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Anno 6218 DID – Lissen, capitale del regno di Visdis.
Yenri Drana, medico di corte da circa un mese, fischiettava camminando per i corridoi del castello.
La guerra era finita da poco, ma lui si era già abituato alla sua nuova vita. Ciò che più sognava, quel lavoro, era finalmente suo. Si trattava di un'occupazione gratificante e stimolante allo stesso tempo, seppur riempisse le sue giornate di impegni.
Non mancava però di dedicarsi alle altre cose che riteneva importanti, prima fra tutti passare del tempo con Lasti per accertarsi delle sue condizioni.
Uscito dall'infermeria alla fine del suo turno, si stava recando proprio da lui.
Anche quando il carico di lavoro si faceva pesante, nei momenti liberi andava dall'amico per assicurarsi che stesse bene e avesse tutto ciò che gli serviva.
Malgrado la battaglia fosse solo un ricordo, si sentiva responsabile per il ragazzo. Sentiva di non poterlo abbandonare, non quando lo sapeva in quello stato.
Chi lo vide dirigersi all'uscita lo riconobbe e lo salutò. Dopo quel fatidico giorno a palazzo, quando La Dea aveva parlato davanti a tutti, il personale di corte aveva ben presente il fatto che lui facesse parte dei Prescelti. E non solo, era arrivato lì insieme al loro capo.
Questo, oltre alle sue particolari capacità nel campo, rendevano Yenri un medico rinomato e ben voluto. Lui ne era felice, almeno finché qualcuno non decideva di avvicinarglisi troppo.
Uscì dall'edificio e giunse finalmente nel giardino del palazzo, nel quale cresceva un'enorme varietà di piante. C'erano i fiori per il diletto delle giovani nobili, ma anche alberi da frutto e soprattutto le erbe medicinali di cui lui era un vero esperto.
Oltre alle coltivazioni esterne, la zona più interna del giardino ospitava diverse serre singole nelle quali ne venivano fatte crescere tipologie specifiche. Di base erano ad uso di studiosi e botanici, i quali si occupavano di piante infestanti, piuttosto che di altre che necessitavano di restare separate da tutto il resto.
Lasti aveva deciso di stabilirsi in modo permanente in una di quelle libere. Scelta insolita, la sua, ma lo aveva fatto perché lì nessuno lo avrebbe disturbato, e si sarebbe potuto dedicare allo stesso tempo a ciò che gli interessava davvero: lo studio delle piante, in particolare di quelle che avevano effetti nocivi sulle persone.
Le serre erano murate ai lati, mentre la parte superiore in vetro permetteva ai raggi alnei di entrarvi. Per accedervi, si passava da un'anticamera interna, una sorta di stanza privata. Lasti aveva fatto di questa il suo alloggio personale, anche se passava la maggior parte del tempo tra le piante di cui si prendeva cura.
Yenri gli aveva chiesto una copia della chiave per ogni evenienza, quindi aprì la porta ed entrò senza avvisare.
Non si stupì quando all'interno trovò Guttla e Crux, visitatori abituali. I due erano seduti a debita distanza sul divanetto malconcio della stanza e non avevano un'espressione serena.
"Vedo che la guardia personale del futuro Re batte la fiacca anche oggi" commentò, chiudendosi la porta alle spalle.
"Oggi è un giorno festivo! Sai che è l'anniversario della prima Incarnazione, mi hanno dato il giorno libero" si lamentò, corrugando la fronte.
"Lo so, volevo solo provocarti" continuò Yenri, sorridendo divertito.
Guttla li osservò con un'espressione annoiata.
"Non è ancora uscito da lì?" le domandò.
"No, solo per farci entrare" rispose, appoggiando pigramente il mento al palmo della mano.
"Capisco... Provo a chiamarlo io"
Yenri si avvicinò alla parete interna della vera e propria serra, che su quel lato era trasparente, e bussò.
"Ehi, Lasti! Sono arrivato, e qui ci sono i tuoi amici"
Il non più Primo Generale si voltò, riconoscendo la sua voce.
Raggiunse la porta e la varcò, raggiungendolo, ma non proferì parola anzi sospirò e basta. Il suo viso non faceva trasparire nulla, se non il fastidio e... la stanchezza.
Aveva le occhiaie profonde, l'aspetto di chi non dorme bene da troppo tempo e i vestiti trasandati. Non aveva i capelli lunghi solo perché Guttla aveva insistito per tagliarglieli qualche giorno prima, ma era comunque un disastro.
Si passò la mano destra sul collo dolorante mentre li osservava uno ad uno, senza aver niente da dire.
