4
Vedendosi portare in una camera da letto, Artillas non seppe cosa pensare.
Ancora ammanettato ma solo, non resistette alla tentazione di sdraiarsi sul materasso. Era comodo, fin troppo considerando che aveva passato la sua ultima notte sulla brandina dura di una cella.
Un attimo dopo venne raggiunto dal Primo Generale, teneva in mano un bicchiere alto e stretto.
Vederlo lo spaventò di nuovo. Era inevitabile con quell'aspetto. Il problema non erano solamente le corna, ma soprattutto l'ombra che lo avvolgeva rendendolo terrificante. I suoi occhi rossi erano l'unico particolare abbastanza comune tra i Lin, ma avevano una luce strana in quel momento. Era come se stessero andando a fuoco.
"Ti ho portato qualcosa da bere, avrai sete" gli disse.
Artillas era restio, ma non poté fare a meno di accettare. Non aveva bevuto niente, la vista di quel liquido trasparente era estremamente invitante ora che stava morendo di sete.
Solo dopo aver ingurgitato un primo sorso, si rese conto che non ne riconosceva il sapore.
"Questa non è acqua" pensò ad alta voce, corrugando la fronte.
"È tè infatti" rispose Lasti, cercando di mantenere la calma.
"Non mi sembra che sia tè..."
"È una specialità delle Terre di Sente, un tè leggermente afrodisiaco" rivelò.
"Perché mi hai dato questa roba?" chiese Artillas, restituendogli di getto il bicchiere mezzo pieno.
Lasti lo prese e lo appoggiò sul comodino.
"Perché ti desidero" rispose. "In questo modo sarà più facile farti cedere"
Artillas sgranò gli occhi, colto alla sprovvista. Di certo non si aspettava una risposta simile.
Quel ragazzo sconosciuto, il comandante dell'esercito nemico per giunta, che aveva un aspetto terrificante e le corna, voleva andare a letto con lui. A peggiorare le cose c'era il fatto che gli aveva dato da bere un afrodisiaco ed era ammanettato.
Lasti appoggiò un ginocchio sul letto e Artillas si allontanò.
"Mi rifiuto" disse, inorridito.
"La cosa non piace neanche a me, ma non posso farne a meno"
"Che significa?"
"Non posso controllare i miei desideri, devo soddisfarli e basta"
Artillas non capiva, sapeva solo che non poteva accettarlo.
Lasti lo spinse facendolo finire con la schiena sul materasso.
Aveva ancora quel fuoco negli occhi, a cui il ragazzo dai capelli azzurri riuscì finalmente a dare un senso. Il disagio aumentò assieme ai battiti del suo cuore.
"Se mi accetti prenderò in considerazione l'idea di liberarti. È la tua unica possibilità" mentì.
"Non ti credo" ribatté Artillas, sconvolto.
"Dico sul serio. Se vuoi salvarti, devi solo acconsentire"
Lasti non sapeva cos'altro dire per convincerlo a non respingerlo e stava iniziando a non capire più niente.
Il ventre gli bruciava, si sentiva pesante e il respiro gli era diventato affannoso.
Vedeva che Artillas era spaventato e pensò che poteva capirlo, considerata la situazione, poi si rese conto di non aver tolto il Mirai. Portò una mano al collo e slacciò la catenina per appoggiarla sul comodino insieme al bicchiere, dimenticandosi per un istante che il ragazzo sdraiato sul suo letto era un soldato nemico.
Adesso aveva ancora le corna, ma non c'era più alcuna aura ad adombrargli il viso o a incutere timore.
Artillas era confuso.
"Non temere..." continuò. "Ho un aspetto insolito ma sono un semplice Lin, prima che iniziasse tutto questo ero persino all'Accademia Militare con te"
"Cosa?" domandò il ragazzo, nella speranza di distrarlo.
Lasti lo ignorò e si piegò su di lui, zittendolo con un bacio. Fece entrare la lingua nella bocca semiaperta dell'altro per spingerla contro la sua, poi mise fine a quel contatto e osservò la sua espressione disorientata.
"Non posso sottrarmi ai desideri che provo, non posso" insistette, corrugando la fronte e stringendogli la spalla sinistra con la mano, per la frustrazione. "Ti spiegherò cosa intendo, se lo vorrai, ma devi prima permettermi di continuare... altrimenti non risponderò più delle mie azioni"
Artillas annuì, temendo il peggio.
