5

Mentre scendevano verso le segrete i corridoi si facevano sempre più silenziosi e bui, illuminati solo da qualche torcia posta sulle pareti.
"Ti trattano tutti con rispetto, ma tu tratti loro come tuoi pari" osservò Artillas, di nuovo solo con Lasti.
"La Dea ha scelto me come Suo tramite, ma io sono un semplice Lin. Non ho niente di diverso dai miei sottoposti"

Artillas avrebbe voluto ribattere dicendo che lui possedeva un paio di corna, giusto per nominare quel piccolo particolare che aveva di diverso, ma si trattenne. Forse non era il caso di testare la sua fortuna di nuovo e ormai erano giunti in fondo alle scale.
Le celle erano disseminate lungo l'intricata rete di cunicoli di quel piano, che non era l'ultimo poiché sotto di esso si trovava la tesoriera della Dea.

Raggiunta l'ala dove erano stati portati i prigionieri, Lasti salutò silenziosamente la guardia e fece segno ad Artillas di farsi avanti per primo.
Il ragazzo dai capelli azzurri varcò l'ingresso del corridoio ritrovandosi accanto a delle grandi celle che ospitavano almeno cinque persone ciascuna.

Tutti i presenti alzarono lo sguardo e notando la sua presenza apparvero sollevati.
"L'Eroe!" disse qualcuno.
"Delneruth!" esclamarono altri. "Pensavamo che fossi morto!"
Indossavano l'uniforme bianca da soldati del regno, sporca di terra e sangue ma ancora riconoscibile.
"Sto bene" rispose lui, sfoggiando un sorriso rassicurante.

"Mezzo Lin, sei con loro adesso?" urlò con rabbia qualcuno dal fondo.
"No, io non tradisco il mio Re" ribatté, serio e calmo. "Sono un prigioniero, proprio come voi, ma essendo il più alto in grado ho potuto conferire con chi comanda. Hanno assicurato che domani saremo tutti liberi, non perdete la speranza"
Lasti ascoltò il suo discorso motivazionale da lontano, dove nessuno poteva vederlo. Aveva le braccia conserte e un sorrisetto sulle labbra, provocato dal modo in cui il ragazzo si era rivolto agli altri soldati. Si era dimostrato sicuro di sé e rilassato, totalmente diverso da com'era stato sin dal pomeriggio.

Decise che era ora di raggiungerlo nel corridoio.
Avvertendo la sua vicinanza, Artillas si scostò di lato. Era inevitabile, pur non guardandolo gli provocava brividi di terrore.
Anche i prigionieri si spaventarono quando uscì dal fascio d'ombra delle torce. Alcuni sobbalzarono, qualcun altro distolse lo sguardo o arretrò per allontanarsi dalle sbarre.

Al suo passaggio, mentre li guardava uno ad uno con l'intento di scorgere una faccia conosciuta e capire chi avesse chiesto di lui, molti mormoravano.
"Chi sei, mostro?" ebbe il coraggio di dire qualcuno.
"Cosa vuoi?"
Lasti non rispondeva, concentrato a scrutare i loro visi.

"Primo Generale, qualcosa non va?" chiese la guardia.
"Nimes ha riferito che un prigioniero chiede di me. Sai di chi si tratta?"
"È laggiù" annuì il Lin preoccupato, indicandogli con il capo una cella sulla sinistra, poco più avanti.
Lasti mosse qualche altro passo e guardò al suo interno.

I soldati si dispersero contro le pareti, fissandolo allarmati. Nessuno di loro gli era familiare.
Solo uno non si mosse dal fondo della cella dove stava rannicchiato, con il viso appoggiato alle ginocchia.
In quella penombra, Lasti riusciva a vederlo a malapena.
"Sei tu che hai chiesto del ragazzo scomparso dall'Accademia?"
Il prigioniero alzò il viso.
"È qui?" domandò.

Lasti aveva già sentito quella voce femminile, anche se non capiva a chi appartenesse. Suonò triste e stremata.
"Fatti vedere, vieni più vicina" ordinò.
La ragazza si alzò e fece qualche passo verso di lui. Quando lo vide, però, trasalì. Osservò prima il suo viso, poi le corna e indietreggiò stringendo le braccia al petto.
"Laniana" la chiamò Lasti sorpreso, riconoscendola.

