Livelli 11.5/12 - Terrore / Festa in casa
Livello 11.5
Terrore
Dopo quel bacio, i due rimasero nel negozio finché i tuoni non smisero ed i nuvoloni si dissiparono. Artemis, per tutto il tempo, era stata vicina a Yuichi, nonostante lui l'avesse ampiamente calmata, la paura dei temporali non era certo sparita, ma rimanere tra le sue braccia le infondeva grande sicurezza.
-Si è fatto buio, Yuyu.- disse lei, avvicinandosi alla vetrina ed osservando i lampioni accesi.
-Ti accompagno a casa, allora.- le rispose, aprendo la porta e facendola uscire per prima.
-Aspetta, ti ridó il cappotto.- il corvino scosse il capo.
-Tienilo tu, me lo ridarai un'altra volta.- le labbra della ragazzina si contrassero in un sorriso e, mentre camminavano, poggió il capo sulla spalla del più alto.
Quando arrivarono davanti al vialetto di casa sua, lei lo salutó con un bacio sulla guancia e trotterellando via.
Aprí la porta, trovandola inspiegabilmente non chiusa a chiave, mentre la luce del soggiorno era accesa. Strano, non ricordava lo fosse al momento della sua uscita e rammentava perfettamente suo padre mentre estraeva le chiavi dalla serratura.
-Papà? Sei già a casa?- nessuna risposta, niente di niente. Poi, si rese conto di uno strano dettaglio: dov'era Uroboro? Solitamente, quando rientrava, il pappagallo le si fiondava sempre addosso come avrebbe fatto un cagnolino...
Col cuore in gola, appoggió la borsetta ed il cappotto di Yuichi sul divano e salí al piano superiore della casa, lentamente, come se avesse paura di fare il minimo rumore. Si fermò in mezzo al corridoio e prese il cellulare, iniziando a scorrere la rubrica con le mani tremanti. Fu in quel momento che qualcosa le venne addosso, spaventandola al punto da farle mollare lo smartphone, il quale cadde rovinosamente a terra.
Fece per tirare un sospiro di sollievo quando si accorse che quella "cosa" fiondataglisi addosso non era nient'altro che Uroboro, ma la preoccupazione tornó tutta in un'istante vedendolo estremamente agitato: sbatteva velocemente le ali e gracchiava fonemi incomprensibili.
-Calma, sono qui...!- disse, poco convinta, posandogli una mano sul capo piumato ed accarezzandolo. Dopo poco, il volatile sembró calmarsi e si fermó. Artemis si chinó per recuperare il telefono, scoprendo suo malgrado che aveva una crepa estesa e ramificata su tutto lo schermo, ma fortunatamente il touchscreen funzionava ancora.
-Cavolo, l'avevo comprato da poco...- si lamentó, scorrendo velocemente i contatti. Trovato il numero desiderato, lo chiamó.
-Pronto?- la voce dall'altro capo sembró confusa della chiamata.
-Yuyu... so che è una richiesta assurda, ma potresti tornare qui e farmi compagnia finché non torna mio padre?-
-Hey, cos'hai? La tua voce sta tremando.-
-Ecco... ho paura, sono successe cose strane, non so spiegare.-
-Arrivo subito.-
Finalmente, riuscí a tirare quel sospiro di sollievo tanto bramato e tornó al piano inferiore, sentendosi già più sicura sapendo che lui sarebbe stato di nuovo con lei per un po'. Si sedette sul divano, con le mani sulle ginocchia ed Uroboro appollaiato sulla testa.
Passó qualche minuto prima che qualcuno bussó alla porta.
-È già qui, così presto?- mormoró, alzandosi ed avvicinandosi all'uscio. No, troppo strano, non poteva essere lui... a meno che non avesse fatto una velocissima corsa. Di nuovo, una mano batteva sul legno niveo, ma lei non riuscì a fare altro se non rimanere immobile lí, impaurita.
Silenzio, per pochi interminabili secondi, finché il rumore delle chiavi girare nella serratura non fu l'unico, assieme a quello del suo respiro, a diffondersi nella stanza.
Era Crow? Poteva finalmente tranquillizzarsi?
La porta inizió lentamente ad aprirsi.
-Papá? Mi hai fatto prendere un tale spavento...!- fece un passo verso di essa, sorridendo sollevata. -Non credevo fossi arrivato così pre-- qualcosa le afferró il polso destro, stringendo con forza. Era una mano abbastanza grande, lurida e dalle unghie mangiate e spezzettate.
Uroboro voló via.
