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Anno 6217 DID - Fortezza segreta della Dea, Terre di Sente.
Kaina Talendes, nel suo abito bianco tradizionale, era più bella che mai, e Tadas Gingo non era mai stato così felice ed emozionato.
Era passato un mese dalla battaglia contro l'esercito del regno e Lasti si trovava innanzi a loro per celebrarne il matrimonio.
Non era un vicario, ma La Dea lo aveva reso degno di svolgere tale compito parlando attraverso di lui. Concentrato solo nell'udire la Sua voce, Lasti Classt ripeteva ogni singola parola affinché tutto fosse perfetto.
La cerimonia fu breve, terminò con il bacio dei novelli sposi, dopodiché tutti uscirono dal tempio e si recarono alla grande sala ristoro, dove era stato allestito un sontuoso banchetto per coloro che volevano prenderne parte.
Data la grande affluenza, non era difficile credere che la maggior parte dei Prescelti fosse presente.
Mentre Tadas e Kaina ballavano a ritmo di musica, seguiti da tante altre coppie, Lasti stava seduto allo stesso tavolo di Nimes e Crux, a godersi la scena da lontano.
Per una volta non indossava il Mirai, riposto con cura in tasca. Era un'occasione di festa, non voleva intimorire nessuno.
"Siamo insieme da due anni e questo è il primo matrimonio che celebri" sottolineò Nimes, versando del tè freddo ai due amici che aveva accanto.
"Già, chi lo avrebbe detto che il primo a sposarsi sarebbe stato lui" commentò Crux.
"Anche tu hai messo gli occhi su qualcuno?" gli chiese il più giovane, incuriosito.
"Certo" rispose, con sguardo fiero. "Aspetta, ma mi hai versato del tè freddo? Qui ci vuole qualcosa di alcolico! Hai l'età per bere ormai, è finito il tempo delle bevande per bambini" si lamentò.
"Forse dimentichi che siamo i generali, è inopportuno ubriacarci anche se si tratta del matrimonio di uno di noi" ribatté. "Lasti, tu cosa ne pensi?" gli chiese voltandosi a destra, verso di lui.
Il Primo Generale osservava il suo boccale facendo roteare il liquido chiaro, confuso.
"Questo tè non era afrodisiaco?" domandò.
"No, non esiste un tè afrodisiaco..." si accigliò. "Perché, credevi che lo fosse?"
Lasti si coprì occhi e fronte con una mano, vergognandosi.
"Le ragazze dell'harem mi hanno preso in giro" disse dopo un attimo di silenzio, ricordando la volta in cui loro glielo avevano presentato come tale.
Nimes cercò di trattenersi più che poteva, ma quando Crux scoppiò a ridere non ce la fece più e lo imitò.
Mentre sghignazzavano commentando la cosa, divertiti, Lasti ricordò di aver offerto lo stesso tè anche ad Artillas.
Decise che non gli importava il fatto di essere il Primo Generale, aveva bisogno di bere qualcosa di più forte.
"Guarda Nimes, quella ragazza ti sta fissando da un po'" gli fece notare Crux, dandogli una leggera gomitata.
Seguendo l'esempio di Lasti, erano passati anche loro a una bevanda alcolica e così, concentrando l'attenzione su altro, avevano presto perso interesse nella sua figura imbarazzante.
"No, sta guardando te. Forse dovresti invitarla a ballare" rispose il più giovane.
La ragazza in questione, dai liscissimi capelli lunghi color nero viola, osservava le coppie che stavano danzando e, di tanto in tanto, spostava lo sguardo nella loro direzione.
"Nimes, che dici! Sta chiaramente guardando te, e poi io ho già qualcuno che mi piace" esclamò.
Il più grande tra i generali, colui che aveva suggerito di passare agli alcolici, non li reggeva affatto. Aveva perso completamente la sua solita compostezza.
Non appena lui ebbe finito di parlare, la ragazza si alzò e camminò verso di loro.
Dopo essersi dati a vicenda un paio di gomitate di avvertimento, i due finsero di non accorgersi di nulla e si diedero un contegno. Rimasero a bocca aperta quando lei, che li aveva ormai raggiunti, si fermò accanto a Lasti.
Lui sollevò lo sguardo accorgendosene a sua volta.