La ragazza dai capelli castani e gli occhi viola, ora spenti per la stanchezza, era identica a come la ricordava... ma non sorrideva più.
"Chi sei? Come conosci il mio nome?" chiese, impaurita.
"Sono io" rispose, sicuro che lo avesse già capito e non volesse accettarlo. "Sono il Primo Generale dei Prescelti"
"No, non è possibile" ribatté, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime. "Il mio amico non ha questo aspetto"

Lasti sentì come un colpo allo stomaco per via delle sue parole, un malessere simile a quello provato a cena.
"Ora sì, sono cambiato..." rispose, corrugando la fronte. Strinse i pugni irrigidendosi perché non capiva cosa gli stesse succedendo.
Avvertiva uno strano calore invadergli il corpo, come quando provava uno dei soliti desideri, ma qualcosa era diverso. Guardò la sua amica, che ora lo fissava allarmata, pietrificata sul posto. Capì di volerla uccidere e di non poter aspettare. Si trattava di un pensiero orrendo e immotivato che gli diede la nausea.

Aveva già ucciso in battaglia e qualche volta era stato un impulso del genere a spingerlo a farlo, ma non accettava di dover ammazzare un innocente disarmato, soprattutto se si trattava di qualcuno a cui in passato aveva voluto bene.
Socchiuse gli occhi mentre si portava una mano al petto, tremante.
"No, Mia Dea" implorò sottovoce, indietreggiando. "Te ne prego, chiedimi tutto tranne questo"
La Dea non rispose.

Sentendo il desiderio sanguinario crescere dentro di sé, si costrinse ad allontanarsi dalla ragazza, sconvolta dalla sua reazione. Si precipitò dalla guardia senza guardarsi indietro, temendo di perdere il controllo da un momento all'altro. Già sentiva l'impellente bisogno di afferrare la spada e procedere.
"Rinchiudimi subito in una cella, lontano da qui" gli ordinò.
La sentinella era senza parole, non capiva il perché di quella richiesta assurda ma obbedì.
Quando furono abbastanza lontani dai prigionieri, Lasti prese la sua arma, si sforzò di gettarla via e aprì una cella vuota in cui si fece rinchiudere.

Artillas li aveva seguiti incuriosito e preoccupato dal suo comportamento.
Il Primo Generale si era chinato dando loro le spalle e si stringeva la testa con entrambe le mani.
"Cosa succede?" chiese il soldato, ma non ricevette risposta né da lui né dal Lin in armatura che aveva eseguito l'ordine.
Quando Lasti si alzò per dare una testata alla parete, Artillas si aggrappò alle sbarre, sbigottito.
"Ma che stai facendo?!" esclamò, vedendo che stava per darne un'altra. "Così si ammazza, fammi entrare!" pregò la guardia.

Il Lin, sconvolto quanto lui e preoccupato per l'incolumità del Primo Generale, aprì la cella senza pensarci due volte per chiuderci anche Artillas.
Il mezzo Lin lo fermò frapponendosi fra lui e il muro in un gesto istintivo.
Vide gli occhi di Lasti che andavano a fuoco, ma non ne capiva il motivo né perché si stesse comportando in quel modo.

"Guardia, porta qui Nimes" gli chiese Lasti, disperato.
Si tolse il Mirai e lo mise in mano ad Artillas. Al contatto con la sua pelle, il ragazzo dai capelli azzurri sentì che stava tremando.
"Dallo a Nimes" si raccomandò, la sofferenza trasudava dalle sue parole. "Non permettermi di riprenderlo"
Artillas era confuso, ma annuì alla sua richiesta.

"Mia Dea... ti prego, rispondimi" mormorò poi, inginocchiandosi di nuovo. "Perché mi fai questo?"
Aveva la mente che bruciava e sapeva che presto avrebbe perso lucidità. Quello che ignorava era ciò che sarebbe successo dopo, avendo sempre soddisfatto i desideri che gli si erano presentati.

Nel giro di un minuto vennero raggiunti dal più giovane dei generali, affannato per la corsa.
"Cosa sta succedendo?" domandò, alzando la voce.
Lasti non rispose quindi toccò ad Artillas avvicinarsi alle sbarre.
"Non lo so" allungò la mano per mostrargli il Mirai. "Sei tu Nimes? Ha detto di darlo a te"
Il ragazzo sgranò gli occhi. Non sapeva cosa dire, ma rispettò la sua volontà prendendolo.