"Ti fa ancora male? Aspetta, oggi ti ho portato un medicinale nuovo da provare" esordì Yenri, pieno di energia.
Trafficò qualche secondo nella borsa, ora in tinta con la divisa ocra che indossava, e trovò un impacco già pronto per essere usato.
"Dovresti sdraiarti, così mentre te lo applico fai una bella dormita" propose.
"No grazie" rispose Lasti, in tono severo. "Non riposerò proprio ora, non ne ho bisogno. La sulfure ha sviluppato un parassita e se non la curo adeguatamente lo passerà alle altre piante. Non sono nemmeno sicuro di come procedere per eliminarlo, non ancora"
"Le piante possono aspettare, agiamo sul tuo dolore prima" insistette. "Ho anche delle gocce che possono aiutarti a prendere sonno, le ho preparate io stesso"
"No, davvero. Lascia lì l'impacco" indicò il comodino sul quale erano impilati diversi libri. "Questa notte prima di dormire lo metto da solo" sospirò, gli diede le spalle e si richiuse nella serra senza aggiungere altro.
"Se solo potessimo entrare con lui, lo prenderei per le corna per trascinarlo qui" sbottò la donna, infastidita.
"Piano con le parole, sei proprio pazza tu" la rimproverò Crux.
"Forse, e allora?" ribatté. "È lui che mi ha portata allo stremo e lo sapete benissimo!"
Yenri appoggiò l'impacco sul comodino, si sedette sul letto e prese in mano i volumi appoggiati lì accanto.
Il primo era un dizionario che traduceva il rek in linguaggio unificato e viceversa. Era pieno di pagine piegate agli angoli e, sfogliandolo, si potevano notare sottolineature e appunti lasciati qua e là. Il secondo sembrava trattare di botanica ed era scritto nella lingua di Rekknos, a giudicare dall'illustrazione sulla copertina e dal titolo, per lui incomprensibile. Il terzo era un normale libro sulle piante da frutto, vecchio e rovinato. Di tomi di quel tipo ne aveva la stanza piena. Li aveva impilati qua e là dove c'era posto, in mancanza di uno scaffale apposito in cui riporli.
"Cosa ci troverà in quelle cose velenose, non lo capirò mai" continuò Guttla, esasperata.
"Eppure te l'ho già spiegato" intervenne Yenri. "Secondo la mitologia rek, sono piante che guariscono dalle malattie e dai sortilegi. Crescendole, Lasti vuole prendere tutto ciò che sente di sbagliato e negativo in sé e buttarlo fuori perché loro lo assorbano. Il suo malessere è nutrimento per quel tipo di piante, il che lo porterà a risanarsi... secondo i rek! Ed ecco perché può entrare lì senza protezioni, mentre noi facendolo rischieremmo la vita: perché le ha cresciute lui, derivano a tutti gli effetti dalla sua negatività"
"Chiaro come sempre, medico di corte" lo canzonò lei mandandogli un'occhiata tutt'altro che amichevole, quindi sospirò. "Io penso che Lasti non abbia nulla di sbagliato... È vero che ora sta male, ma in guerra era un grande comandante, il migliore di sempre. Vorrei che mi confidasse ciò che lo turba..."
"Ijinia è già venuto oggi?" chiese Yenri, ignorandola.
"No, aveva da fare col suo istruttore di dizione e poi con quello di politica, o qualcosa di simile" rispose Crux, più calmo della ragazza.
"Ormai siamo rimasti solo noi quattro" aggiunse lei. "Anche Nimes ci ha abbandonato, decidendo di entrare nell'esercito del regno. Guardia, il prossimo sarai tu"
Era vero, Nimes si era allontanato dalla capitale qualche giorno prima. L'esercito era stato incaricato di portare aiuti ai villaggi più impoveriti e si era sentito in dovere di dare una mano, quindi si era unito a loro. Aveva capito che per Lasti non poteva fare niente.
"Non chiamarmi guardia e non decidere per me" la guardò storto, infastidito. "Finché avrò tempo, è ovvio che lo dedicherò a Lasti. È un amico e non sta bene"
"A proposito di questo, ho pensato che forse un altro modo per aiutarlo ci sarebbe. Non so se è una buona idea, ma noi da soli non stiamo ottenendo risultati e mi meraviglio di non averci pensato prima" esordì Yenri, convinto. "Crux, stavo pensando di coinvolgere quella persona. Sai, quella che piace a Lasti... Forse, così facendo, tornerà in sé"
Crux si fece pensieroso mentre Guttla spalancò la bocca e sgranò gli occhi, per poi farsi cupa in viso.
"Allora lo ammettete, finalmente! Chi è questa donna e cos'ha più di me? Voglio proprio saperlo!"