La conosceva, come conosceva chiunque si fosse unito a loro, anche se non ci aveva mai parlato.
Lei gli sorrideva seducente e lo osservava in silenzio, come se non avesse bisogno di altro per farsi capire.
Sembrava avesse avvertito il desiderio di ballare che cresceva lentamente dentro di lui.
Si alzò e le prese la mano senza dire niente, quindi la condusse al centro della sala tra i fischi allegri dei generali, che avevano assistito alla scena.
"Speravo fossi tu a invitare me" disse lei, senza smettere di guardarlo negli occhi.
"È la prima volta che parliamo, Guttla Bashi" rispose, rimanendo serio.
Non stava ballando perché lo voleva, ma perché doveva farlo. Un desiderio del genere, per quanto non razionale, era facile da soddisfare poiché innocuo.
"So che sei andato a letto con ragazze che non conoscevi" ribatté Guttla, divertita.
"Già, ma il più delle volte mi rivolgo al mio harem per questo genere di attività"
"Speravo comunque che mi notassi e mi invitassi a farti compagnia, almeno per una notte" ammise con malizia, guardandolo intensamente.
"Non funziona così. Se non voglio qualcuno, non lo invito a venire a letto con me"
"So della tua condizione" precisò lei. "Ma qualche volta potresti lasciarti andare anche a ciò che vuoi tu..."
"Sono lusingato" ribatté. "Ma questi desideri sono già abbastanza per distrarmi dai doveri. Non sento la necessità di dedicare altro tempo ai miei impulsi, già completamente appagati"
"Allora, se un giorno cambierai idea... sappi che a me piacciono gli uomini potenti, che mettono in soggezione gli altri"
Il bisogno di ballare si era esaurito, rendendolo libero di lasciare le mani della donna.
"Lo terrò a mente" rispose con disinteresse.
Si era reso conto da un po' delle attenzioni della giovane nei suoi confronti, anche se fino a quel momento si era trattato di un semplice sospetto. C'era qualcosa in lei, però, che lo induceva a mettersi sulla difensiva. Era come se il suo corpo avvertisse che fosse pericolosa e di conseguenza lui era diffidente nei suoi confronti.
La salutò con un inchino, come era consueto fare alla fine di quella danza, per tornare dagli altri generali e soprattutto al suo boccale.
I due sembravano completamente coinvolti dal loro discorso, tanto che non si accorsero di lui.
Si sedette e bevve un altro sorso del liquore rimasto nel boccale in attesa del suo ritorno.
Gli uomini potenti, ripeté nella sua testa trattenendo una risata ironica.
Era vero che tutti lo rispettavano e seguivano le sue indicazioni, ma non si sentiva affatto potente. Nell'ultimo mese aveva avuto l'impressione, sempre più, di essere un guscio vuoto riempito dalla volontà della Dea. Un Lin come tanti altri, a cui era stata preclusa una vita normale perché aveva scelto di avere fede.
Ogni volta che ci rifletteva, avvertiva un colpo al cuore e si sentiva tradito.
Tradito dalla sua stessa Dea, per la quale aveva rinunciato a tutto.
Con questi pensieri che gli affollavano la mente, Lasti continuò a bere senza preoccuparsi di esagerare.
L'indomani, svegliandosi avvertì una forte emicrania. Gli sembrò di essere tornato ai primi giorni, quando il suo corpo si stava abituando al Mirai e le corna iniziavano a crescere, provocandogli dolori inimmaginabili. Strinse gli occhi e se li sfregò, deciso ad alzarsi comunque e tentare di rimettersi in sesto.
Si trovava in un letto morbido, ma non era il suo, sentiva il profumo di qualcun altro lì.
Gli ci volle un attimo per capire che era nella stanza dell'harem, avvolta dalla penombra. Sul materasso, accanto a lui, c'erano due ragazze.
Sorpreso, Lasti provò a scavare nella sua memoria ma non ricordava nulla. Aveva ballato con Guttla, bevuto molto, forse anche troppo, e poi buio totale.
Scosse la testa. Non era sicuro di voler sapere cos'era successo.
Probabilmente era stato colto da uno dei suoi soliti desideri mentre era completamente ubriaco, e questa volta aveva coinvolto in quella follia ben due ragazze.
