29
In qualche modo Lasti riuscì a prendere sonno, malgrado tutto.
L'indomani, avvertì un'insolita sensazione di pesantezza addosso.
Si stropicciò gli occhi con una mano quindi li aprì, accorgendosi che Artillas stava dormendo appoggiato a lui. La spalla sinistra e il petto gli facevano da cuscino mentre, beato, riposava con la bocca semiaperta.
Rimase spiazzato a quella vista.
Lentamente, riprese lucidità e si domandò cosa fare per svegliarlo. Appoggiò la mano destra sui suoi capelli, scoprendoli crespi piuttosto che morbidi come aveva immaginato. Perso in quel contatto del tutto nuovo, non si accorse che Artillas era sveglio finché lui non sollevò il capo, sorridendogli con un'espressione stanca.
"Buongiorno" esordì, avvicinandosi di più per baciarlo.
Quando Lasti si accorse di ciò che stava succedendo era troppo tardi.
Schiuse le labbra inavvertitamente e le loro lingue si incontrarono in un bacio sempre più avido. Artillas si teneva stretto a lui in uno slancio di affetto mattutino che si era guardato bene dal dimostrare fino a quel momento, lasciando del tutto spiazzato il suo ragazzo.
In ogni caso, lo stava coinvolgendo emotivamente e fisicamente, tant'è che non avrebbe voluto opporsi. Nessun desiderio irrazionale si era palesato, ma un desiderio naturale e fisiologico sì.
Non era una novità, aveva provato la stessa cosa più volte nell'ultimo periodo, quando erano insieme. Ricollegava quella sensazione anche alla sera del ballo, nel labirinto di siepi, solo che sul momento non l'aveva capito.
Le pulsioni irrazionali sembravano averlo abbandonato del tutto, però lui non aveva smesso di temerle.
Gemette sulle sue labbra e si costrinse a spingerlo via, seppur non avrebbe voluto.
Artillas cadde di schiena. Si lamentò, per poi tirarsi subito a sedere.
"È così che tratti il tuo fidanzato di prima mattina?"
"Ora basta, fidanzato, dobbiamo metterci in viaggio" gli ricordò, sforzandosi di portare il pensiero altrove.
"Saremo a destinazione prima di cena, non c'è bisogno di avere fretta" sottolineò.
"Non importa" insistette, serio, dandogli le spalle. "Prima arriviamo e prima... ecco... inizia la nostra nuova vita"
"Mh, mi hai convinto" rispose Artillas, scattando giù dal carro. "Ma anche la colazione è importante!"
Accese un fuoco e mise a bollire dell'acqua, unica cosa che era in grado di fare in ambito culinario.
Lasti ci aggiunse delle erbe energizzanti che gli aveva donato Yenri.
Diedero il cibo al lolip e si misero a mangiare anche loro.
"Ho un po' paura a chiederlo, ma oggi come ti senti?"
"Meglio di quanto immaginavo" ammise Lasti a sguardo basso, quindi bevve un sorso della bevanda ancora calda.
"Ottimo. Ma non tenerti tutto dentro, ti ascolto"
"Lo so e te ne sono grato..." sospirò, esitante. "Ho dormito malissimo, probabilmente ho ripensato ai miei genitori tutta notte... Ma hai ragione tu, lascerò perdere il passato e mi costruirò un futuro migliore, sarà il mio riscatto"
"Bene, mi piace sentirti fiducioso a riguardo" disse e si zittì un istante, facendosi pensieroso. "Ci siamo entrambi impegnati molto, ma non è mai bastato. Adesso arriva il momento di afferrare la nostra felicità" sottolineò, mimando il gesto.
Lasti finì il suo pasto e vuotò la ciotola dell'infuso.
"Sembri sempre di buon umore ultimamente, non capisco se ti stai sforzando o sei davvero così. Come quella volta, nella fortezza della Dea. Tu eri mio prigioniero, eppure quando siamo andati nelle segrete sorridevi e incitavi i soldati per rassicurarli. Come fai?"
"Col tempo ho imparato che in certe occasioni, se voglio far star bene gli altri, devo prima di tutto farmi vedere allegro e sicuro. È diventata un'abitudine, mi ha fatto capire che, se prendo la vita con leggerezza, dopo un po' inizio a sentirmi felice davvero, quasi come se mi contagiassi da solo. Ah, ma se penso che qualcuno sbaglia glielo dico, anzi non smetto più di dirglielo!" puntualizzò, facendosi serio.
Lasti spostò lo sguardo sul manto d'erba sotto di loro, assorto. Non capiva a pieno il suo punto di vista, ma le sue parole gli confermarono che si stava sforzando davvero.
"Con te non fingo, se te lo stai domandando. Siamo insieme e finalmente ce ne stiamo andando da questo regno, è ovvio che io sia felice"
"Anche se ti respingo come è successo poco fa? A proposito... scusa, non volevo essere così brusco"
"Ma sì, hai fatto bene. Ero ancora intontito dal sonno e non capivo cosa stavo facendo" ridacchiò, ma era chiaro che ora fosse malinconico. "Spero solo che non mi allontanerai in eterno..."
