25
Partita alla volta di Lissen, la carrozza di Lasti faceva strada per prima nella foresta delle Terre di Clarens. Presto una delle vetture si sarebbe separata dalle altre per tornare alla dimora di Evyn Konal a recuperare ciò che serviva loro.
La capitale era vicina, ma non abbastanza da permettere al Primo Generale di tirare un sospiro di sollievo. Secondo le stime di Crux, li separavano dal palazzo reale circa due giorni di viaggio, considerando di non trovare ostacoli sulla via e non aver problemi con i prigionieri.
Dove si trovava Lasti, il clima era teso. Anche Nissa, che di solito si perdeva in chiacchiere superflue, stranamente non proferiva parola.
"È successo qualcosa nella villa?" chiese Frem, guardando prima l'uno e poi l'altro.
Il suo ragazzo spostò lo sguardo su di lei e schiuse le labbra, ma esitò ancora un istante prima di rispondere.
"Al piano di sopra... c'era Shin-ko. Ha quasi ucciso Lasti e ha detto delle cose riguardo alla Dea. Ha persino pronunciato il Suo nome"
La giovane sgranò gli occhi.
"Ci lascerà mai in pace?" domandò, affranta.
"Lei dice che non interferirà più" rispose Lasti.
"Bene" commentò Nissa, tirando un sospiro di sollievo.
"Il nostro compito è quasi finito ormai, dobbiamo solo pazientare... E rimanere in allerta" continuò il Primo Generale, cercando di concentrarsi su quel pensiero positivo. "Voi... siete stati buoni amici e compagni preziosi. Voglio augurarvi il meglio per la vostra vita insieme"
Frem sorrise e fece vagare lo sguardo sul paesaggio, scostando la tendina.
"La vita dopo la fine della guerra... non riesco a immaginarla. Non ho più niente che mi attende, se non i miei genitori. Andrò a raccontare loro cos'è successo a Palkem, e poi? Sono stata un soldato, ma non credo di voler continuare"
"Hai me" sottolineò Nissa, che sembrava tornato di buon umore. "So che non si direbbe, ma vengo da una famiglia di artisti di strada. Vorrei almeno presentarti a loro, poi sceglieremo insieme cosa fare del nostro futuro. Ci possiamo anche sposare, se lo desideri"
"Sposarci?"
Frem abbassò lo sguardo e arrossì leggermente. Aveva vissuto la maggior parte della vita nei panni di un maschio, non aveva nemmeno mai sognato di potersi sposare un giorno. Ma ora che aveva conosciuto Nissa, e che i loro sentimenti erano reciproci... Sì, intendeva restare con lui per sempre.
"Certo che lo voglio, ma non ti prometto che indosserò l'abito tradizionale" rispose, facendosi scappare una risata per l'emozione.
Era commossa, e vedendoli così Lasti riuscì finalmente a sorridere.
Spostò lo sguardo fuori, non vedendo altro che il bosco. Decise di provare a dormire, dato che il viaggio sarebbe stato ancora lungo. Si appoggiò comodamente al suo posto, incrociò le braccia e chiuse gli occhi.
Durante il tragitto, il Re era stato imbavagliato perché la smettesse di tentare di corromperli allo scopo di farsi liberare.
Vinsur Dasteph era rinvenuto, ma dopo che gli era stata spiegata la situazione aveva chiesto perdono al Sovrano per il suo fallimento e si era rassegnato.
Gli raccontarono anche di come Shin-ko si era impadronito del suo corpo, portandolo quasi alla morte. Il comandante delle guardie reali restò spiazzato sentendolo, tanto che dovettero insistere perché capisse che non lo stavano prendendo in giro.
Dopo aver riflettuto in silenzio, raccontò loro di aver parlato con uno strano individuo che gli aveva più volte proposto un accordo, ma mai si sarebbe immaginato che fosse una divinità.
Ci volle poco più del previsto per giungere a Lissen, e quando finalmente la videro erano tutti stanchi. La terza carrozza, quella che trasportava il corpo della Dea, aveva viaggiato più in fretta delle altre e si era riunita con loro poco prima di raggiungere la capitale, così da poter procedere insieme da lì in poi.