Spostò le coperte premurandosi di non svegliarle e recuperò gli abiti dal pavimento. Dopo essersi rivestito, si avviò verso la porta e l'aprì piano, uscendo in silenzio.
Finalmente solo nel corridoio illuminato dalle lampade ad olio, si lasciò scappare un sospiro.
Si era rilassato con la scusa che era un giorno di festa, ma ora non si sentiva affatto bene.
Nel giro di due cicli avrebbero dovuto dare inizio alla campagna per l'invasione delle Terre di Clarens, come richiesto dalla Dea.
Era lì che si trovava la capitale, anche se arrivarci non sarebbe stato facile.
Mentre le Terre di Sente erano custodite soltanto dalle piccole milizie delle singole cittadine, Clarens era una regione ben protetta proprio per impedire, a chiunque avesse intenzioni ostili, di giungere a Lissen.
Probabilmente la battaglia vera e propria era imminente.
Quando raggiunse l'infermeria, Lasti si stupì nel trovarla vuota, poi capì che doveva essere l'ultimo quarto di ciclo, perciò era comprensibile.
Alnea non era ancora sorto e di conseguenza il giorno successivo non era iniziato, altrimenti ci sarebbe stato molto più trambusto nei corridoi.
Invece, nel suo cammino fin lì, aveva incontrato solo qualche sporadica guardia, in piedi a controllare l'area a cui era stata assegnata.
In realtà non erano molte le sentinelle alla fortezza. Il fatto era che, in fondo, se fosse successo qualcosa di preoccupante La Dea avrebbe avvisato lui per primo.
Il Primo Generale fece vagare lo sguardo nella stanza. Nonostante la mancanza del medico, sapeva cosa prendere per alleviare il suo mal di testa. Ricordava una particolare miscela di erbe che aveva visto preparare dai suoi amici ai tempi dell'Accademia, proprio per situazioni simili.
Lasti aveva un certo interesse per la botanica in generale, anche se non lo aveva mai potuto coltivare per via dei suoi doveri come recluta prima, e di quelli verso La Dea dopo, ma sapeva quali erbe cercare.
Aprì gli armadietti e lesse le etichette poste su ogni contenitore finché non riuscì a trovare ciò di cui aveva bisogno. Mischiò insieme gli ingredienti sperando di non commettere errori, ripromettendosi di iniziare a studiare la materia sul serio nel caso in cui fosse sopravvissuto alla guerra.
Ciò che ottenne aveva la consistenza più di un unguento che di un elisir, ma lo ingurgitò lo stesso.
Lamentandosi mentalmente e facendo una smorfia per il sapore disgustoso che gli era rimasto in bocca, rimise a posto ogni cosa perché non ci fosse traccia del suo passaggio.
Uscì dall'infermeria e si diresse alla sua camera, intenzionato a passarci le ultime ore di sonno che gli erano concesse.
Dopo circa due quarti di ciclo trascorsi in viaggio, l'esercito dei Prescelti aveva raggiunto il confine con le Terre di Clarens e lì era stato eretto un accampamento per la notte. Si trovavano in una zona boscosa, dove difficilmente sarebbero stati notati da qualcuno.
Lasti, nella stessa tenda con i generali, ascoltava concentrato La Dea e ripeteva man mano.
"La conquista delle Terre di Sente si è conclusa quando siete riusciti a sconfiggere l'Eroe" disse, attento a ogni singola parola. "Anche questa volta, la vostra vittoria sarà legata alla sconfitta di un campione mandato dal Re. Si tratta del capitano Roser Sibri, pluridecorato e famoso per l'aiuto che ha fornito agli Shin nel conflitto in cui sono coinvolti"
"Re Bià sta già inviando supporto agli Shin?" chiese sbalordito Nimes, senza però aspettarsi una risposta.
Lasti non proferì parola, conscio anche lui della gravità della situazione.
Secondo ciò che gli aveva riferito Lei, il Re avrebbe mandato al popolo vicino dei validi soldati al comando di un piccolo esercito di supporto; poi, con l'inasprirsi delle ostilità, ogni Lin in grado di combattere sarebbe stato chiamato alle armi.
Loro dovevano agire prima che ciò accadesse, perché proprio questo avrebbe determinato la supremazia degli Shin su Visdis.