Si alzò, prese la borsa delle provviste e andò a metterla a posto.
Lasti lo raggiunse senza farsi sentire.
Artillas era proprio fuori dal carro, piegato in avanti per fare ordine.
Appoggiò una mano sulla sua schiena e, delicatamente, gliela percorse verso l'alto provocandogli un brivido.
Il mezzo Lin tornò in posizione eretta, sorpreso, spostando con la mano sinistra il telo che lo stava intralciando. Cercò gli occhi di Lasti per capire cosa volesse e, prima che potesse domandarglielo, si ritrovò le sue labbra sulle proprie in un bacio delicato, ma carico di sentimento.
Un istante che sembrò durare tantissimo.
"Non in eterno, solo finché non mi sentirò sicuro" precisò il ragazzo dai capelli neri, serio.
Salì sul mezzo senza aggiungere altro, lasciandolo spiazzato.
Tornato in sé, il più giovane mollò il drappo e salì a cassetta per partire.
Lasti non lo avrebbe fatto aspettare per molto, ne era certo, anche perché in quei giorni stava imparando il significato della parola frustrazione.
"Come si chiama il posto in cui siamo diretti?" domandò, per riempire il silenzio.
"Lutya. È un piccolo villaggio vicino al confine, da quanto dice mio padre lì si conoscono tutti. A Danes non c'è guerra né religione ufficiale, sono sicuro che sarà bello viverci. Ah, e anch'io ho una sorella! Spero sia carina e gentile come la tua"
Sentirlo così entusiasta mise di buonumore anche lui.
"Come si chiama tuo padre?"
"Aenos Lurenos. Io ho preso il nome Delneruth da mia madre" specificò. "Mia sorella... in effetti, non ho idea di come si chiami, ma lo scopriremo presto"
"Siamo già nelle Terre di Nepsi?" gli chiese.
Non intendeva cambiare discorso, ma si domandava dove fossero. Avevano imboccato una stradina sterrata tra i boschi diversi minuti prima, e ancora non c'era ombra di villaggi o pianure.
C'era solo quel sentiero solitario, avvolto dal silenzio del bosco.
Le chiome degli alberi sopra di loro erano tanto fitte che i raggi di Alnea penetravano solo marginalmente attraverso di esse.
"Sì, ci siamo entrati poco fa. I villaggi sono tutti da un'altra parte, e anche la città dove risiede il governatore. Per di qui si va diretti alle mura di confine, almeno secondo la mappa. Volevi visitare la zona prima di andare?"
"No. Ora che ci penso, da qualche parte qui intorno dovrebbe abitare uno dei miei compagni dei tempi della guerra, ma se vorremo rivederci ci saranno altre occasioni"
"Ci abitava anche mia madre, è qui che sono nato. Immagino di averci anche dei parenti, ma ci hanno ripudiati tanto tempo fa e non importa più ormai" raccontò con leggerezza.
Lasti guardò di fronte a sé, la foresta sembrava tutta uguale.
Prese in mano la cartina e, dopo un'osservazione attenta, capì all'incirca dove si trovavano. Mancava davvero poco, le mura che separavano i due regni sulla mappa sembravano a due passi dalla loro posizione.
"Secondo le mie precisissime stime, saremo arrivati prima che finisca questo quarto"
Di nuovo concentrato su ciò che aveva davanti a sé, Lasti assottigliò lo sguardo. Aveva notato un fagotto di stracci a lato del sentiero e pareva fosse una persona.
"Aspetta, sembra che ci sia qualcuno lì!" esclamò, preoccupato.
"Dove?"
Artillas alzò lo sguardo e lo vide. Fece rallentare il lolip per fermare il carro.
Ai lati della stradina c'era una persona riversa di schiena. Poteva essere morta oppure ferita.
"Scendiamo a controllare?" chiese, notando che non si muoveva.
"Certo, siamo in mezzo al nulla" rispose Artillas, saltando giù senza indugio.
Lasti scese a sua volta guardandosi intorno, circospetto. Comunque stesse quel Lin, cosa ci faceva lì tutto solo? Portò la mano destra sull'elsa della spada e sperò di non pentirsi di averlo trovato.
Mentre Artillas lo raggiungeva per vedere come stesse, lui restò in allerta vicino al veicolo.
"Ehi, tutto bene?" domandò il mezzo Lin, toccandogli la spalla.
Sentendola insolitamente morbida l'afferrò per girarlo, scoprendo che, come temeva anche lui, si trattava di un fantoccio.
"Lasti, attento! Potrebbe essere una..."
"Trappola?" terminò la frase.
Artillas alzò lo sguardo e notò che un uomo completamente vestito di nero era uscito da dietro un albero, a pochi passi da lui.
