Mimmo nello specchio

Ma le cose non vanno sempre secondo i piani. Quando rincasa, infatti, Domenico trova Marica stesa sul divano, avvolta fin sopra la testa in una coperta pesante. Si avvicina, nota che dorme e neanche l'averla chiamata la sveglia dal suo torpore: le mette una mano sulla fronte e capisce abbia la febbre. Nota ai piedi del divano la scatola di antipiretici e il bicchiere d'acqua vuoto, immagina quindi abbia già preso una pastiglia. Mette a fare del thè e intanto si cambia. Riesce a svegliarla e a farle bere mezza tazza.

"Stanotte la passo qui, non vengo a letto... non voglio contagiarti..." gli dice Marica con una voce bassa e nasale.

Le fa una carezza e la copre per bene. Ha fame: in frigo c'è un pezzo di parmigiana avanzato, la scalda e la accompagna con un po' di insalata di quelle imbustate già pronte all'uso, il suo salva cena preferito. Dopo aver sparecchiato e lavato quel poco di stoviglie, si ritira in camera. Resta per qualche minuto ad occhi chiusi, forse ci resta un po' troppo, visto che si addormenta. Sogna la stessa scena di prima: lui che rincasa e trova Marica stesa sul divano. Ma quando si avvicina non è lei che dorme, febbricitante: è Arianna. Non appena si accovaccia di fronte a lei, Arianna apre gli occhi di quel colore nocciola, tendente al giallo, che proprio quella mattina avevo potuto apprezzare da vicino. Non è malata: si scopre lentamente e si mette a sedere: ha la stessa camicetta rosa e la stessa gonna nera che indossava durante l'incontro, mentre i capelli sono sciolti e scivolano morbidi al lato del suo collo.

"Ti piaccio ancora come dieci anni fa?" gli chiede con voce sensuale.

"Sì...anzi no, mi piaci ancora di più..." le risponde.

"Perché non me l'hai mai detto...intendo a scuola...perché non ci hai mai provato?" gli chiede ancora.

"Non ne avevo il coraggio. E tu non avresti mai preso in considerazione uno come me..."

"E adesso invece, Mimmo, avresti il coraggio di provarci?"

"Non chiamarmi così, Mimmo non esiste più. Ci ho messo anni a liberarmi di lui..."

"A me Mimmo piaceva molto...ti ricordi di quella volta che te ne stavi nascosto in palestra e mi hai vista mentre mi baciavo con Filippo?"

"Non volevo giocare a basket...erano tutti più alti di me in classe e mi chiamavano TAPPO...e comunque non ti stavo spiando..."

"Sì che lo stavi facendo...e so anche che eri geloso, per questo non ho fermato Filippo quando ha intrufolato una mano sotto la mia maglia e mi ha toccato il seno..." continua a bisbigliargli in un orecchio, con voce sempre più sensuale.

Lo annusa, accarezza il suo viso, avvicina pericolosamente le labbra a quelle di lui e...si sveglia. Si mette a sedere, ha il battito accelerato ed è sudato. Se non fosse Marica quella malata potrebbe pensare di essere lui quello che sfebbra. La sveglia digitale segna sul muro, in rosso, l'orario: sono le due di notte. Ha la bocca secca, va in cucina a prendersi un bicchiere d'acqua: Marica è ancora sul divano ma ha cambiato posizione. Si avvicina ancora con il bicchiere mezzo pieno in mano e le accarezza la fronte, che è finalmente tornata fresca. Le lascia il bicchiere da cui ha bevuto solo due sorsi d'acqua e se ne va in bagno. Si lava la faccia e i polsi e rimane a fissarsi allo specchio. Il sogno gli ha ricordato un episodio che credeva di aver dimenticato: le ore di educazione fisica erano le peggiori per lui, un ragazzino di sedici anni di un metro e sessantacinque e ottanta chili di peso. Oltre ad essere bassino non era neppure agile. Si era nascosto negli spogliatoi e poi erano entrati Filippo e Arianna. Aveva sognato tante volte di baciare una ragazza, ma a sedici anni non ne avevo ancora trovata nessuna che volesse baciarlo. O meglio, lui ne voleva baciare una sola, le altre non gli interessavano. Era rimasto davvero a guardare, almeno fino a quando non aveva pestato una carta e Filippo aveva gridato a chiunque fosse nascosto lì dentro, di uscire allo scoperto. Lo aveva salvato un suo compagno di classe, che era entrato per cambiarsi la maglia: i due piccioncini avevano preferito andarsene, o meglio Arianna aveva quasi trascinato fuori Filippo dagli spogliatoi. Aveva capito che il rumore non proveniva da fuori, sapeva che Mimmo era lì dentro e che li aveva osservati tutto il tempo. I loro occhi si erano incrociati appena un secondo, lui nascosto dietro l'armadietto, lei stretta tra il muro e il corpo di Filippo. Per la vergogna aveva finto di aver fatto una storta e per i due giorni successivi non era andato a scuola.