La ragazzina lanció un urlo, mentre tiró uno strattone all'indietro nel tentativo di liberarsi dalla presa, ma fu tutto inutile, perché la porta si aprì completamente e, vedendo chi avesse di fronte, andó in tilt.
-Papá... papá... che bella voce, chiamami di nuovo così.-
Di fronte a lei, un uomo sulla trentina - ne dimostrava molti di più, peró -, con corti capelli castani ed occhi celesti, spalancati, arrossati e dalle pupille dilatate, sorrideva ampiamente. Il viso era sporco, ma quelle tre linee dorate verticali sotto ciascun occhio ed altre due sotto al mento non avrebbe mai potuto dimenticarle, nonostante fossero passati dieci anni e lui era deperito fin troppo. Lo aveva previsto, che sarebbe venuto a cercarla se fosse stato lui ad uccidere sua madre biologica.
-C-cosa vuoi...?- fu l'unica cosa capace di articolare, con voce tremante.
-Com'è che ti chiami?- fece un passo in avanti, avvicinandosi; il cuore di lei batteva all'impazzata. -Artemis... giusto. Cosa voglio, chiedi? CHE DOMANDA STUPIDA!- il suo tono di voce si alzò improvvisamente e strattonó l'esile braccio della figlia con forza, facendola gemere di dolore.
-Sono tuo padre no? E tu sei la mia bambina, perció sono venuto a riprenderti e portarti a casa con me, cosí saremo nuovamente una famiglia! Io e te!-
-Scordatelo. Voi mi avete abbandonata sotto una tempesta, a notte fonda.-
-"Voi"? Tua madre, semmai... eri sola con lei oppure no, quando è successo? Io ti volevo tenere, perchè ti voglio bene, era lei ad odiarti!-
-Non è vero.- rispose, a denti stretti e trattenendo le lacrime. Quelle tre parole, peró, fecero scattare qualcosa nella testa dell'uomo, il quale spalancó ulteriormente gli occhi ed estrasse un coltello a serramanico dall'ampia tasca del cappotto.
-Siete uguali, tu e quella troia!- tentó di colpirla al volto con la lama, ma lei riuscí a scansarsi quel quanto che bastava a subire solamente un graffio sulla guancia, ma la torsione al polso bloccato le provocó un forte dolore e cadde in ginocchio sul pavimento, sorretta in parte da lui. -Lei, lei si era fatta mettere incinta da un altro! Voleva cambiare vita! Mi ha mollato da un momento all'altro ed è scappata con il primo che ha incontrato!-
-L'hai uccisa tu... vero?-
-È stato bello vedere il sangue schizzare dalla sua carotide, finito tutto, sembrava una vera opera d'arte. Ma tu da morta saresti ancora più bella, la tua giovinezza bloccata nel tempo ed un liquido scarlatto che sgorga dai profondi tagli che ti infliggeró.- lí, Artemis socchiuse gli occhi. Aveva sentito troppo ed ormai la sua unica via d'uscita era bloccata proprio dal terrificante aguzzino.
-Yuichi... aiutami...- mormoró, ormai in lacrime.
-E chi sarebbe questo Yuichi? Poco importa, morirai prima di poterlo vedere.-
L'uomo voltó il capo, a seguito di un colpetto sentito sulla spalla.
-Piacere, Yuichi.- e gli arrivó un pugno dritto in mezzo agli occhi, che lo costrinse ad indietreggiare ed entrare in casa, mollando la presa su di lei. Artemis si allontanó il più possibile, guardando lo scontro tra i due.
Il rivale agitó il coltello dinanzi al ragazzo nel tentativo di spaventarlo, ma lui non indietreggió di un passo, anzi: riuscí ad eludere i suoi repentini movimenti e colpirlo al polso, facendoglielo volare via. Una volta disarmato, lo prese per il colletto del cappotto e lo spinse fino a farlo scivolare e cadere di schiena sul tavolino in vetro, frantumandolo in mille pezzi.
-Forza, chiama la polizia!- le ordinó. La ragazza annuí e recuperó il cellulare.
Nel mentre, continuó a prenderlo a pugni sul volto con una tale rabbia da spaccargli setto nasale, labbra e molto probabilmente anche alcuni denti, fino a farlo svenire. Quando si rialzó aveva il fiato corto e le nocche della mano destra insanguinate.
-Non provare mai piú ad avvicinarti a lei...- il suo sguardo era completamente diverso dal solito, passato da calmo ad iracondo. Gli pestó con forza entrambe le ginocchia, provocando un terribile "crack" e, come ultima cosa, impose la mano davanti al suo volto, apparentemente senza fare nulla, ma finí in ginocchio e con un rivolo di sangue ad uscirgli dal naso.
