Capitolo 28: Rapita

Mi sveglio a causa del sole, i suoi raggi entrano dalla finestra che è spalancata, spiegandomi il perché durante tutta la notte mi sono dovuta appiccicare ad Austin a causa del freddo. Infatti accanto a me trovo una schiena, quella di Austin, e il mio braccio continua a stringerlo; sembriamo una coppietta innamorata e per questo tolgo subito il braccio, rimarrei pure in questo stato se non fosse per il fatto che là fuori ci sta Jeremy e che potrebbe vederci da un momento all'altro. A terra c'è ancora Andrew che, nonostante la posizione e la scomodità del parquet continua a russare imperterrito; di Jeremy non c'è traccia e questo mi fa pensare che molto probabilmente è rimasto fuori tutta la notte. Scendo dal letto e guardo fuori dalla finestra, la scavalco e quando i miei piedi toccano l'erba bagnata rabbrividisco, ricordandomi che sto ancora in pantaloncini da basket di Austin e con una canottiera. A quanto pare sta notte devo aver dato il peggio di me visto che mi hanno addirittura cambiato i vestiti e sicuramente avrò sudato come mai prima d'ora, o non si spiegherebbe la canottiera.

– Cassie. – Mi giro di scatto, un po' spaventata e trovo Jeremy che sembra ancora più distrutto, gli occhi sembrano quasi infossati, non sono mai stati così rossi e spenti da quando ci conosciamo e ormai sono mesi che ci conosciamo. Sembra veramente sciupato, mi chiedo da quant'è che non mangia e una parte di me non vuole sapere la risposta, ma l'altra assolutamente si. – Che ci fai qua?

– Buongiorno – lo saluto io non rispondendo alla sua domanda. – Da quant'è che non mangi e non dormi?

– Ripeto, che ci fai qua? – ribatte lui senza un minimo accenno di sorriso, è così serio e inquietante che quasi mi fa paura. Abbassa lo sguardo per squadrarmi dalla testa ai piedi e la sua mascella s'irrigidisce ancora di più. – Devi rientrare, se non ti vuoi prendere l'influenza.

– Pensavo che saresti venuto a dormire prima o poi, e quando non ti ho visto ho pensato di venire qua...

– Sto bene – sbotta ancora più agitato. – Ora entra dentro, per piacere.

Aggrotto la fronte, preoccupata. – Non sembra – rispondo io avvicinandomi a lui, lo scruto in viso e per la prima volta in tutta la mia vita Jeremy abbassa lo sguardo con le guance un po' rosse. Cerco di non sorridere ma è impossibile, Jeremy con le guance rosse è ancora più dolce della cioccolata. – Dovresti entrare e dormire un po', non hai una bella cera. Da quant'è che non dormi?

– Non ho sonno – risponde lui guardandomi dritto negli occhi, con quello sguardo che non accetta repliche. – Entra dentro – ripete più freddo che mai. Si gira e mi accorgo della sua postura: le spalle incurvate, le gambe un po' tremanti, anzi tutto il suo corpo sembra tremare un po'.

– Ehi – mormoro io, ora preoccupata, lo giro stringendo il suo braccio. – Cos'hai? Stai tremando... – abbasso lo sguardo verso il suo corpo e poi alzo una mano per sentirgli la fronte, ma non c'arrivo e così mi devo accontentare della guancia. – Stai congelando.

– Smettila – ringhia lui allontanandomi in un modo che definirei quasi brusco. – Quante volte te lo devo ripetere prima che perdi una volta per tutte la pazienza? Entra. Dentro.

– Si può sapere cos'hai? Perché ti giuro che non me ne vado fino a quando non sputi il rospo, Jeremy Ruterful – sbotto io incrociando le braccia, solo ora inizio a sentire il freddo.

– Lascia stare, Cassie – esclama, arrabbiato. – Sto bene, quante volte te lo devo dire? – Rimango in silenzio continuando a guardarlo male, perché non ci credo nemmeno morta e perché dovrà ripetermelo fino a quando non starà veramente bene, solo allora smetterò di tartassarlo. Sbuffa mettendosi le mani nei capelli, si gira. – Non lo vuoi sapere veramente...

– Questo lascialo decidere a me – ringhio io, si gira per guardarmi e rimane in silenzio fino a quando non sbotto un'altra volta. – Sto aspettando!

– E va bene! – esclama lui. – Ti ricordi quando abbiamo dormito insieme? – Come scordarlo. L'immagine di noi due è ancora vivida nei miei ricordi, come se fosse successo ieri. Senza accorgermene m'irrigidisco, perché non mi aspettavo una domanda del genere, ma Jeremy se n'accorge subito e le sue guance si fanno ancora più rosse. – Quando mi sono svegliato – inizia con un accenno di sorriso, – io stavo a pancia in su e tu stavi con la testa appoggiata sulla mia spalla, mi abbracciavi come un koala e per la prima volta... – Si ferma e scuote la testa. – E sta mattina sono entrato per vedere se stavi meglio, visto che per tutta la notte non hai fatto altro che lamentarti, e ti ho vista abbracciata a lui. – Ride. – Sono semplicemente geloso e so che ti da fastidio, ma se fosse stato per me ti avrei presa e stretta a me dopo aver tagliato le mani a quello. Ma tu no. – Si ferma a guardarmi con diffidenza e quasi odio. – No, tu mi devi uccidere fino alla fine, giusto? – chiede ridendo e uccidendo me. – Perché, dai, tanto stiamo parlando del cattivo Jeremy Ruterful, quello che si porta a letto tutte le ragazze! Perché, in fin dei conti, Jeremy Ruterful è un ragazzo che sta per i fatti suoi, a cui non interessa niente di nessuno, che non prova niente.