Sguainò la spada e restò in posizione, pronto a difendersi. Gettando lo sguardo alle sue spalle vide che anche Lasti impugnava la sua arma, tenendo d'occhio un altro Lin.
Pareva che fossero soltanto in due, ma il pugnale che portavano alla cintura non faceva ben sperare: erano della Gilda dei Tagliagole.
Uno ridacchiò divertito e subito anche l'altro lo imitò.
Lasti decise di non farsi vedere intimorito. Assottigliò lo sguardo e assunse un'espressione severa, determinata, la stessa che Artillas gli aveva visto sul campo di battaglia.
In quel momento gli conveniva, ma promise a se stesso che lo stava facendo per l'ultima volta. Non era più la persona di un tempo.
"Chi vi ha mandati?" domandò il non più Primo Generale, con voce sicura.
Erano stati intercettati da degli assassini sulla via per Danes, sembrava una coincidenza troppo sfortunata. Potevano essere stati inviati per vendetta da un parente di Re Bià rimasto in vita o peggio, da una divinità in collera. Magari proprio La Dea, decisa a liberarsi di lui una volta per tutte.
L'ultima ipotesi lo fece vacillare, ma mantenne il sangue freddo.
"Questo territorio è sotto il controllo della Gilda dei Tagliagole" annunciò il Lin alle sue spalle, tenuto sott'occhio da Artillas. "Un sentiero in mezzo al bosco che collega due regni... È ovvio che qui passino persone di tutti i tipi, trasportando ricchezze. Vi siete trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato" ridacchiò.
"Ma per noi questo incontro sarà fruttuoso" continuò l'altro uomo nerovestito. "Quelle corna... sei il messaggero della Dea! Scommetto che nel regno di Shin farebbero a gara per avere la tua testa da attaccare a una parete! Ci varrai molti soldi..."
"State indietro!" esclamò Artillas, stringendo di più la mano sull'elsa.
"Attaccate la Voce della Dea senza temere le conseguenze?" domandò loro Lasti, sprezzante.
"Hai indovinato. Ora basta parlare!" ribatté e si scagliò su di lui con la spada sollevata.
Parò il suo attacco con fatica, riuscendo a spingerlo indietro.
Artillas, alle sue spalle, non aveva problemi a fronteggiare l'altro assassino. Veloce com'era, oltre che allenato per essere sempre all'altezza di proteggere il castello, quello scontro non gli dava tanti pensieri. Era intimidatorio, certo, combattere contro un uomo senza scrupoli che uccideva per vivere, facente parte di un'organizzazione criminale tanto temuta quanto radicata nel regno, ma cercava di non pensarci. Era determinato a uscirne vivo.
Il suo futuro era a un passo da lì, non potevano portarglielo via adesso.
Lasti, al contrario, era in difficoltà. Non lo dava a vedere mascherandosi dietro a un'espressione da soldato infallibile, ma era fuori allenamento. Aveva smesso di combattere quando La Dea si era incarnata, non era abituato alla spada leggera donatagli da Ijinia e, soprattutto, non aveva più il Mirai.
Come quella volta contro il sicario Shin, si rese conto di quanto avere con sé il suo ciondolo sarebbe stato determinante.
Non riusciva a prevedere i movimenti rapidi del nemico, né a mettere abbastanza forza nei suoi attacchi, o a essere veloce come avrebbe voluto per schivarli.
Non indossava nemmeno la solita armatura leggera con cui proteggersi dai fendenti che superavano la sua difesa. Era in netto svantaggio, mentre l'uomo che aveva davanti rideva e si affannava senza sosta nel tentativo di andare a segno.
E presto, Lasti ne era convinto, ci sarebbe riuscito.
"Mi aspettavo di meglio da un servo della Dea" lo schernì, per poi attaccare di nuovo.
Spostò la spada appena in tempo per parare il fendente. Strinse i denti per farsi coraggio e lo respinse, ma ormai iniziava a dare segni di cedevolezza.
Doveva riuscire a pensare, trovare un modo per batterlo malgrado tutto.
Come quella volta contro Uaitmes Leity, che pur essendo cieca prevedeva ogni suo movimento.
Doveva sorprenderlo, lasciarlo spiazzato. Ma come?
Non aveva il tempo per pensare. I criminali non si sarebbero limitati a derubarli, volevano ucciderlo e forse avrebbero fatto lo stesso con Artillas. Non poteva rischiare di farsi mettere fuori gioco o lo avrebbe lasciato solo ad affrontarli entrambi.
Ricordò che in una tasca della giacca aveva della polvere urticante che gli aveva dato Yenri. Veniva ricavata da una radice e, se lavorata, poteva avere un uso in campo medico. Si concentrò per riuscire a contrastare l'ennesimo attacco mentre con la mano sinistra cercava il sacchetto che la conteneva. Lo trovò, lo estrasse dalla tasca e lo lanciò addosso al suo assalitore.
