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"Caro Artillas.
Ultimamente sono stato vicino alla morte e ciò mi ha fatto sentire ancora più vuoto di quanto credessi.
Un amico si è sacrificato per difendermi e non riesco ad accettare che non ci sia più. Aveva solo qualche anno più di me e scriveva lettere alla moglie quando era lontano, trovandolo confortante. Per questo ho deciso di provare anch'io a mettere i pensieri su carta.
So che tra noi non c'è un rapporto neanche lontanamente simile al loro, ma nei momenti difficili mi sono ritrovato, senza rendermene conto, a pensare a te, al tempo passato insieme e a quell'atto impulsivo dettato dal desiderio. Sono stati solo istanti, ma hanno lasciato un segno in me, per questo spero di poterti rivedere un giorno, per poterci confrontare.
Probabilmente mi consideri tuo nemico e troverai queste parole sconvenienti. Se così fosse, ti prego di fermarti qui. Getta il foglio nel fuoco senza continuare a leggere.
Ti scrivo perché sento di dover esternare il malessere che provo a qualcuno di estraneo alla mia vita di tutti i giorni.
Ci tengo innanzitutto a ripetere quanto io sia dispiaciuto per il trattamento che ti ho riservato. So bene di non potermi giustificare in alcun modo.
Scriverti adesso mi dà l'impressione che ci sia davvero un legame tra noi. So bene che non è così, non fraintendermi, però la cosa mi è di conforto.
È la prima volta che decido di sfogarmi con qualcuno dall'inizio della guerra.
So che le mie parole cessano di essere private se pronunciate o scritte, è questo che mi aveva sempre bloccato. Adesso però sono solo e perciò ho deciso, per una volta, di manifestare il malcontento per la condizione che vivo da anni.
Vorrei raccontarti qualcosa di concreto per dare un senso a queste righe, ma non mi è possibile.
Ti ringrazio comunque per avermi prestato attenzione, se sei giunto fino a qui.
Significa che un'amicizia tra noi è possibile?
Ti confesso che in tempi di pace non mi dispiacerebbe, ma ora è complicato.
Cose incredibili sono successe nell'ultimo periodo e so che me ne aspettano molte altre. Quando avrai tra le mani questa mia, io potrei essere già morto.
Spero che almeno a te il destino sia favorevole, e che Varohm non voglia più farci incontrare sul campo di battaglia."
Posò il pennino, senza firmare.
Si domandò se avesse esagerato, ma decise di lasciare tutto così, anche se sembrava un'accozzaglia stupida di frasi sconnesse.
Se l'avesse spedita o meno, non cambiava poi molto ormai: La Dea sapeva.
Lei non si era ancora fatta sentire per ammonirlo, e lui era riuscito a non scrivere niente di troppo esplicito. Sentiva di essersi sfogato in un certo senso, stava un po' meglio, ma in effetti le sue erano solo parole confuse, vuote.
Proprio come lo era lui.
La piegò e la infilò in una busta, ci scrisse come destinatario il nome del ragazzo e per l'indirizzo usò quello dell'Accademia Militare. Sull'altro lato, invece, lasciò uno pseudonimo appena inventato per l'occasione, per non insospettire nessuno alla capitale.
Oltre a non poter usare la sua vera identità per una questione di sicurezza, non poteva spedirla da lì.
Le Terre di Sente erano sotto il loro controllo, il che avrebbe reso il messaggio altamente sospetto.
Anche spedirlo dalle Terre di Clarens, in cui si sarebbero addentrati di lì a poco, era rischioso. Non poteva permettere che le loro intenzioni venissero scoperte.
Il fatto era che, purtroppo, Lasti non si poteva fidare ciecamente di Artillas. Certo, aveva capito dalle parole di Sibri che lui non aveva rivelato tutto ciò che sapeva nel suo rapporto, ma questo non bastava a togliergli ogni dubbio. Voleva fidarsi, ma se si fosse sbagliato... avrebbe compromesso ogni cosa.