"Nimes!" esclamò quindi Lasti, accorgendosi del suo arrivo e spingendosi in avanti per aggrapparsi alle sbarre.
"Lasti, cosa c'è che non va?" gli chiese, preoccupato.
"Ho un desiderio... che non posso soddisfare" rispose, con il fiato corto. "Se lo facessi sarei davvero un mostro! Lasciami qui questa notte, se succede qualcosa prendi il comando" lo supplicò, stringendosi le tempie in preda a fitte dolorose.

"Cosa?!" esclamò, incredulo. "Io non potrei mai..."
Lasti non aggiunse altro, fece per dare un'altra testata al muro, ma Artillas lo fermò prendendolo per i fianchi e tirandolo a sé.
"Serve qualcosa per calmarlo!" disse a Nimes, che stava osservando la scena sconvolto.

Mentre il ragazzo dagli occhi gialli si precipitava per i corridoi diretto all'infermeria, gli altri generali lo videro e si preoccuparono. Quando riuscirono a raggiungerlo, stava chiedendo un calmante al medico dai capelli verdi di turno durante quel quarto.

"Qualcuno sta male?" lo incalzò Tadas, il primo a entrare dopo di lui.
"Lasti" rispose senza neanche guardarli in faccia.
"Cosa è successo?"
"Non lo so Tadas, ma guarda" indicò il Mirai nella sua mano. "Me l'ha dato, ha detto che prova un desiderio che non può soddisfare. Se non li soddisfa cosa può succedere?!"

"Calmati Nimes" intervenne Crux, afferrandolo per le spalle. "Dov'è adesso?"
"Si è fatto chiudere in cella con l'Eroe, gli sta impedendo di farsi del male"
"L'Eroe? Perché lui?"
"Era lì e..." sospirò. "Non lo so, nel pomeriggio li ho trovati praticamente a letto insieme, c'è qualcosa di strano in Lasti oggi!"

"Più di qualcosa, se si è fatto rinchiudere per un motivo simile" rispose Crux.
Proprio in quel momento il medico gli passò una siringa contenente del liquido scuro.
"Andiamo, sono preoccupato"

Era stato via solo per qualche minuto, ma al suo ritorno con gli altri generali trovò Artillas stremato. Stava cercando di tenere fermo Lasti, che nel frattempo era stato ammanettato. Era chiaro che la guardia era intervenuta per dargli una mano.
Lasti aveva il respiro affannato e sembrava stanco, anche se continuava a cercare di divincolarsi.
Nel vedere il loro Primo Generale così, anche Crux e Tadas non seppero come comportarsi.

"Ho il calmante" annunciò Nimes, impaziente.
La guardia aprì e aiutò a tenerlo fermo mentre il più giovane tra loro gli faceva l'iniezione.
Lo trattennero finché non si fu placato, lasciandolo poi sul pavimento, dove sembrava voler stare, aggrappato alla maglietta di Artillas che era in ginocchio davanti a lui. Nascondeva il viso sul petto dell'altro, prendendo deboli boccate d'aria.

"Che ci fai tu lì dentro con lui?" gli chiese Crux, diretto.
"Lui ha iniziato a prendere a testate il muro e io ero qui"
"Allora adesso puoi uscire" gli intimò il generale.
Artillas abbassò lo sguardo su Lasti, ancora aggrappato a lui. Aveva l'impressione che non volesse lasciarlo andare.

"Devo comunque dormire in cella, cosa cambia se qui o in un'altra?"
"È il Primo Generale che non deve dormirci" ribatté Crux.
"Ci si è chiuso da solo, non hai visto com'era prima" intervenne Nimes. "Se termina l'effetto del calmante potrebbe succedere di tutto"
"Stai suggerendo di lasciarli così per tutta la notte?" chiese Tadas, sconcertato.
"Sì. O meglio, mi sembra che a Lasti non dia fastidio, ed è più sicuro per lui" insistette.

Crux sospirò e si passò una mano tra i capelli corti, preoccupato.
"Vado a prendere uno sgabello, starò qui fuori a controllarli" annunciò, anche se era chiaro che la cosa non gli piaceva affatto.
Nimes rivolse un'occhiata minacciosa ad Artillas, mentre Tadas guardava preoccupato Lasti, che però non aveva ancora mostrato il volto.