Quel pomeriggio, la città era in fermento. I soldati che di solito controllavano chi vi entrava, erano stati rimpiazzati da Lin molto meno organizzati, che fermarono ugualmente le loro carrozze.
"Nessuno può entrare a Lissen" disse uno di loro a Kumika, che faceva da cocchiere della carrozza in testa alla fila.
Il Primo Generale guardò fuori dal finestrino e decise di uscire senza prima avvisare i compagni, che se ne sorpresero. Non appena sbucò dal mezzo, gli uomini dei controlli si spaventarono e si misero sull'attenti.
"Voce della Dea!" esclamò quello che li aveva fermati, mortificato. "Non sapevo che eravate voi"
"Certo, lo capisco" rispose Lasti, stanco ma felice di vedere delle facce conosciute. "Queste tre carrozze sono con me. Qual è la situazione in città?"
"Il generale Nimes ha guidato i Prescelti e preso il controllo della capitale. Ci ha messi lui di guardia, e sappiamo che è riuscito a prendere il castello"
"Si dice che la milizia privata di un nobile lo abbia aiutato agendo dall'interno" aggiunse un altro.
Lasti corrugò la fronte, confuso. Un nobile li aveva aiutati? Non poteva trattarsi del Conte di Clarens, o lo avrebbero saputo per tempo. Come sempre, lui restava all'oscuro di parte del piano della Dea.
In ogni caso, poteva dirsi tranquillo ora che era stato messo al corrente dei fatti.
"Avete fatto un ottimo lavoro" disse loro, quindi tornò nella carrozza.
Li lasciarono passare e poterono quindi procedere verso il castello indisturbati, notando che nelle strade le persone sembravano irrequiete, ma si erano comunque arrese all'assedio.
"Presto avremo un nuovo sovrano e la città sarà libera. Con essa, anche noi lo saremo" commentò a bassa voce.
Sapeva che Frem e Nissa non lo avevano sentito, e gli andava bene così.
Fermarono le carrozze fuori da palazzo e scesero. Crux aiutò Mabiq a estrarre con cura il corpo della Dea, ancora nel sacco, dalla vettura.
"Primo Generale!"
Sentendo quella voce, Lasti si voltò e un sorriso si disegnò sul suo volto.
"Nimes!"
Si salutarono con una stretta di mano compresa di pacche sulle spalle. Erano mesi che non si vedevano e, mentre lui era visibilmente stanco, il giovane generale sfoggiava un'espressione riposata e soddisfatta.
"Finalmente sono tornato in azione! Mi avevate escluso, tu e Crux"
"Nimes!" esclamò quest'ultimo, anche lui felice di vederlo.
"Cos'hai lì?" chiese il più giovane, notando il sacco.
"Non avere fretta, presto lo scoprirai" intervenne Lasti. "Siete stati bravi, avete gestito benissimo la situazione da quel che vedo"
"Sì? È perché non hai visto le rivolte dei cittadini nelle prime ore di assedio. Si sono alleati con i soldati rimasti per respingerci, ma non si aspettavano che fossimo così tanti. Ora si sono calmati, e Lord Stovgarth ci ha aiutati a conquistare il castello"
"Lord Stovgarth?"
"Sono io, Voce della Dea" esordì un Lin sulla cinquantina, uscendo dal portone e raggiungendoli.
Indossava una divisa militare e aveva la spada fissata in vita, pronta all'uso, ma con loro dimostrava un atteggiamento rilassato. L'aspetto di Lasti, però, ovviamente aveva attivato il suo istinto di sopravvivenza.
"È un onore avervi aiutati in questa battaglia" continuò il nobile, senza avvicinarsi troppo.
"Vi ringrazio per il vostro intervento" disse Lasti, usando la parlata formale che aveva imparato a Villa Clarens.
"Lord... Stovgarth?"
"Lord Golfuri, che sorpresa incontrarvi qui" rispose, rivolgendosi a Ijinia.
Questi si avvicinò per fare al più grande un inchino reverenziale, che venne ricambiato.
Il giovane sembrava agitato in sua presenza però, accorgendosi che l'uomo gli stava rivolgendo uno sguardo di rispetto, rimase interdetto.
"Chi era?" gli chiese Guttla, quando Stovgarth fu tornato dai generali.