"Ci ho pensato anch'io, ma non so se è il caso" ammise Crux, ignorandola. "Lui non ne ha più parlato, non è detto che ne sarà felice"
"Lo sai com'è fatto, è orgoglioso e fatica ad aprirsi su certi argomenti. È in questi casi che il suo medico di fiducia deve decidere per lui, riportandolo alla realtà con ogni mezzo necessario. Ora dimmi, tu sai chi è e dove si trova?"
Il ragazzo scosse la testa.
"Ne sono successe tante, non me lo ricordo. Anzi, non so se ho mai saputo il suo nome... Però, visto che ai tempi era nell'esercito, sono sicuro che chiedendo in giro riuscirò a rintracciarlo"
"Bene, adesso si ragiona! Forse per oggi è meglio se andate a godervi il giorno libero, tanto Lasti è di poche parole, come sempre. Io resto, faccio un altro tentativo"
La giovane sospirò, sconsolata, e uscì per prima mantenendo lo sguardo basso.
Crux fece per dare una pacca amichevole a Yenri, che però si scostò appena in tempo.
"Ehi, cosa ti salta in mente all'improvviso?"
"...hai ancora quel problema con il contatto fisico?"
"Non è un problema, è parte di me. Ora va', controlla che la tua amica non si metta nei guai importunando qualche ricco vecchio"
"Non è mia amica quella svitata, lo sai" puntualizzò, quindi uscì senza dirgli più niente.
In realtà Yenri lo sapeva bene, nessuno di loro probabilmente aveva mai considerato Guttla un'amica. Anzi, solo Frem lo aveva fatto finché Guttla non aveva tentato di ucciderla, mossa dall'invidia.
Tornò seduto sul letto e cercò meglio nella borsa. Forse aveva qualcos'altro per lui, ma non lo ricordava. Qualcosa che gli alleviasse i dolori dati dal peso delle corna, ma anche che lo rilassasse e gli facesse tornare la serenità.
Era difficile rimanere positivi vedendo Lasti che si distruggeva con le sue stesse mani, giorno dopo giorno.
I componenti del loro gruppo avevano altri affari di cui occuparsi, quindi non erano rimasti troppo tempo al suo fianco. Lo avevano salutato prima di andarsene, questo sì, e con tutti Lasti aveva finto di stare bene, forse per non preoccuparli eccessivamente, forse perché ci teneva a salutarli a modo.
Era bravo a fingere, il che fece pensare a Yenri che forse lo aveva fatto sempre, durante la guerra, nascondendo i suoi turbamenti. Che fossero molti più di quelli che lui aveva immaginato, quando si era accorto che stava male sulla via che conduceva a Villa Clarens. Quella volta aveva solo scalfito la superficie del problema.
Ora quelle preoccupazioni lo facevano stare peggio, e aveva tentato di liberarsene crescendo delle piante velenose... Ma la questione non era stata risolta, anzi.
Vedendo che alcuni di loro desideravano rimanergli vicini, li aveva allontanati diventando di poche parole. Erano rimasti solo lui, Crux, Guttla e Ijinia a fargli visita ormai.
Lasti credeva che, isolandosi, parte dei suoi problemi si sarebbero risolti. Era chiaro, ma non stava dando risultati. Proprio per questo Yenri aveva pensato che l'unico modo per aiutarlo davvero fosse metterlo davanti alla realtà, quindi alla possibilità di vivere discretamente, in un modo più sano, ora che il conflitto era terminato. Serviva a questo trovare la persona di cui Lasti era innamorato.
In ogni caso, non aveva idea di chi fosse.
Artillas Delneruth, guardia del regno, aveva assistito da lontano allo spettacolo sulla terrazza di un mese prima, rimanendo sconvolto da ciò che gli si era presentato davanti. In seguito si era preso qualche giorno per riflettere, per poi tornare al lavoro come se niente fosse accaduto.
Al castello stavano avvenendo dei cambiamenti, anzi in tutto il regno, e nessuno li avrebbe ostacolati dal momento che avevano avuto prova che era La Dea a volerli. Questo però non era un buon motivo per assentarsi dai suoi doveri.
Inoltre, immaginava che Lasti si trovasse ancora lì, da qualche parte.
Durante i suoi turni di guardia non gli era mai capitato di incontrarlo nemmeno per caso.
Artillas non aveva aspettato altro che la fine della guerra per rimettere ordine nella sua vita, e per farlo aveva bisogno, prima di tutto, di vedere Lasti.
Si era quindi messo a cercarlo attivamente, scoprendo però che non si trattava di un'impresa tanto facile. Il giovane aveva fatto sparire le sue tracce, come se fosse svanito nel nulla.