– Jeremy...

– No, lo capisco – esclama lui ridendo. – Dopotutto anche tu fai parte del resto della gente, e tutti parlano di me come se fossi una specie di alieno, solo perché ho deciso di stare alla larga da loro. E fino a là mi andava bene, sai? Mi andava bene, perché chi se ne frega di quei cretini! Ma adesso ci sei di mezzo tu. – Ride. – Ci sei sempre di mezzo tu ora! E non mi sta più bene.

Rimango in silenzio per un po', con le mani cerco di farmi calore almeno sulle braccia mentre penso a tutto quello che mi ha appena detto. Mi ha appena spezzato il cuore. Non credo capisca fino in fondo quanto potere abbia su di me, tutto questo perché molto probabilmente non ne ha mai avuto così tanto e non è nemmeno a conoscenza di averlo. – Sono stata stupida – mormoro avvicinandomi a lui. – Mi dispiace. È solo che... tutta questa storia mi sta dando al cervello e non so cosa fare. Una parte di me ha solo bisogno di un po' di tempo per cercare di capire come va la vita, per cercare di capire bene quando il mondo mi è sfuggito dalle mie mani come l'acqua. – Scuoto la testa. – Ancora non posso credere a tutto quello che vedo. Tutti i giorni mi sveglio e mi chiedo dove mi trovo, sicura di stare a casa mia con almeno mio padre. Ma poi mi ricordo tutto e... e la forza che ci vuole ogni santo giorno per farmi alzare è veramente... Almeno tu devi capirmi, Jeremy. Ci conto. – Ormai sono con le lacrime agli occhi e per questo non lo guardo nemmeno negli occhi. – Perché so che tu hai sofferto tanto quanto me. E si, ti ho detto che non voglio avere una relazione con te perché so che provi qualcosa per Biancaneve e questo mi fa sentire terribilmente insicura, ma la verità è che... penso ancora che prima o poi mi sveglierò nel mio letto e tutto questo sarà stato solo un incubo. E l'ho capito solo ieri sera! – Rido. – E mi dispiace. Mi dispiace non averlo capito prima, mi dispiace averti fatto così male... Mi dispiace.

Mi prende la mano con tutte e due le sue mani e mi guarda dritto negli occhi. – Se credi di non farcela va bene: aspetterò. Ti aspetterò. È inutile dirti il contrario, perché la verità è che se fosse per me ti aspetterei per tutta la vita, e anche dopo la morte. Potrei benissimo essere uno di quei fantasmi che rompono le palle alla gente, giusto per avere un qualcosa da fare mentre ti aspetto.

Lo abbraccio di scatto e per pochi secondi sembra non gradire la situazione, poi fa una mezza risata, mi allontana di poco per aprire il cappotto e pochi secondi dopo siamo entrambi dentro di esso. Rido stringendolo di più e sentendo il calore sia del cappotto che di lui. – Non mi devi aspettare – mormoro io. – Non ce n'è bisogno.

Jeremy fa per dire qualcosa quando sentiamo la voce di Andrew. – Ah, ecco! Sono uscito perché ho sentito delle stupide vocine, poi vi ho visti e ho capito tutto – borbotta facendo uno di quei suoi sorrisini maliziosi. – Invece di farmi vomitare perché non entrate? Dobbiamo continuare l'incantesimo o non finiremo più.

Entriamo e mi siedo sul letto dove Austin ancora dorme, devo complimentarmi con lui visto che non credo di aver mai conosciuto una persona con un sonno così pesante. – Dovremmo svegliarlo – borbotta Jeremy. – Ci serve il letto.

– Ok, svegliamolo allora – esclama Andrew.

Mi fermo di scatto. – Zitti tutti! – esclamo sentendo la sveglia della madre di Austin. Abbasso lo sguardo verso l'orologio che sta sul comodino di Austin: le sei e mezza. – La madre di Austin si è appena svegliata. Oggi è lunedì. – Guardo Jeremy che annuisce, incitandomi ad andare avanti visto che non capisce. – Questo significa che la madre adesso verrà a svegliare Austin.

Jeremy sbianca. – Stai scherzando, vero? – chiede e così scuoto la testa. Qualcuno, o meglio la madre di Austin, bussa alla porta, mi giro verso Jeremy, in preda al panico, e lui mi prende il scatto il braccio e corre in bagno. Chiude la porta senza fare il minimo rumore e si gira verso di me, quasi riesco a sentire il suo cuore andare a mille.

– Dov'è Andrew? – sussurro io a bassa voce.

– Qua – risponde una voce che proviene dalla vasca, ci avviciniamo e lo troviamo dentro di essa. – Appena ho sentito la sveglia sono scappato. Quel ragazzino ha proprio la faccia di uno di quegli adolescenti che si fanno svegliare dalla propria madre. – Trattengo una risata ma mi fermo subito sentendo le mani di Jeremy posarsi sui miei fianchi; appoggia il suo mento sulla mia testa dopo avermi dato un bacio sui capelli e questa volta sorriso senza negarmi niente. – Bleah! Fate schifo – borbotta Andrew scuotendo la testa e facendomi ridere, senza farmi notare metto le mani sopra quelle di Jeremy. Se ne accorge subito e mi stringe un po' di più a lui.