Artemis gli si avvicinó, rimanendo peró un po' a distanza.
-Stai bene...? Ti ha colpito?- il corvino scosse il capo, pulendosi il viso dal suo stesso sangue.
-Mi spiace che tu abbia dovuto vedere questo mio lato. Scusami se ti ho spaventata, ma non ci ho piú visto dopo aver saputo chi fosse quel tizio.-
-Yuyu... non ho paura, so che l'hai fatto per proteggermi.- lí, colmó la loro distanza, raggiungendolo ed abbracciandolo.
-E se si svegliasse?-
-... non accadrá.-
-C-cosa intendi...? È m-morto?-
-No, ma ho usato i miei poteri psichici per distruggergli la mente. In poche parole, ora è un vegetale. Avrei voluto soffrisse di più dopo quello che ti ha fatto, ma la possibilità che una volta uscito di galera potesse venirti nuovamente a cercare mi ha portato a fare questa scelta.
È quello il motivo della mia epistassi, se uso una gran quantità del mio potere inizio a sanguinare.-
La ragazzina non fu in grado di ribattere perchè subentrarono tre agenti di polizia in casa, erano armati, ma vedendo la scena furono costretti a mettere via le pistole, dato che l'incriminato era ormai steso ed inerme. Venne chiamata anche un'ambulanza per l'uomo tanto era malridotto.
Mentre i due spiegavano la situazione ai poliziotti, arrivò finalmente anche Crow, visibilmente preoccupato per la figlia.
-Artemis...! Stai bene? Cos'è successo? Che ci faceva qui tuo padre biologico? Perché aveva le chiavi di casa?- la sommerse di domande, provocandole solo confusione, era ancora terrorizzata. Accortosene, le diede tregua. -Dimmi una singola cosa... ti ha fatto del male?-
Gli mostró il polso destro, ormai gonfio e tendente al violaceo; inizialmente non ci aveva voluto dare peso, ma il dolore peggiorava sempre piú, ormai le era impossibile ignorarlo.
-Ha tentato di accoltellarmi ed io mi sono spostata, ma stringeva forte e credo che quel movimento mi abbia slogato il polso.-
-Bastardo...- sibiló a denti stretti. -Andiamo in ospedale appena ci lasciano liberi. E Yuichi... grazie di averla salvata, non sai quanto ti sono grato. Sono già due volte, dovrò sdebitarmi.-
-Non ce n'è assolutamente bisogno, davvero. A me basta vederla sana e salva.- Dopo l'ultima frase, distolse lo sguardo, arrossendo lievemente. Si era accorto troppo tardi di aver detto una cosa tanto imbarazzante. Artemis ridacchió.
Alla fine, dopo che i poliziotti se ne andarono, Crow portó la figlia all'ospedale, la quale decise di non sporgere denuncia perchè consapevole della sua inutilità, ormai quell'uomo non avrebbe più fatto del male a nessuno. Il polso si riveló essere effettivamente slogato in modo mediamente grave e dovettero ingessarlo per dieci giorni, ma tutto sommato stava bene e sarebbe tornato perfettamente funzionante.
-Ci pensi, Yuyu?- la ragazzina dondoló le gambe, seduta sulla ringhiera di fronte all'entrata dell'ospedale.
-A cosa?- chiese lui, in piedi lí accanto.
-Mancano pochi giorni a maggio, la prossima settimana Ryoko dovrebbe tornare a Nuova Domino. Il tempo vola.-
-... non ci avevo pensato, in effetti. Vivere senza la sua costante presenza è stato insolito. Spero che lei e Håkan non si siano ammazzati a vicenda.-
-Ne dubito.- entrambi si guardarono, per poi scoppiare a ridere.
Livello 12
Festa in casa
Ormai in quella casa da una settimana, Ryoko dondolava la gamba sinistra, l'unica libera, seduta su una delle sedie al tavolo della cucina. Nella mano destra, la carta di Krigsgaldr.
"Ti stanno bene i vestiti di quel tipo." La voce profonda del drago si propagó nella sua testa, facendola arrossire d'imbarazzo e riempire le guance d'aria.
-Non prendermi in giro! Per colpa di questa roba che mi avvolge braccia e gambe non riesco a mettere nulla di mio. Metto i suoi vestiti solo perchè sono molto larghi, non perchè mi piacciono.-
"Su, non prendertela, scherzavo. Ma la mia opinione non cambia, sei bellissima." Rise, vedendola in quello stato.