Lasti lo baciò di nuovo, questa volta con più foga, mentre iniziava a slacciargli la divisa.
Era la prima volta che provava una pulsione del genere per un altro uomo e la cosa gli era difficile da accettare, ma sapeva che non avrebbe potuto fare altrimenti. Non dipendeva dalla sua volontà.
"Puoi almeno togliermi le manette?" gli chiese Artillas, con il respiro affannato.
"No, non vorrei che ti venisse qualche strana idea" rispose secco Lasti, accarezzandogli il petto scoperto. Percepì i battiti accelerati sotto al palmo della propria mano.
Il suo corpo fremeva al pensiero di farsi possedere dal ragazzo che aveva di fronte, ora seduto con la schiena appoggiata alla spalliera del letto. Vedeva che era eccitato anche lui, forse per via dell'afrodisiaco, ma era chiaro che quella situazione non gli piaceva comunque.
Strinse i denti, contrariato.
Ricordò le prime volte che aveva provato quel tipo di desiderio per una donna, la fatica di trattenersi che era la stessa ora come allora, e la paura sul viso dell'altra persona. Era riuscito a convincere quelle ragazze solo dicendo che si trattava del volere della Dea, e impedendo loro di guardarlo aveva attenuato il timore che stavano provando.
In effetti, in un certo senso, lui credeva davvero che quei desideri fossero una volontà della Dea. Dopotutto, venivano scatenati dal Mirai che gli era stato donato.
Malgrado questo non si sentiva affatto la coscienza pulita. Si era visto costretto a fare cose che non avrebbe voluto a persone che non lo avrebbero voluto. Aveva sempre cercato di essere rispettoso e di tenere lontani certi pensieri per paura di scatenare pulsioni a riguardo, ma ciò non cambiava nulla.
Era il primo a non voler appagare i desideri che provava, sia perché non corrispondevano quasi mai a ciò che voleva davvero, sia perché non avrebbe voluto far subire niente a nessuno.
I suoi compagni Prescelti avevano presto saputo di questo suo problema e avevano imparato a conviverci, ma era lui stesso a non averlo accettato. Pensava che ci si sarebbe abituato, eppure non faceva che diventare un fardello sempre più pesante.
Non avrebbe mai voluto costringere delle ragazze a sottostare ai suoi bisogni fisici, nemmeno se La Dea in persona si fosse manifestata per chiedere loro di farlo.
Ora però, con Artillas Delneruth, le cose erano completamente diverse.
Lui era l'Eroe dell'esercito del regno, lo stesso esercito che li chiamava Eretici. Non credevano che obbedissero agli ordini della Dea, per questo non avrebbe avuto senso spiegargli che era Lei a volere che ciò accadesse.
Inoltre era un maschio. Per Lasti era facile immaginare che si sarebbe opposto ancora, che avrebbe lottato pur di non dover sottostare alla sua richiesta, così assurda.
Se i ruoli fossero stati invertiti, per lui accettare una cosa del genere sarebbe stato impensabile.
Mentre ragionava per capire come gestire la situazione nel migliore dei modi, sentiva la mente che si annebbiava sempre di più, non per il piacere quanto più per il desiderio che premeva per essere soddisfatto. Non avrebbe voluto affrettare le cose e non voleva tentare di piegare con la forza la volontà del ragazzo, perché non sarebbe stato giusto.
Tutto quello non lo era.
Si tolse la maglietta, accaldato.
"Se non ti piace... chiudi gli occhi e fa' finta che io sia una ragazza" gli sussurrò all'orecchio, parlando a fatica.
Si avvicinò di più al suo collo e iniziò a baciarlo.
Quando allontanò il viso da lui si rese conto che aveva chiuso gli occhi davvero.
Gli slacciò i pantaloni e glieli tolse. Notò il rigonfiamento nell'intimo e istintivamente ci appoggiò una mano sopra. Venne scosso da un brivido di eccitazione nel sentire il flebile gemito di sorpresa del giovane.
Senza perdere altro tempo tolse anche quell'ultimo strato di stoffa, lasciandolo nudo.
