22
Anno 6218 DID – Palazzo reale di Lissen, Terre di Clarens.
Frem si sentiva tremendamente a disagio.
Non era stata costretta a indossare un abito femminile e ne era grata, ma farsi passare per un giovane nobile mascherato non era comunque cosa facile.
Aveva finto per tutta la vita, ma questo era totalmente diverso.
"Vi vedo tesa" disse Nissa, sforzandosi di darle del voi per non attirare sospetti.
Il suo modo di parlare risultò molto naturale, tanto da riuscire a calmare almeno un po' l'animo della ragazza.
Si ripeté mentalmente che erano entrambi dei nobili e tutto sarebbe andato per il meglio.
"Ho notato un rinfresco poco più avanti, vi porto qualcosa da bere. Aspettatemi qui" si raccomandò Nissa.
Il sorriso del ragazzo, insieme alla sua sicurezza, la fecero sentire ancora più a suo agio, ma avvertì comunque l'impulso di chiedergli di restare. Si trattenne, cercando nuovamente di rilassarsi.
Restò sul lato della sala come richiesto, sperando che nessuno si avvicinasse per fare conversazione.
Purtroppo, però, a una festa del genere, sarebbe stato strano se non fosse accaduto.
La raggiunse un uomo alto all'incirca quanto Nissa, dai lunghi capelli castani raccolti in una coda bassa. Il suo abbigliamento violaceo non le fece capire da quale animale si fosse travestito, ma evitò di pensarci troppo e si preparò a dialogare con lui nel modo più tranquillo e naturale possibile.
"Sarebbe bello non avere niente di cui preoccuparsi" affermò, lasciandola interdetta. "I turbamenti del vostro cuore sono opprimenti, forse potrebbe darvi pace parlarne con me"
Frem inclinò leggermente la testa, confusa.
"Credo che voi mi abbiate scambiato per qualcun altro" rispose, sforzandosi di rivolgergli un sorriso sincero.
"No, affatto" insistette lui, in tono mellifluo. "Io so che vorreste essere davvero un ragazzo, ma più di ogni altra cosa vorreste avere l'assoluta certezza che i sentimenti del vostro compagno siano autentici. Basterebbe poco per renderli tali, basterebbe... fare un accordo con me. L'unica cosa che chiedo in cambio è che abbandoniate la causa che vi ha portato qui"
Frem era stata scossa nel profondo dalle sue parole. Quell'uomo misterioso la conosceva, non c'era dubbio, ma ciò non aveva alcun senso.
"Chi siete?" domandò, cercando di non far trapelare l'agitazione.
Il fatto che fosse riuscito a scrutare dentro di lei la faceva sentire male.
Nissa li raggiunse in quel momento, notò lo stato d'animo della ragazza e rivolse uno sguardo confuso al suo interlocutore.
"Eccovi qui. Voi vorreste semplicemente essere normale, come la maggior parte dei Lin. Capace di amare una donna. Io lo so e posso renderlo possibile, basta che abbandoniate la causa. Fate accordi con me e ogni cosa, miei cari, diventerà possibile" continuò in tono solenne, sorridendo.
"Andatevene" gli intimò Nissa, corrugando la fronte.
Non era agitato quanto Frem, ma aveva capito anche lui che qualcosa non andava in quell'individuo. Non avrebbero voluto averci niente a che fare, ma ormai era troppo tardi. Aveva usato i loro dubbi contro di loro, offrendogli aiuto in cambio del tradimento verso La Dea.
Si allontanò con aria soddisfatta, diretto al suo obiettivo successivo.
Guttla stava parlando animatamente con un gruppo di ricchi signori quando lui si intromise con fare interessato per chiederle di ballare. Ignara, accettò.
Era sicura che fosse un nobile e l'essere stata invitata a danzare la riempiva d'orgoglio e di aspettative. Era lì per altri motivi, certo, ma sentiva di potersi approfittare della situazione.
"Le vostre intenzioni non sono mutate"
"Come dite?" domandò, confusa.