Ad un tratto Marica entra in bagno: lo supera e va direttamente sul water per fare pipì. I capelli sono tutto un groviglio e appiccicati sulla fronte, la pelle spenta e bianca e le labbra secche.

"Sei uno straccio..." constata Domenico a voce alta.

"Mmm...grazie..." mugugna lei, appoggiando la testa sulle ginocchia.

Quando passi tanti anni accanto ad una persona diventa tutto normale, anche fare pipì senza vergognarti. Eppure è tanto bello il pudore dei primi tempi, quando ti limiti a mangiare, quando cerchi di tenere tutto in ordine, quando chiedi sempre scusa e dici sempre grazie. Sarebbe bello se restassimo sempre così, accorti e attenti. Invece diventiamo abitudinari e piano piano diventa tutto normale e ci allontaniamo. Arriviamo a programmare quando fare la spesa, quando andare a cena dai parenti vari, quando vedere gli amici e perfino quando fare l'amore. E poi arriva l'imprevisto e ti fa mettere tutto in discussione.

"Oggi ho rivisto una mia vecchia amica...frequentavamo la stessa scuola, anche se due sezioni differenti...è un'influencer adesso..." se ne esce all'improvviso, guardandosi ancora nello specchio mentre constata di doversi rasare la barba.

"Va di moda...ormai sono tutti influencer...io invece ho l'influenza ma non voglio influenzare nessuno..." dice Marica, alzandosi e tirando lo sciacquone.

La sua battuta, o quello era, non lo fa ridere. Lei esce dal bagno, trascinando il suo corpo che deve sembrarle così pesante, visto la fatica che pare fare. Mimmo era lo stesso per Domenico: un peso che non riusciva a scrollarsi di dosso. E quando ci era riuscito si era ripromesso di mettere una pietra sopra a tutto quel periodo delle superiori, il più brutto della sua vita. Arianna era l'unica cosa bella, ma quando ti sbarazzi di qualcosa devi dire addio anche ai bei ricordi. Se per loro non c'era stato spazio in passato, perché dovrebbe esserci adesso? Esce anche lui dal bagno: Marica si è stesa di nuovo sul divano e si è arrotolata di nuovo la coperta addosso. Quando li avevano presentati, due loro amici dell'università, non pensava che si sarebbero fidanzati. Domenico non ero il suo tipo come anche lei per lui. Marica sognava il principe azzurro, mentre lui era, anzi è, moro con gli occhi scuri. E per di più usciva da una frequentazione con una ragazza poco seria, ma che per qualche mese gli era andata più che bene perché gli permetteva di studiare senza avere troppe distrazioni. Di Marica si è innamorato pian piano, come lei di lui. Nessun colpo di fulmine, nessuna passione bruciante. Ma il sesso tra loro funzionava, si intendevano su molti argomenti e da cosa nasce cosa. Marica gli aveva fatto capire che stare con qualcuno non sempre ti toglie spazio o libertà, si può trovare il modo di stare bene insieme e di continuare a mantenere le proprie abitudini. Per questo deduce che iscriversi su Instagram o qualsiasi altro social, non è proprio il caso. Non può rinunciare a questa stabilità per un'infatuazione giovanile che potrebbe non portargli nulla.

"Vieni a letto, dai...il divano è scomodo..." sussurra a Marica, avvicinandosi al suo viso.

"Guarda che ti ammali...in ufficio l'hanno presa tutte le mie colleghe..." gli dice tirando fuori gli occhi da sotto la coperta.

"Vorrà dire che mi riposerò qualche giorno e mi prenderò la malattia!" le risponde, sorridendo.

Si alza a fatica e le cinge la vita, sorreggendola fino in camera da letto. Le rimbocca le coperte e si stende accanto a lei. La abbraccia: l'odore del sudore si mescola a quello dell'ammorbidente del pigiama, ma non gli dà fastidio, anzi. Pensa che sia molto più nauseante il profumo floreale di Arianna. Chissà che marca è. Magari a Marica starebbe meglio, addosso.

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