– Mamma?! – urla Austin, sicuramente troppo spaventato per fare altro. – Che ci fai qua?

– Come tutte le mattine ti vengo a svegliare – risponde sua madre a tono. – Non usare quel tono con me, signorino. Sono tua madre e pretendo rispetto! Ho sentito delle voci sta notte, quindi o sono matta oppure c'è qualcun altro in questa camera.

– Sei matta – ribatte il figlio con voce tremante. – Non c'è nessuno qua. Purtroppo nemmeno una ragazza.

Trattengo il respiro per pochi secondi e poi corro verso la finestra per aprirla. – Che fai? – chiede Jeremy a bassa voce. Gli faccio segno di stare zitto e di uscire. – Perché? – chiede lui continuando a tenere il tono di voce più basso possibile.

– Conosco quella donna come le tasche dei miei jeans. Sta per vedere se state in bagno – rispondo io e a malapena sento la mia voce uscire, ma Andrew non se lo fa ripetere due volte perché è il primo ad uscire correndo e quasi cadendo a terra, Jeremy lo segue subito dopo con la solita grazia che a volte mi da fastidio e infine esco anch'io per poi accostare la finestra. Accenno un sorriso quando sento le mani di Jeremy posarsi sui miei fianchi per aiutarmi a scendere. – Ok – mormoro una volta a terra, sono vicinissima a Jeremy ma faccio finta di non accorgermene per concentrarmi. – Là! – esclamo puntando il giardino dei vicini pieno di fiori e soprattutto nascosto da un muretto. Mi ricordo che Austin ed io andavamo là quando non avevamo niente da fare e una vecchietta veniva sempre a lamentarsi con la madre di Austin per questo, ma stava antipatica pure alla madre quindi continuava a non dirci niente. Andrew si butta nei fiori come un angelo che ha calcolato male le distanze e poco dopo sentiamo un botto, ma siamo costretti a fare lo stesso quando sentiamo la finestra aprirsi di botto.

– Mamma, ma sei matta?! – tuona Austin chiudendo la finestra, inizia a litigare con lei dicendole che ormai è un ragazzo e che ha bisogno della sua privacy per non parlare del fatto che deve riuscire a credergli, perché ogni madre doveva credere al proprio figliolo.

Intanto abbasso lo sguardo su Jeremy che sta per scoppiare a ridere e così mi sbrigo a mettergli una mano davanti la bocca; è tutto rosso per lo sforzo che sta facendo, so che tra un po' si metterà a ridere come un matto ma non è proprio il momento ideale. Sento il suo respiro battere sulla mia mano mentre cerca di ridere facendo un rumore minimo. Poco dopo la la porta principale si apre e Jeremy si ferma spalancando gli occhi. Le urla di Austin si sentono fino a qua mentre continua a ripetere alla madre che è completamente fuori di testa, che non c'è nessuno in casa e che ora lo sta spaventando veramente, i passi della madre però si fanno sempre più vicini. Strizzo gli occhi e rimaniamo tutti fermi aspettando l'inevitabile e cioè l'ira della madre di Austin, ma i passi si fanno un'altra volta lontani e così tolgo la mano da davanti alla bocca di Jeremy e mi sdraio a pancia in su con il cuore che continua a martellarmi nel petto, ancora troppo spaventata e scioccata per fare altro che rimanere in silenzio.

– Scusatemi – dice Jeremy, divertito, e ricomincia a ridere. Chiudo gli occhi e poi scoppio a ridere anch'io, nervosa e divertita.

– Voi siete tutti matti! – esclama Andrew. – Stava per scoprirci! – Faccio finta di niente, più che altro perché non riesco a smettere di ridere e quindi non riesco nemmeno a respirare. Poso la testa sul petto di Jeremy continuando a ridere e sentendo la sua. – Malati – borbotta il mago tra un sospiro e l'altro.

– Ehi, entrate! – mormora Austin, così mi alzo di scatto e lo guardo: è affacciato alla finestra del bagno e mi sta guardando dritta negli occhi con un sorriso che riconosco subito, sapeva che eravamo là perché ci andavamo anche noi un paio di anni fa. – Su, sbrigatevi! Prima che quella pazza di mia madre faccia un'altra perquisizione!

– Io direi di andare da qualche altra parte – borbotta Andrew con il fiatone.

– E dove? – chiede Jeremy.

– Questa – risponde alzando l'indice, – è una bella domanda.

– Austin, io vado, tu non fare tardi! – urla la madre di Austin e tutti c'irrigidiamo sentendo quella voce, figlio compreso. Tutti guardano la porta, aspettando che la madre entri, ma io e Austin sappiamo che quando saluta in questo modo significa che non ha altro tempo da sprecare e che è in ritardo.

– No, mamma, tranquilla! – risponde Austin e così poco dopo la porta principale si chiude e tutti sospiriamo, contenti. – Perché non mi avete svegliato prima? Cazzo, mi è preso un colpo!