L'avrebbe affidata a uno dei suoi sottoposti, che si sarebbe messo in viaggio per inviarla dalle Terre di Valka. Gli sembrò l'idea migliore.
Dopo aver riflettuto sulle sue opzioni, uscì dalla porta. Voleva accertarsi che la lettera fosse in viaggio prima di partire anche lui, potenzialmente diretto verso la morte.
Nel corridoio incrociò Nimes, diretto alla propria stanza.
I due non si erano parlati spesso nell'ultimo periodo. Lui era impegnato con gli allenamenti, il generale con altre faccende, il che non aveva offerto loro molte occasioni per incontrarsi.
"Nimes!" lo chiamò, quindi il ragazzo lo notò e gli venne incontro.
"Primo Generale" salutò con rispetto una volta che l'ebbe raggiunto.
Il suo sguardo si posò istintivamente sulla busta che teneva in mano.
"Ho bisogno di un favore, non si tratta di una questione ufficiale"
"Dimmi pure" rispose, lasciando da parte il tono formale per passare a uno più colloquiale.
"Devo spedire questa, ma non posso farlo da qui. Vorrei che incaricassi un Lin fidato di partire per le Terre di Valka e farlo da uno dei villaggi più a sud"
Nimes corrugò la fronte, perplesso, ma annuì e gli fece segno di passargliela.
Appena la ebbe tra le mani intravide il nome del destinatario e sgranò gli occhi, allibito.
"Una lettera per Artillas Delneruth? Indirizzata alla capitale per di più, ma cosa devi dirgli?" domandò senza mezzi termini, inquisitorio, alzando il tono di voce.
Il generale era uno dei pochi, lì dentro, a riferirsi a lui in quel modo per niente rispettoso, e a Lasti la cosa non dispiaceva. Le poche volte in cui i compagni lo trattavano come loro pari gli davano l'impressione che le cose avvenissero nel modo giusto. Lo facevano sentire a suo agio. Non era migliore di nessuno, non aveva niente più di un normale Lin.
Ma per fortuna in quel momento non c'era nessun altro nel corridoio, altrimenti avrebbe sentito ciò che lui gli aveva appena chiesto.
"Questioni private, niente di cui tu debba preoccuparti" rispose, sperando che bastasse a rassicurarlo.
Nimes spostò lo sguardo da un occhio all'altro di Lasti, per carpirne i pensieri.
"Sul serio?" gli domandò poi, sollevando le sopracciglia. "Lui è il nemico, cosa devi dire al nemico?"
"Avevo bisogno di chiarire delle cose" ammise, temendo però che si trattasse di una spiegazione poco soddisfacente. "Non ho scritto niente di compromettente, niente che riguardi noi o il piano della Dea. Sono solo... scuse e poco altro"
"Scuse per cosa, per essertelo portato a letto con la forza?"
Lasti restò spiazzato, ma si riscosse subito.
"Speravo non lo ricordassi, o quantomeno che non fossi così esplicito" commentò.
"Invece, purtroppo per te, ho una buona memoria. E comunque è successo mesi fa, perché adesso?"
"Perché... ultimamente mi sono sentito davvero miserabile" confessò dopo un attimo di indecisione.
Nonostante fosse vicino ai generali, era difficile aprirsi.
"Perché hai rischiato di morire?" domandò Nimes, ora preoccupato.
"Anche, ma non è solo questo. So solo che molte volte mi sono ritrovato a pensare a lui"
"Pensi a lui...?" ripeté. "Non ti ho mica chiesto a chi pensi quando ti va di fare da solo, anziché rivolgerti a una donna! Ti ho chiesto perché gli scrivi una lettera proprio ora!"
"Non... intendevo in quel senso!" ribatté, imbarazzato dalla piega involontaria che stava prendendo il discorso. "Senti Nimes, fammi questo favore e basta. Non c'è niente di compromettente lì dentro, te lo posso assicurare!" insistette.