Indagando, riuscì a scoprire i nomi di alcuni suoi compagni e dove erano andati dopo la fine del conflitto, ma di lui non sembrava che nessuno sapesse niente.
Quando qualcuno gli suggeriva di cercarlo in un posto, lui ci andava e scopriva che non c'era, e la ricerca ripartiva dal principio.
Aveva continuato a cercare e, qualche giorno prima, chiedendo ad altri colleghi se sapevano qualcosa di lui, aveva scoperto che uno dei suoi stretti collaboratori non era altri che l'erede al trono, il famoso discendente di Afyysis di cui si parlava tanto.
Pensò che sarebbe stato difficile avere udienza con lui, ma doveva comunque provare. Era l'unica pista che aveva trovato al momento, l'unica che sembrava promettente. Se davvero era stato un suo compagno, era probabile che sapesse dirgli qualcosa in più. Magari sapeva anche indicargli dove trovarlo.
Pur temendo che le altre guardie gli avessero dato un'informazione sbagliata, aveva comunque fatto richiesta di udienza al futuro Sovrano.
Il giorno designato per il loro incontro era ormai arrivato, così Artillas stava salendo le scale del palazzo, diretto allo studio dell'erede al trono.
Giunto fuori dalla porta, due sentinelle lo fermarono.
"Ho il permesso di incontrare Lord Golfuri, mi sta attendendo" annunciò, mostrando loro il foglio che lo attestava.
Questi, vedendo il timbro reale sul documento, non fecero altre domande. Una di loro aprì le porte e lo annunciò.
Artillas poté così entrare, ritrovandosi al cospetto di un ragazzo di quasi trent'anni, seduto davanti a una grande scrivania piena di scartoffie. Sembrava stanco, ma lo osservava con curiosità. Gli fece segno di accomodarsi davanti a lui.
"Buongiorno, Lord Golfuri" lo salutò chinando il capo, quindi avanzò per fare come gli era stato indicato.
"Buongiorno a voi" rispose l'erede al trono, con un tono di voce molto basso. "È la prima volta... che qualcuno chiede di parlare con me. Voi siete...?"
"Non c'è bisogno che mi diate del voi, ve ne prego" gli chiese.
Il nobile che aveva di fronte era insolito. Non che lui ne conoscesse molti, ma di certo non si aspettava che Golfuri fosse così. Il futuro Re era infatti impacciato e insicuro, almeno a parole. Il suo tono di voce basso dava l'idea che fosse introverso, o magari a disagio.
"Mi chiamo Artillas Delneruth, sono una delle guardie del regno" si presentò.
"Se qualcosa non va, dovresti parlare con il Re... o con... il tuo comandante"
Il modo in cui esitava tra una parola e l'altra, come se a momenti dimenticasse come si facesse a parlare, indispettì Artillas. Si disse che non era possibile che un Lin del genere fosse stato in guerra, per di più tra i collaboratori stretti di Lasti. Le sentinelle con cui aveva parlato dovevano avergli dato informazioni sbagliate, mettendolo su un'altra pista che non portava da nessuna parte. Stava nuovamente perdendo tempo.
"Non è questo, Lord Golfuri. A dir la verità, ho saputo da alcuni colleghi che voi siete stato in battaglia, al fianco della Voce della Dea. Se si tratta di informazioni errate, mi scuso e tolgo il disturbo all'istante" si affrettò a dire, convinto di dover lasciar perdere.
Il nobile aggrottò la fronte.
"È esatto" ammise poi, confuso.
Era chiaro che non si aspettasse di sentirgliene parlare.
"Oh! Allora..." si schiarì la voce. "Lo sto cercando, vi sarei grato se poteste dirmi dove si trova"
Lord Golfuri sbarrò gli occhi, poi tornò ad avere un'espressione tesa e si sedette più comodo sulla sedia.
"E perché vorresti incontrarlo?"
"Si tratta di motivi personali" tagliò corto, assottigliando lo sguardo.
"In guerra si è fatto molti nemici... ma non ha senso voler r-regolare i conti. Non ti dirò niente che lo riguardi"
Artillas si era sbagliato sul suo conto. Sapeva dov'era Lasti, ma non intendeva rivelarlo. La cosa lo fece scattare in piedi, ansioso di avere risposte ora che c'era così vicino.
"No, avete frainteso! Io... ero suo nemico all'inizio, certo, ma ci siamo conosciuti ed è cambiato tutto. L'ho persino aiutato a lasciare il castello la sera del ballo in maschera!" aggiunse a capo chino, sperando che capisse e riuscisse a fidarsi.