"Nel vostro cuore c'è un forte bisogno di possesso che può essere placato solo dal vostro Primo Generale. Io posso farlo cedere, ogni cosa è possibile quando si stipula un contratto con me. Tutto ciò che chiedo in cambio è che voi lasciate perdere la causa per cui vi trovate qui"
Guttla corrugò la fronte e si accorse di avere gli occhi lucidi. Quell'uomo misterioso aveva capito tutto di lei e questo la faceva sentire vulnerabile. Serrò le labbra, tremanti, mentre continuava a ballare con lui in modo automatico.
Avrebbe voluto rispondere che non intendeva tradire La Dea per nulla al mondo, mentre le domande sull'identità del suo interlocutore le affollavano la mente, ma non riuscì ad aprir bocca.
Non poteva commettere altri passi falsi, Lei la stava osservando.
La musica terminò quindi non perse tempo, si allontanò da quell'uomo spaventoso alla ricerca di uno dei compagni, vicino al quale sperava di sentirsi meno indifesa.
Lasti non aveva idea di cosa stesse accadendo, mentre con Kumika ispezionava con attenzione la sala. Sapeva che Crux e i suoi stavano seguendo il piano e aveva detto agli altri di stare attenti alle guardie, cercare di scoprire se il Re era presente e studiare la sala nel caso sarebbe servito in seguito.
La Dea non si faceva sentire da parecchio tempo e la cosa lo preoccupava, ma poteva solo attenersi al piano.
Desiderò con tutte le sue forze di trovare presto il Sovrano, nella speranza di ricevere poi nuove indicazioni. Non gli piaceva perdere tempo, circondato da nemici in attesa che facesse un passo falso.
"Sentinelle in avvicinamento" lo avvertì Kumika, prendendolo per il braccio sinistro e allontanandolo dalla porta a vetri che dava sul giardino.
Lasti si voltò per accertarsi che non li avessero notati.
Una ragazza in divisa bianca e dorata varcò la soglia e si guardò intorno, per poi parlare.
"Cosa sta dicendo?" chiese sottovoce al compagno.
"Si lamenta perché il turno è ancora lungo, il tavolo è imbandito e lei ha fame" riferì lui. "Un'altra sentinella le ha detto di tornare al suo posto prima che qualcuno si accorga di ciò che sta facendo" continuò.
"Bene, non ci hanno scoperti" sottolineò Lasti, sollevato ma ancora all'erta.
Anche l'altra guardia del regno varcò la porta per riportare la collega fuori, al posto loro assegnato.
A Lasti venne un tuffo al cuore e per un lungo istante gli mancò l'aria.
Artillas Delneruth.
Si trovava a palazzo, a pochi passi da lui.
Questi si guardò intorno prima di uscire di nuovo e Lasti riuscì a voltarsi appena in tempo per non farsi notare.
Il cuore gli martellava nel petto e la mente gli si era svuotata per la sorpresa.
Lo aveva rivisto, era lì e quindi al sicuro, lontano dal campo di battaglia.
Lasti provava davvero qualcosa per lui.
Gli era bastato quel breve istante per capirlo.
Tutti i suoi dubbi, le incertezze e il rifiuto degli ultimi mesi, tutta la fatica per negarlo era stata vana. Si era inspiegabilmente innamorato di Artillas Delneruth.
"Va tutto bene?" gli chiese Kumika, riportandolo alla realtà.
Si voltò verso di lui rendendosi conto di aver sgranato gli occhi. Doveva darsi un contegno, erano sotto copertura.
"Sì, certo" rispose, tornando ad assumere un'espressione rilassata.
Il suo animo, però, era tutt'altro che rilassato.
Dall'altra parte della sala, Yenri vagava solo, scambiando qualche parola con chi gli si avvicinava e provando i cibi costosi del castello. Ce la stava mettendo tutta per fingersi un nobile, anche se si sentiva totalmente fuori posto. Aveva appena posato il suo piattino ormai vuoto quando venne raggiunto da un uomo misterioso vestito di viola, con dei lunghi capelli castani raccolti in una coda bassa.
"Medico reale" disse, come per salutarlo.
"No, io veramente..." rispose, ma venne interrotto.
"È ciò che bramate, non potete nascondermelo"
"Cioè, secondo voi io bramerei questo? Che sciocchezza" si lasciò scappare, con una risatina palesemente finta.
L'espressione sicura del suo interlocutore non mutò, facendolo vacillare.