"Che ci hai scritto? Posso leggere?"
"No! È solo che... potrebbe succedermi qualcosa nei prossimi mesi, non voglio avere rimpianti!"
"È una lettera d'amore?" lo canzonò rivolgendogli uno sguardo disgustato.
"Non si tratta nemmeno di questo" sospirò Lasti, frustrato.
"Guarda che, se hai bisogno di parlare, non serve che ti rivolgi a quello lì. Ci sono io, oppure Crux... o io, che diamine!" agitò le mani con veemenza.
"Non posso sfogarmi con voi" puntualizzò, facendosi serio.
"Perché no? Sai che puoi farlo"
"Tu e tutti gli altri avete paura di me. Non posso controllare ciò che desidero, per questo io non mi avvicino troppo a voi, e voi, consapevoli della cosa, fate altrettanto" Nimes sgranò gli occhi e aprì la bocca per ribattere, ma prima che potesse farlo Lasti glielo impedì. "Mi stai dicendo che in questo momento mi seguiresti nella mia stanza per sentire cosa ho da dirti, sapendo che a metà discorso potrei dovermi fermare per la voglia di farlo con te?" lo provocò.
Il più giovane abbassò lo sguardo, non potendo affermarlo.
"No... non ti seguirei" ammise, la sua espressione si indurì. "Ma perché rivolgersi proprio all'Eroe?"
"Lui non mi temeva" affermò, tornato calmo. "Scusami Nimes, mi sono scaldato un po' troppo e..."
"No, Lasti. Lui non ti temeva perché ormai il danno era fatto"
Il Primo Generale socchiuse gli occhi, offeso dalle sue parole dirette e taglienti.
Si sforzò di lasciar correre e sospirò. Non aveva senso arrabbiarsi, anche perché non avrebbe saputo come difendersi. Poteva solo far finta di non aver sentito.
"Non potrei sfogarmi con te nemmeno se questo ostacolo non ci fosse" precisò, spostando lo sguardo altrove. "Se ho qualcosa da ridire sui metodi che usiamo, posso pensarlo ma non esprimerlo. Non so quali sarebbero le conseguenze in caso contrario" si sforzò di dargli una spiegazione sensata.
"Sei impazzito? La Dea ama tutti i Lin, ce l'hai riferito tu stesso. I suoi ordini sono giusti!" ribatté, convinto.
"Serviamo La Dea della vendetta, non dimenticarlo" sottolineò Lasti, senza riflettere. "Hai idea di cosa io abbia desiderato, la sera in cui mi sono fatto rinchiudere in cella pur di non fare niente contro la mia volontà?" chiese.
"Non lo so, c'era qualcuno che proprio non volevi farti?"
"C'era qualcuno che proprio non volevo uccidere" rivelò in tono sofferente, sforzandosi di non aggiungere altro. "Ho pregato La Dea di non farmelo fare, l'ho supplicata, ma Lei non ha risposto. In seguito, ha dichiarato che la prossima volta che mi opporrò a un impulso irrazionale potrei morire" confessò.
Ascoltandolo, Nimes aveva sgranato gli occhi, incredulo.
"Questo è quello che sto passando" puntualizzò Lasti, nervoso.
Non sapeva se fosse stato saggio dirglielo, ma si era trattenuto dall'esprimere il suo giudizio personale sulla cosa. Si era limitato ad esporre i fatti, per la prima volta.
"Qualsiasi cosa un Lin stia pensando, se lo esterna La Dea lo verrà a sapere. Ora che capisci la situazione, ti prego di far spedire quella lettera" insistette, stanco di parlarne.
"Ad Artillas l'hai detto?" domandò, ignorando apertamente la sua richiesta.
"No, non ho mai avuto il coraggio di parlarne fino a questo momento" sospirò. "Preferirei che il discorso finisse qui, ho già rivelato troppo. Dimentica il favore che ti ho chiesto" riprese la lettera in preda a un improvviso ripensamento.