– I piccioncini sono stati i primi a svegliarsi quindi dai la colpa a loro, erano troppo occupati per fare la pace e abbracciarsi – esclama Andrew. – E poi che ne so io che tua madre ancora ti viene a dare il bacetto del buongiorno?!

– Si dice "bacio della buonanotte", idiota – borbotta Jeremy.

– È uguale – sbotta Andrew.

– Non importa. Rifacciamo l'incantesimo o no? – interviene Austin visto che io sto cercando di non ridere al "bacio del buongiorno" per farlo.

– Vuoi dire che io faccio l'incantesimo e voi stata qua a guadare. – Mi sdraio un'altra volta senza bisogno di altre parole inutili: è ora d'iniziare e farà un male cane. Andrew posa le sue mani sulle mie tempie. – Pronta? – chiede e così annuisco. Una mano afferra la mia, non è quella di Austin, la sua è più massiccia e goffa; quella di Jeremy invece è quella di un uomo ma le dita non sono grosse come quelle di Austin, in più nella mano destra Jeremy ha una cicatrice proprio al centro della mano e in questa mano che mi sta tenendo stretta c'è.

Per l'ennesima volta sento il dolore iniziare dalla testa per poi invadere tutto il mio corpo; stringo la mano di Jeremy sentendo il dolore sempre più forte. – Sbrigati a farla svenire! – tuona Jeremy continuando a guardarmi fisso negli occhi, ma mi è sempre più difficile rimanere ferma e continuare a guardarlo negli occhi.

– Come se potessi controllarlo – ringhia Andrew. Un urlo esce dalla mia bocca sentendo la testa troppo, troppo pesante, sfilo la mia mano da quella di Jeremy per portarmele entrambe alla testa, cerco di far smettere Andrew stringendogli le sue, di mani. – Prendile le mani! – urla Andrew e dopo pochissimo tempo Jeremy prende i miei polsi.

– Cassie – mormora Jeremy alzandosi per far sì che lo guardi, quando in realtà i miei occhi continuano a scattare da una parte all'altra senza la mia autorizzazione e il mio corpo continua ad inarcarsi a causa del dolore. – Cassie, guardami! – esclama Jeremy e lo guardo negli occhi anche se ormai non riesco a vedere bene tra le lacrime e gli occhi che mi bruciano come se ci fosse il fuoco dentro. Vedo le labbra di Jeremy muoversi e nessun suono mentre tutto diventa più scuro.

Appena torno nel mondo reale il dolore si fa risentire. – Ehi – mormora qualcuno, nella mia testa c'è l'eco della sua voce e solo dopo un po' capisco che si tratta di Jeremy, apro lentamente gli occhi e la prima cosa che vedo è il sorriso tirato di Jeremy. – Ce l'abbiamo fatta, Cassie – continua stringendomi un po' la mano. – Niente più magia nera. – Mi sforzo per fare un sorriso ma chiudo subito gli occhi e mi addormento.

Quando mi sveglio penso che siano passati pochi minuti ma quando vado a sbattere contro qualcosa di morbido capisco che non è così. Capisco di essere sdraiata sul sedile della macchina, mi lamento sentendo ancora l'eco di ogni minimo rumore e un mal di testa veramente esagerato. – Non ti alzare – esclama Andrew e sento l'eco nella mia testa così strizzo gli occhi. – Lo so, tra un po' ti passerà.

– Dove stiamo andando? – bofonchio io e sono sicura che Andrew non ha capito, infatti poco dopo chiede a Jeremy cos'ho detto.

– Dagli Anziani – risponde Jeremy. – Anzi – sento la macchina fermarsi, – siamo arrivati. Tu rimani qua, mi hai capito? – chiede girandosi verso di me. Apro un occhio e incrocio subito il suo sguardo preoccupato, annuisco. – Promettimelo, Cassie. – Non ce la faccio a parlare quindi annuisco e gli stringo un dito della mano. In realtà volevo stringergli la mano ma a quanto pare sono riuscita a stringere solo un dito. Sorride e mi bacia la mano. – Arrivo tra poco, ok? – chiede prima di andarsene senza bisogno che io annuisca.

Non faccio in tempo a chiudere gli occhi, o almeno così mi sembra, che lo sportello della macchina si apre e si chiude, quando aro gli occhi vedo Jeremy. – Già fatto? – mormoro.

– Si – risponde lui freddamente, accende il motore facendo finta di non accorgersi che qualcosa mi sembra strano. La prima cosa che penso è che hanno ucciso Andrew davanti ai suoi occhi, la seconda è che non è veramente lui.

Jeremy?, chiedo.

Dimmi, risponde subito Jeremy nella mia mente e questo mi sembra ancora più strano, perché se fosse lui si sarebbe girato. C'è veramente qualcosa che non va, ma non so se è perché è scioccato per qualcosa o perché non è lui e basta.

Dove sei?, chiedo io, perplessa.

Come dove sono... Sono qua, con Andrew. Stanno decidendo cosa fare con lui, risponde ancora più perplesso Jeremy e il mio cuore fa un balzo.

Mi siedo subito senza calcolare i giramenti di testa. – Chi sei? – chiedo guardandolo dallo specchietto, si mette a ridere ma quello non è il sorriso di Jeremy... e quelli non sono più i suoi capelli, e quelli non sono più i suoi occhi. Lentamente Jeremy si trasforma in un uomo sulla trentina.