Il Lin lo colpì con la spada per allontanarlo, ma questo si squarciò in due liberando una nuvola colorata che gli ricoprì il volto.
Urlò di dolore, doveva essergli entrata negli occhi e Lasti non lo invidiava affatto. Agitò la spada davanti a sé, ma a questo punto fu facile disarmarlo con un colpo di lama ben assestato.
Cercava disperatamente di pulirsi il viso con le mani, ma era inutile.
L'altro malvivente, anche lui disarmato, estrasse il pugnale. Artillas evitò senza fatica ogni tentativo di accoltellarlo, poi gli afferrò il polso per fargli mollare la presa. Perse di mano anche il pugnale quindi, spiazzato, si divincolò e scappò via.
Il mezzo Lin lo lasciò andare e raggiunse Lasti.
Aveva immobilizzato quell'altro, che ancora si agitava per il prurito.
"Che dici, gli do dell'acqua per il viso?" chiese.
Non ostentava più sicurezza, era solo stanco.
"È urticante quella roba? Mh, direi che merita di essere lasciato così" rispose, senza pensarci troppo.
"Siamo d'accordo. Ehi, ma questo è un Mirai?" si domandò ad alta voce, chinandosi per prendere in mano il ciondolo che l'assassino teneva al collo. "A chi lo hai rubato? È proibito indossare quello di un altro Lin!"
"È mio, non toccarlo!"
Lasti scambiò un'occhiata seria con Artillas.
"È un soldato disertore" commentò lui.
Tirò con forza la catenina, spezzandola.
"E allora? Ridatemelo, non sono affari vostri!" si lamentò, agitandosi invano.
Lasti estrasse la pietra azzurra dal suo incastro e la posò su una roccia.
"Fermi! Cosa fate?!" sbraitò, tenendo gli occhi aperti a fatica, arrossati e doloranti.
"Chi lascia l'esercito deve riconsegnare il proprio Mirai. Tenerlo è proibito. Ora restituisco alla Dea ciò che ti ha donato" annunciò, ignorandolo.
"No!!"
Sollevò la spada e colpì la pietra con forza usando l'elsa, mandando il Mirai in frantumi.
Il criminale continuò ad agitarsi e urlare insulti, ma venne nuovamente ignorato.
Lasti rimase immobile per un istante, lo sguardo basso sui frammenti azzurri e l'espressione vuota.
Quel momento gli aveva ricordato di quando aveva dovuto distruggere il proprio.
Inoltre, gli riportò alla mente un dettaglio a cui non aveva dato importanza, una cosa successa ancora prima.
Dopo lo scontro con l'assassino Shin, un suo compagno aveva disertato.
Significava che aveva ancora con sé il proprio ciondolo ma, soprattutto, che La Dea si sarebbe vendicata del suo tradimento. Era ovvio che facesse qualcosa a riguardo, conoscendola. Anzi probabilmente era già accaduto.
Artillas gli mise una mano sulla spalla riportandolo alla realtà. Gli rivolse uno sguardo preoccupato, quindi Lasti si sforzò di sorridergli.
Era finita, era stata l'ultima volta che interpretava il ruolo di servo della Dea.
"Sei ferito? Dobbiamo andare prima che ne arrivino altri"
"Non ho nemmeno un graffio" rispose il mezzo Lin, avviandosi a passo svelto verso il carro. "E tu?"
"Non è riuscito a farmi nulla. È probabile che le loro armi fossero avvelenate, siamo stati fortunati a non averlo scoperto a nostre spese"
Salirono a bordo e Artillas fece partire il lolip perché andasse il più veloce possibile.
Il confine era vicino e loro non potevano permettersi di fermarsi, non con la Gilda dei Tagliagole nella zona. Gli era andata bene una volta, non potevano rischiare una seconda.
A quell'andatura ci volle poco per raggiungere le mura. Erano alte e spesse, e la porta che permetteva l'accesso a Danes non era presidiata. In ogni caso, varcandola poterono dirsi al sicuro.
Artillas fece rallentare l'animale, che aveva dato il meglio di sé nell'ultimo tratto.
"Questa zona di Danes è una sorta di terra di mezzo tra i regni. Ci sono le campagne, poi addentrandosi qualche villaggio. Lutya è uno di questi" spiegò, indicando il tutto sulla cartina. "Comunque sia, qui non dovremmo essere in pericolo"
Procedettero a un'andatura normale per non stancare il lolip più del necessario.
Davanti a loro si stagliava una pianura verde, dopo la quale c'erano delle campagne coltivate. La strada sterrata su cui si spostavano passava tra un campo e l'altro, e qua e là si vedevano dei Danae al lavoro.
Lasti, attraverso il tessuto che copriva il carro, percorse il paesaggio con lo sguardo restandone rapito. Guardò i Danae al lavoro notando che erano uguali in tutto e per tutto ai Lin, se non per via dei capelli di tonalità che andavano dall'azzurro al blu scuro e infine al verde bosco.