"No, ho capito, lo faccio!" rispose e gliela strappò di mano a sua volta. "Ma se con lui non hai parlato di questo, cosa gli hai scritto? Perchè non posso leggerla?"
"Puoi leggerla ma solo in mia presenza, nella mia stanza, accettando le possibili conseguenze" lo provocò, infastidito.
Non gli stava chiedendo davvero di farlo, anzi sperava che bastasse a dissuaderlo.
Nimes sollevò un sopracciglio, pronto a ribattere, ma il Primo Generale non gliene diede il tempo.
"È una lettera d'amore, contento adesso?" aggiunse, per essere sicuro che lasciasse perdere.
"Ho capito, mi faccio gli affari miei. Mando qualcuno nelle terre di Valka, lo faccio partire subito così il tuo innamorato avrà la lettera in un attimo" disse, con ironia.
"Te ne sono molto grato" rispose Lasti con un sospiro.
Girò i tacchi, ansioso di allontanarsi.
Tornato in camera, chiuse la porta e si buttò sul letto, stremato.
Se la cosa non piaceva alla Dea, sapeva che lei avrebbe trovato il modo per far disperdere la lettera. Era anche vero, però, che non ci aveva scritto niente di particolare. Forse non aveva motivo di ostacolarlo.
Ora Lei sapeva che non era contento della situazione. Di sicuro lo sospettava già, ma ne aveva avuta conferma.
Fu felice di essersi trattenuto, evitando di raccontare episodi specifici.
Gemette. Spesso gli sembrava di essere più stanco mentalmente che fisicamente.
Non aveva più passato le serate a oziare, e anche quel giorno avrebbe voluto allenarsi dopo cena.
In quel momento però era tentato di dormire, almeno per far riposare la testa.
Aprì l'armadio al fine di recuperare degli abiti per la notte. C'era ben poco lì dentro, e niente a cui fosse legato emotivamente.
La sua vecchia divisa nera da recluta, che aveva modificato negli anni e indossato sotto l'armatura leggera fino ad allora, era ormai andata distrutta. I fendenti dell'assassino Shin non l'avevano risparmiata, e Russter le aveva dato il colpo di grazia, strappandola per poter curare le sue ferite. Erano passati alcuni giorni e lui era già tornato in perfetta forma.
Ci era rimasto ancorato anche troppo, era stata la spinta giusta per liberarsene.
Meglio così, pensò.
Vista la prevalenza di boschi nelle Terre di Clarens, aveva pensato che indossare abiti color verde scuro e marrone sarebbe stato l'ideale, questa volta. Un'attenzione in più per non farsi notare.
Gli erano stati preparati appositamente da alcuni Prescelti abili con ago e filo.
Slacciò la maglia che aveva indossato dopo il bagno. Per quella sera decise di riposare, non aveva le forze per trascinarsi in palestra.
La tolse e la posò su una pila di vestiti puliti mentre prendeva quella per la notte, di color azzurrino.
Sui suoi fianchi erano ben visibili le cicatrici lasciate dall'assassino. La più brutta di tutte era però alla spalla destra, si trattava di quella procuratagli dall'ishir che voleva fare di lui la sua preda. Ci ripensò, consapevole che era stato davvero vicino alla morte.
Venne distratto dal rumore di qualcuno che bussava alla porta.
Infilò la blusa e andò ad aprire.
Si ritrovò davanti Guttla Bashi. La ragazza indossava un abito succinto color giallo tenue, chiaramente realizzato per la notte. Gli rivolse un sorriso e abbassò lo sguardo sul corpo di lui, quindi afferrò sfacciatamente il colletto del suo pigiama e glielo sistemò, lasciandolo comunque slacciato.
"Temevo di trovarti con Frem" ammise, studiando la stanza con una rapida occhiata. "Posso entrare?"
Lei non era per niente intimidita all'idea di varcare quella soglia, anzi.