– Vedo che ci hai messo pochissimo a capire – ribatte l'uomo guardando avanti a sé mentre omria la macchina avanza. Faccio per aprire la porta ma è bloccata e non riesco a sbloccarla. – È inutile – cantilena lui, felice.

Jeremy, aiutami! Jeremy, mi stanno portando via! Aiutami!, cerco di parlargli nella mante ma più lontano mi faccio e più so che è difficile. Cerco di spaccare il vetro dello sportello ma niente, non ci riesco. Sbatto più volte le mani sul finestrino, disperata e tremante, urlando per farmi sentire da qualcuno.

– È tutto inutile – continua l'uomo. – Vedi, mi dispiace. Amavo tua madre e tu le assomigli un sacco. Certo, i capelli li hai persi da tuo padre, ma gli occhi sono uguali a quelli di tua madre.

Lo guardo scioccata, mi giro verso l'entrata del palazzo con le lacrime agli occhi. Jeremy esce dal palazzo correndo così veloce che ho paura si cappotti da un momento all'altro, ma non succede. Riesco a sentirlo anche da questa distanza mentre urla il mio nome così tante volte che ad un certo punto non si capisce più che sta dicendo. Credo sia a causa del nostro potere che io riesca a sentirlo, perché non avrebbe senso sennò. Cerco di rimanere calma, perché so che mi sta guardando, so che tutti mi stanno guardando e non posso fargli capire che ho veramente paura di quest'uomo, che sembra conoscere i miei genitori. Molta altra gente esce dal palazzo subito dopo di lui e mi guardano con la bocca spalancata. Non mi do per vinta e, dopo aver fatto un respiro profondo per cercare di smettere di tremare, cerco di aprire un'altra volta lo sportello della macchina.

– Ti ho già detto che è inutile. È bloccato da un incantesimo, così come i finestrini, è per questo che non riesci a romperli. È una cosa troppo forte, vero? – esclama l'uomo e vederlo così eccitato mi fa ancora più paura.

– Cosa vuoi da me? – chiedo io, esasperata e con voce tremolante. Odio fargli capire che me la sto facendo sotto ma non posso farci niente: sto morendo di paura e non c'è nessun modo per nasconderlo. – Sei un mago, quindi non c'entri niente con me! Cosa vuoi?!

– Ti facevo più furba, Whitesun – sospira lui, più tranquillo di prima. – Non sono un mago, sono un vampiro. – Sorride. – Ti spiegherò tutta la storia una volta arrivati a casa. – Aggrotto la fronte cercando di mantenere il controllo, ma è veramente difficile quando un pazzo maniaco parla così tranquillamente della propria casa e sul fatto che dobbiamo parlare. Mi giro un'altra volta ma non vedo più nesso, perché nessuno mi sta seguendo. Nessuno sta cercando di salvarmi. Nemmeno Jeremy. Sento il petto farmi male, non perché Jeremy non mi sta aiutando, so che qualcosa sta cercando di fare e so che riuscirà ad aiutarmi anche se non è qua fuori; quel dolore al petto è a causa di quest'uomo. Il solo pensiero che abbia a che fare con la morte di mia madre e mio padre... Sussulto e poco dopo vomito tutto quello che ho nel mio stomaco, o che avevo fino a pochi secondi fa.

– Toccherà a te pulirla dopo, cara Cassie – aggiunge subito, come per dire che non vado da nessuna parte, che d'ora in poi vivrò insieme a lui, e quasi vomito un'altra volta, ma ho solo un sussulto perché ormai non ho più niente dentro lo stomaco.

Dopo un'ora di macchina sento essa fermarsi, l'uomo si gira di scatto facendomi sussultare e mi sorride. – Siamo arrivati! – esclama lui, più eccitato che mai. Lo guardo schifata e così alza gli occhi al cielo. – Ok, adesso puoi uscire.

Appena metto piede fuori dalla macchina cerco di scappare ma faccio pochi passi visto che mi ritrovo l'uomo davanti a me e sono costretta a fermarmi bruscamente. Trattengo il respiro vedendo il suo viso diventare sempre più mostruoso, urlo sentendo il mio sangue uscire ed entrare nella bocca del vampiro. Fa malissimo, chiudo gli occhi e faccio per cadere a terra, senza forze, ma il vampiro mi tiene in piedi per togliermi il sangue restante.

Sento la testa girarmi appena apro gli occhi, sbatto più volte le palpebre per cercare di mettere a fuoco e sussulto appena vedo l'uomo. Speravo veramente fosse tutto un incubo. – Speravo veramente che avessi ancora il tuo scudo – mormora fissandomi, così alzo lo sguardo, ha gli occhi neri come i suoi capelli. – Dopotutto ti dovevo ancora raccontare la mia storia. – Si siede davanti a me mentre faccio una fatica enorme a tenere gli occhi aperti. Sono successe troppe cose oggi. Troppe. – Mi chiamo Jason, conobbi tua madre all'età di vent'anni. – Ride. – O meglio quando aveva vent'anni io ne avevo trentuno, come adesso dopotutto. – Fa un sospiro. – Ero già un vampiro quando la incontrai, ma non glie lo dissi, sapevo che l'avrei solo spaventata e per cosa? Niente. A quell'età tua madre aveva ancora i capelli lunghi e castani, non aveva ancora nessun capelli bianco e quegli occhi. – Ride. – Le stavano d'incanto. – Gli occhi le stavano d'incanto? Ci credo, erano i suoi! Lo guardo schifata. – La vidi in un bar, entrò con delle sue amiche e mi rapì all'istante. L'amai subito. – Mi viene da vomitare veramente, sento tutto il mio stomaco stringersi fino a quando non ho un conato, ma non succede niente. – Così mi avvicinai a lei ed iniziammo a parlare. Era molto timida e rideva sempre. – Mi accarezza facendomi piangere ancora di più. – Un po' come te. Ma tua madre non rideva perché era imbarazzata, rideva e basta.