I suoi occhi grigi, circondati dalla maschera scura, erano ancorati a quelli di Yenri e sembravano scrutargli la mente.
Bastò quel momento di silenzio perché il ragazzo si accorgesse dell'odore che lo sconosciuto emanava. Nessun altro sarebbe stato in grado di sentirlo, ma grazie al suo Mirai lui non aveva l'olfatto di un Lin normale.
"Vi sentite bene? Credo che abbiate bevuto un potente narcotico" disse, confuso.
Il suo istinto da medico era prevalso e ora si stava preoccupando per quel nobile. Non capiva come fosse possibile che gli parlasse così fluentemente, anzi solo il fatto che si reggesse in piedi era sorprendente.
"Ciò dimostra che ho ragione, il vostro talento è sprecato. Come avrete intuito, mentre la mente dorme io controllo il corpo. Basterà una mia parola e voi sarete fatto medico di corte, ve lo posso garantire"
"C-cosa state dicendo? Io non capisco" rispose, comprendendo che sapeva troppo per essere un invitato qualunque.
"Posso farvi diventare ciò che volete, ma in cambio voi dovete abbandonare la causa per la quale siete qui. Basta un semplice accordo con me e tutto diventa possibile"
Yenri rimase interdetto. Non rispose, turbato dalle sue parole. Non aveva capito per intero ciò che aveva udito, ma gli era chiaro che sapeva tutto di lui e gli stesse chiedendo di tradire La Dea.
"Non farò nulla di tutto ciò. Lo sapete già, vero?" disse poi, irremovibile.
"Dovevo provarci comunque" rispose l'uomo mascherato, divertito. "È vero che il vostro talento è sprecato lì dove siete"
"Non è un talento, è un dono" sottolineò Yenri, rimanendo serio. "Non darò le spalle a chi mi ha fatto questo dono. Ora, visto che evidentemente non state male, direi che possiamo chiudere qui la conversazione"
L'altro non rispose, si limitò a sorridergli in modo beffardo.
Yenri scosse la testa e lo superò, deciso a trovare Lasti per informarlo che qualcosa non andava.
Incontrò invece Guttla.
Vedendolo, la ragazza si allontanò con una scusa dal nobile con cui stava chiacchierando.
Aveva dovuto fingere che tutto andasse bene perché non aveva visto nessuno dei compagni e si era ritrovata di nuovo assediata dagli aristocratici. Il suo abbigliamento sgargiante aveva avuto l'effetto sperato, ma non era il momento.
"Dovete aiutarmi" disse a Yenri, sicura che nessun altro l'avrebbe sentita. "C'è un uomo strano, non me la sento di restare da sola"
Lui si sorprese vedendola così agitata. Di solito era sicura di sé, parlava a sproposito anche quando avrebbe dovuto tacere, ma non quella sera. Qualcosa l'aveva turbata molto, era ovvio, ed era certo di sapere cosa.
"Anch'io ho appena parlato con uno strano individuo, stavo cercando Lasti per avvertirlo"
"Sì, è una buona idea" concordò.
Lei si avvinghiò al suo braccio e il gesto lo fece sobbalzare. Un brivido freddo gli percorse la schiena.
"Non... toccarmi" le chiese, inorridito.
Guttla lo lasciò, mortificata.
Non riuscirono a scorgere Lasti da nessuna parte, ma dopo alcuni minuti spesi a vagare per la sala individuarono Frem e Nissa. Stavano parlando in disparte e l'atmosfera tra loro non sembrava delle migliori.
"Ragazzi, dovete fare attenzione" li avvisò Yenri. "C'è un uomo strano che..."
"Vi ha guardato dentro?" lo interruppe Frem, nervosa.
"Sì, possiamo definirlo così. Allora gli abbiamo parlato tutti... La cosa mi preoccupa, dobbiamo trovare Lasti"
Lui non era molto distante, ma tra la folla non riuscirono a scorgersi.
Aveva appena visto Artillas sparire oltre la porta a vetri che conduceva al giardino e avrebbe tanto voluto raggiungerlo. Temeva in una sua reazione negativa, ma sentiva comunque che era il caso di tentare.
"Io... devo fare una cosa" annunciò.
Il compagno corrugò la fronte.