Artillas aveva ancora gli occhi chiusi ed era chiaramente teso. Anche Lasti era in imbarazzo, ma non poteva più fermarsi.
Era la prima volta che studiava con lo sguardo un corpo maschile e si stupì di quanto gli piacesse ciò che stava vedendo.
Si domandò quanto ancora sarebbe stato in grado di resistere, se ci sarebbe stato abbastanza tempo per poterlo toccare come avrebbe voluto o non ce l'avrebbe fatta per via del bisogno di soddisfare l'impulso al più presto.
Prese in mano il suo membro, intenzionato a non perdere un secondo di più. Mentre gli dava piacere non resistette alla tentazione di alzare lo sguardo per scoprire che espressione stesse facendo Artillas. Lo vide con le guance arrossate e gli occhi semiaperti, a osservarlo a sua volta mentre si mordeva le labbra per non gemere. Notando il suo sguardo su di lui, il soldato si voltò e corrugò la fronte, chiaramente in preda a sentimenti contrastanti.
Quella vista eccitò Lasti ancora di più, smise di toccarlo per poterlo baciare di nuovo. Nel mentre si tolse i pochi indumenti che gli erano rimasti addosso.
Prese le braccia ammanettate di Artillas e le fece passare intorno alla testa, così che non rimanessero in mezzo ai loro corpi, poi avvicinò due dita alle labbra del ragazzo per farsele leccare, mentre riprendeva fiato.
Vedere Artillas eccitato, che schiudeva la bocca e le succhiava senza bisogno che gli chiedesse di farlo, lo fece fremere di impazienza. Inaspettatamente non aveva lottato, anzi sembrava che gli stesse piacendo. Sfregò il bacino contro il suo facendolo sussultare. Gli piaceva osservare le sue reazioni, ma non poteva più resistere. Tolse le dita ormai umide dalla bocca del ragazzo per accoglierle dentro di sé. Trasalì, colto da un dolore inaspettato che lasciò presto spazio a una sensazione strana.
Non sapeva bene cosa stesse facendo, però sapeva che gli era necessario per poter continuare.
Artillas lo stava osservando sorpreso, cosa che lo mise ancora di più in imbarazzo nonostante stesse ostentando una sicurezza che non aveva.
Fu lui ad avvicinarsi a Lasti per baciarlo questa volta, mentre con le braccia lo teneva stretto a sé.
Lasti non riuscì ad aspettare ancora per molto. Il desiderio che avvertiva non era diminuito, anzi non aveva fatto altro che divampare, diventando più intenso. Estrasse le dita e prese con una mano il membro di Artillas per aiutarsi a farlo entrare dentro di sé.
Il dolore gli impedì di muoversi per un attimo, quindi si aggrappò alle spalle del ragazzo nell'attesa che passasse. Così vicino a lui, riusciva a sentire sulla propria pelle sia il calore del suo corpo, sia il suo respiro affannato.
Si sentiva andare a fuoco.
Artillas aveva smesso di essere razionale. Quella situazione inizialmente surreale lo era diventata ancora di più quando era iniziato a piacergli. Non sapeva se fosse colpa dell'afrodisiaco o ci fosse dell'altro.
In quel momento, mentre il Primo Generale dell'esercito nemico tremava tra le sue braccia, eccitato, tutte le sue certezze iniziavano a sgretolarsi, ma non gliene importava. Sentire il suo corpo caldo che lo stringeva dall'interno lo stava facendo impazzire.
Lasti non riuscì più a rimanere fermo, prese a muovere il bacino su e giù, incurante del fatto che avrebbe potuto provare altro dolore. Non fu gradevole sin dall'inizio, ma lo diventò presto. Non aveva mai provato niente di così intenso in tutta la sua vita.
Stretto tra le braccia di Artillas, che ora si era piegato su di lui per succhiargli il collo, Lasti sentiva i fianchi appesantiti dalla fatica ma non poteva smettere di muoversi e lasciare liberi i gemiti. Il piacere lo stava scuotendo dall'interno, facendogli perdere l'ultimo briciolo di lucidità che gli era rimasto.
Senza rendersene conto si ritrovò con la schiena sul materasso. Artillas aveva preso il controllo della situazione e stava affondando ritmicamente dentro di lui.