Non parlarono per diversi minuti, entrambi concentrati su ciò che stavano vedendo.
Molto più avanti le campagne lasciarono spazio ad altre pianure e colline, occupate da sporadici villaggi. Ancora più in là si poteva vedere la prima delle mura interne del regno, superate le quali il terreno diventava montuoso. Il castello del Re di Danes doveva trovarsi in cima alla montagna più alta di tutte, impossibile da vedere dal punto dove si trovavano adesso.
Per Lasti era tutto nuovo e sorprendente. Quel regno, dal poco che aveva potuto vedere, si prospettava molto diverso da Visdis. Quest'ultimo era diviso in territori in base ai domini degli antichi conquistatori; Danes invece era unito, pacifico, non protetto da guardie armate ma da diverse mura interne costruite nell'antichità e mai abbattute. Questa particolarità aveva qualcosa di affascinante.
"Ecco, quello è Lutya" annunciò Artillas, indicando un insieme di case all'orizzonte.
Il suo tono di voce era calmo, ma appena ebbe finito di parlare sospirò e rilassò le spalle.
"Questa volta te lo chiedo io: va tutto bene?"
"Sì... Ma ormai ci siamo e sono agitato" ammise il mezzo Lin, senza voltarsi.
"Andrà bene" tentò di rassicurarlo Lasti. "Tuo padre ti aspetta, sarà emozionato come te all'idea di incontrarti. A proposito, come lo riconoscerai?"
"Ottima domanda, non lo so. Però, se davvero a Lutya si conoscono tutti, capiranno subito che veniamo da fuori. Non sarà difficile trovarci."
"No di certo" concordò, pensando piuttosto al fatto che lui era un Lin e aveva le corna, quindi farsi notare sarebbe stato facilissimo.
"Man mano che ci avviciniamo sento l'agitazione crescere... E sono anche impaziente" continuò il più giovane.
Anche io, avrebbe voluto rispondere, ma si trattenne per non peggiorare la situazione.
"Io sarò con te per tutto il tempo" gli assicurò invece, sperando di essere d'aiuto.
Allungò una mano e la posò sulla sua spalla destra. Voleva farsi sentire, passargli un po' di serenità attraverso il calore, seppur minimo, di quel gesto.
Artillas appoggiò la sinistra sulla sua, facendo intrecciare le loro dita.
"Lo so" rispose, con un tono basso e preoccupato.
Gli lasciò la mano, ma Lasti non spostò la propria ancora per un po'.
Il villaggio, che sembrava molto piccolo a distanza, si rivelò grande quanto Nyss, se non di più.
Vi entrarono ritrovandosi su una strada che costeggiava diverse case. Tante altre vie si diramavano da questa, che conduceva a ciò che sembrava essere una piazza cittadina.
Mentre conducevano il carro in quella direzione, i Danae tutti intorno si voltarono a guardarli, incuriositi dalla presenza di visitatori.
Lasti si ritirò all'interno per non farsi notare, rimanendo comunque vicino ad Artillas.
"Come faremo a trovare tuo padre tra tutte queste persone?"
"Semplice, chiediamo aiuto ai passanti. Se davvero si conoscono, scopriremo subito dove abita"
Decise di mettere subito in pratica il suo metodo. Fermò l'avanzata del lolip accanto a due signore che lo osservavano fuori da un negozio, chiacchierando.
"Scusate, sto cercando Aenos Lurenos, sapreste indicarmi dove trovarlo?"
"Certo che sì" rispose una.
"Non sapevamo che aspettasse visite" intervenne l'altra.
"Prosegui per di là, troverai una casa bianca. È la sua" continuò la prima.
"Ma non è che per caso sei il figlio di Aenos? Quello che sta a Visdis?" chiese un altro Danae che aveva ascoltato il discorso.
"Ma certo! Sei identico a lui!" concordò la seconda donna, euforica.
"Sono io" ammise con un sorriso impacciato.
Ringraziò le persone che gli avevano indicato la strada e fece ripartire il lolip.
"Pazzesco, scommetto che qui le voci corrono come revere" commentò Lasti.
"Già, sembra uno di quei posti in cui i segreti non rimangono tali... Ecco, la via è questa" disse facendo svoltare il carro a sinistra.
L'unica strada lastricata del villaggio sembrava essere quella principale, mentre le altre erano viuzze sterrate costeggiate da casette qua e là.
"Casa bianca, casa bianca... Oh, eccola" pensò ad alta voce.
Si avvicinarono lentamente all'abitazione, agitati.
Una volta davanti ad essa, Artillas scese dal mezzo e si fermò in linea con l'ingresso, bloccato dalle emozioni.
"Vai, ormai siamo qui" lo incitò Lasti.
Il mezzo Lin si voltò e lo vide che legava il lolip. Aveva il sorriso sulle labbra mentre controllava che la bestia quadrupede stesse bene.