"I soldati del regno non sanno che siete già qui, pronti ad attaccare" continuò. "Ma sono ugualmente preparati. Vi aspettano nella pianura oltre questa foresta. È proprio lì che affronterete Roser Sibri per la prima volta"
Ascoltò attentamente e ripeté ogni sua parola fino a questo punto.
"Lasti Classt" continuò, rivolgendosi direttamente a lui. "Sarà tuo l'onore di affrontare il campione, dimostrando al nemico le tue capacità"
Quello che La Dea chiedeva loro era un attacco a sorpresa da condurre nella notte.
Si erano stabiliti abbastanza lontano dalla posizione nemica e Lei aveva assicurato che non sarebbero stati scoperti. Nascosto dalle tenebre che calavano lentamente, un piccolo gruppo di Lin avrebbe attraversato la foresta per poi insinuarsi tra le tende degli avversari, così da sorprenderli e coglierli impreparati. Il resto del loro esercito sarebbe sopraggiunto in un secondo momento, per dare manforte.
Per coordinare le operazioni al meglio, Lasti doveva restare indietro e attendere il segnale della Dea.
Nimes e Tadas erano spariti tra gli alberi da poco tempo, ma abbastanza per capire che presto avrebbero sferrato il primo attacco.
Incapace di fare altro, il Primo Generale rimaneva in silenzio a fissare le fronde degli alberi, come in attesa di scorgere qualcosa.
La Dea era taciturna, tanto da preoccuparlo.
Ripensò a quella volta, nelle prigioni, quando aveva chiesto il Suo aiuto ma era rimasta silente. Tante altre volte, ricordò, Lei non aveva risposto.
Il silenzio di adesso però era di gran lunga più sconfortante.
I compagni stavano combattendo e non aveva la minima idea di cosa stesse succedendo.
In quel momento Lasti si rese conto che, se Lei fosse rimasta silenziosa durante la battaglia, li avrebbe abbandonati e quasi sicuramente condannati. La quiete era una tortura che lo stava schiacciando sempre di più, togliendogli quasi il respiro.
Impaziente e preoccupato, il pensiero di poter essere stato dimenticato peggiorò le cose. Lasti sarebbe voluto intervenire e subito, ma sapeva che un passo falso avrebbe potuto portare alla sconfitta.
"Adesso, Mia Voce" tuonò improvvisa La Dea. "Affrettatevi al campo nemico, che il vero scontro abbia inizio"
Non se lo fece ripetere due volte.
Sollevò la torcia e fece segno ai suoi uomini di seguirlo.
Camminarono a passo svelto nel bosco, senza mai fermarsi.
Il gruppo partito per primo si era mosso nell'ombra per non farsi scoprire, ma la furtività non era più importante ormai. I nemici stavano combattendo, si sarebbero accorti troppo tardi del loro arrivo.
Non appena l'accampamento fu visibile, affrettarono il passo fino a farlo diventare una corsa.
Le torce nella mano sinistra, le spade nella destra.
Lasti era l'unico dei Prescelti a non essere incappucciato. Si erano coperti il capo per mimetizzarsi con la notte, ma le corna gli impedivano di indossarne uno.
Diverso da tutti quanti per quella particolarità, apparve agli occhi dei soldati del regno come un essere mostruoso, quasi fosse un saphin venuto a reclamare le loro anime.
Terrorizzati, i Lin al servizio del Re preferirono farsi da parte piuttosto che affrontarlo, quando lui e i suoi uomini si riversarono nella pianura.
In questo insolito campo di battaglia, Lasti riusciva a farsi avanti, imperturbabile, verso il luogo da cui proveniva più clamore.
Illuminato da una torcia in movimento, Lasti riconobbe il viso di Tadas, rigato dal sangue che gli colava da una ferita alla testa. A denti stretti, il generale continuava a combattere.
Il suo avversario aveva avuto il tempo di indossare l'armatura malgrado fosse stato colto di sorpresa, cosa che non tutti i soldati erano riusciti a fare.
Sulla sua corazza, Lasti intravide il simbolo di una stella dorata. Quel simbolo, La Dea glielo aveva mostrato in sogno, indicava che fosse il comandante Sibri.
"L'hai trovato, Mia Voce" gli sussurrò Lei.
La Sua voce calma e compiaciuta sovrastò comunque il fragore della battaglia.