"Aspetta, ho udito le voci degli altri e ti stanno cercando. Sembra sia successo qualcosa"
"Cosa?" domandò Lasti, improvvisamente nervoso.
"Questo non l'ho capito. Dovremmo raggiungerli ma..." si zittì per un istante. "Non sono più qui. Non li sento"
"Allora non appena li trovi dimmelo. Intanto, io..."
Non sapeva nemmeno cosa dire. Voleva sbrigarsi, stava iniziando ad agitarsi e sentiva di star perdendo tempo. Sarebbe potuto andare da Artillas adesso o mai più, mettendo a rischio l'intero piano.
Doveva farlo.
Avanzò con passo tutt'altro che sicuro verso la porta.
"No, le guardie sono ancora là" lo avvertì Kumika usando un tono di voce basso, seppur allarmato.
"C'è qualcosa che devo assolutamente fare" ribatté, categorico.
"No! Non è il caso di..."
"Aspetta qui" gli ordinò, rivolgendogli un'espressione severa, ma implorante.
Camminò fino al tavolo con il rinfresco, dal quale avrebbe potuto stare a debita distanza dall'uscita. Spostò lo sguardo lentamente sul giardino esterno, fingendo indifferenza.
Artillas era ancora lì.
La sua collega parlava, ma lui sembrava distratto o solo disinteressato.
Avrebbe dato qualsiasi cosa per udire la sua voce almeno un'altra volta, ma questo era il massimo che poteva fare senza mettere davvero a rischio la missione.
Prese un bicchiere e ne bevve il contenuto, tanto per giustificare la sua presenza al tavolo. Lo posò e tornò da Kumika sforzandosi di comportarsi normalmente.
Il compagno lo aveva tenuto d'occhio per tutto il tempo e ora gli rivolgeva un'espressione confusa, però non osò chiedere nulla.
"Ho sentito Nissa da quella parte" disse invece. "Se ci muoviamo, possiamo raggiungerlo subito"
"Quanta fretta" tuonò una voce altezzosa alle loro spalle.
Lasti rabbrividì.
Si voltò per ritrovarsi davanti un uomo mai visto prima, alto e con un sorriso furbo sul volto mascherato.
Due gelidi occhi grigi si ancorarono a quelli rossi del Primo Generale, ma dopo un lungo istante lo sconosciuto spostò lo sguardo su Kumika.
"Il fuggitivo non vuole essere scoperto" commentò, continuando a osservarlo. "C'è un modo per cancellare il tuo crimine dai registri del regno e dalla memoria dei tuoi cari. Stringi un accordo con me e tutto sarà possibile... ma in cambio, dovrai abbandonare la causa"
Kumika adesso non era solo serio, gli stava rivolgendo uno sguardo carico di rabbia. Lasti non lo aveva mai visto così e non capiva a cosa si stesse riferendo.
"Lasti, non...!"
Nissa, che li aveva raggiunti insieme agli altri, si zittì rendendosi conto che erano arrivati troppo tardi. L'uomo misterioso era già arrivato da loro e sembrava divertito dalla situazione.
"Chi siete?" gli domandò il Primo Generale, severo.
"Quello che avete davanti è un umile funzionario Shin, invitato a palazzo per motivi diplomatici, ma non è esatto dire che la persona che vedete è la stessa con cui state parlando. Il mio nome è Shirakai e sono qui per proporre accordi vantaggiosi a ognuno di voi... Vantaggiosi per entrambe le parti, si intende"
Sentendo quel nome, il corpo di Lasti venne scosso dall'inquietudine.
"Mia Voce" lo chiamò La Dea, finalmente. "Lui è mio fratello"
Le Sue parole confermarono l'impressione che aveva avuto, ma riuscì a mantenere il sangue freddo.
"E dimmi, Shin-ko, quale accordo hai in serbo per me?" domandò, abbandonando la parlata formale dei nobili e usando il nome con cui lo conoscevano i Lin.
"Nessun accordo per te, ragazzino. Sei merce fallata, hai la voce di mia sorella nella testa e Lei ti possiede a tal punto che nessun offerta potrebbe smuoverti. Ciò che ho da offrirti è la morte"
"Tornate alle carrozze" ordinò ai compagni, calmo, con lo sguardo ancorato a quello della divinità.