Era teso come lui in realtà, ma non poteva infastidirlo con i suoi pensieri, non in quel momento. Non poteva dire che temeva di spaventare tutti, di non essere accettato o peggio, che la sua storia fosse giunta in qualche modo fino a lì. Non poteva dirlo perché sapeva che, a differenza della sua famiglia, il padre di Artillas lo aspettava a braccia aperte e non vedeva l'ora di conoscerlo.
Poteva solo andare bene.
Questo però non significava che non capisse come si sentiva il ragazzo. Lo capiva benissimo, per questo voleva sostenerlo.
Lui si fece coraggio e procedette sul vialetto fino alla porta, studiando ogni filo d'erba, ogni fiore e poi ogni venatura del legno.
Prese un respiro profondo, sollevò il pugno destro per bussare e...
La porta si aprì bruscamente facendolo sobbalzare per lo spavento.
"Artillas, sei tu?" domandò l'uomo all'interno, entusiasta.
Aveva dei lunghi capelli blu, gli occhi castani e un luminoso sorriso sul volto.
"Figlio mio!" continuò, abbracciandolo senza aspettare una risposta.
Si erano riconosciuti al primo sguardo.
Artillas, spiazzato da quello slancio di affetto improvviso, poté solo ricambiare la stretta, contagiato dalla sua gioia.
"Padre, ma come..." disse quando venne lasciato andare, mentre già studiava il suo viso.
"Vi ho visti dalla finestra. Sapevo che saresti venuto, ma averti qui davvero è spiazzante, in senso positivo!" spiegò, felice.
Sorrise ancora al figlio guardandolo a sua volta, per poi voltarsi verso Lasti. Quest'ultimo era rimasto immobile, rapito dalla scena.
Tornò in sé non appena si accorse di essere osservato.
"E tu invece sei...?" domandò, sempre sorridente.
Lui non poté fare a meno di ricambiare quel sorriso. Il padre di Artillas sembrava una persona allegra e alla mano, non avrebbe potuto sperare di meglio. Inoltre, non lo stava trattando in modo strano né perché era un Lin, né perché aveva le corna.
"Lasti Classt" si presentò andandogli incontro. "È un piacere conoscerti, signor Lurenos"
"Lasti è il mio fidanzato" precisò Artillas.
L'uomo osservò prima il figlio, poi lui, e sorrise ancora.
"Allora benvenuto in famiglia. Benvenuti entrambi! Non vedevamo l'ora di conoscervi. Ah, e tu puoi chiamarmi Aenos, niente signor Lurenos d'ora in poi"
"Va bene, Aenos" rispose Lasti, agitato ma felice che fossero stati accolti in quel modo.
"Venite dentro, vi presento le ragazze di casa" continuò il Danae, facendo strada.
La sua dimora, piccola ma accogliente, era totalmente diversa da come Lasti la immaginava.
Niente ritratti all'ingresso, niente crepe sui muri, niente freddo e miseria. Appena vi entrò, si ritrovò in un salotto pur sempre povero, ma in cui non sembrava mancare niente. Chiusa la porta alle loro spalle, poté sentire distintamente il calore avvolgente del camino. Rimase con la bocca semiaperta per lo stupore per alcuni secondi.
Sentendo la porta chiudersi, due donne si affacciarono da una stanza che probabilmente era la cucina.
La prima era una signora con i capelli di un blu tendente all'azzurro. L'altra, più giovane, aveva la chioma poco più chiara della sua e le somigliava molto.
"Mio figlio è qui, venite a conoscerlo" annunciò il Danae, emozionato.
La signora dai capelli più scuri si avvicinò loro per prima, sorridendo in modo caldo e accogliente.
"Lei è Jiurene, mia moglie. Cara, loro sono mio figlio Artillas e il suo fidanzato, Lasti"
Lei chinò leggermente il capo come era usanza fare quando si conosceva qualcuno, e loro ricambiarono il gesto.
"È un piacere avervi qui, ragazzi. Vi stavamo aspettando"
Mentre parlava, anche la più giovane si avvicinò.
"Lei è Artisis, mia figlia" la presentò Aenos.
La ragazza studiò Artillas con sguardo severo, per niente amichevole. Sembrava avesse solo qualche anno meno di lui ed eguagliava Lasti in altezza.
"E così sei mio fratello" esordì con voce inaspettatamente piacevole.
"Eh sì" rispose lui, intimidito.
"Interessante. Ma ehi, se fossi venuto qui qualche mese più tardi mi sarei sposata e la casa sarebbe andata a me... Non te lo perdono"
"Quale casa?" domandò il mezzo Lin, confuso.
"Ne ho costruita una di fianco alla nostra, è lì che vivrete" spiegò l'uomo. "Come ha detto Artisis, sarebbe spettata a lei dopo il matrimonio ma sei arrivato prima tu"
"Oh, mi spiace..."
La ragazza sbarrò gli occhi. Forse non si aspettava una reazione così sincera da parte sua.