Lasti sospirò. Le mani della ragazza erano ancora appoggiate sulle sue spalle.
"Entra pure" rispose.
Dal suo sguardo non traspariva nemmeno un briciolo di disponibilità. Malgrado questo, la giovane gli sorrise, soddisfatta, e lo superò per andare a sedersi sul bordo del letto.
"Sarai stanca, perché non sei a dormire?" le domandò, raggiungendola e rimanendo in piedi davanti a lei.
"Preferisco fare qualcosa di più piacevole" confessò, guardandosi intorno compiaciuta.
"Non succederà niente stasera, sai già il perché"
"Qual è il problema?" gli chiese, rilassata. "Non ti piace corteggiare? Lo sto facendo io al tuo posto, ma non sortisco risultati"
"Non è questo" sospirò ancora. "Non ho alcun interesse nel fare certe cose. Quando un impulso scatenato dal Mirai mi impone di avere un rapporto, non mi posso sottrarre, ma in altre situazioni non mi va neanche di pensarci. Ho già tante cose a cui badare, non voglio distrazioni né fare sforzi inutili"
"Sforzi inutili?" la ragazza ridacchiò, divertita. "Vieni, siediti qui. Posso almeno provare a farti cambiare idea?"
Si sedette accanto a lei arrendevolmente, pur non avendo voglia di sottostare ai suoi giochetti.
Voleva solo riposare.
"Se non ci riesci ti arrenderai?" domandò, senza guardarla in faccia.
"Potrei considerarlo" rispose, con un sorriso furbo.
Lasti aveva già capito che si trattava solo di un gioco. Guttla era certa di riuscire nell'intento, e se così non fosse stato non avrebbe comunque corretto il suo comportamento.
"Cosa intendi fare?"
"Sedurti, mi pare ovvio" annunciò, spostandosi per mettersi a cavalcioni su di lui.
Il ragazzo non se lo aspettava, ma non si oppose. Lei gli prese le mani e se le appoggiò sui fianchi.
Era una bella ragazza, nessuno avrebbe potuto negarlo.
Lui però non aveva la lucidità mentale per apprezzare ciò che gli stava offrendo, tanto che arrivò a domandarsi se lo avesse mai fatto. Gli era mai piaciuta davvero una donna? Fu un pensiero spontaneo, ma non riuscì a riflettere per trovare risposta.
Quando Guttla si sfilò il vestito, rimanendo con la sottoveste bianca quasi trasparente, sperò fortemente che nessun desiderio si risvegliasse, così da poterla mandare via e mettersi a dormire.
"Mi vuoi adesso? Puoi toccarmi se ti va..." puntualizzò, piegandosi verso di lui.
Arrivò a pochi centimetri dalle sue labbra, tanto che Lasti sentì il suo respiro caldo su di esse. Non lo baciò, afferrò la sua maglia dall'estremità per toglierla.
Lui rimase col petto scoperto, il colore rosso del Mirai risaltava sulla carnagione chiara.
Guttla lo spinse giù, facendolo finire con la schiena sul materasso. Fece scorrere le mani su di lui fino a riportarle sulle spalle, quindi spinse il bacino contro il suo e si avvicinò di più per baciarlo.
Poi si allontanò per un istante.
Gli occhi rossi di lui trasmettevano solo stanchezza, nient'altro.
"Perché non...?"
Le parole le morirono in gola.
Per un attimo a Lasti parve di aver sentito la sua voce tremare.
"Lascia perdere Guttla, non è serata..." rispose.
"Non è serata?" ripeté, offesa. "Cosa vuol dire? Chiunque altro sarebbe stato felicissimo di ricevermi nella sua stanza, chiunque! Sento cosa dicono gli altri ragazzi di me, quando gli passo accanto"
"Non fatico a crederci"
Tornò seduto, ritrovandosi nuovamente vicino al viso di lei.