Cerco di allontanarmi da lui. – Non mi toccare! – tuono, ma senza guardarlo negli occhi.

Ride. – Comunque – continua rimettendo le mani sulle sue gambe, – iniziammo a vederci come amici, visto che continuava a dirmi che era fidanzata con un ragazzo e che lo amava alla follia... Se ancora non l'hai capito si trattava di tuo padre. Poi una volta si tagliò una gamba ed io non resistetti. – Rimane in silenzio per un po', con lo sguardo lontano e la paura prende il sopravvento: di solito i pazzi fanno così prima di dare di matto. – La morsi e fu fantastico.

Aggrotto la fronte concentrandomi, non voglio vomitare un'altra volta. – Basta – mormoro io con la poca voce che mi rimane. – Ti prego, basta. – Ricomincio a piangere, è più forte di me. Questo è stato il mio incubo e il mio sogno nel cassetto da quando mia madre è morta: incontrare chi l'aveva uccisa. Volevo ucciderlo con tutta me stessa e la cosa non è cambiata affatto, ma di certo non mi sarei mai aspettata una scena del genere. È difficile non perdere la testa ora come ora.

– Ssh – dice mettendomi un dito davanti le labbra, strizzo gli occhi. – Per fortuna riuscì a non ucciderla, ma era spaventata a morte. – Ride. – A morte, capisci? – Scuoto la testa piangendo, è completamente matto. – Scappò appena ebbe la possibilità di farlo ed io no riuscii a rincorrerla, il ché è divertente perché sicuramente l'avrei presa se solo... – Faccio per vomitare ma lui prende il mio viso e lo alza per guardarmi negli occhi. – Va tutto bene, tesoro. – Abbasso lo sguardo,s tanca. – Poco dopo riuscii a trovarla ma lei stava con tuo padre e cercarono di uccidermi con le loro stupide armi. – I suoi occhi diventano tutto d'un tratto neri e così cerco di urlare ma esso rimane incastrato nella gola. – Tranquilla – esclama lui mentre i suoi occhi diventano sempre più umani. – È la rabbia – ribatte sorridendomi. – Dopo quell'episodio non mi feci più vivo. Loro ovviamente non riuscirono ad ammazzarmi ma non volevo rischiare... Si trattava della ragazza che amavo ma tutto ha un prezzo ed io non sono e non ero disposto a sacrificare la mia vita per dire ad un umano che l'amo e che non gli farei mai del male.

– Ma l'hai fatto – lo interrompo io guardandolo dritto negli occhi con disgusto. – Le hai fatto male.

Fa un finto sorriso. – Fu uno sbaglio – risponde freddamente.

– Uno sbaglio che avresti sicuramente rifatto – ribatto io. – Amavi mia madre ma l'hai detto pure tu... il suo sangue era fantastico. – I suoi occhi diventano un'altra volta neri, trattengo il respiro fino a quando non diventano un'altra volta normali.

– Comunque... dopo dieci anni sentii che tua madre aveva partorito una bambina. Avevo un piano. – Si ferma per un po'. – Ucciderti subito per far soffrire tua madre. – Ride. – Così quella stronza avrebbe sofferto un po', un bel po'. – Cerco di alzarmi per ucciderlo di botte ma non ci riesco. Ride. – Tranquilla. Come ho già detto, amavo tua madre... ma l'odio che provavo per lei e tuo padre era più forte. Puoi immaginare l'odio che provo verso di te. Appena ti vidi, fuori dalla finestra di casa vostra, capii cosa fossi: una Whitesun. – Scoppia a ridere. – Non potevi darmi un motivo migliore per ucciderti. L'ennesimo motivo! Ma poi pensai che fosse meglio aspettare, vedere come i tuoi genitori ti volevano sempre più bene per poi strapparti dalle loro mani ed ucciderti. Aspettai quindici anni. Quindici stupidi anni, ma alla fine cosa sono quindici anni quando hai l'eternità davanti? – Si ferma per guardarmi e sorride ancora di più. – Passarono ormai un po' di mesi dal tuo compleanno. Quattro? Oh, no! – esclama alzando l'indice. – Sette! Tu ormai stavi da un po' con quel ragazzo. Pensai di uccidere anche lui ma alla fine mi stava simpatico. – Ride. – L'essere diversi mi ha sempre affascinato. Volevo prima fare una sorpresa a tua madre, poi il giorno dopo ti avrei uccisa. La sorpresi quando stava rientrando a casa. Mi ricordo ancora il suo sgaurdo impaurito quando mi vide, cercò di entrare in casa ma fui più veloce. – Si ferma ancora una volta e il suo sguardo si fa ancora una volta lontano. – Volevo solo farle un po' di paura, ma poi mi accorsi che mi stava per uccidere così pensai di ucciderla prima io. – Scuote la testa. – Continuo ad amarla, sai? Ma lei non ha mai meritato il mio amore. Non lo meritava per niente.