"No, fai finta di niente! Significa solo che vivrò con i suoceri per un po', o magari ritarderemo le nozze finché non sarà pronta una nuova abitazione" si affrettò a dire, mettendo da parte l'aria da dura che aveva dimostrato in precedenza.
Spostò lo sguardo su Lasti, incuriosita.
"Quelle sono vere?" domandò, riferendosi alle corna.
"Sì..." rispose lui, temendo il peggio.
"Che forza!" commentò lei, meravigliata.
"Che ne dite se parliamo un po' davanti a una tazza fumante di tè? Siamo stati in piedi anche troppo" propose il padre, poggiando le mani sulle schiene dei nuovi arrivati per condurli nella stanza vicina.
Come previsto era la cucina, dove poterono accomodarsi a un tavolo spazioso. Era fatto con un legno chiaro dal colore caldo, Lasti si perse a guardarlo per ingannare l'imbarazzo mentre la donna scaldava l'acqua.
"Ti piace? L'ha fatto mio padre" rivelò Artisis, seduta lì accanto.
Sembrava aver sviluppato subito un interesse per lui più che per suo fratello.
"Sì, è molto bello. Aenos, costruisci case e anche mobili? È... sorprendente"
"Ti ringrazio. In realtà sono proprio i mobili a essere la mia occupazione principale, sono un artigiano" raccontò.
"I vasi invece li faccio io" lo interruppe la ragazza, fiera di sé.
Lasti fece vagare lo sguardo notando che in effetti ce n'erano molti.
"Sono belli" commentò.
Il suo tono tradì la malinconia che gli provocavano quegli oggetti.
"Dicci Artillas, quella che indossi è un'uniforme da soldato?" domandò Jiurene, versandogli la bevanda.
"Sì. Da guardia del palazzo reale, per essere precisi. È tradizione indossarla fino a casa dopo aver dato le dimissioni, quindi sappiate che, se vi dà fastidio, dopo oggi non la vedrete più"
"No, figurati" sorrise e appoggiò la mano destra su quella del marito in un gesto affettuoso. "Io e tuo padre siamo solo curiosi"
"E anche tu lo sarai, immagino" intervenne lui.
"Sì, è vero... Così tanto che non so da dove iniziare" ammise, prendendo un primo sorso dalla sua tazza.
"Abbiamo tutto il tempo" sottolineò suo padre.
Era calmo e felice, ma si vedeva che aveva molta voglia di conoscere meglio il figlio. Lasti lo notò e la cosa gli fece piacere.
Inoltre, ora che lo guardava bene, Aenos era molto simile ad Artillas. Era un bell'uomo di cui era difficile capire l'età, e aveva un certo fascino. L'idea che anche il ragazzo sarebbe rimasto bello e affascinante ancora per molti anni gli attraversò la mente per un istante, facendolo sentire stupido.
Finito il tè, Aenos propose di andare a vedere l'abitazione in cui avrebbero vissuto da quel momento in poi. Era proprio accanto alla loro, poco più piccola e dalle pareti color marrone chiaro. Vista dall'esterno era carina e aveva lo spazio per un piccolo giardino.
All'interno, l'arredamento era semplice ed essenziale, ma c'era già tutto. Lasti rimase ancora una volta senza parole mentre esplorava le sue poche stanze.
Una casa tutta per loro... Sembrava troppo bello per essere vero.
Aenos li aiutò a prendere le loro cose e portarle nella nuova dimora.
"Questi libri sono tuoi?" domandò Jiurene, raccogliendone uno dal mobile su cui era stato posato provvisoriamente.
"No, sono tutti di Lasti" rispose Artillas.
La donna alzò lo sguardo su quest'ultimo trovandolo che ammirava ogni mobile della cucina, ammaliato. Sorrise, ma non commentò la cosa.
"Dato che tu e Artillas siete fidanzati, anche tu sei mio fratello adesso" puntualizzò la più giovane, facendo riemergere Lasti dai suoi pensieri.
Non si era accorto di lei. Sentendola parlare, si voltò e la trovò seduta sul tavolo da pranzo.
"Mi fa davvero molto piacere" le disse. "Ma... non dovresti interessarti di più al tuo vero fratello?" le fece notare.
"No, ora mamma e papà vogliono averlo tutto per loro. Io avrò la mia occasione un'altra volta" spiegò. "Tutti i Lin hanno le corna?"
"No, solo io" rispose d'istinto, tornando a esplorare i mobiletti.
"Solo tu...?" chiese lei, confusa.
Rendendosi conto che aveva risposto senza pensarci, tornò a guardarla.
"Sì, ecco... Mi sono cresciute perché mi sono affaticato troppo, ti risparmio i dettagli"
"Lasti, anche tu eri una guardia del palazzo?" gli chiese Aenos, raggiungendoli.
"No, io ero un soldato" precisò, dopo aver esitato un attimo.
"Ho sentito che c'è stata una guerra civile a Visdis, dev'essere stato difficile combattere contro il tuo stesso popolo" commentò l'uomo, dispiaciuto.