"Il mio... f-futuro suocero" rispose, sforzandosi per trovare le parole giuste. "Di solito... m-mi odia"
"Vederti al seguito della Voce della Dea ti avrà fatto guadagnare qualche punto" commentò la ragazza, divertita.
Kumika scortò il Re fuori dalla carrozza, stando bene attento che non facesse niente di avventato. Lo condusse dai generali per affidarlo a loro, quindi tornò indietro e fece lo stesso anche con Dasteph.
Il sovrano venne liberato dal bavaglio e tentò di attaccar briga con il nobile che lo aveva tradito, ma non ottenne niente più di un'occhiata di superiorità.
Il capo della guardia reale invece rimase in silenzio, ormai arreso all'evidente sconfitta. Kumika lo portò insieme a Lethis fino all'infermeria del castello, perché verificassero lo stato delle sue ferite.
Anche Lasti era ferito, ma non se ne curava più di tanto. Si era lasciato medicare da Yenri e cambiare le bende quando necessario, non si era opposto nemmeno quando Guttla si era offerta di farlo al posto del medico, con la scusa di aiutarlo nel lavoro.
Ora che erano arrivati a destinazione, però, non gli importava. Non sarebbe certo morto per così poco, quindi decise che potevano aspettare. Il piano della Dea aveva l'assoluta priorità.
"Mia Voce"
Raddrizzò la schiena. La sua espressione concentrata non era nuova ai compagni, che capirono subito cosa stesse succedendo.
"Ora che siete qui, non c'è tempo da perdere. Fai in modo che il popolo si raduni in piazza e raggiungi il terrazzo dal quale il Re fa gli annunci. Ascolterai le mie parole e compirai un rito"
"Sì, mia Dea" rispose, quindi tornò a guardare gli altri. "Bisogna radunare i cittadini nella piazza. Posso contare su di voi anche per questo, Lord Stovgarth?"
"Sì, Voce della Dea. Darò l'ordine di suonare le trombe" rispose e si allontanò a passo svelto entrando nell'edificio.
"Crux, Mabiq, portate il corpo sul terrazzo. Guttla, hai tu il pugnale? Va' con loro"
"Per di qua, vi faccio strada" disse Nimes, avviandosi per primo all'interno del portone.
Conosceva bene il palazzo, meglio di quanto avrebbe voluto, ma ciò gli tornava utile in quella situazione.
"Corpo? Pugnale? Cosa avete intenzione di fare? Iiiiih!"
Il Sovrano trasalì e provò a divincolarsi quando Lasti gli si accostò afferrandolo per un braccio, intenzionato ad accompagnarlo personalmente.
"Presto lo vedrete, maestà" gli assicurò, calcando il tono sull'ultima parola.
Quando ebbero raggiunto la balconata, il popolo si stava già radunando. Sotto di loro, i Lin sembravano un immenso fiume di colori.
Lasciò il braccio di Re Bià e controllò che tutto fosse pronto.
Su un tavolo era stato posato il corpo ancora coperto; c'era il pugnale, tra le mani di Guttla, e... una Coppa dell'Insonne.
Il Primo Generale la riconobbe. Le imprecisioni che la caratterizzavano gli erano familiari perché l'aveva plasmata lui stesso.
Si voltò verso Nimes per chiedergli spiegazioni.
"La Dea mi ha dato ordini in sogno. Voleva che la portassi qui, ti servirà" spiegò.
Lasti annuì, decidendo di non chiedergli altro.
"Va tutto bene? Hai un'espressione strana" continuò il giovane, facendo una smorfia.
"Sì, sono solo teso... immagino"
L'altro sbuffò.
"Credevi che saresti morto, ricordo che me l'hai detto prima di partire. Invece guarda, sei qui per il momento più importante di tutti. Su col morale!"
Per poco sono morto davvero, pensò, ma evitò di puntualizzarlo.
"Hai ragione, è per questo che abbiamo combattuto negli ultimi anni" disse solo, sforzandosi di rivolgergli un sorriso.
Tornato serio, si fece avanti per essere ben visibile dal popolo. La reazione di tutti fu di timore, si diffuse un brusio preoccupato.