Uscirono anche loro, allontanandosi verso le scale, e la guardia chiuse di nuovo la cella.
Il mezzo Lin sospirò. I tre generali insieme lo mettevano in soggezione, per quanto fossero solo dei ragazzi, e in quella situazione avrebbero potuto reagire molto peggio.
Accarezzò distrattamente la testa di Lasti, che si era mosso leggermente con un lamento.
"Non preferiresti sdraiarti sul letto?" gli chiese e sospirò, esausto.
Inaspettatamente lui annuì anziché ignorare la domanda.
"Ma non ho le forze... e non vedo bene..." disse, con un filo di voce.
"Faccio io"

Lasti gli mise le braccia intorno al collo e lui lo aiutò a tirarsi in piedi. Le gambe gli tremavano e teneva gli occhi chiusi. Aveva le guance segnate, come se avesse pianto sangue. Anche la maglietta chiara di Artillas ne era sporca. Il soldato lo notò e non seppe interpretarlo.
Lo fece sdraiare sulla brandina, quindi si sedette a terra, accanto a lui, con la schiena appoggiata al muro.
Posò le mani sul proprio viso, stanco.

"Sei ancora qui?" si sentì chiedere.
Spostò le mani.
Lasti gli dava le spalle, non poteva guardarlo in faccia.
"Sì, non me ne vado" rispose.
"Sento la testa che va a fuoco... Sto per impazzire" sussurrò Lasti, dopo un attimo di silenzio.

"Prova a riposarti" gli suggerì l'altro.
"Non credo di potercela fare" espirò debolmente.
La voce gli usciva a fatica, ma sentiva di doversi aggrappare a qualcosa per mantenersi lucido, oppure avrebbe perso il senno e non sarebbe più stato quello di prima.
"Perdonami per oggi" mormorò, temendo che non avrebbe più avuto l'occasione di farlo. "Anzi... per tutto"

Mentre parlavano, Crux era tornato con lo sgabello. Rimase in silenzio e si sedette davanti alla loro cella, dove poteva vederli bene. Artillas lo notò, ma fece finta di niente.
"La tua amica mi ha parlato della tua condizione..." continuò sottovoce, affinché soltanto Lasti potesse udirlo. "Non serve che ti scusi. Certo, è stato strano, ma non ha importanza ormai"
"Già, è stato... strano anche per me" concordò.

Parlando con lui, il Primo Generale stava iniziando a sentirsi meglio. Non sapeva se l'effetto del desiderio stesse diminuendo per il passare del tempo, o se fosse merito di Artillas che lo distraeva dal pensarci. Per quanto ne sapeva, poteva essere anche solo a causa del sedativo.
In ogni caso, crollò addormentato poco dopo, pensando che quello era stato il giorno peggiore della sua vita.

Artillas si disse la stessa cosa diverse ore dopo, quando vide Crux alzarsi e seppe da lui che Alnea era ormai sorto.
Non aveva chiuso occhio.

Ancora nel mondo dei sogni, Lasti ricevette la visita della Dea.
Non la sentì soltanto, gli si presentò di persona come aveva fatto una volta, due anni prima.
"Lasti Classt" lo chiamò e la Sua voce risuonò potente. "Sono profondamente delusa"
"Mia Dea" rispose lui, avvilito. "Che altro potevo fare? Ti ho invocata, ma non hai risposto..."
"Volevo vedere come ti saresti comportato senza ricevere il Mio aiuto"

Lui rimase a bocca aperta, incredulo.
"Ho fatto tutto ciò che ho potuto per non cedere... per non fare un disastro" si giustificò.

Sapeva di essersi comportato in modo assurdo e di aver dato spettacolo davanti a tutti, ma stava seriamente impazzendo e non aveva idea di cosa fare. Si sarebbe fatto del male pur di evitare di compiere un gesto così ignobile.

"Non era quello in cui speravo" tuonò profonda la Dea. "Quella ragazza aveva udito la Mia chiamata il giorno in cui vi ho riuniti per la prima volta, ma ha deciso di ignorarla. Da allora la tormento con incubi ogni notte. Il tuo Mirai ha reagito a quel sogno ricorrente, avresti dovuto obbedire al desiderio come hai sempre fatto"

"Io... non potevo saperlo, e non l'avrei fatto in ogni caso!" ribatté. "Pensavo considerassi tutti i Lin come Tuoi figli..."
"Ripudio i figli che mi tradiscono" puntualizzò Lei, solenne. 