-E tu un drago con quattro occhi, cosa ne vuoi capire di donne?-
"Ho sempre vegliato sul vostro mondo, ti assicuro che ne ho viste tante, poche erano alla tua altezza."
-Seh, vallo a raccontare a qualcun'altra!-
"No, aspe-" Krigsgaldr non riuscí a terminare la frase che la rossa schiaffó la carta a faccia in giù sul tavolo, terminando la comunicazione. Arrabbiata, incroció le braccia. Non le piacevano i complimenti, anche se teneva al drago, era incapace di accettarli.
Sbuffó aspramente, poggiando la guancia destra sul pugno chiuso. Quando lo scemo non era a casa, quel luogo diventava fin troppo silenzioso, quasi si annoiava. Annoiarsi? No, non lo avrebbe mai ammesso apertamente dinanzi a lui, onde evitare di fomentare ulteriormente la sua testa vuota. Si mise la carta tra le labbra e, presa la stampella, saltelló fino alla camera da letto, dove la ripose nel cassetto. Krigsgaldr l'aveva fatta irritare parecchio, ma dovette scacciare quel pensiero quando il telefono di casa squilló e dovette saltellare fin lá per rispondere.
-Pronto?- disse, un po' titubante.
-Ryoko?- la voce dall'altro capo era maschile. -Sono Jack, sei pronta?-
"Cavolo, l'avevo completamente dimenticato!", pensó.
-Ce-certo...- ovviamente mentí.
-Bene, saró lí tra dieci minuti.- e riattaccó.
La rossa dovette fiondarsi in bagno per prepararsi; quella mattina doveva andare ad un controllo medico, ma dato che Håkan lavorava, l'avrebbe accompagnata il padre. Incapace di farsi i soliti codini, riuscí solamente a fermare la frangia con una forcella e pettinarsi i capelli, completando con una maglietta viola ed un paio di pantaloncini neri, tutto rigorosamente non suo.
Finí proprio un minuto prima che Jack Atlas entrasse in casa, il quale vedendola già in piedi si sorprese.
-Come stai? Ti serve aiuto?- la rossa scosse il capo, dirigendosi verso l'uscita.
-Non è la prima volta che mi rompo più ossa insieme, posso dire di esserci abituata.- disse scendendo uno scalino alla volta, mentre l'uomo stava dietro di lei, assicurandosi non scivolasse.
-Ti sia già successo o no, non credo siano tutti in grado di scendere cinque rampe di scale con la metá degli arti e senza sforzi.- rispose solamente quando furono al pian terreno.
-Sono quel tipo di persona incapace di stare immobile.- scrolló le spalle, salendo in auto.
-...Allora, come ti trovi a dover convivere con mio figlio?- Jack, dopo qualche minuto di silenzio da parte di entrambi, cominciò a parlarle. -Da quel poco che so, non andate d'accordo.- terminó.
Ryoko, che stava poggiata con il gomito alla portiera a guardare fuori dal finestrino, si voltó verso di lui.
-Uhm...- esitó qualche secondo. -Abbiamo due caratteri incompatibili e finiamo spesso per urlarci addosso, ma quando parliamo di argomenti in cui non servono opinioni posso anche sopportarlo, nonostante sia uno stupido.- Dopo quella frase, vide il biondo scoppiare a ridere per la prima volta in quei pochi giorni, in lui notó alcune somiglianze con il figlio.
-Senza offesa, ovviamente...- tentò di ripiegare.
-Tranquilla, glielo ribadiamo spesso anche io e sua madre. Non è molto sveglio, ma è un bravo ragazzo, basta vedere a come ti ha accolta in casa nonostante tu gli abbia addentato il naso meno di un mese fa.- la ragazza deglutí.
-Ah, ve lo ha detto...-
-È stato argomento di risate per una settimana intera, Shinji non smetteva mai di prenderlo in giro.- subito dopo, anche Ryoko si mise finalmente a ridere, ma subito si ricordò di una cosa.
-Aspetti... ma non è un problema portarmi in giro in pieno giorno? Non le danno spesso fastidio i paparazzi?- domandó.
-Ormai ci sono abituato e non m'importa piú molto se mi scattano delle foto. Dopotutto, ho sposato proprio una di loro.- scrolló le spalle. Lei non aveva pensato a Carly in quel momento, peró le parole di Jack le ricordarono sia il suo lavoro di giornalista, sia - purtroppo - quando aveva paragonato sé stessa e suo marito a lei e Håkan. Vomito. Nonostante ció, l'aveva trovata una donna simpatica e gentile.