"Ascoltate, miei Lin" ordinò La Dea nella sua testa. Lui ripeté quelle parole. "Mi trovo davanti a voi per mettere fine alla tirannia di un Re ingiusto, che ha venduto il nostro popolo per scopi personali. Ci ha condannati alla povertà e alla guerra, a causa dei suoi debiti con il regno di Shin. Ma io, che sono il messaggero della Dea, metterò finalmente fine alla nostra miseria. Scoprite il corpo!" ordinò a Crux e Mabiq, che subito eseguirono.
Alla vista del cadavere, il Sovrano rimase spiazzato e tentò la fuga, ma Nimes lo fermò. Re Bià era stato suo padrone per lungo tempo e finalmente avrebbe avuto ciò che si meritava.
Era pronto a godersi lo spettacolo.
"Seimila anni fa, La Dea si è incarnata per aiutare il nostro popolo a fiorire. Quest'oggi tornerà tra noi grazie al rito che sto per compiere"
Chi tra i suoi compagni non aveva ancora visto il Suo corpo, restò sconvolto per un lungo istante, ma non per questo si distrasse dalle parole di Lasti e dai doveri.
"In questa Coppa dell'Insonne verserò... il sangue del Re traditore..." annunciò.
Come gli stava indicando La Dea, slegò le braccia a Re Bià, lo portò alla Coppa e si fece dare il pugnale.
"...prelevato usando il pugnale che tolse la vita al mortale Afyysis"
Trattenendo con la forza la mano del Sovrano sul bordo, mentre Nimes lo faceva stare fermo, usò l'arma per procurargli un lungo taglio sul dito indice, dal quale sgorgò abbastanza sangue da riempire il fondo del recipiente dorato.
"Basta così, mia Voce" gli intimò Lei.
Lo lasciò andare e il suo sottoposto si assicurò che non provasse di nuovo a scappare.
Riconsegnò a Guttla il pugnale, ora sporco di sangue.
"E insieme... i poteri del servitore" continuò, abbassando istintivamente il tono di voce.
Pronunciate quelle parole, ebbe un attimo di esitazione. Il rito era del tutto sconosciuto anche a lui, perciò aveva scoperto solo ora di dover rinunciare al Mirai.
Estrasse il ciondolo da sotto i vestiti e lo osservò per l'ultima volta. Quella pietra rossa a forma di goccia, tanto piccola quanto potente... Ce l'aveva da anni ormai, e lo aveva salvato in diverse occasioni. Lo aveva reso ciò che era.
Adesso che doveva privarsene, credette che non sarebbe rimasto niente di lui, riconfermando quanto fosse vuoto.
Serviva solo a ripetere gli ordini della Dea.
Esitante, si sporse sulla Coppa e prese il Mirai con la mano destra, lasciandolo ancora incastonato nella catenina che aveva al collo.
"Ora, mia Voce, rinuncia al tuo potere e fammi bere il contenuto della Coppa"
"Sì... mia Dea" rispose, rassegnato.
Stringendolo tra il pollice e l'indice lo sbriciolò, facendo cadere ogni frammento nel sangue. La sua aura terrificante svanì insieme ai suoi poteri, facendogli avvertire un improvviso senso di panico. Si sentì quasi mancare, ma tenne duro. Sollevò la Coppa, trovandola stranamente pesante, e giunse fino al corpo, ancora inerme.
Ne versò il contenuto tra le labbra schiuse della Dea, fino all'ultima goccia, e posò il recipiente di lato, in attesa che accadesse qualcosa.
Lei inspirò profondamente emettendo un rantolo, quindi spalancò gli occhi. Tese una mano a Lasti perché l'aiutasse ad alzarsi, sfoggiando un sorriso compiaciuto. Tutti i presenti, Lasti compreso, erano spiazzati. La mano fredda della Dea lasciò quella del suo servitore, che indietreggiò goffamente fino a cadere col sedere a terra.
Restò lì, sbigottito, osservandola ora che si affacciava alla balconata per rivolgersi personalmente al popolo.
Le forze avevano completamente abbandonato il Primo Generale. Non poteva far altro che rimanere fermo ad assistere, troppo confuso dalla scena che gli si presentava davanti.
I compagni, dopo l'iniziale spiazzamento, si inchinarono a Lei che stava dando loro le spalle.