"Nessuno a parte noi sa di quella volta..." rispose il nobile, stupito. "Non hai cattive intenzioni, vuoi solo... v-vederlo?"
"Esatto, è così" rispose Artillas, tornando a sedere e fingendo indifferenza, anche se si era appena comportato in modo impulsivo e scortese.
"Allora... non posso oppormi. Andrò a trovarlo nel pomeriggio, potrai venire con me"
Il mezzo Lin sgranò gli occhi, incredulo.
"Grazie, signore!" gli disse, chinando il capo.
"Non sono... il tuo comandante. Vai pure, e non tardare"
Si alzò e si inchinò nuovamente, quindi varcò la porta e tornò nel corridoio.
Per l'agitazione, il suo cuore aveva accelerato il battito.
Ce l'aveva fatta. Finalmente, dopo un mese di ricerche, lo aveva trovato. Stava per rivederlo.
Per paura di tardare, si presentò lì in anticipo.
Dovette aspettare poco, le porte si aprirono e lui si mise sull'attenti.
Da esse uscì un uomo basso con l'aria stanca e dei libri sottobraccio. Un insegnante, probabilmente.
Artillas attese pazientemente che anche il nobile uscisse, consapevole che ormai doveva essere arrivato il momento dell'appuntamento.
"Io... dovevo essere istruttore di scherma, n-non.." sentì dire, dall'interno.
"Ma no, sei migliorato moltissimo e lo sai. Non sei solo in questa cosa, hai me e gli altri, e poi c'è la tua fidanzata, ti sosteniamo tutti"
La seconda voce gli sembrò in qualche modo familiare, ma non capì dove e quando l'aveva udita.
"Non importa... Basta pensarci per oggi" rispose Lord Golfuri.
Un attimo dopo varcò la soglia e Artillas rimase sorpreso nel vedere chi c'era con lui.
"Tu!" dissero all'unisono, indicandosi a vicenda.
Il nobile rivolse uno sguardo interrogativo alla sua guardia del corpo, ma non chiese nulla.
"Non ci posso credere, ti cerco da giorni e tu sei qui?" esclamò colui che era stato un generale dei Prescelti, ignorando l'occhiata del futuro Sovrano.
"Mi cercavi? E perché mai?"
"Perché... Aspetta, che ci facevi qui fuori?"
"L'ho invitato io. Dice... che conosce Lasti. Ho fatto bene?" intervenne il Lord.
"Sì, capita proprio al momento giusto. Yenri mi aveva detto di cercarlo e portarlo da lui" spiegò.
Il mezzo Lin rimase stupito da come parlavano l'uno con l'altro, pur essendo un nobile e la sua guardia personale. In quel momento ebbe l'ulteriore conferma che entrambi erano stati stretti collaboratori di Lasti.
L'erede al trono fece segno di seguirlo e si incamminò per primo, senza ribattere.
Artillas non fece domande, però si accorse che l'altro lo aveva guardato male.
"Qualcosa contro di me, generale?" si lasciò scappare, quando ormai furono quasi al portone che conduceva all'esterno del castello.
"Non sono più un generale, Eroe" puntualizzò, mettendo enfasi sull'ultima parola.
"E io non sono più l'Eroe" sottolineò Artillas, decidendo di lasciar perdere.
Quel titolo, altisonante e stupido quanto carico delle aspettative del regno, gli era stato strappato senza pietà dopo un solo fallimento. Sentirsi chiamare così gli provocava brividi di vergogna.
La guardia del nobile non aveva risposto alla sua domanda, il che in un certo senso era già una risposta.
"Dove stiamo andando?"
Non avrebbe voluto parlare ancora, ma era da un po' che camminavano nel giardino e non riusciva a capire cosa ci facessero.
"Alle serre, è lì che vive"
"E perché mai?"
"Pensavo che tu lo conoscessi bene" sottolineò il Lin dai capelli neri, girandosi un'altra volta a guardarlo male.
Artillas non rispose, offeso.
"Come non detto, non ha importanza" continuò. "Come quella volta nelle prigioni, è di te che Lasti ha bisogno"
"Non sta bene?" chiese, dopo un attimo di esitazione.
"Lo vedrai tu stesso"
Raggiunta una delle costruzioni circolari, che per lui erano tutte uguali, bussarono e gli aprì un ragazzo dai capelli color verde scuro. Indossava la divisa ocra dei medici di corte.
"Ijinia, Crux, entrate pure. Fermi, lui chi è?" chiese, notando Artillas.
"Prima entriamo, poi parliamo" rispose Crux.
Allungò una mano per spingere il ragazzo dentro, ma questi si scostò con un'espressione disgustata.