"Lo è stato davvero" concordò, serio. "Ma per fortuna, dopo anni, chi aveva dato inizio al conflitto è riuscito anche a mettergli fine e ora regna la pace"
"E io auguro a tutti i Lin che questa pace duri. Come diciamo sempre noi: che Varohm vi abbia in grazia da adesso in avanti"
"Pensavo che voi Danae non credeste nelle divinità" ribatté Lasti, confuso.
"Ed è così, infatti è solo un modo di dire" ridacchiò e si mise a braccia conserte. "Che ne dite ragazzi, ceniamo qui stasera?"
"Sì, inauguriamo la cucina!" rispose Artisis, contenta. "Ci raggiungerà anche Moriz, il mio fidanzato, così ve lo presento" aggiunse, allegra, rivolgendo lo sguardo a Lasti e poi ad Artillas.
Lasti sperava di riuscire a scrivere qualche lettera già quella sera, ma il pomeriggio era stato fitto di avvenimenti stancanti, soprattutto a livello emotivo.
Adesso si trovava solo con Artillas nella loro nuova casa, dopo un'affollata cena in famiglia, e ancora niente gli sembrava reale.
La stanchezza però lo era eccome.
Dopo essersi lavato, si sdraiò a letto per primo. Tirò il cuscino più verso di sé così da non toccare la parete con le corna, vi appoggiò la faccia e si rilassò a pancia in giù. Tutta la fatica della giornata adesso gravava sulla sua schiena.
"È stato travolgente" commentò Artillas, raggiungendolo. "Così tanto che non so cosa dire, davvero"
"Abbiamo un letto tutto nostro" disse Lasti. "È grande, ed è in una casa tutta nostra"
Alzò lo sguardo sulla lenoctos, appoggiata sul comodino.
"No, non è un sogno" continuò, quindi sorrise.
Artillas si sdraiò su di lui facendolo gemere per la sorpresa.
"Allora anche tu sei contento! Non abbiamo potuto parlare quindi temevo che ti stessi sforzando"
"Sì, mi sforzavo per non far capire quanto ero agitato!" ammise. "E infatti adesso sono distrutto"
Il mezzo Lin si spostò, sdraiandosi al suo fianco.
"Mio padre e Jiurene hanno parlato di una competizione sportiva che si terrà domani. Se partecipi con me, mi iscrivo"
"Scherzi? Non so quali siano le regole, ma scommetto che sarei il più lento tra tutti"
"Se non ci sei tu, sono io il più lento, sicuro! La mia parte Lin mi rallenta" ribatté Artillas.
Lasti ridacchiò, divertito.
"No, ci saranno tante persone quindi non so nemmeno se verrò ad assistere. Sarà strano per tutti vedere le mie corna, cresciute per la fatica poi!"
"Sì, lo sarà, ma dopo un po' smetterà di esserlo. Qui sembrano tutte brave persone, dobbiamo solo dar loro un'opportunità"
"Mi fido di te e ho la stessa sensazione, ma ti chiedo di concedermi un po' di tempo" rispose, con gli occhi già chiusi per dormire.
"Nessuno ti mette fretta"
Artillas si sforzò di alzarsi giusto per spegnere la lampada ad olio, tornando a letto subito dopo.
Coprì se stesso e anche Lasti, così sfinito che non si muoveva più.
Annullò la distanza tra loro e lo strinse tra le sue braccia.
Non capiva se era già crollato, ma non lo respinse e la cosa gli fece piacere.
Non si era mai permesso di dormirgli così vicino, ma desiderava farlo da tempo. Quella sera in particolare, anche lui era troppo stanco per avere secondi fini. Voleva solo stargli accanto e sentire il suo calore fino ad addormentarsi.
La loro nuova vita era davvero iniziata. Erano stati accolti entrambi a braccia aperte e potevano permettersi di rilassarsi e dimenticare il passato.
Era ancora meglio di come l'aveva immaginato.
Continua nel prossimo capitolo
Qualche precisazione necessaria:
* "Pazzesco, scommetto che qui le voci corrono come revere" commentò Lasti.
Revere: sono degli animali che immagino simili ai cervi. Non ne ho mai parlato nella storia, se non nel capitolo del ballo in maschera accennando al fatto che il costume di Lasti era ispirato a una revera.
** "Mio padre e Jiurene hanno parlato di una competizione sportiva che si terrà domani. Se partecipi con me, mi iscrivo"
Questa cosa credo di averla pensata e mai scritta, quindi ve lo dico adesso: nel regno di Danes non ci sono guerre né soldati che proteggano le città, però le competizioni sportive non mancano, che siano locali o che implichino sfide tra abitanti delle varie regioni. Nel primo capitolo ho scritto che Artillas supera in velocità tutte le altre reclute dell'Accademia, infatti i Danae sono per natura molto più veloci dei Lin.
Grazie per aver letto fin qui, il prossimo capitolo sarà l'ultimo!
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