La conversazione finí lí. Arrivati in ospedale, i medici avevano tenuto dentro Ryoko per farle una ramanzina sui pericoli che aveva corso scappandosene via, ma lei nemmeno lí ascoltó, fissandoli per tutto il tempo, mentre si arricciava i capelli con l'indice e sbadigliando di tanto in tanto. Infine constatarono che non c'era stata alcuna complicazione e la mandarono a casa.
-Quante ore sprecate.- si lamentó, salendo l'ultimo scalino.
-Se non fossi fuggita dall'ospedale subito dopo esserti svegliata forse non avremo perso tempo. Il tuo è stato un gesto sconsiderato.-
-Non mi importa nulla del gesto sconsiderato, non volevo stare lá un'intera notte, o sarebbe successo qualcosa di brutto.- Jack sospiró. Aveva passato poco tempo con quella ragazza, ma aveva capito che parlare con lei poteva sortire lo stesso effetto di conversare con un muro, quindi decise di lasciar perdere, non gli andava di litigarci. Le aprí la porta dell'appartamento, si salutarono e se ne andó.
Ritrovatasi nuovamente sola, la rossa si stravaccó sul divano ed accese la televisione in cerca di un programma quantomeno decente, ma dopo un centinaio di canali non trovó assolutamente nulla, nemmeno i canali radio trasmettevano qualcosa di buono. Per l'ennesima volta in quella giornata sbuffó, spegnendo l'apparecchio e mettendosi a sedere. Cosa passare il tempo, quindi? Con ció che sapeva fare meglio: cantare. Solitamente evitava di farlo quando lo scemo era a casa, perció sfruttava i momenti di solitudine per mettersi all'opera.
Dopo un profondo respiro, inizió ad intonare una canzone con la sua voce ipnotica e melodiosa, fin quando, al suo apice, la serratura non si sbloccó e la porta si aprí. Gradualmente, più essa veniva spalancata, piú l'idilliaco suono mutava in un atroce stridio, fino a scemare completamente.
-Che stai facendo?- un confuso Håkan Atlas si mostró sull'uscio. Occhiali da sole sul naso, camicia di flanella immacolata ed un paio di jeans chiari addosso, assieme ad una mezza sigaretta accesa tra le labbra umide. In entrambe le braccia erano inseriti i manici di due sporte colme di lattine, bottigliette in vetro, frutta e verdura. Si fece velocemente strada nella cucina osservando la rossa, la quale anch'essa lo fissava con la bocca socchiusa e gli occhioni blu spalancati.
-N-nulla.- replicó, sperando lui non l'avesse udita poco prima.
-Seh, come se non ti avessi sentita cantare. Tienimela un attimo.- rise, prima di metterle la sigaretta in mano ed iniziare a svuotare la spesa sul tavolo. -O finiscila, se vuoi.-
-Sei scemo? Non ho intenzione di rovinarmi le corde vocali ed i polmoni con questa roba. E poi l'hai sbavata tu, che schifo.-
-Aah, non sai quante ragazze pagherebbero oro per quella "bava", come dici tu, anche se preferirebbero molto di più da uno come me.- le rispose, mentre posizionava alcuni pomodori nel frigorifero. -Ma tu sei aliena, l'avevo dimenticato.-
-No, ho solo un cervello funzionante.-
-Che cattiveria.~-
-Tch.-
-Oh, a proposito. Stasera ho invitato degli amici a casa.-
-Cosa?- la rossa aggrottó le sopracciglia. Non era una persona socievole e l'avere intorno degli sconosciuti non le andava a genio. -Io non ho intenzione di assistere ad un festone pieno di ubriachi, piuttosto passo la serata in garage.-
-Tranquilla, sarà tutto molto tranquillo, mangiamo una pizza e guardiamo un film. Con te saremo in cinque.-
-Mh...-
-Eddai, sarà divertente, potresti farti dei nuovi amici. Sono simpatici!- Håkan si avvicinò, riprendendosi la sigaretta tra la mano di Ryoko. Inspiró del fumo e lo liberó fuori dalla finestra.
-Se non li sopporto posso andarmene in camera?-
-Fa come vuoi, non posso obbligarti a rimanere.-
La sera stessa, il biondo stava imbandendo la tavola stando attento nei minimi dettagli ed imprecando contro la rossa, seduta sul divano, che lo guardava e prendeva in giro.