Aveva dei lunghi capelli castani che sembravano intrecciati con dei sottilissimi fili d'oro, talmente risplendevano alla luce di Alnea.
I Suoi occhi erano di color verde chiaro acceso, profondi come quelli di una madre saggia che conosce alla perfezione Suoi figli e agisce solo per il loro bene.
La Sua pelle ambrata era coperta il minimo indispensabile con un semplice ma raffinato abito bianco.
Le Sue corna, marroni e leggermente ricurve all'indietro, erano proprio come quelle di Lasti.
La Sua voce, profonda e cristallina, arrivò chiara alle orecchie di tutti i Lin presenti, che si erano inchinati al suo cospetto.
Non era una regina, era una divinità. Si era incarnata per loro, per salvarli. Era tutto vero e adesso lo sapevano.
Nessuno si sarebbe mai più opposto a loro, nessuno.
Lasti non sentì ciò che Lei stava dicendo. Si perse ad ascoltare il Suo timbro di voce che già conosceva fin troppo bene. A osservare i Suoi movimenti sinuosi e raffinati, degni della più nobile delle sovrane.
Fece segno a Nimes di portarle il Re e lui obbedì.
Lasti poteva capire cosa stesse dicendo anche senza ascoltarla. Stava condannando Fredernic Bià, mentre si faceva portare da Crux la Coppa dell'Insonne, ora vuota.
Gli posò personalmente la testa sul bordo, chiedendo a Nimes che lo tenesse fermo.
Improvvisamente si voltò.
Rivolse a Lasti uno sguardo compiaciuto, appagato, e allungò una mano verso di lui.
"La spada, Lasti Classt. Prestala alla tua Dea" chiese, e questa volta lui la sentì chiaramente.
Non rispose, non trovando le forze per farlo. Piuttosto, scattò in ginocchio e sfoderò l'arma per consegnargliela, chinando il capo profondamente.
Lei la raccolse con tocco delicato e tornò a dargli le spalle per dedicarsi alla Sua vendetta.
Sollevò la spada perché tutti la vedessero e l'abbassò senza fatica sul collo del Sovrano traditore. La testa del Re ricadde nella Coppa, che subito dopo La Dea sollevò in alto verso il popolo.
"Ora vi presento, figli miei, il vostro nuovo Sovrano. Lord Telnur Stovgarth" annunciò, aprendo un braccio per indicargli che la raggiungesse al Suo fianco. "Lord Stovgarth sarà Re finché il promesso sposo di sua figlia, colui che discende da Afyysis, non sarà pronto a governare. Nel frattempo, provvederò io stessa a risanare i debiti del regno, mettendo a disposizione parte del mio tesoro segreto. Confido che nessun regnante, d'ora in avanti, oserà mettere i propri interessi davanti al benessere del mio popolo"
Con la coda dell'occhio Lasti notò che Ijinia, poco distante, si era inginocchiato a terra, tremante. Si voltò a sinistra per guardarlo meglio e lo vide che si copriva la bocca con le mani. Aveva gli occhi sgranati e il respiro affannato. Era in preda all'attacco di panico più forte di tutta la sua vita.
Lasciò perdere il discorso della Dea e lo raggiunse. Lo aiutò ad alzarsi sostenendolo con le sue spalle e lo riportò all'interno, dove poté sedersi.
Tra i presenti nella sala che conduceva al terrazzo non c'erano solo i suoi uomini, ma anche quelli del nobile che stava per essere incoronato. Una ragazza che indossava un abito voluminoso e colorato li raggiunse, preoccupata, e il giovane sembrò calmarsi quando la vide.
"È uno scherzo, Faniol? U-un incubo..." le chiese, pur avvertendo un forte nodo alla gola e la nausea crescente.
"Ijinia... a quanto pare discendi da Afyysis, mio padre non può più opporsi al nostro matrimonio" gli confermò lei, dispiaciuta di vederlo così.
Lasti li lasciò soli, trovando che fosse in buone mani. Lei doveva essere la promessa sposa del ragazzo, di cui lui aveva sentito parlare solo una volta, a Villa Clarens.
Restando in piedi nella sala, ora rivolto verso l'esterno, il Primo Generale si accorse che quel giorno era tutt'altro che felice. Vedere La Dea era stato per tutti un enorme turbamento, e ora che Bià era morto molte cose sarebbero cambiate. In bene, si sperava, ma aveva immaginato quel momento come qualcosa di idilliaco. Non certo così.