Il fuoco negli occhi di Lasti, ora stanchi, si era ormai spento. Il desiderio era stato quasi del tutto soddisfatto e si stava esaurendo.
Venne, scosso da un'ultima appagante ondata.
Artillas, sopra di lui, si era fermato e stava riprendendo fiato. Il viso di Lasti, affaticato e stravolto, gli sembrò bellissimo.
Lo ammirò per un attimo immaginando che avrebbe ricordato quell'espressione per molto tempo.
Era la prima volta che faceva sesso con qualcuno e non sapeva nemmeno lui perché avesse ceduto. Che fosse per la prospettiva della libertà, per via dell'afrodisiaco o perché in fondo, senza rendersene conto, desiderava il contatto fisico che con altri non aveva mai avuto.
In Accademia non era stato propriamente ben visto e anche nell'esercito, dove tutti nutrivano grandi aspettative su di lui, non poteva dire di avere amici. Anche se in quello che c'era appena stato tra loro non era sottinteso alcun sentimento, era riuscito comunque e toccarlo nel profondo e a sconvolgerlo. Non aveva mai preso in considerazione il fatto che avere a che fare con le altre persone potesse portare a qualcosa di così positivo e appagante.
Lasti si voltò di lato e spostò altrove lo sguardo. Stava tornando lucido e si sentiva nuovamente in imbarazzo, molto più di prima. Solo in quel momento si rese conto che anche Artillas era venuto.
Capì che non aveva idea di come gestire la situazione. Erano due estranei che erano appena stati a letto insieme senza un motivo valido.
Si spostò e si mise a sedere, accorgendosi di avere i fianchi doloranti e intorpiditi dalla stanchezza. Strinse per un attimo gli occhi, ma si fece forza e decise di far finta di niente.
Il ragazzo dai capelli azzurri lo imitò, con lo sguardo perso nel vuoto. I suoi polsi, ancora legati insieme, erano arrossati.
Lasti sospirò e si grattò la nuca con una mano.
Nel silenzio che si era creato, il disagio era palpabile.
Si alzò in piedi senza dire niente. Si infilò l'intimo e prese il Mirai dal comodino per rimetterselo al collo. Andò ad aprire la porta, dietro la quale era rimasta in attesa la guardia.
L'uomo sussultò ritrovandosi davanti il Primo Generale, mezzo nudo ma comunque spaventoso.
"Bius, devo chiederti un favore" gli disse, chiamandolo per nome.
Lui si accigliò e annuì, pronto ad ascoltare la sua richiesta.
"Prima di tutto, le chiavi delle manette. Me ne occupo io da questo momento in poi"
"Sì, Voce della Dea" rispose Bius Vono.
Frugò in una tasca e gliele consegnò.
"Bene. Ho bisogno che mi mandi qui Nimes, devo parlare con lui. Poi chiama una delle ragazze, Kaina Talendes se è disponibile. Dille di preparare una vasca e aspettare nei bagni. Che non ci sia nessun altro"
L'uomo annuì di nuovo.
Lasti si chiuse la porta alle spalle e sospirò.
"Stai per liberarmi?" gli chiese Artillas, che aveva sentito parte del discorso.
"Non ancora" rispose in tono stanco.
"Ma avevi detto...!" esclamò l'altro, ma venne subito interrotto.
"So cosa ho detto e non me lo rimangio" ribadì. "Presto ti toglierò le manette, ho già approfittato fin troppo di te"
Fece appena in tempo a finire la frase che qualcuno bussò alla porta.
L'aprì ritrovandosi davanti Nimes Biàn, affannato per la fretta di raggiungerlo.
"Lasti, ho saputo che mi cercavi. Che cosa sta succedendo?" gli chiese, accorgendosi che indossava solo l'intimo. Lo superò con lo sguardo e si rese conto che nel suo letto c'era Artillas Delneruth. "Che La Dea ci assista" commentò rilassando le spalle, spiazzato.
"Nimes, vorrei che parlassi tu con i prigionieri"
"Pensavo... che l'avessi già fatto" rispose il ragazzo, confuso.
"Lui è il primo da cui sono andato" ammise riferendosi ad Artillas. "Non vorrei che la cosa si ripetesse con qualcun altro"
"Va bene, vado subito" rispose il più giovane, chinando appena la testa.