"Ma..." Nissa provò a ribattere, venendo però interrotto.
"Andate, ho detto. Mi pare di capire che il Re non è qui, perciò non serve che restiate"
I Prescelti, allibiti, restarono dov'erano.
Lasti strinse i denti.
"Non allarmarti, non è oggi che morirai. Ma fidati, sarà per mano mia. Da tempo sto insidiando qualcuno perché mi ceda il suo corpo, e quando l'avrà fatto... allora sì che ci potremo divertire"
La Dea non intervenne, forse non le era possibile farlo ulteriormente in presenza di Shin-ko.
Lasti continuò a osservarlo, serio.
"Ce ne andiamo. Tornate alle carrozze" ripeté, mettendo enfasi sulle ultime tre parole.
Questa volta i compagni non ebbero da obiettare.
Nei sotterranei del castello, mentre gli altri erano impegnati con la divinità degli accordi e delle tempeste, il secondo gruppo smetteva di inchinarsi davanti alla bara aperta per poter procedere.
La vista del corpo della Dea, intatto come se stesse solo dormendo, li aveva scossi nel profondo.
Crux si perse per un attimo a osservarne il viso, ammaliato dai suoi tratti gentili.
"È l'incarnazione della bellezza" si lasciò scappare Lethis, ancora a bocca aperta.
Aveva dei lunghi capelli castani che brillavano alla luce della lampada. Indossava una veste bianca quasi trasparente, aderente al corpo e lunga fino alle caviglie. Sulla testa le spuntavano un paio di grosse corna marroni, alte e ricurve all'indietro, proprio come quelle di Lasti.
"Dobbiamo... portare via il corpo" annunciò il generale, seppur consapevole che i compagni lo ricordavano. "Ma prima..."
Spostando lo sguardo, indugiò su chi o cosa riposava accanto a Lei.
Al suo fianco, adagiato sul tessuto morbido che foderava la bara, c'era uno scheletro vestito con abiti maschili.
"Lui è il mortale Afyysis" commentò Lethis, colpito.
Crux si avvicinò ai suoi resti, esterrefatto, e illuminandoli con la lampada individuò subito il pugnale che gli trapassava il petto. Strinse la mano destra intorno all'impugnatura, non curandosi dello strato di polvere che la ricopriva.
"Nel giorno della sua dipartita, La Dea decise di portare con sé l'amato. Ascesero insieme nel Regno delle Divinità, nel quale lui non sarebbe mai perito. Ma Shin-ko, invidioso della felicità della sorella, convinse un Lin malvagio a profanare il sepolcro e trafiggere il cuore del mortale Afyysis. Il suo spirito venne richiamato nel corpo e morì con esso" recitò, per come le ricordava, le parole dei testi che raccontavano la vicenda. Estrasse l'arma e nel farlo gli sbriciolò la cassa toracica.
"Il pugnale lo abbiamo. Adesso... Ijinia, apri il sacco"
Il ragazzo non aveva ancora detto una parola perché indossava il Mirai. Doveva essere pronto, nel caso in cui gli sarebbe servito.
Sconvolto quanto loro, si avvicinò al generale e fece come richiesto.
"Lethis, Mabiq, aiutatemi. Mia Dea, perdonaci per quello che stiamo per fare" si sentì in dovere di dire.
Prima di procedere, però, notò un dettaglio a cui non aveva ancora fatto caso. Le dita della mano sinistra della Dea erano intrecciate con quelle scheletriche di Afyysis. Dovette toccarle, spaventandosi per quanto fossero fredde, e separarle. Nel farlo, l'intero scheletro si deteriorò diventando polvere.
"Sbrighiamoci, voglio andarmene da qui" ammise, sempre più nervoso.
Sollevarono con cautela il corpo per infilarlo nell'irrispettoso contenitore. Tutti e quattro sentirono di aver fatto qualcosa di sbagliato, anzi di proibito, ma avevano solo eseguito gli ordini.
Uscirono subito dal sepolcro tenendo il sacco in tre punti per paura di rovinarne il contenuto. Ijinia, l'unico con le mani libere, apriva la strada.