Portò le mani alla catenina del Mirai, ora sprovvista di pietra. La placca in cui il gioiello era stato incastonato era rimasta intera in qualche modo, ma si era incurvata. Inoltre, era vuota e lo sarebbe stata per sempre.
Era finita.
Non era più il burattino della Dea. Ora Lei si trovava lì in carne e ossa, poteva occuparsi da sola di tutto, mentre lui tornava a essere... No, non era niente prima che Lei lo chiamasse e adesso, dopo aver abbandonato ogni cosa ed essere stato al Suo servizio per anni, era ancora meno.
Era vuoto, proprio come la collana che portava al collo.
L'afferrò con la mano destra per tirarla con un colpo deciso, rompendo la catenina in un punto. Mollò la presa lasciandola scivolare e cadere a terra, emettendo un tintinnio che nessuno dei presenti udì.
Era solo uno strumento che ormai non serviva più.
La Dea si trattenne per poco, giusto il tempo di incoronare personalmente Stovgarth e consegnare a lui parte del Suo tesoro, perché lo usasse per risanare i debiti e rimettere in sesto i villaggi distrutti dalla povertà.
Dopo aver fatto le dovute raccomandazioni, senza rispondere alle domande di nessuno né voler rivedere Lasti, come se niente fosse tornò sdraiata sul tavolo, chiuse gli occhi e non li riaprì mai più.
Il nuovo Sovrano diede disposizioni perché venisse sepolta a dovere, ma Crux si permise di dirgli che una tomba ce l'aveva già e sicuramente era là che voleva tornare, dato che in quel luogo riposava in eterno anche il Suo amante mortale.
La trasportarono quindi nei sotterranei, la stanza della sepoltura venne ripulita e Lei poté tornare nella Sua bara.
Richiusero il sepolcro perché nessun altro lo trovasse e non fecero parola della cosa con altri.
Quel fatidico giorno, Lasti restò per un bel po' nella sala adiacente alla terrazza, dove molti nobili e soldati vollero incontrarlo, dirgli due parole e inchinarsi dinanzi a lui per mostrargli rispetto. Tutti sapevano chi era, sia perché l'avevano visto parlare al popolo, sia perché aveva l'inconfondibile segno della Dea su di sé: le corna.
Non ascoltò alcuna parola, limitandosi ad annuire e ricambiare inchini senza capire davvero cosa stesse succedendo.
Una parte di lui era appena morta. Il Lasti comandante dell'esercito, che aveva costruito una propria identità nel corso degli anni, non c'era più. La parte che rimaneva, però, gli era sconosciuta.
Yenri lo raggiunse in serata e, accorgendosi che non sembrava stare bene, allontanò chi ancora insisteva per parlargli e lo portò via con sé.
A ognuno di loro era stata data provvisoriamente una stanza e il medico lo condusse nella sua, dove poté spalmargli l'unguento per la schiena come faceva ogni sera. Lui non si oppose.
Non sembrava voler parlare, perciò non insistette. Piuttosto, gli concesse di riposare e rimanere per un po' da solo con se stesso.
Doveva ripartire da zero, ma prima di farlo avrebbe dovuto capire come.
Nei giorni a venire, il nuovo Re volle vederlo per conferirgli una medaglia al merito e il titolo di Primo Generale dell'esercito del regno, perché tutti ricordassero la sua importanza nel conflitto.
Un conflitto dal quale, Lasti ne era certo, anche lui era uscito sconfitto.
Il regno stava per risollevarsi e rinascere sotto la guida del nuovo Sovrano, che aveva già interrotto i legami col regno Shin dopo aver risanato i debiti del precedente governo.
Lui, invece, restava da solo a dover affrontare le conseguenze della guerra. Da solo, perché nessuno lo avrebbe mai capito.
Malgrado la distruzione del Mirai, avvertì diverse altre volte dei desideri incontrollabili, dato che il suo corpo vi era da tempo abituato.
Vittima dei sensi di colpa, incapace di controllarsi malgrado la fine del suo dovere, Lasti sapeva di essere un Lin finito.
Continua nel prossimo capitolo
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