"Perché ti sei fissata con me? Non sono bello né alto, non ho un fisico invidiabile e ti ho già detto che non sono potente come credi"
"Per me è così invece" si affrettò a rispondere, dispiaciuta. Gli accarezzò una guancia. "Il brivido di terrore che provo quando ti sono vicina... È elettrizzante, non riesco a farne a meno"
"È l'effetto del Mirai, io non sono così"
Se lo tolse, tenendolo nella mano destra.
"Questo sono io" continuò. "Sono un Lin come tutti gli altri. Ho le corna, ma sono solo la conseguenza del potere che mi ha affidato La Dea. Non c'è nient'altro"
Lei sembrò scossa ora che era stata messa di fronte alla realtà.
"Puoi trovare tanti Lin più minacciosi di me, in questa fortezza. Nimes, per esempio" propose, sperando in una reazione positiva.
"Nimes? È un ragazzino! Quanti anni ha?" il suo tono si era fatto divertito, anche se il disagio che stava provando era ancora palpabile.
"Diciotto" rispose.
"Ecco, lo avevo detto che è un ragazzino" insistette.
"Allora Crux"
"Lui non è spaventoso, è solo serio. E da quando gli è morta la fidanzata scommetto che non vuole una relazione, non ora almeno"
"Per me è lo stesso" si affrettò a precisare Lasti.
"Lo vedo... A malapena mi guardi" commentò con aria delusa. "Ho capito, per stanotte mi ritiro. Sei stanco immagino, ma non è finita qui"
Si alzò e indossò il vestito.
Spostò lo sguardo su di lui, soffermandosi a studiare la sua espressione spenta.
"Non ti starò più così tanto addosso, in questi giorni... Ma, se hai bisogno, rivolgiti a me"
Lui annuì sperando che se ne andasse.
La ragazza non perse altro tempo e uscì.
Lasti, finalmente tornato solo, si lasciò ricadere sul materasso e sospirò.
Il collo gli faceva male e sentiva gli occhi bruciare. Infilò pigramente la maglia, anche se fu difficile da sdraiato.
Da quando le corna erano diventate così grandi, gli era impossibile indossare indumenti a collo stretto. Di solito preferiva quelle completamente aperte, da chiudere con bottoni, cordoncini o fibbie. Quella che usava per la notte era del primo tipo. Era ampia sullo scollo, permettendogli di infilarla senza difficoltà.
Se le corna fossero cresciute all'improvviso, nella notte, l'indomani toglierla senza strapparla sarebbe stato un grosso problema.
Si ricordò di doversi alzare, i pantaloni erano rimasti nell'armadio. Terminò di cambiarsi e lo chiuse, tornando a letto.
Forse era riuscito a dissuadere Guttla, almeno un pochino. Forse adesso la ragazza sarebbe rimasta al suo posto.
Ci sperava vivamente.
Non sapeva perché lei insistesse nell'alimentare il suo interesse, che lui sentiva di non poter ricambiare. Anzi, quel comportamento gli dava solo fastidio.
Per un attimo si domandò perché il suo corpo non avesse reagito con un desiderio irrazionale, vedendola così ben disposta a passare la notte con lui. Evitò di pensarci su, troppo stanco per riuscire a darsi una risposta.
Nel frattempo, la ragazza stava camminando per i corridoi della fortezza.
La stanza dell'harem si trovava poco distante da quella di Lasti, ma lei aveva sentito il bisogno di fare due passi. Non voleva tornare subito in mezzo a quelle ragazze che erano già state con lui almeno una volta, a differenza sua.
Sbuffò.
Il fatto di non essere riuscita a convincerlo le dava un enorme fastidio, ma sapeva che prima o poi sarebbe arrivato anche il suo turno. Dopotutto, lei stava per partire con Lasti. Soltanto lei, tra le ragazze dell'harem, sarebbe andata.
Ancora un po' di pazienza e sarà inevitabile, si disse.
Non c'era nessuno in giro a quell'ora, visto che ormai era iniziato l'ultimo quarto. C'erano solo alcune guardie qua e là, a controllare che non ci fossero disordini.