Se ne andò senza dire altro e il Primo Generale lasciò la porta accostata.
"Rimetti maglietta e pantaloni" ordinò al giovane. "Poi prendi il resto dei tuoi vestiti e seguimi"
Kaina aveva frainteso la richiesta della guardia, infatti quando Lasti aprì la porta dei bagni la trovò che si stava spogliando.
Vedendo che non era solo, sobbalzò e si affrettò a ricoprirsi con la veste.
Anche lui fu sorpreso nel trovarla così. Si rese conto che probabilmente avrebbe dovuto essere più chiaro nel dare indicazioni a Bius, ma ormai era troppo tardi.
"Lasti, io... devo aver frainteso" si giustificò, diventando rossa.
Diede loro le spalle e si rivestì, mentre i due spostavano lo sguardo altrove per rispetto nei suoi confronti.
"Ti ho fatta chiamare perché ho bisogno di un favore, Kaina" precisò Lasti, quando lei ebbe finito.
"Sì, Voce della Dea" rispose formalmente, avvicinandosi.
Spostò lo sguardo sull'altro ragazzo riconoscendolo subito. Era uno dei prigionieri, nonché l'unico ragazzo dai capelli azzurri che lei avesse mai visto. Per questo suo particolare era ovvio che spiccasse tra i Lin.
Il Primo Generale gli stava aprendo le manette proprio in quel momento.
Il soldato si accarezzò i polsi arrossati e si sgranchì le braccia rimanendo in silenzio.
"Ho bisogno che gli procuri dei vestiti e faccia lavare i suoi" le chiese.
"Certamente"
La ragazza non fece domande e uscì. Aveva già capito, anche se le sembrava strano che fosse successo con un maschio. D'altro canto le sembrò ovvio guardandoli, e Lasti aveva un succhiotto sul collo quindi non c'era altra spiegazione.
"Entra in acqua, avrai voglia di farti un bagno" propose ad Artillas, mentre si toglieva i vestiti.
"Sì, in effetti" ammise lui.
L'acqua della vasca era calda e rilassante, sembrava potesse portare via tutti i pensieri negativi... ma la realtà era ben diversa.
Lasti stava ancora fingendo di non provare vergogna per ciò che era appena successo, così come fingeva di non essere provato. Di solito, dopo un rapporto, era divorato dai sensi di colpa, ma questa volta era l'imbarazzo ad avere la meglio.
"Così ti chiami Lasti..." osservò Artillas, immergendosi lontano da lui.
Il Primo Generale gli stava dando le spalle e non si voltò.
"Lasti Classt" precisò, presentandosi finalmente.
Sentiva di non aver niente da perdere.
"Non ricordo nessuno con questo nome all'Accademia Militare... né che ci fosse un Lin con le corna"
"Non ero famoso, a differenza tua, e non le ho sempre avute" puntualizzò, con tono calmo.
Si accarezzò la parte bassa della schiena, domandandosi per quanto tempo ancora avrebbe fatto male. Non poteva prendersi giorni liberi per riposare.
"Abbiamo parlato una sola volta" continuò, visto che l'altro non rispondeva. "Dei ragazzini ti avevano preso la catenina del Mirai e io li ho mandati via. Ricordo che mi urlasti contro"
Artillas richiamò alla mente quell'episodio, ma la sua memoria era annebbiata. Non gli sembrava possibile che lui fosse lo stesso ragazzo di quella sera.
"Cosa ne sarà degli altri prigionieri?" gli chiese, cambiando argomento.
"Il generale Nimes è andato a parlare con loro. Gli spiegherà le nostre motivazioni... dopodiché, se in qualcuno di loro si accenderà una scintilla di fede, La Dea potrà accedere ai loro sogni e parlarci. Domattina potranno scegliere se unirsi a noi o essere liberati"
Il soldato del regno schioccò la lingua, infastidito.
"Credi davvero in quello che dici?" gli domandò.
Il Primo Generale si voltò verso di lui.
"La Dea può rivolgersi solo a chi crede in Lei, e non faremo del male a nessuno dei tuoi uomini perché Lei considera tutti i Lin come suoi figli"
"Ma io sono un Lin solo per metà! Sono cresciuto in questo regno, ma mio padre è un Danae e mi ha insegnato a non dover avere fede per forza. Non posso credere nelle tue parole, sono assurdità!"