Non potevano saperlo, ma nell'esatto momento in cui avevano estratto il pugnale era successo qualcosa al piano di sopra.
Shin-ko aveva cambiato espressione, facendosi serio.
"Non posso crederci, non avevo previsto le vostre azioni fino a questo punto" ammise, infastidito.
Davanti a lui erano rimasti solo Lasti e Kumika, che volevano vedere quali intenzioni avesse. Gli altri si erano appena avviati verso l'uscita per tornare alle carrozze.
"Mi trovo nel posto sbagliato!" esclamò, pur tenendo bassa la voce.
Diede loro le spalle per fare cenno a una guardia di avvicinarsi. Era lontana, ma notò il gesto impaziente del funzionario Shin.
"Costoro sono Eretici, ne sono certo" urlò al soldato, prima che potessero allontanarsi. "Adesso voi finirete nelle segrete e io andrò a uccidere i vostri amici. Non dovevano rubare ciò che mi appartiene"
"Tu non lo farai!" ribatté Lasti, agitato dalla situazione che all'improvviso era diventata pericolosa.
Le guardie si stavano avvicinando, ma lui era il nemico ultimo e minacciava di uccidere i suoi compagni. Prese il pugnale che teneva nascosto nella giacca e agì d'impulso, piantandolo nel fianco di Shin-ko.
La sentinella accorse più in fretta, mentre con un fischio allertava tutte le altre che erano presenti. Un'altra guardia lo soccorse, insistendo perché non si muovesse anche se, era chiaro, avrebbe voluto ignorare la ferita e procedere nel suo intento omicida.
Lasti, credendo che fosse la fine, si sentì pietrificato. Fu Kumika a trascinarlo via per un braccio, verso la loro unica via d'uscita: la porta a vetri.
Il Primo Generale si riscosse, pronto alla fuga. Varcata soglia non vide Artillas, ma la sua collega era lì e sguainò la spada verso di loro. Fischiò anche lei l'allarme.
Scapparono via, addentrandosi nei giardini. L'uscita era da tutt'altra parte, ma non vi si poteva accedere da quell'area, quindi non avevano altra scelta. La ragazza correva dietro di loro e sembrava che presto li avrebbe raggiunti. Altre guardie gli comparvero davanti, costringendoli a cambiare direzione.
Entrarono in quello che sembrava essere un labirinto di siepi.
Forse non ne sarebbero emersi mai, ma al momento era la loro unica opzione.
Corsero a perdifiato per interi minuti, finché non si resero conto di essere riusciti a seminare gli inseguitori. Kumika tese l'orecchio e non li sentì, segno che erano davvero lontani. Si fermarono un attimo, stremati.
"Non avresti dovuto... fermarti... a ferirlo" gli rinfacciò Kumika, tra un respiro e l'altro.
"Lo so ma... ho fatto guadagnare tempo... agli altri..."
Di solito non si stancavano tanto, ma questa volta erano stati sul punto di morire e sembrava a entrambi di aver corso per un'eternità.
Quando riprese a camminare, Lasti sentiva le gambe pesanti.
"Da che parte andiamo? Ci siamo persi" disse, sconsolato. "Ma almeno siamo vivi" aggiunse.
Il più grande non rispose, continuando a guardarsi intorno con espressione cupa.
Lasti ne era sicuro, non avrebbe capito come uscire da lì. Non era possibile, si vedevano solo siepi.
Per un attimo pensò di prendere il Mirai dalla tasca e indossarlo, ma si trattenne. Se qualcuno lo avesse visto una volta fuori dal labirinto, o se i soldati li avessero raggiunti, tutti avrebbero saputo che lui si trovava lì, nelle Terre di Clarens. Forse sarebbero anche riusciti a risalire al conte che li aveva aiutati.
Avrebbe usato il ciondolo come ultima risorsa.
Presa questa decisione, continuò a camminare.
"Non dovrebbe esserci una statua o un monumento di qualche tipo? Al centro del labirinto, dico. Se riuscissimo a vederne la parte superiore, forse potremmo orientarci meglio e poi..."
"Da questa parte!"