Scuoto la testa piangendo. – Lasciami andare. Per favore. – Lo guardo negli occhi. – Lasciami andare...

– Non posso – m'interrompe subito lui. – Vedi... tu sei una Whitesun e hai il coltello. – Si alza dalla sedia e chiudo gli occhi per non guardarlo. So benissimo che sta per uccidermi, mi chiedo solo come. Cerco d'immaginarmi Jeremy e stranamente riesco a vederlo: sta all'Istituto e guarda lo schermo di un computer, cerco di fare lo stesso e capisco che sta cercando di rintracciarmi.

Apro gli occhi di scatto sentendo un dolore incontrollabile alla schiena, cerco di urlare ma non ci riesco perché non respiro. Scoppio a piangere un'altra volta, ormai in preda al panico e al dolore. Jeremy si alza di scatto dalla sedia e dice qualcosa, ma non riesco a capire cosa.

– Lo so, mi dispiace – borbotta l'uomo dietro di me. Non provo nemmeno a guardarlo, l'unica cosa a cui penso è respirare. Devo riuscire a respirare. – Ma ti devo uccidere. – Sento un altro sparo e questa volta riesco ad urlare, così forte che rimango subito senza voce. Strizzo gli occhi sentendo la pallottola entrare nella spalla.

– Cassie! – La voce di Jeremy è l'unica cosa che mi fa rimanere abbastanza lucida, abbastanza da tenere gli occhi aperti ma non così tanto da riuscire a capire quello che continua a blaterare il vampiro. Mi gira la testa e mi fischiano le orecchie, so di star perdendo molto sangue perché sento la maglietta calda e appiccicosa e non solo di sudore.

– Non sono mai stato bravo con le pistole – borbotta il vampiro.

Vorrei dirgli dammela a me, ti faccio vedere io come si usa; ma non posso. Cerco di fare un respiro profondo ma i polmoni hanno un qualcosa che non va, o semplicemente mi fa troppo male il corpo per riuscire ad ispirare così tanto. – Non servirà a niente – bofonchio io a bassa voce. – Ho ancora il mio scudo.

– Ne sei sicura? – chiede un altro uomo, non è Jason. Alzo lo sguardo e incontro quello di un uomo nero. Ciao, Whitesun.

Aggrotto la fronte, confusa. – Chi sei?

– Il mago – risponde subito l'uomo con la stesa tranquillità del compagno. Apro lentamente la bocca per cercare di parlare ma il mago si avvicina a me e mi tocca il naso, fa vedere l'indice dove c'è il mio sangue. – Ti sta uscendo il sangue dal naso, il ché significa che il mio incantesimo ha appena funzionato. Questa volta sono passato subito alla rimozione dello scudo da Whitesun, senza altri impicci.

Ha delle bruciature in faccia ed è completamente pelato, una parte di me vorrebbe chiedergli cosa gli è successo ma in realtà non m'interessa tanto. Devo continuare a fissarlo, so benissimo che gli da fastidio. A chiunque con delle bruciature del genere darebbe fastidio e la mia maleducazione ha fatto capolino da un po' di tempo ormai. – Perché lo fai? – chiedo con la poca aria che riesco a respirare.

Ride. – Perché sono un mago della luna! – esclama, si avvicina a me piegando le gambe per guardarmi dritto negli occhi. – A noi maghi della luna ci piace provocare dolore. – Mi sorride un'ultima volta e poi si alza e inizia a camminare. – Ho incontrato molte Whitesun e nessuna sembrava essere in grado di fare il proprio lavoro. Troppo stupida, troppo competitiva, troppo fifona, troppo fifona, toppo fifona. Ve la fate addosso, sempre. – Sbuffa e prende la pistola dalla mano del compagno.

Faccio un altro respiro profondo sapendo quello che sta per succedere. Penso a Jeremy e poi lo sparo è l'unica cosa a cui penso. Pochi secondi dopo la pallottola mi entra nel petto e il dolore è così lacerante che non riesco nemmeno ad urlare ormai. Il mago invece sembra felice ed orgoglioso di sé stesso.

Jason mette una mano sulla mia spalla e inizia ad accarezzarmi, chiudo gli occhi solo perché ho capito che quando uno dei due è in pericolo la connessione tra me e Jeremy è più forte e basta chiudere gli occhi e pensare all'altro. Sta in macchina, le sue mani tremano e il suo cuore va molto più veloce del mio, gli occhi sono sbarrati e continua a ripetere cose senza senso; accanto a lui c'è qualcuno ma non riesco a vedere chi.

– Addio, Cassie – dice il vampiro. – Salutami tua madre.

Riesco a respirare un po' d'aria e buttarla fuori, ma poi non sento più niente, nessun rumore, niente aria. Tutte le parti del mio corpo si rilassano...

Sento che sto per cadere, sto andando velocemente da qualche parte nel buio, non c'è più niente attorno a me. Poi tutto d'un tratto mi ritrovo nella sala degli Anziani e sto per cadere di faccia sul pavimento, ma il Terzo Anziano mi ferma con uno dei suoi mille poteri. Quando apro un'altra volta gli occhi tutti e tre gli anziani mi stanno guarendo le due ferite, ma non c'è traccia del Secondo.