"È la verità" insistette Lasti, irritato dal suo tono. "Sei libero di non credere, ma Lei esiste e conosce bene tutti quanti noi. Mi parla ogni giorno anche quando sono sveglio, per questo mi chiamano Voce della Dea"
"Ogni giorno? Lei è qui anche adesso?" domandò, scettico. "Se esiste e mi conosce bene, allora dimmi qualcosa di me che non puoi sapere"
Lasti avrebbe voluto rispondere subito alla provocazione, ma rimase in silenzio e si sforzò di calmarsi, nell'attesa che La Dea parlasse.
"È silenziosa" disse, un attimo dopo. "Non vuole prestarsi a questi giochetti"
Artillas scosse la testa.
"Disturbo, Primo Generale?" chiese Kaina, tornata nel bel mezzo della discussione.
"No, vieni pure"
"Ho portato dei vestiti puliti per entrambi" annunciò la ragazza, quindi li posò su un tavolino insieme a degli asciugamani e si sedette con i piedi nell'acqua.
Lasti si spostò fino a raggiungere l'altro lato della grande vasca.
Artillas, incuriosito, si avvicinò alla ragazza.
"Che rapporto hai con lui?" chiese, ripensando al fatto che l'avessero trovata quasi nuda una volta arrivati lì.
Kaina sgranò gli occhi, sorpresa dalla domanda così diretta.
"Sono la prima ragazza del suo harem e forse si potrebbe dire che siamo anche amici" rispose, dopo averci riflettuto un attimo.
Il giovane inarcò un sopracciglio.
"Lui ha un harem?"
Lei annuì.
"Ne ha bisogno, non è una cosa di cui va fiero"
"Bisogno? Cosa intendi?"
Kaina aggrottò la fronte. "È stato a letto con te senza spiegartelo?"
Artillas sgranò gli occhi e aprì la bocca per giustificarsi, ma non seppe cosa dire. Non credeva che fosse così palese ciò che avevano fatto.
Mentre parlavano, lei aveva spostato lo sguardo su Lasti, tornato di spalle.
Si domandò se non avesse richiesto esplicitamente la sua presenza perché fosse lei a spiegargli tutto al posto suo.
Lo conosceva abbastanza bene da aver capito alcuni lati del suo carattere sconosciuti agli altri, perciò trovava la cosa plausibile. D'altra parte, lui si premurava sempre di spiegare la sua condizione prima di portarsi a letto qualcuno.
"Hai notato il Mirai che ha al collo? È diverso da qualsiasi altro, ha delle conseguenze sul portatore. Lasti, ogni giorno, viene travolto da desideri irrazionali a cui non può opporsi. Se non li soddisfa in fretta gli sembra di impazzire"
Artillas ascoltò in silenzio. Gli pareva impossibile, ma ciò poteva spiegare il suo comportamento.
"Anche tu hai un Mirai, vuol dire che sei un soldato?" le chiese, incuriosito dal gioiello rosso che la ragazza indossava.
"La Dea ha voluto donarli a ognuno di noi" spiegò, accarezzando la gemma tra le dita e sorridendo. "Il mio è della perspicacia, credo mi si addica"
Lui non disse altro perché notò che Lasti si stava avvicinando.
Aveva un'espressione molto seria in viso. Kaina, conoscendolo da molto tempo, la riconobbe come quella che assumeva quando stava ascoltando La Dea.
Quando li ebbe raggiunti, guardò prima la ragazza.
"La Dea ti ringrazia, Kaina, perché mi aiuti sempre nel momento del bisogno. Dice che farà in modo di premiarti, molto presto. Sono sorpreso, è la prima volta che le sento dichiarare una cosa del genere"
Lei si coprì la bocca con le mani.
"Grazie, Mia Dea!" esclamò, commossa. "Io... non lo facevo certo per ottenere qualcosa in cambio. È tutto così inaspettato!" si sventolò il viso con le dita, emozionata.
Lasti le rivolse un sorriso, sinceramente felice per lei.
"La tua Dea ha qualcosa da dire anche a me?" domandò con sfrontatezza il soldato.
La Voce della Dea spostò lo sguardo su di lui e tornò serio.