Incapace di ragionare, Lasti seguì la voce che li aveva chiamati. Svoltò l'angolo e si ritrovò al centro del labirinto, dove la statua di un soldato alato occupava una zona quadrata, quasi una stanza formata dalle siepi. Davanti al monumento li attendeva Artillas Delneruth, per niente stanco a differenza loro. Il monumento alle sue spalle, per un attimo, diede a Lasti l'impressione che fosse il mezzo Lin ad avere le ali.
Indossava l'uniforme delle guardie del regno e non aveva imbracciato la sua arma, cosa che però non bastò a far abbassare la guardia a Kumika. Sfoderò il suo pugnale e si parò davanti al Primo Generale per proteggerlo.
"No, non serve" disse lui, scostandosi per superare il compagno.
Avanzò verso Artillas, sotto lo sguardo confuso di Kumika.
Cercò di resistere ma, quando l'ebbe raggiunto, si buttò tra le sue braccia. Forse il mezzo Lin non aspettava altro perché, dopo un attimo di esitazione, lo strinse forte a sé.
"Ora che sono qui non mi importa niente, nemmeno se vuoi consegnarmi" disse, inebriandosi del suo profumo che scoprì di conoscere già.
Doveva averlo sentito quella volta alla fortezza, pur non avendoci fatto caso. Gli diede conforto.
"Ci rivediamo dopo tanto tempo e questa è la prima cosa che mi dici?"
Lasti sciolse l'abbraccio allontanandosi di un passo da lui, rendendosi conto di aver agito d'impulso.
"Sono qui per aiutarvi. Le guardie vi stanno già aspettando dall'altra parte del labirinto, ma c'è un'uscita che non conoscono. Seguitemi"
I due fecero come gli era stato intimato.
Kumika non fece domande. Non capiva la situazione e ciò lo rendeva nervoso, era palese.
"Ho ricevuto la tua lettera" esordì Artillas, dopo un lungo silenzio. "Non ho idea del carico che tu stia portando sulle spalle e mi ha sorpreso che volessi parlarne con me. Ammetto che mi ha anche reso felice"
Non lo guardò in faccia. Lasti, al contrario, non riusciva a togliergli gli occhi di dosso. Non si capacitava del fatto di essere davvero insieme a lui.
"Non mi hai denunciato alle guardie e ora ci aiuti a scappare... Perché?"
Artillas si voltò, guardandolo come se quell'occhiata dovesse fargli capire ogni cosa. Subito dopo, però, abbassò il capo.
"Diciamo che credo più a te che alle parole del Re e degli altri soldati" ammise, serio.
"Come hai fatto a trovarci?"
"Ho riconosciuto la tua voce, non si inganna uno che ha l'udito potenziato" sottolineò.
Lasti spostò istintivamente lo sguardo su Kumika, che lo osservò di rimando. Lì, erano in due ad avere quella caratteristica, anzi, se lui avesse indossato il Mirai sarebbero stati in tre.
"Ci siamo quasi... Ecco, è qui"
Indicò un punto dove la siepe sembrava meno fitta.
"Passandoci attraverso vi troverete su una strada secondaria. Proseguendo sulla destra tornerete all'entrata del castello, ma i vostri costumi sono appariscenti quindi non ve lo consiglio"
"Grazie, non servirà. Se ho capito dove ci troviamo, la nostra carrozza non è lontana" disse Lasti.
Guardò Kumika e gli fece segno di andare per primo. Il compagno non obiettò, si accucciò e si infilò nella siepe per passare oltre.
Lui sospirò e tornò a guardare Artillas. Non ricordava che i suoi occhi fossero così neri e profondi.
Si rese conto che non lo conosceva bene, eppure si era preso un sacco di libertà nei suoi confronti.
"Vieni con noi" chiese, mettendo da parte gli scrupoli. "Permettimi... di rimediare. Vorrei mostrarti dei lati migliori di me"
"Non posso, il mio posto è qui. Però ti prometto che questa non è l'ultima volta che ci vediamo" rispose il mezzo Lin, rivolgendogli un sorriso malinconico.
Lasti indugiò sul suo viso per qualche istante. Il ragazzo che aveva davanti, ne era certo, era bellissimo. Lo aveva pensato sempre e solo delle donne, ma era chiaro ai suoi occhi che lui faceva eccezione.
Gli si avvicinò di più e lo baciò, portando le mani sulla sua nuca per tenerlo vicino a sé.