-Potresti darmi una mano, sai?-
-Io...? Ma se ho solo una gamba ed un braccio!-
-Per farti cinque piani di scale peró non è un problema...-
Ad interromperli, il suono del campanello. Håkan si precipitò ad aprire e sull'uscio comparvero tre persone che ad occhio e croce avevano la sua stessa etá. La prima ad entrare fu una ragazza bionda e riccia, non troppo alta ma magrissima; teneva per mano uno spilungone dai capelli blu scuro e l'aria assonnata, mentre l'ultimo fu un ragazzo dai corti capelli castani, occhi azzurri ed il viso sorridente.
Dopo aver salutato il padrone di casa, proprio lui si avvicinó alla ragazza seduta sul divano, porgendole la mano.
-Ciao, piacere di conoscerti! Io sono Akito, mentre loro sono Chie e-- la ragazza lo interruppe.
-Suzaku, il mio fidanzato.- Ryoko si chiese il motivo del marcare tanto la parola "fidanzato", aveva paura che gli venisse rubato? Già non le piaceva.
-Yo.- disse il blu, alzando una mano in segno di saluto, nonostante Chie glielo tenesse lontano e lo trascinasse verso il tavolo della cucina.
-Uhm... piacere di conoscervi. Mi chiamo Ryoko.- disse svogliata, afferrando la mano del castano.
-Resti tra noi, ma Chie è molto gelosa del suo ragazzo, quindi ti consiglio di lasciarlo perdere se non vuoi litigarci.-
-Non mi importa di lei, se volessi prendermi il suo palo della luce lo farei.- alzó le spalle, provocandogli una risata, nel mentre si alzó e prese posto a tavola; di fronte aveva la bionda, mentre ai lati Akito ed un posto vuoto. Nel frattempo, il padrone di casa era uscito per andare in pizzeria, lasciandola sola con quei tre sconosciuti.
-Allora? Te la fai con Håkan?- saltó su la ragazza, aprendo una lattina di birra e rovesciandola nel suo bicchiere.
-Perché dovrei?- le rispose, stizzita.
-Beh... perché non saresti la prima. Gli durano sempre due giorni le "fidanzate",- mimó le virgolette con le dita. -Solitamente lo avvicinano per i suoi soldi, lui ci va a letto qualche volta e, quando si è stancato, passa alla prossima.-
-Io non sono la sua fidanzata e mai lo saró.- la osservó con sguardo truce, gli occhi blu socchiusi.
-E allora perché sei qui, scusa?-
-Cazzi miei.- rispose in modo secco.
-Ooh, tranquilla ragazzina, calma gli ormoni. Sei frustrata?- ammiccó.
-Chie! Lasciala stare!- subentró il castano, in sua difesa. Anche Suzaku avrebbe voluto unirsi a lui, ma sapeva che la sua ragazza si sarebbe solamente arrabbiata, peggiorando tutto.
Successivamente, Chie la taglió fuori dalla conversazione - non che a Ryoko interessasse parteciparvi, sia chiaro - ed i tre parlarono finché Håkan non si ripresentó con le pizze ancora bollenti. Ma, vedendo la rossa con un'espressione annoiata e rivolta dall'altro lato, si preoccupò.
-È successo qualcosa?- domandó, poggiando i cartoni sulla tavola.
-No.- rispose subito lei, con indifferenza. Ormai la conosceva abbastanza da capire che quella fosse palesemente una bugia, ma decise di rimandare le domande solamente a fine serata quando sarebbero stati nuovamente soli, ammesso e concesso lei decidesse di parlargliene.
Dopo aver mangiato, il gruppetto si trasferì nuovamente sul divano, venne scelto un film horror e le luci abbassate. Ryoko si trovava all'estremità sinistra di esso, Akito accanto a lei, in mezzo i due fidanzati e Håkan, il quale aveva bevuto un po', dall'altro lato. Chie si trattava di una ragazza estremamente gelosa e, quando alla loro entrata aveva visto la rossa guardare Suzaku, pensó subito che lei volesse sottrarglielo, ignara del suo reale menefreghismo - lo fissó un secondo in più solo perché le sembró strano -. Alla fine, decise di vendicarsi un poco con lei, stuzzicandola a tal punto da rovinarle la serata.
-Håkan.- parló, notandolo un poco alticcio. -Dimmelo tu... Ryoko è la tua nuovo ragazza?-
-Mh?- la guardó, sbattendo le palpebre. -Solo perchè è carina non significa che stiamo insieme. Sai... è un vero demonio a volte, ma non dirglielo.- bevve un sorso dalla bottiglia di birra, dimenticandosi dell'effettiva presenza del soggetto in questione, un po' per l'alcool, un po' perché la ragazza era stata fin troppo silenziosa.