"Dice che ti ha donato quel Mirai proprio perché non intendi ascoltare"
Artillas schiuse la bocca, sorpreso, ma si trattenne per non dargliela vinta. Non intendeva commentare la cosa, sicuro che aveva saputo da qualcuno quale fosse l'abilità conferita dalla sua pietra. Non poteva credere che la sua Dea glielo avesse sussurrato all'orecchio.
"E aggiunge che questa sera cenerai con me e i generali. A tavola ti parleremo delle nostre ragioni e domattina potrai scegliere se restare o tornare a Lissen"
C'era un'altra cosa che La Dea aveva detto, e Lasti non aveva riferito: un messo del Re era in viaggio, diretto alla cittadina di Banae. Una volta arrivato avrebbe richiesto udienza con lui, con l'intenzione di riferire che il sovrano era disposto a pagare un riscatto perché l'Eroe venisse liberato.
Loro si trovavano nella fortezza segreta in quel momento, quindi non avrebbe trovato nessuno a cui rivolgersi. Inoltre Lei non intendeva accettare alcun riscatto, convinta che i Lin non fossero merce di scambio. Al suo arrivo a Banae, il giorno successivo, il messo avrebbe trovato i prigionieri già liberati e pronti a partire verso la capitale.
Mentre rifletteva sulla scelta della Dea, Lasti si trovava a tavola con i generali e Artillas.
Il ragazzo dai capelli azzurri era seduto tra lui e Nimes, e aveva davanti Crux e Tadas. Non indossava la sua uniforme, che era stata mandata a lavare, ma loro lo avevano riconosciuto comunque ed erano confusi dalla sua presenza. L'oggetto dei loro sguardi, dal canto suo, si sentiva sotto pressione accerchiato da tutti i generali nemici.
"Artillas Delneruth si trova al nostro tavolo per volere della Dea" spiegò Lasti.
Mentre lui parlava, il giovane Eroe tagliava un grosso pezzo della carne che aveva nel piatto, dall'aspetto particolarmente succoso e saporito. Non mangiava da un po' e, trovandosi a tavola con loro, poteva dirsi certo che quel cibo non fosse avvelenato.
"Gli spiegheremo le nostre ragioni qui, insieme" continuò Lasti.
"Se posso permettermi, Primo Generale" intervenne Tadas. "Perché questa scelta?"
"Artillas Delneruth è una persona importante per il Re, che l'ha posto in alto nel suo esercito. Forse non vorrà credere, ma deve essere comunque messo al corrente" intervenne La Dea, e Lasti riferì parola per parola.
I generali non ebbero niente da ridire, anche se non potevano capire tutti i dettagli del Suo piano.
Artillas non reagì, stava ascoltando ma era concentrato soprattutto a riempirsi lo stomaco.
"Se mi è concesso, vorrei parlare io" chiese Nimes, mandando un'occhiata al soldato nemico.
Era stato lui a combatterci inizialmente, sul campo di battaglia. Non lo vedeva di buon occhio.
"La Dea, colei che sa tutto, ci ha riuniti per destituire Bià, che ha commesso un crimine contro il popolo" disse. "Si è indebitato con gli Shin per ottenere da loro dei beni che non poteva permettersi, e ha aumentato la tassazione per pagarne almeno una parte. Abbiamo visto noi stessi le conseguenze di queste gravi tasse sui villaggi di Sente"
"Ma non è tutto" aggiunse Crux. "I debiti del Re sono così grandi che, per sanarli, nel giro di pochi anni il nostro popolo verrà mandato in guerra per sostenere gli Shin nel conflitto in cui sono coinvolti. Alla fine ci troveremo soggiogati dal loro regno"
"Impossibile" ribatté prontamente Artillas, posando la forchetta nel piatto già vuoto. "Sono tutte congetture, avete una fervida immaginazione"
"Ce lo ha svelato La Dea in sogno, a tutti noi, prima ancora che ci conoscessimo" precisò Tadas, rimasto in silenzio fino a quel momento. "Ci ha detto dove riunirci e così ci siamo incontrati"
Il soldato aggrottò la fronte, perplesso.
"La vostra Dea vi è comparsa in sogno, vi ha detto dove andare e vi siete incontrati? E tutti voi avete udito le stesse parole?" domandò.