Non sapeva se l'altro voleva lo stesso e non gli importava. Se si fosse lamentato, avrebbe dato la colpa a un desiderio improvviso. Non era questo il caso, ma per una volta sentì di poter usare la sua condizione come una scusa. Se non lo avesse fatto lo avrebbe rimpianto.
Artillas lo strinse per i fianchi mentre indietreggiava finendo appoggiato al lato opposto della siepe.
Accogliendo la lingua dell'altro tra le proprie labbra, Lasti avvertì un brivido di piacere diverso dal solito.
"Arrivano" gli sussurrò il ragazzo dai capelli azzurri, per poi lasciarlo andare. "Vai, fra poco saranno qui"
"Sì" rispose solo, abbassandosi per attraversare il passaggio.
Si guardarono per un altro istante prima di separarsi, quindi il mezzo Lin sguainò la spada e si allontanò da quel luogo, nella direzione da cui presto sarebbero giunte le altre guardie.
Lasti si sbrigò a passare tra i rami fitti e graffianti, trovandosi come anticipato su una strada secondaria poco illuminata.
Kumika era lì, lo aveva atteso per un tempo sospetto e ora lo osservava severamente, senza proferir parola.
Il Primo Generale non fece mistero del suo imbarazzo, spostò lo sguardo altrove alla ricerca della via da percorrere, evitando di dare spiegazioni.
Le carrozze si trovavano poco distanti, grazie all'udito di Kumika non fu difficile trovarle.
I compagni erano già tutti presenti. Parlavano tra loro dell'incontro con Shin-ko, mentre Crux e i suoi sembravano ancora sconvolti e non dicevano nulla riguardo all'esperienza appena vissuta.
Incontrando lo sguardo di Lasti, Crux si riscosse.
"Ho sentito che ve la siete vista brutta" disse, speranzoso di saperne di più.
"Sì, ma ne parleremo dopo. Dov'è?" gli chiese.
"Nella carrozza più grande. È rigido, quindi, perché non si rovinasse, l'unico modo era metterlo lì. Anche il pugnale è lì"
"Bene" sospirò, rilassando le spalle. "Avete avuto problemi?"
"No... Anzi, dei soldati ci hanno quasi fermati quando stavamo per uscire, ma Ijinia li ha messi a tacere. Il suo Mirai è eccezionale"
"Meno male" commentò Lasti, decisamente sollevato. "Adesso andiamocene da qui, prima che qualcuno capisca dove siamo. Il conte dov'è?"
"Ho parlato con il suo valletto, dice che Clarens tornerà alla villa più tardi facendosi accompagnare da una carrozza reale"
"Allora non perdiamo altro tempo"
Lasti e Crux occuparono la carrozza più grande, quella che ospitava il corpo della Dea, mentre i compagni salirono sulle altre due.
Durante il viaggio, il Primo Generale si fece raccontare ogni cosa dal suo sottoposto. Dopo fu il suo turno, decise però di omettere l'incontro con Artillas.
Avevano avuto una serata densa di emozioni, tutti quanti loro.
Giunti alla villa, chiesero a Nighelt di far preparare una stanza per posare il loro carico segreto. Nessuno vi sarebbe più dovuto entrare, nemmeno per le pulizie. Anche se era ormai notte, il cameriere li condusse personalmente a una camera libera. Bastarono Crux e Lasti, tornato a indossare il Mirai, per portare con cautela il corpo nella sua nuova dimora provvisoria.
Quando il domestico fu uscito, non prima di aver consegnato loro la chiave, i due ragazzi tolsero la salma dal sacco e la posarono delicatamente al centro del sontuoso letto a baldacchino. Lasciarono il pugnale accanto a Lei, sul materasso.
"Sono rimasto scioccato quando l'ho vista, e lo sono ancora" ammise il generale, perdendosi nuovamente a osservarla.
"Per me non è la prima volta. Mi è comparsa in sogno una volta, identica a come la vedi adesso" raccontò Lasti.
Non era sconvolto come l'amico, ma era certamente colpito.
"È stata una lunga serata. Andiamo a lavarci e dormiamo" propose Crux, sfinito.
Continua nel prossimo capitolo
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