Queste parole bastarono a farlo scattare in direzione di Tadas, per prendere il suo posto nel duello. Dopotutto, lo sapevano entrambi, spettava a lui affrontare Roser Sibri.
Ansimante per la fatica, Tadas Gingo si fece da parte ben volentieri vedendo arrivare il suo Primo Generale.
Il comandante Sibri, ritrovandosi al cospetto di un Lin con le corna e dall'aspetto terrificante, si ritrovò ad arretrare d'impulso.
L'elmo gli nascondeva il viso, mentre da quella distanza lo stemma con la stella dorata era ben visibile sul suo petto.
Senza voltarsi, Lasti passò la sua torcia al generale. Non ne aveva bisogno, il Mirai gli permetteva di vedere perfettamente al buio.
Sicuro delle sue capacità, non si ritrasse quando Sibri tentò di colpirlo con un fendente, anzi parò il colpo con forza facendolo barcollare.
Si ritrovò a girargli intorno, come un animale feroce avrebbe fatto con la sua preda, senza prestare attenzione alla battaglia che imperversava accanto a lui. Tadas, rimasto nei paraggi, era pronto a coprirgli le spalle, anche se nessuno osava avvicinarsi abbastanza da poter costituire una minaccia.
Lasti non era un soldato, non lo era mai stato.
Era stato una recluta, aveva disertato prima di concludere l'addestramento.
Roser Sibri invece era un comandante. Era andato in guerra per dare manforte agli Shin, sapeva cosa significasse trovarsi su un campo di battaglia.
Lasti però, a differenza sua, era guidato dalla Dea. Le sue capacità erano rese fuori dall'ordinario dal Mirai, ed era sicuro che Lei lo avrebbe aiutato in caso di serio pericolo.
Inoltre, le sorti dei nemici sembravano ormai ovvie. Il loro attacco a sorpresa era stato efficace, sempre più Lin venivano sopraffatti, feriti dai Prescelti.
Si decise ad attaccare con un fendente da destra. Sibri lo bloccò senza problemi, ma sembrava affaticato. Tadas doveva averlo stancato per bene.
Quando Lasti si avvicinò per sferrare un altro attacco, Sibri lo schivò e gli assestò un calcio al ventre, dove l'armatura leggera lo lasciava scoperto.
Barcollò, ma non cadde a terra. Fu costretto a tossire in seguito all'impatto che aveva ricevuto il suo stomaco. Era stato un colpo basso... ma d'altro canto, loro li avevano attaccati mentre stavano dormendo.
Sibri sfruttò la distanza che c'era tra loro per correre nella sua direzione, saltare e sferrare un altro calcio, all'altezza del viso.
Sorpreso dalla mossa inaspettata, Lasti non riuscì a scansarsi in tempo e venne prese in pieno.
Era stato doloroso, ma niente di più, e aveva acceso in lui il desiderio di impegnarsi davvero.
Con il respiro che gli si era fatto pesante, sfogò la sete di combattimento con una sequenza di fendenti. Vennero tutti deviati, ma l'ultimo fece vacillare Sibri.
Prendendolo alla sprovvista, Lasti usò l'impugnatura della spada per colpirgli l'elmo e farlo cadere a terra.
Il nemico indietreggiò repentino, si coprì la bocca con il dorso di una mano e si piegò leggermente in avanti per riprendere fiato, pur rimanendo sulla difensiva.
I suoi occhi azzurri erano ancorati a Lasti, seri e pungenti come lame.
Aveva i capelli corti, color rosa chiaro, ora spettinati. Sovrastava di poco Lasti in altezza e, malgrado l'armatura nascondesse il suo fisico, i lineamenti del viso erano inequivocabili. Roser Sibri era una donna.
"Chi sei, mostro?" chiese, dopo aver riacquistato compostezza.
"Sono la Voce della Dea" rispose lui, pronto a difendersi.
"Allora sei tu che comandi. Bene, ora so che sarà necessario uccidere te per mettere fine a tutto questo"
Lasti sorrise, divertito dalla sua provocazione.
La donna si fece avanti più agguerrita di prima. Si preparò a colpirlo dall'alto, ma fu lui questa volta a spostarsi di lato, per poi darle un pugno dritto allo stomaco grazie alla forza che gli conferiva il Mirai.
Indossava un'armatura completa, ma non servì a molto.