"Laniana è stata mia amica un tempo, non le avrei mai fatto una cosa del genere... né la farei a qualcuno che non conosco, imprigionato e disarmato. Se in futuro proverò un altro impulso di questo tipo, mi ucciderò senza pensarci due volte piuttosto che cedere"

"Silenzio!" tuonò La Dea, infuriata. "Sono disposta a lasciar correre adesso, ma devi riprenderti e tornare come prima. Fare resistenza avrebbe potuto esserti fatale, ti sei salvato solo grazie all'intervento delle persone a te vicine. La prossima volta che oserai opporti i danni saranno più seri, è una forza a cui un normale Lin non può resistere"

"Ho capito, Mia Dea... C'è qualcos'altro che dovrei sapere?" le domandò, mascherando con la tristezza l'intento di sfida che stava alla base delle sue parole.
"È tutto" disse Lei, con sguardo severo.

Proprio in quel momento Lasti si sentì scuotere e strappare via dal sogno.

Aprì gli occhi e prese aria, sconvolto. Temeva di aver perso se stesso, ma tutto sommato si sentiva bene ed era in grado di pensare lucidamente.
Davanti a sé aveva Crux, era stato lui a svegliarlo.
Aveva la vista appannata ma riusciva comunque a riconoscerlo, e dopo aver sbattuto le palpebre un paio di volte tornò a vedere chiaramente.

Il generale lo stava osservando con un'espressione turbata.
"Lasti, sei di nuovo tra noi?" gli chiese, chiamandolo in modo informale.
"Sì... così sembrerebbe" rispose.
Si voltò notando la presenza di Artillas, era seduto a terra accanto al suo letto.
Lo stava guardando con aria stanca.

"Ti ho portato il Mirai e l'occorrente per lavarti il viso. Immaginavo che ti avrebbe fatto piacere"
Lasti annuì e accettò il ciondolo, indossandolo subito. Tornò a essere minaccioso come sempre.
"Quando sei pronto, vieni su. Porta anche lui, presto libereremo i prigionieri" aggiunse e se ne andò, lasciandoli soli nella cella aperta.
Si girò di nuovo verso Artillas notando che si era fatto teso. Tolse il Mirai, capendo che ne era la causa.

"Così va meglio?"
"Più o meno..." rispose l'Eroe, preoccupato. "Posso?" indicò la bacinella d'acqua e l'asciugamano.
"Sì, se vuoi... ma perché dovresti?" chiese, confuso.
Artillas si mise in ginocchio, lamentandosi appena per il dolore alla schiena causato dalla nottata trascorsa in quella posizione, quindi prese in mano la bacinella.
"Non sai in che condizioni sei" disse.

Intinse l'asciugamano nell'acqua e glielo passò delicatamente sul viso, concentrato.
Lasti non capiva. Lo osservava confuso, restando in silenzio.
Come ebbe finito, si rese conto che lo straccio che aveva usato adesso era rosso, sporco di sangue.
Schiuse la bocca e corrugò la fronte, spiazzato. Aveva perso sangue dagli occhi e dal naso, si rendeva conto solo adesso del sapore metallico che sentiva in bocca. Aveva macchiato anche il cuscino e la maglietta di Artillas, sulla quale doveva essersi appoggiato. I ricordi della sera precedente erano confusi.

"Hai battuto la testa varie volte, non c'è da meravigliarsene..." lo giustificò il soldato, che però non sembrava convinto delle proprie parole.
"No, non è questo. È successo perché non ho soddisfatto il desiderio che provavo... La Dea mi è apparsa in sogno e me l'ha detto" spiegò, piegando le ginocchia e appoggiandosi ad esse con i gomiti.

Se non ci fossero stati Artillas e i generali, non immaginava cosa gli sarebbe successo.
"La Dea ha parlato anche a te, questa notte?" domandò al ragazzo dai capelli azzurri, senza rendersi conto della nota di speranza nella sua voce.
"Non sono riuscito a chiudere occhio" ammise lui, visibilmente stanco.
Lasti abbassò lo sguardo.