"Non serve toccarmi, entrate e basta" si lamentò.
Quando Artillas gli passò davanti venne squadrato con sospetto, ma decise di non farci caso.
Una volta all'interno, si perse a guardarsi intorno. Si trovava in una piccola stanza disordinata e piena di libri, poco illuminata, una cui parete era di vetro e dava sulla vera e propria serra.
"Tu non sei un Lin..." sottolineò una voce femminile, facendolo tornare alla realtà.
Spostò lo sguardo su di lei, non avendola notata prima. Era una donna dai lunghi capelli neri tendenti al viola. Indossava un abito attillato dalla scollatura profonda ed era chiaramente confusa dalla sua presenza.
"Sei un Danae" osservò il medico, porgendogli una tazza di liquido fumante che lui accettò seppur con diffidenza.
"È un decotto rinvigorente, non temere. L'ho preparato per Lasti ma ce n'è per tutti voi" spiegò.
"Grazie. In realtà sono per metà Lin" specificò. "Voi chi siete e lui dov'è?"
"Siamo i suoi compagni di viaggio" rispose la donna, che ora lo osservava con curiosità. "Io mi chiamo Guttla"
"E io Yenri. Loro due li conosci già, immagino"
Mentre ascoltava assaggiò il decotto trovandolo ricco e saporito. Non capì se gli piacesse o meno, ma per non offendere lo bevve tutto senza fiatare.
"Lasti ci ha parlato di te, una volta. Ero proprio curioso di conoscerti" continuò il medico.
"Senza offesa caro, ma io non ho capito che ci fai qui. Cosa c'entri con Lasti?"
"Io sono..." si interruppe, non sicuro di come continuare la frase. "Un suo conoscente dei tempi della guerra"
"E quindi sei venuto a trovarlo? Resterai deluso, anzi gli darai solo fastidio. Non gli piace rivangare i ricordi del conflitto, hai fatto male a venire"
"Guttla, smettila di parlare senza sapere" la rimbeccò Crux.
"Sapere cosa? È inutile fare i misteriosi, è così che stanno le cose"
"Artillas?"
Tutti e cinque si voltarono, sorpresi dal fatto che Lasti avesse raggiunto la porta della serra di sua iniziativa, senza essere chiamato.
La guardia rimase a bocca aperta vedendolo. Si alzò e per un attimo restò fermo sul posto senza proferir parola.
"È insolito che tu ti unisca a noi di tua spontanea volontà" osservò Yenri.
"Voi parlavate più animatamente del solito, e così..." si giustificò, ma non terminò la frase e tornò a guardare il mezzo Lin.
Dalla sua espressione si capiva che era incredulo e preoccupato, più che felice.
"Lasti..." disse lui finalmente, posando la tazza vuota sul mobile più vicino e avvicinandosi la porta.
Lui indietreggiò, quindi Artillas fece per aprire.
"No!" esclamò d'istinto, alzando la voce. "Non venire tu, esco io" gli chiese, seppur intimorito.
"Va bene" rispose con esitazione, allontanandosi di qualche passo.
Aveva notato la sua brutta cera e il suo stato d'animo.
Lasti li raggiunse nell'anticamera, chiudendo la porta della serra alle sue spalle.
"Sei davvero qui. Io... non riesco a crederci" ammise, senza togliergli gli occhi di dosso. "Siete stati voi a cercarlo?"
"È lui che... ha trovato noi" rivelò Ijinia, rimasto in disparte con una tazza in mano.
"È così. È dalla fine della guerra che ti cerco, ma era come se tu fossi sparito... Cosa ti è successo?"
"Tante cose" rispose lui, rivolgendogli un'espressione dispiaciuta. "Non avrei voluto che tu mi vedessi così"
"Non importa. Io dovevo rivederti. Ora mi posso avvicinare?" gli chiese, notando il suo atteggiamento restio e il modo in cui si era tenuto a distanza.
"Va bene" gli accordò Lasti, e questa volta non indietreggiò.
Artillas si avvicinò piano, come avrebbe fatto con una bestia ferita e spaventata, che sarebbe potuta fuggire da un momento all'altro.
Quando gli fu abbastanza vicino, esitante, allargò le braccia e lo strinse a sé, come desiderava fare da molto tempo.
Lasti si perse completamente in quel contatto, sentendosi avvolgere da lui. Si aggrappò istintivamente alla sua schiena con le mani e appoggiò il viso nell'incavo del suo collo, riscoprendone il profumo.
Artillas ne aveva uno particolare, lui lo aveva già notato le altre volte che erano stati insieme. Era un odore nostalgico, che gli riportava alla mente momenti felici. Piccoli spiragli di luce nell'oceano di buio che era stata la guerra.