Pensava che lo stessero prendendo in giro. Li guardò uno a uno, accorgendosi che erano seri.
"Com'è possibile?" chiese abbassando il tono di voce, dato che erano rimasti in silenzio.
"Lei ci ha chiesto un atto di fede e non l'abbiamo delusa" rispose allora Lasti. "Alcuni di noi hanno rinunciato a tutto ciò che avevano per rispondere alla Sua chiamata, mentre altri sono stati salvati dalle Sue parole"
"Salvati?" domandò l'Eroe.
"Sì" si intromise Nimes. "Io ero uno dei servi di Bià. Lui si riserva il diritto di decidere cosa fare con la vita della servitù... Alcuni miei compagni sono stati uccisi davanti me solo per aver commesso un errore"
Artillas aveva smesso di esprimere i suoi dubbi. Stava in silenzio e ascoltava, incredulo, le parole di quei quattro ragazzi che sembravano fermamente convinti di avere ragione. Riconosceva che tutto ciò potesse essere vero, ma gli sembrava comunque impossibile che una divinità li avesse contattati in sogno per riunirli e mandarli contro al Re.
Lasti appoggiò le posate nel piatto e si sfregò la fronte col dorso di una mano. Qualcosa in lui non andava, anche se non capiva cosa. Per qualche motivo aveva lo stomaco chiuso, mangiare anche un solo boccone era impensabile.
Non stava molto bene.
Tadas, seduto davanti a lui, lo stava già osservando preoccupato.
"Qualcosa non va, Primo Generale?" gli chiese, interrompendo il discorso.
"No. Non ho appetito" rispose, ma ormai l'attenzione dei presenti si era spostata su di lui. "Nimes, hai parlato con i prigionieri? Forse è sconveniente chiederlo con l'Eroe presente, ma non ho più saputo nulla" sviò l'attenzione su un altro argomento.
"Sì, sono a conoscenza delle nostre motivazioni" rispose il ragazzo dai capelli neri, che alla luce delle lampade rivelavano i loro riflessi blu.
"Non pensate che racconteranno tutto al Re?" li provocò Artillas.
"Raccontare cosa? Che sappiamo dei suoi debiti? Che ci ha condannati? Non cambierebbe comunque nulla" rispose Tadas.
Artillas non seppe come ribattere.
"C'è dell'altro, Primo Generale" continuò Nimes. "Uno dei prigionieri ha espresso una richiesta insolita, dice di conoscerti"
Lasti corrugò la fronte.
"Cosa ha detto?"
"Mi ha chiesto se un certo Lasti facesse parte dei nostri ranghi. Dice che lo conosceva, che è scomparso qualche anno fa e non ha più avuto sue notizie. Vuole parlarti"
"Tu cos'hai risposto?"
"Niente. Ho preferito lasciar decidere a te come gestire la cosa"
Rifletté un attimo. Qualcuno del suo passato chiedeva di lui? Di chi si trattava? Era prudente andare a vedere?
La Dea non si fece sentire, perciò immaginò che non ci sarebbe stato niente di male.
"Vado subito" annunciò, alzandosi.
"Vengo anche io"
Artillas mise in bocca un ultimo pezzo di pane e si alzò a sua volta, facendo strusciare rumorosamente la sedia.
"Perché mai?" gli chiese Lasti, contrariato.
"Saranno giù di morale. Vedendo che sto bene e sono con loro, sicuramente si sentiranno meglio. La Dea non vuole che nessun Lin soffra, giusto?" gli fece il verso.
Lasti scosse la testa e sospirò. Aveva usato le sue parole a proprio vantaggio.
"Va bene, controllerò che tu non faccia niente di strano e poi torni nella tua cella per la notte"
"L'unico strano qui sei tu" borbottò sottovoce l'altro.
Ricevette un'occhiataccia dal diretto interessato.
Artillas capì che lo aveva sentito, ma fece finta di niente.
I generali lo guardarono torvo perché gli aveva mancato di rispetto, ma non si azzardarono a dirgli nulla poiché Lasti per primo non lo aveva ammonito.
Continua nel prossimo capitolo
Note di quella che scrive
Salve! Spero che la storia vi stia piacendo, se così fosse vi invito a lasciare una simpatica stellina e un commento per farmelo sapere ✩
Grazie per aver letto fin qui
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