"Ci speravi? Volevi che restassi?"
"No" rispose subito. "Io... ti ringrazio per avermi aiutato, e mi scuso per aver assunto un comportamento del genere" disse, sviando la domanda.
Artillas gli sorrise per la prima volta da quando l'aveva incontrato.
"Non eri in te, lo so già" rispose. "Però, hai visto? Adesso sei tu quello con le manette, i ruoli si sono invertiti"

Il Primo Generale non riuscì a sorridere a quella osservazione.
"Già, ma non dire altro. Non vorrei provare ancora qualcosa di irrazionale, almeno per adesso"
Artillas si avvicinò improvvisamente al suo viso.
Colto alla sprovvista, Lasti lasciò che lo baciasse. Era sorpreso e quel contatto terminò subito, mentre un familiare click risuonava nella cella semivuota. Abbassò lo sguardo, accorgendosi che le manette erano aperte e il suo compagno di cella teneva in mano la piccola chiave.
Non ebbe il coraggio di commentare la cosa.
Non che gli fosse dispiaciuto, ma non sapeva come interpretarlo.
Si alzò dal letto e gli fece segno di seguirlo.

I prigionieri erano stati tutti portati nel grande salone all'entrata della fortezza. C'era anche Artillas, indossava di nuovo l'uniforme.
I generali erano presenti, pronti a liberarli.

Lasti, dopo averli raggiunti, chinò il capo e si scusò subito con loro.
"Sono un pessimo comandante, lo so" disse, sinceramente dispiaciuto.
"Non c'è bisogno di arrivare a tanto" lo zittì Tadas Gingo, mettendogli una mano sulla spalla sinistra.
"La Dea mi ha detto che sarei potuto morire se non fosse stato per il vostro intervento. Vi ringrazio infinitamente" continuò.
"È stato il minimo che potessimo fare" rispose Nimes.
Non dissero nulla riguardo a quanto la situazione li avesse colti alla sprovvista, e fosse stato Artillas ad avere la prontezza di aiutarlo per primo e dir loro come agire.

Con i prigionieri riuniti, era arrivato il momento di fare la scelta. Partire per tornare alla capitale oppure rimanere.
Una decina di Lin decisero di restare. Erano pochi, ma il loro aiuto sarebbe stato prezioso.
Gli altri vennero bendati perché non scoprissero dove fosse ubicata la fortezza.
A bendare Artillas ci pensò Lasti stesso.

"Dove verremo portati?" gli chiese.
"A Banae. Un messo del Re vi raggiungerà per chiedere un riscatto, ma vi troverà già liberi"
"Un messo? Come fai a saperlo?"
"La Dea" rispose brevemente.

"Giusto, La Dea... È stata Lei a dirti qual è il mio Mirai o lo sapevi già? E ti chiedo di essere sincero..."
"Non me l'ha detto nessuno, in realtà. Ti ho solo riferito le Sue parole"
Artillas rimase in silenzio per un istante, pensieroso.

"Mi hai detto che, malgrado il Mirai, non voglio ascoltare" sospirò. "È una cosa stupida e sono sempre stato preso in giro per questo, ma ne ho ricevuto uno che affina l'udito" ammise.
"Esiste davvero un Mirai del genere?" lo canzonò, ironico.
"Non infierire anche tu!" si lamentò Artillas, sorridendo di nuovo. "Questo è un addio?" gli chiese poi, dopo un attimo di esitazione.

"Forse. Quel che è certo è che per un po' non ti costringerò a fare nulla" scherzò, pur mantenendo un tono di voce serio.
"Bene, proprio quello che speravo"
"Fa buon viaggio Artillas" si raccomandò Lasti, non trovando parole migliori.
Il ragazzo dai capelli azzurri annuì e basta.

Mentre tornava dai generali, Lasti rifletté su quanto fosse stato difficile lasciarlo andare.
Era solo un prigioniero, ma non era uno come tanti. Lo conosceva fin da prima che La Dea lo chiamasse, e il Re aveva una buona considerazione di lui. In ogni caso, malgrado avessero passato insieme poco meno di una giornata, ora che lui stava ripartendo Lasti si sentiva svuotato.
Doveva ammetterlo, una parte di lui avrebbe voluto che restasse anche se non riusciva a capirne il motivo.