Sentì affiorare delle lacrime, quindi lo strinse di più per nascondersi alla vista degli altri e, allo stesso tempo, impedirgli di lasciarlo andare.
"Credo sia meglio se usciamo adesso, per oggi lasciamoli soli" propose Crux.
"Hai ragione. C'è il decotto pronto, non fatelo andare sprecato" si raccomandò Yenri, avviandosi per primo alla porta.
La chiusero alle loro spalle. Malgrado ciò, Lasti non mollò la presa su Artillas. Tentò disperatamente di non singhiozzare, ma fallì nell'intento.
"Stai piangendo?" gli chiese lui a bassa voce, rammaricato.
Gli accarezzò la nuca con la mano sinistra sperando che lo aiutasse a calmarsi.
Non si aspettava una reazione del genere, come non si aspettava di trovarlo in quello stato.
"Non guardarmi, ti prego. Io avrei voluto mostrarti dei lati migliori di me... Lo avrei voluto davvero, ma ormai non so più chi sono"
Fece come gli era stato chiesto, spostò lo sguardo altrove mentre Lasti lo lasciava libero e si voltava per asciugarsi il viso. Solo quando questi gli ebbe dato le spalle si soffermò a osservarlo di nuovo. La schiena, i capelli neri e le lunghe corna marroni che spuntavano dalla sua testa.
"Il tuo amico ha preparato un decotto, ti va di berne un po'?"
"Sì, forse è meglio"
Artillas si avvicinò alla pentola e gli riempì una tazza.
Lasti si era già seduto sul divanetto, la accettò senza guardarlo negli occhi e ne bevve un primo sorso.
"Mi tremano le gambe... Sono proprio patetico" ammise poi, sconsolato.
Aveva anche gli occhi stanchi, e Artillas si perse a guardarli. I suoi occhi rossi erano spenti, ma comunque affascinanti. Era la prima volta che poteva osservarlo con calma, senza dover sottostare ai ritmi del conflitto in atto.
Finalmente c'erano solo loro due e avevano tutto il tempo del mondo, o almeno così sembrava.
"Non importa, dico davvero. Io non ti trovo patetico. È da più di un mese che ti cerco"
"Allora ho deluso le tue aspettative"
"No invece! Però... sto male a vederti così. Vuoi dirmi cosa ti è successo?" insistette.
"Non ho un granché da raccontare... Non vedevo l'ora che la guerra finisse, ma poi è iniziato il vero incubo. Tutti là fuori sanno chi sono, anzi credono di saperlo. Ma io, senza il Mirai e il piano da portare avanti, non sono più nessuno. La Dea mi aveva dato uno scopo, e per perseguirlo ho abbandonato tutto ciò che ero. Ora che il mio compito è terminato, non sono più niente"
"Invece questa è un'occasione per ripartire, vivere come avresti sempre voluto" intervenne Artillas sgranando gli occhi, spiazzato dalle sue parole.
"E com'è che avrei voluto vivere? Io proprio non lo so" sospirò. "So solo... che sono successe troppe cose brutte in questi anni. Certe non le potrò raccontare mai a nessuno. Sono... distrutto dall'interno, svuotato, finito..."
"È per questo che non dormi?" lo interruppe.
"Si vede? No... È perché non voglio sognare. Non si sa mai"
Artillas non capì fino in fondo ciò che intendeva, ma comprese che doveva essere una cosa seria se lui si era ridotto in quel modo.
Gli mise una mano sulla spalla. Voleva fargli sentire che gli era vicino, ma non sapeva cosa potesse fare e cosa sarebbe stato troppo.
"Ho paura di tornare a provare dei desideri irrazionali, quindi ti prego di non starmi troppo vicino. Poco fa... è stato un momento di debolezza"
Ritrasse la mano, ma esitò prima di parlare ancora.
"Non li provi più?" chiese poi.
"No, ma... ho dovuto allontanare tutti per riuscirci, chiudendomi qui. E ormai non sento quasi più niente. Se tornassi a stare come prima, credo che anche loro tornerebbero. Preferisco stare da solo, con le mie piante velenose. Crescono assorbendo il malessere delle persone, lo sapevi? Per questo il loro veleno non ha effetto su di me, e crescerle mi aiuta a stare meglio"
Artillas rimase senza parole.
Lasti era logorato nel profondo, gli era chiaro, e non sapeva proprio come fare per aiutarlo. Sapeva solo che non l'avrebbe lasciato così.