Lei scattò di lato e sputò a terra del sangue, voltandosi subito nella sua direzione per non essere sopraffatta in quell'attimo di distrazione.
Il suo sguardo era lo specchio di quanto fosse determinata.
"Tu, che hai sottomesso le terre di Sente... non muoverai un altro passo in direzione della capitale!" urlò, caricando di nuovo verso di lui.
Le loro spade si scontrarono più volte senza che nessuno dei due ferisse l'altro.
"Guardati intorno, comandante" le disse il Primo Generale. "I tuoi uomini cadono uno dopo l'altro. Arrenditi, è finita"
"Mai!" sbraitò.
La smania di combattere aveva raggiunto il suo culmine. Quella che stava provando non era certo una furia omicida, ma sentiva di non potersi fermare proprio adesso, doveva avere la meglio.
A ogni suo attacco, Roser Sibri sembrava sempre più sfiancata mentre lui era reso forte dalla soddisfazione.
Con l'ultimo, potente, affondo, Lasti poté dirsi completamente appagato vedendola finire a terra con la lama puntata alla gola.
Aveva vinto.
Neanche mezzo quarto dopo l'inizio dello scontro, tutti i soldati erano stati battuti, messi a sedere e legati a gruppi di tre. Non avevano la possibilità di alzarsi né di muovere le mani, potevano solo attendere di scoprire quale sarebbe stata la loro sorte.
Lasti, che si era rifugiato in una tenda, era incerto.
Temeva che un nuovo desiderio avrebbe avuto la meglio su di lui se si fosse avvicinato troppo al comandante. Per evitarlo, aveva fatto chiamare Nimes e gli stava ripetendo le cose che avrebbe voluto dire ai prigionieri.
Quando ebbe finito, Nimes annuì pronto a rivolgere loro il discorso concordato.
Uscì dalla tenda lasciando il Primo Generale all'interno.
Raggiunse Tadas e Crux, vicino a dove era stata legata Sibri.
Si guardò intorno.
Le vittime, da entrambi i lati, erano state ridotte al minimo, e i feriti medicati. Ora erano tutti pronti per udire il messaggio della Dea.
"Soldati del regno" iniziò Nimes, serio. "Non vogliamo uccidervi, né tantomeno torturarvi. Vogliamo solo spiegarvi le nostre ragioni. Spero siate comodi, perché è così che dormirete stanotte"
"Sta' zitto, ragazzino!" esclamò Sibri, che non era stata piegata nello spirito. "Noi siamo fedeli al Re, non vogliamo sentire un bel niente. Piuttosto, fammi parlare con il tuo capo"
"Il Primo Generale non ha interesse nel conferire con te" le rispose Nimes, per niente turbato.
"Cosa c'è, ha paura di me?" lo provocò e sul suo viso si allargò un sorriso beffardo.
Qualcuno tra i soldati ebbe il coraggio di ridere con lei.
"No. Semplicemente non ha nulla da dirti. Non vede il motivo di parlarti, dato che l'incaricato sono io"
"Allora, incaricato" lo canzonò, calcando sulla parola. "Sappi che non ascolterò niente di ciò che uscirà dalla tua bocca finché non mi avrai portata dal tuo capo"
Il giovane generale sospirò e decise di ignorarla.
Le diede le spalle per poter ritrovare la concentrazione.
"Come stavo dicendo" riprese, infastidito. "C'è un motivo dietro alle nostre azioni. La Dea ha scelto noi per porre fine ai misfatti del Re"
"I misfatti del Sovrano? Certo..." commentò Sibri, con tono sprezzante.
Nimes si voltò verso di lei, furioso.
Aprì la bocca pronto a ribattere al suo scetticismo, ma venne interrotto.
"Basta!" tuonò la voce di Lasti.
Era uscito dalla tenda, dalla quale aveva potuto sentire l'intero discorso.
La luce di Felnea rischiarava i suoi abiti scuri, ancora sporchi di sangue.
La sua presenza fece rabbrividire tutti i prigionieri.
"Portatela qui. Parleremo da soli se è questo che vuole... E che nessuno ci interrompa"
Continua nel prossimo capitolo
Angolino di quella che scrive
Salve salve! Spero che abbiate apprezzato il capitolo, se così fosse potete farmelo sapere votandolo o lasciando un commento ✰
Alla prossima!
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