Nimes notò che era giù di morale e lo raggiunse a metà strada, guardandolo con sospetto.
"Lasti, credevo che volessi salutare la ragazza che chiedeva di te"
"Meglio di no" sospirò. "Considerando com'è andata ieri, preferisco se rimaniamo a distanza"
Il generale annuì. Aveva intuito che il desiderio distruttivo della sera prima riguardasse lei, e ne aveva appena avuto conferma.
"Cosa c'era tra voi?" domandò.
"Eravamo amici, prima che La Dea mi chiamasse. Frequentavamo insieme l'Accademia Militare"

"Con l'Eroe invece c'è qualcosa?"
"Come potrebbe? Lo conosco da poco più di un ciclo" rispose e spostò lo sguardo su di lui, con malinconia.
In quel momento, dei Lin incaricati stavano per condurre i prigionieri fino a Banae. Non lo avrebbe rivisto per molto, ne era certo.

"Credevo lo conoscessi da più tempo" osservò Nimes, guardandolo a sua volta.
"In Accademia era famoso in quanto più veloce e agile di chiunque altro" spiegò. "Non lo conoscevo davvero"

"Primo Generale, spero di non interrompere niente di importante" si intromise Tadas, nervoso, raggiungendolo insieme a Crux.
"No, dimmi pure"
"Credo che presto chiederò a Kaina di sposarmi e mi domandavo se fosse un momento propizio per celebrare la cerimonia" rivelò, leggermente imbarazzato.

Lasti sorrise.
"Hai avuto un sogno rivelatore o qualcosa di simile?" gli chiese.
"Sì, qualcosa del genere" abbassò lo sguardo e sorrise in modo ebete, visibilmente felice.
"Allora sì, è un momento propizio" concordò il Primo Generale.

Mentre Tadas lo ringraziava, deciso a parlarne con Kaina al più presto, Lasti ripensò a ciò che aveva sognato lui.
La Dea aveva rivelato un lato crudele e ingiusto di sé.
Non aveva mai dimostrato di essere in grado di leggere nel pensiero e la cosa lo fece sentire sollevato, dato che la sua fiducia in Lei non era più cieca e indiscutibile come prima.

Più tardi, quello stesso giorno, Lasti incontrò per caso Crux. Era chiaro che il generale avesse qualcosa da dire, ma non osò farlo. Parlò piuttosto del modo in cui avevano trattato con i prigionieri quella volta, trovandolo irresponsabile.

"L'Eroe, non so se gli hai detto il tuo nome, ma se è così ti avrà già denunciato. Ha girato per la fortezza e ha parlato con noi, non sa come ci chiamiamo ma può descrivere il nostro aspetto. E poi c'era quella prigioniera che chiedeva di te, lei sì che sa come ti chiami e probabilmente chi condivideva con lei la cella l'avrà sentito. È stato stupido, potevamo permetterci una cosa del genere con gli abitanti delle Terre di Sente, ma non con dei soldati del regno" puntualizzò, perdendo la calma.

"Capisco la tua preoccupazione, Crux, ma se fosse davvero un problema La Dea ci avrebbe messo in guardia" rispose, sicuro della cosa.
"Lo so Lasti, anche questo è vero" sospirò. "Credo solo... che d'ora in poi non possiamo dare per scontato niente. Questa volta può esserci andata bene, non sarà lo stesso anche la prossima. Abbiamo abbandonato tutto per seguire La Dea, ma a casa ci sono comunque le nostre famiglie. Se i soldati scoprono chi siamo, riusciranno a rintracciare loro"
Lasti annuì, Crux aveva ragione.

Famiglia. Era da tanto che evitava di pensare alla propria per non stare male, quindi allontanò il pensiero ancora una volta.

Sapeva di aver gestito male la cosa, ma al momento non gli era sembrato un problema perché La Dea non era intervenuta. Lo aveva dato per scontato e non poteva commettere di nuovo lo stesso errore.
Ringraziò il generale per aver espresso le sue perplessità, promettendo che ne avrebbe tenuto conto da quel momento in avanti.


Continua nel prossimo capitolo




Angolo di quella che scrive

Salve salve! Vi aspettavate questi sviluppi? Fatemi sapere se sono riuscita a sorprendervi almeno un pochino.

Non dimenticate di votare questo capitolo se vi è piaciuto, e grazie per aver letto fino a qui

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