-E non ci andresti a letto?-
-Ci avrei giá provato, ma lei picchia forte...-
-Una tipa violenta.- rise lei.
-E non dimentichiamoci di suo fratello, lui mi farebbe a pezzi se anche solo la sfiorassi in malo modo.-
-... io ho sonno. Me ne vado a letto.- finalmente, la sua voce riecheggió nuovamente nella stanza, mentre una figura femminile si ergeva nella penombra e si dirigeva verso la camera da letto. Mentre se ne andava, Akito la osservava sconsolato, Chie aveva un sorriso sgembo in faccia e Håkan ne era rimasto confuso.
-Tch. Lo odio, stupido idiota.- borbottó, socchiudendosi la porta alle spalle.
Nel frattempo, in soggiorno, Chie non molló la pezza.
-Allora... visto che ora non c'è più, dimmi altro.-
-Beh... mi irrita quando si comporta da pazza, mi irrita la sua intelligenza e velocità di pensiero, mi irrita la sua forza sovrumana, mi irrita il suo corpo, mi irritano i suoi capelli rossi e neri, mi irritano i suoi enormi occhi blu, mi irrita la sua meravigliosa voce, mi irrita il fatto che lei non si renda minimamente conto delle sue qualità. La odio profondamente per questo.- terminó, sbuffando e voltando il capo verso un punto buio ed indefinito, chiudendo poi gli occhi. La ragazza ci rimase male per quelle parole, avrebbe voluto mettere zizzania tra loro, ma Håkan aveva finito per fare una pseudo-confessione e ció la fece parecchio arrabbiare, non doveva parlargli mentre era mezzo ubriaco.
Ryoko aprí il cassetto del comodino e ne tiró fuori la carta di Krigsgaldr, sedendosi sul bordo del letto. Quando il drago la vide, capí subito che qualcosa non andava.
"Cos'è successo? Sei sull'orlo del pianto." La rossa si morse il labbro inferiore, scuotendo la testa.
-Io... perchè mi odiano tutti a prima vista? Ho qualcosa di male?-
"Il concetto di "male" è soggettivo, tu come lo interpreti?"
-La tua filosofia non mi è d'aiuto in questo momento, Kr-- in fretta e furia, stampó la carta sul comodino e vi si sedette sopra, ignorando le imprecazioni di essa. Aveva sentito dei passi dirigersi verso la stanza, infatti pochi secondi dopo la porta si aprí lentamente, rivelando la figura di Akito.
-Posso entrare...?- chiese, rimanendo sull'uscio. Lei annuí.
-Che ci fai seduta sul comodino?-
-È... È comodo! Comodo-ino.- rispose velocemente, in modo agitato.
-Farò finta di crederci.- ridacchió, posizionandosi sul bordo del letto. -Mi spiace per ciò che è successo stasera, non deve essere stato bello venire trattata cosí.-
-Non ti preoccupare, ho subito di peggio. A quanto pare le bionde ossigenate mi odiano, ma non ci posso fare nulla.-
-Sei simpatica, sai?- le disse il ragazzo, sorridendo nuovamente. -Se è vero che Håkan non è il tuo fidanzato, si perde molto!-
-Se lo dici tu...- rispose, distogliendo lo sguardo. -Io non ci volevo nemmeno stare qui.-
-E allora come mai ti trovi qua?-
-Håkan e mio fratello sono migliori amici, perciò una decina di giorni fa siamo venuti da Nuova Domino in visita alla città, ma io mi sono rotta tutte queste ossa e mi hanno costretta a rimanere per sottopormi alle visite mediche.-
-Cavolo, deve essere stato doloroso! Com'è successo?-
-Sono caduta dalle scale che conducono a questo appartamento e mi sono fatta tutti e cinque i piani rotolando.- Ovviamente mentí, di certo non gli sarebbe andata a dire che era Stelle Cadenti, un tizio l'aveva speronata ed era finita spiaccicata prima contro il guardrail e poi sull'asfalto.
-Certo che sei proprio forte, io come minimo me li sarei rotti tutti gli arti, o peggio.-
-Sarà stata la mia buona stella a salvarmi, immagino.-
Ryoko ed Akito rimasero a parlare per il resto della serata, fino a ché a mezzanotte sua madre non lo chiamó, ordinandogli di tornare a casa e a malincuore dovette salutare la ragazza. Gli era davvero piaciuta la sua compagnia, ma non riuscì a capire cosa lei pensasse davvero nei suoi confronti, sembrava sempre così distaccata...
