresti stare con Jeremy il più tempo possibile, invece che perdere tempo con un vampiro che di sicuro non è la tua anima gemella.

Faccio una smorfia, contraria. - Jeremy ed io non stiamo insieme. Lui è già impegnato e abbiamo deciso di rimanere solo amici - rispondo io, consapevole della bugia appena detta.

- Ah - dice lui. - Va bene, allora... arrivo.

- Si, va bene!- esclamo io guardando fuori dalla finestra. C'è qualcosa che non va, tutto d'un tratto mi sembra sbagliato. Chiudo gli occhi, concentrandomi su Jeremy, ma non... non riesco a sentire niente.

- A tra poco allora - mi saluta lui prima di attaccare.

Poco dopo la sua macchina è davanti l'Istituto, quindi mi metto una tuta ed esco dalla camera per andare giù, quando vedo Jeremy e Biancaneve baciarsi tanto amorevolmente. Abbasso lo sguardo prima di scoppiare a ridere o vomitare. Se vi vede Louis Dempson vi ammazza penso io sperando che il messaggio arrivi a Jeremy.

- Che succede? - chiede Biancaneve con il fiatone.

Sento lo sguardo di Jeremy puntato su di me, ma continuo ad andare verso l'ascensore senza fermarmi o girarmi verso di lui. Sono più forte di qualsiasi sentimento che provo verso di lui.
- Niente, ma è meglio se entriamo - risponde lui aprendo la porta. Biancaneve ride facendomi sentire il cuore più pesante. Se non fossi ferita l'avrei uccisa io, altro che Louis. La porta della stanza di Jeremy si chiude e proprio in quel momento l'ascensore arriva. Bel tempismo, complimenti!

- Ciao - mi saluta Derek per la seconda volta in un solo giorno, anche se il suo malumore sembra già sparito e con esso anche la pesantezza che mi procurava.

- Ehi - dico io. Cerco di sorridere e non pensare a Jeremy, dopotutto Derek è un bel ragazzo ed è dolce, cosa che Jeremy non è.
Mi rendo conto di quanto sia facile provare qualcosa per lui, nonostante la sua natura. Niente nei suoi movimenti o nelle sue parole mi ha dato l'impressione di un qualcuno pronto a ferirmi.
Mi ha salvato la vita tante volte, mi ha portato qua insieme alla sua amica... È stato lui il primo a parlarmi della mia vera natura.
Niente mi è sembrato così facile, come questo: guardarlo con devozione e rendermi conto che provo qualcosa per lui... Qualcosa di importante.

Ci mettiamo seduti per terra ed iniziamo a parlare, scherzare. Ad un certo punto Derek interrompe la conversazione e mormora: - Sono felice che tu ti fida di me.

Gli sorrido dolcemente. - È così facile per me fidarmi di te - rispondo. La sua mano accarezza il mio viso facendomi sorridere ancora di più. Ci guardiamo per un po' negli occhi, troppo timidi per fare un passo in avanti ma troppo in là per fermarci, e così dopo un po' il suo viso si avvicina al mio e le sue labbra sono l'unico contatto che sento veramente.

Si distacca da me per vedere la mia reazione e questa volta sono io a baciarlo. Il nostro bacio è delicato e dolce, come noi, come lui.
L'esatto opposto di Jeremy Ruterful.

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