Quando Guttla sentì dei passi nella sua direzione, alzò lo sguardo per capire di chi si trattasse.
Era il generale Crux Dankanil. A giudicare dai suoi capelli ancora umidi, era di ritorno dai bagni.
Le sorrise e lei chinò appena il capo in segno di rispetto. Appena lui l'ebbe superata, però, le venne un'idea.
"Generale Crux" richiamò la sua attenzione, voltandosi.
Il ragazzo si fermò.
Probabilmente stava tornando nella sua camera, quelle dei generali infatti si trovavano vicino alla stanza di Lasti.
"Possiamo parlare? Si tratta della Voce della Dea"
"Va bene" rispose lui, sorpreso.
Il ragazzo si guardò intorno. Non sapeva di cosa volesse parlargli, ma per sicurezza doveva accertarsi che nessuno li sentisse.
Tornando con lo sguardo puntato su di lei, solo ora si rese conto del suo abbigliamento e si sforzò per non indugiare sulle gambe scoperte e sulla scollatura in bella mostra.
"Gli sto facendo la corte in modo spudorato, eppure non cede"
"Lo avevo notato" commentò. "Miri a diventare la fidanzata del Primo Generale?"
Gli occhi viola della ragazza incontrarono quelli azzurri di lui in un istante di silenzio.
"In realtà... non ho pensato così in grande, ma non sarebbe male" ammise, tornando a sorridere. "Tu lo conosci meglio di me... Avresti qualche consiglio da darmi?" gli chiese, sporgendosi in avanti come faceva di solito, quando voleva ottenere qualcosa.
Lo sguardo del ragazzo tornò inevitabilmente sul suo seno. Deglutì a fatica e si costrinse a concentrarlo altrove.
"Non ti so dire, mi spiace"
Guttla mise il broncio, ma non era ancora pronta ad arrendersi. Abbassò lo sguardo, pensierosa.
"C'è mai stato... qualcuno che gli interessava davvero? Si è mai innamorato?"
"Non credo proprio" commentò Crux, trattenendo una risata.
Solo dopo averlo detto si rese conto che nel suo tono c'era stato qualcosa di offensivo che lui stesso non si sarebbe aspettato. Si schiarì la voce, pentito. Non aveva mai pensato male di Lasti, né voleva che La Dea lo credesse. Perché Lei era onnisciente e lo aveva udito, ne era certo.
"Davvero?" domandò, poco convinta. "Non l'hai mai sentito dire di voler stare con una ragazza in particolare? Trattarla in modo speciale, abbracciarla e non lasciarla più?"
Crux sgranò gli occhi.
Trattare qualcuno da privilegiato, abbracciarlo e non lasciarlo più, voler stare con lui in un momento di massimo bisogno...
Qualcuno gli venne in mente, sì, ma si rifiutò di dare credito al suo presentimento.
Scosse la testa in segno di negazione.
"Non mi sembri sicuro" commentò lei.
"Non l'ho mai visto agire così con nessuna ragazza, posso assicurartelo. Sai come fa, no? Prova ad aiutare tutti, si abbassa al nostro livello come se non fosse il Primo Generale, ma solo un semplice compagno. Lui è fatto così, non significa però che bisogna nutrire false speranze"
Guttla strinse gli occhi a fessura. Le sue parole le avevano fatte male.
"Va bene, ho capito. Non c'è bisogno di insistere, adesso vado a dormire. Buonanotte generale" salutò in tono acido, offesa, e riprese a camminare in tutta fretta per allontanarsi.
Parlargli era stato inutile, non aveva ottenuto niente.
Continua nel prossimo capitolo
Angolo di quella che scrive
Salve a tutti! Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Se siete curiosi di scoprire com'è fatto Lasti, qual è stato il suo abbigliamento finora e tutto il resto, trovate un'illustrazione dopo il capitolo 4.
Alla prossima!
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