Appena riescono a guarirmi completamente inizio a tossire e poso la fronte sul pavimento gelido continuando a piangere come una bambina piccola. Delle mani iniziano a massaggiarmi la schiena come un segno di consolazione. – Cassie... ora stai bene – mormora Jeremy, ma so che non è vero, perché quei due sono ancora vivi e i miei genitori no. Scuoto le spalle e così Jeremy si allontana, nonostante il mio viso sia nascosto dai capelli madidi di sangue e sudore mi metto le mani davanti per non farmi vedere e per attutire il rumore de miei singhiozzi che nella sala rimbombano, ricordandomi che sono davanti a tre Anziani e al mio ragazzo, il quale sta soffrendo per me.

– Cassie Moonic – mi chiama il Terzo Anziano quando sto iniziando a tranquillizzarmi. Non mi alzo ma lo guardo rimanendo a terra. – Puoi alzarti se vuoi. Ci dispiace molto per quello che ti è accaduto, ma ora devi smettere di piangere e comportarti come un'adulta, che purtroppo ancora non sei.

Ecco quello che mi chiedono: comportarmi come un'adulta, quando ancora non posso esserlo, e tutto questo perché? Stanno facendo tutto questo solo perché sono una delle maledettissime Whitesun, solo per questo. E odio ammetterlo, ma il vampiro, Jason, ha ragione: abbiamo paura quando non ne abbiamo il diritto, perché si, tutti tentano di ucciderci ma noi possiamo non morire. Quante volte sono morta senza morire veramente? Quante volte sono rimasta nel vuoto, aspettando il verdetto? Quante volte mi hanno riportato in vita? Eppure ci possono uccidere con la stessa facilità; basta solo toglierci lo scudo.

– Dov'è il Secondo Anziano? – mormoro io rimanendo sdraiata.

– Non potevamo semplicemente portarti qua, il Secondo Anziano è andato al tuo posto, dovrebbe tornare a momenti – risponde il Primo Anziano. – Lo sai che ti ha appena salvato la vita, vero?

Abbasso lo sguardo verso il pavimento, niente di tutto questo ha senso. Niente. E lo devo accettare, perché in questo mondo niente ha mai senso.

– Cassie – mormora Jeremy facendomi alzare con la forza, mi toglie una ciocca di capelli dal viso. – Stai bene adesso, ok? Devi pensare così, perché sennò non starai mai veramente bene. – Mi accarezza il viso con delicatezza. – Sta a te ora decidere. Avrai vendetta, questo è sicuro. Quindi ora ti resta solo andare avanti. – Il mio mento trema come non mai mentre cerco di non piangere, lo abbraccio stringendo con la mano la sua maglietta per cercare un diversivo, un qualsiasi cosa che non mi faccia pensare al dolore interno che sto provando adesso. Mi stringe a lui nonostante la sporcizia e la puzza, e glie ne sono grata.

Una luce azzurra si posiziona in mezzo alla stanza iniziando a fare sempre più luce, fino a quando non prende la sembianza di una persona: me stessa. Rimango senza fiato per un po' vedendomi da questa prospettiva; con il trucco calato nero sotto gli occhi, il viso bagnato dalle lacrime e dal sudore, i capelli che sembrano più rossi che biondi ormai, la maglietta strappata nelle parti dove mi hanno ferito e rossa per colpa del sangue, i jeans neri sembrano un colore ancora più scuro se possibile. Sono veramente orribile con tutto quel sangue, quel sudore, quell'appiccicume addosso. Per fortuna dura poco perché si trasforma subito nel Secondo Anziano, impeccabile come sempre.

– Molto meglio – esclama il Secondo sorridendo al suo corpo. – Mi è mancato avere il mio corpo per questi pochi minuti. – Mi guarda e fa una smorfia. – Sei messa proprio male, eh, Whitesun? Pensavo che stessi meglio guardandoti da una prospettiva diversa. – Faccio per dire qualcosa quando mi ferma. – Lo so, non mi ringraziare.

– Prima che ve ne andiate dovete darci la vostra parola che quello che è successo oggi rimarrà tra queste mura. Non dovrete dire a nessuno quello che abbiamo fatto per salvare la Whitesun. Non è una cosa che facciamo spesso, perché se facessimo questo ogni volta che una persona è in pericolo di vita allora saremmo veramente a corto di poteri. È successo una volta e non succederà mai più – ci ferma il Quarto Anziano. – Non si ripeterà una seconda volta.

– Certo, va bene – risponde Jeremy prendendomi per mano. – Non lo diremo a nessuno, ve lo promettiamo.

– Cassie? – mi chiama il Quarto.

– Non lo dirò a nessuno, ve lo prometto – ripeto io.

– Bene. Ora potete andare – ribatte il Primo Anziano.

Jeremy mi trascina praticamente fuori ma non posso andarmene così, quindi lascio la sua mano e mi giro verso gli Anziani. Ho così tante domande... – No, aspettate! – esclamo io, mi guardano. – E il vampiro? E il mago?

– Sono tutti e due morti.

Rimango senza fiato un'altra volta.

pXC+

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