Assicuratasi che tutti i tre intrusi se ne fossero finalmente andati, la rossa tornó sul bordo del letto.
"Vuoi spiegarmi perchè ti sei seduta sopra di me?!" La voce estremamente scocciata del drago giunse alle sue orecchie.
-Scusa, sono stata presa alla sprovvista.- lo sentí chiaramente sbuffare, ma non replicò perchè in quel momento Håkan entró in camera.
-Credevo dormissi.- disse, stropicciandosi l'occhio ametista e sedendocisi accanto, nessuna risposta da parte sua.
-Sei arrabbiata?- sospiró rumorosamente, sentendola tacere. -Ascolta... mi dispiace per ció che è successo con Chi--
-Mi vedi per caso come una bambola gonfiabile?- domandó, secca. Il biondo si grattó il capo.
-Non rendere il tutto tragico, non è ciò che ho detto, Ryoko.-
-Come se ci fosse differenza.- si strinse nelle spalle, sempre più adirata.
-Certo che è differente!- sentendolo alzare improvvisamente la voce, ebbe un sussulto. Subito dopo sentí due mani poggiarsi sulle sue guance e girarle il capo, ritrovandosi le iridi diverse di fronte. -Voglio che tu la smetta di avere costantemente i prosciutti sugli occhi e di negare l'evidenza. Non sai quanto mi costa dirtelo dato che ti odio, ma tu devi renderti conto della tua bellezza, di tutto ció che sei, della tua forza, se invece di aggredire chiunque tenti di avvicinarsi a te fossi più gentile, degli amici li avresti.-
-Pensi davvero che io debba cambiare il mio carattere solo per piacere agli altri?-
-No. Solo... approcciati in modo più carino, se le guardi con sguardo torvo le persone si spaventano e ti giudicano male all'istante.-
-Non mi importa.- mentí, distogliendo lo sguardo. Il biondo sospiró nuovamente.
-Non sei obbligata a fare quello che ti ho detto, ma tieni in considerazione le mie parole.- le lasció il viso, spostandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio. -...Aspetta.-
-Eh?-
-Hai i buchi alle orecchie?!-
-È così strano...?- aggrottó le sopracciglia, osservandolo.
-Da parte tua si.-
-Non metto un paio di orecchini da quando avevo dieci anni, li credevo addirittura chiusi--
-Dovresti portarli.-
-No.-
-Ti starebbero bene.-
-Enne. O.-
-Sembreresti meno una barbona.-
-Negazione.-
-Anche quei codini ridicoli che porti, i capelli sciolti ti donano di più.-
-La smetti di giudicarmi?!-
Håkan rise, alzandosi dal letto.
-Nah, le tue reazioni sono sempre divertenti.-
Angolo Autrice
Buonaserissima. O buongiornissimo, dipende dall'orario in cui state leggendo.
Si, lo so, sono sparita per più di un mese e questo è "tanto" rispetto alla tabella di marcia che ho tenuto negli ultimi tempi. Vogliate scusarmi, ma l'ispirazione mi aveva detto ADDIOS per un po' dopo aver finito di scrivere il capitolo 11.5 e ci ha messo un bel po' per ripresentarsi. Nonostante non fossi nel mood di scrivere questa storia, invece lo ero al massimo per la mia storia originale, di cui ho partorito il primo capitolo ed un altro spezzone in circa una settimana, quindi ho sfruttato il momento per mettermi avanti con quella dato che è molto importante per me (forse sono riuscita ad andare così avanti perchè quella long sarà la cosa più malata, blasfema e violenta che abbia mai deciso di scrivere e non stavo proprio bene? Può darsi...). Spero comunque che l'aver postato uno scritto molto più lungo del solito possa farmi perdonare...
P.S.: dato che anche il secondo atto giungerà al suo termine entro un paio di capitoli, avevo intenzione di dividerli tramite l'Appendice 2, ma ero indecisa se scrivere un AU particolare, oppure raccontare un altro evento passato.
E qui entrare in gioco voi: ho creato un sondaggio cosí potete aiutarmi a scegliere, sarà anonimo, cosí non siete per forza obbligati a commentare/recensire questo capitolo.
Se mi state leggendo su wattpad il link lo trovate nella carrd che sta nel mio profilo, mentre se siete su EFP basta che clicchiate qui.
Detto ciò, ci sentiamo al prossimo capitolo.
Jigokuko
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top