"Io, ora che ti ho ritrovato, non posso pensare né di perderti né di guardarti soffrire facendo finta di niente. Darò le dimissioni dalla guardia del regno per trasferirmi nel paese di mio padre e voglio proporti di venire con me. Non importa se non provi niente né per me né per nessun altro, voglio tirarti fuori da un ambiente che ti fa stare così male"
"Ma qui fuori tutti mi conoscono, io non..."
"A Danes nessuno sa di te! Potrai incominciare una nuova vita, essere chi vuoi. E se quei desideri tornassero... penseremo a cosa fare, insieme"
Il Lin si zittì, sorpreso. Gli sembrava un cambiamento troppo grande quello che Artillas gli proponeva, ma rifiutare significava probabilmente che sarebbe partito senza di lui, sparendo dalla sua vista, e questa volta per sempre.
"Tu... partirai comunque anche se rifiuterò, non è così?"
"Sì. È da anni che pianifico di lasciare l'esercito per trasferirmi da mio padre. Lui è pronto ad accogliermi, non fa differenza se vieni anche tu"
"Devo pensarci" sottolineò, serio.
Anche questa volta non lo guardò in faccia.
"Riflettici con calma, resterò a palazzo qualche altra settimana. Tornerò a trovarti domani... Sempre se non ti dà fastidio"
"No, vieni. Mi trovi sempre qui" rispose, alzando finalmente lo sguardo su di lui.
Artillas gli sorrise. Si sentì riconoscente per tutto, ora che lo aveva ritrovato.
Trattenne l'impulso di avvicinarsi di più, stringerlo ancora e piangere a sua volta. Perché sì, sentiva che se fosse rimasto un altro istante al suo fianco avrebbe pianto, sia per la gioia di averlo ritrovato, sia per il dolore di vederlo in quello stato.
Visto che non era il tipo che faceva certe cose in pubblico e non intendeva diventarlo adesso, si alzò e gli riempì un'altra tazza di decotto, così da potergli dare le spalle. Si costrinse a calmarsi e gliela diede, quindi lo salutò con la promessa di tornare l'indomani.
Una volta fuori, si mise le mani tra i capelli e se li arruffò, sfogando almeno in parte il fiume di emozioni che lo attraversava.
Ancora non poteva credere di averlo rivisto e che lui stesse così male. Era troppo da metabolizzare, ma di certo non avrebbe rinunciato a lui, abbandonandolo nel dolore.
Solo dopo si accorse che i suoi amici non se n'erano andati, rimanendo lì a pochi passi a parlare. Decise di andarsene senza attirare la loro attenzione, ma ormai era troppo tardi: la ragazza lo aveva visto, quindi lo raggiunse a grandi falcate.
La sua espressione inquisitoria non sembrava voler dire niente di buono.
"Mi hanno detto chi sei, guardia del regno! Ma io non posso accettarlo! Dove sei stato per tutto questo tempo? Lasti stava male e tu dov'eri? Al suo fianco c'ero io!"
"Calmati adesso Guttla, non c'è bisogno di fare scenate inutili!" esclamò Crux, trattenendola prima che si scagliasse su Artillas.
Il ragazzo strinse i pugni, frustrato. Non era stato con le mani in mano per un mese. Lo aveva cercato incessantemente, senza mai pensare di arrendersi.
"Voi... lo avete nascosto" rispose, usando un tono di voce basso. "Io ero qui e lo sapeva. Si è nascosto lui, non darmi colpe che non ho" continuò, riuscendo a malapena a trattenersi. "Adesso sono qui, sono riuscito a trovarlo e non ti permetto di parlarmi in questo modo"
Guttla lo guardò male, chiaramente offesa, ma non ribatté.
"Ancora non ci credo" disse poi, guardandolo dall'alto in basso. "No, non posso accettarlo e basta"
Lo superò e raggiunse la porta. Trovandola aperta, entrò e se la chiuse alle spalle sbattendola sonoramente.
"Non farci caso, è innocua... di solito" disse Crux, notando il suo sguardo preoccupato.
"Vorrà solo chiarirsi con lui" ipotizzò Yenri. "In qualità di suo medico, ho bisogno di scambiare due chiacchiere con te. Con voi due ci vediamo domani, vero?"
"Sì, ci saremo" rispose Crux, mentre Ijinia annuiva per confermarlo.
"Bene. Seguimi" disse ad Artillas, incamminandosi per primo.
Il mezzo Lin si voltò a guardare l'esterno della serra per un'ultima volta, restio ad andarsene, ma prese un respiro profondo e si voltò per seguire il ragazzo, rassicurandosi al pensiero che sarebbe tornato l'indomani e Lasti sarebbe stato ancora lì.
Continua nel prossimo capitolo
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