13

Lasti non riuscì a prendere sonno quella notte.
Bloccato in un dormiveglia carico di pensieri negativi e preoccupazioni, non si accorse neanche di essere crollato a un certo punto.
Se ne rese conto solo il mattino dopo, quando aprì gli occhi.

Era tremendamente stanco, fu difficile trovare le forze per alzarsi dal giaciglio.
Quando riuscì nel suo intento, raggiunse Russter che, come il giorno prima, stava guardando fuori dalla grotta.
Uno strano vento soffiava impetuoso, come la notte dell'acquazzone in cui erano stati attaccati dall'assassino. Questa volta, però, le nuvole non minacciavano maltempo.
C'erano solo sferzate fredde che fischiavano passando tra i rami degli alberi, facendoli ondeggiare.

"Qualcosa non va oggi in foresta" commentò il Rek, con lo sguardo puntato in alto. "È come se forza mistica cercasse qualcosa"
Qualcosa o qualcuno.

Aveva anche lui l'impressione che qualcosa non andasse. Ricordando l'aria di tempesta di qualche notte prima, Lasti si domandò se un altro assassino di Shin-ko fosse sulle sue tracce.
No, forse non è questo, si disse.

"Mia Dea?" pronunciò, speranzoso.
"Mia Voce" sentì rispondere.
Per un attimo gli mancò il fiato e barcollò sul posto.
Provò un sollievo iniziale nell'udirla, poi nella sua mente si affollarono sensazioni contrastanti. Non sapeva se dovesse gioirne.

La Dea non lo aveva abbandonato alla fine.
Però, dopo quei giorni di silenzio, si chiese se fosse una cosa positiva.
Le successive parole di Lei risuonarono nel solito tono soave che Lasti credeva di aver dimenticato.

Fattosi improvvisamente serio, si trovò addosso lo sguardo confuso di Russter che lo aveva scrutato fino a quel momento.
"Ti sembrerà assurdo... ma i miei amici stanno venendo qui"

Non ci volle molto perché delle persone iniziarono a comparire all'orizzonte. Erano seminascoste dai tronchi degli alberi, ma Lasti aveva capito comunque che si trattava di loro.
Quando riconobbe la figura longilinea di Crux, in testa al gruppo, lasciò Russter all'ingresso della grotta e scese il fianco della collinetta su cui si trovava per andargli incontro.

Lo raggiunse e lo strinse in un abbraccio, spiazzandolo. Il generale, rimasto fermo per la sorpresa, posò le mani sulla sua schiena per ricambiare la stretta.
"È bello rivedervi" ammise Lasti, allontanando il viso per guardarlo.
Crux accennò un sorriso chiaramente forzato, ma lui non ci diede peso. Era sempre serio, quindi non trovò niente di strano nel suo gesto.

Solo dopo, quando spostò lo sguardo sugli altri e si rese conto della mancanza di qualcuno, si incupì. Il gruppo era dimezzato.
"Dov'è Tadas?" chiese esitante, tornando a guardare il generale.
Crux sgranò gli occhi per un istante, poi abbassò lo sguardo.
"È morto. Con lui anche Ganari, Nuri... e Palkem"

Lasti si irrigidì, sconvolto.
Tadas Gingo, con lui sin dall'inizio, era morto. La notizia era troppo grossa perché potesse accettarla, non riusciva a crederci.
"Li abbiamo già sepolti al villaggio di Nagari, con il permesso di Uaitmes Leity e la benedizione della Dea"
Sentì la forza abbandonargli le gambe, ma si costrinse a rimanere lucido.

Aveva messo le mani sulle spalle di Crux senza rendersene conto. Spostò lo sguardo su Frem, a pochi passi da lui, come a voler chiedere conferma di quanto udito
La ragazza annuì con un'espressione affranta sul viso.
"Tulbiak dov'è?" domandò, notando solo allora la mancanza del Lin.
"Ha disertato" intervenne Nissa, anche lui tetro. "Probabilmente quello che abbiamo passato era troppo per lui"
Lasti non sapeva proprio cosa dire.

Liberò le spalle di Crux dalla sua presa e fece un passo indietro con gli occhi puntati sul terreno.
In quei giorni li aveva chiamati con leggerezza amici, ben consapevole di sapere poco o niente sul loro conto. Con i generali, però, il discorso era diverso. Erano insieme sin dal momento della chiamata e credeva che, almeno loro, lo fossero davvero. All'inizio avevano avuto paura di lui, e difficilmente si aprivano alla possibilità di fare discorsi in sua presenza, ma gli erano molto più vicini di chiunque altro. Erano tra i pochi che avrebbe potuto chiamare davvero amici, e adesso Tadas non c'era più.

Ricordò le ultime parole che gli aveva detto, dopo che lui lo aveva difeso dall'assassino mettendosi in mezzo: "Sei forte, non morirai qui"
Strinse i denti e corrugò la fronte, frustrato.
Era successo per colpa sua, ne era certo.
Se solo lui fosse stato in grado di affrontare il nemico senza coinvolgere gli altri, tutto quello non sarebbe accaduto. Nessuno sarebbe morto.
E invece...

Era un debole, ne era convinto ora più che mai.
Pur avendo il Mirai con sé, non era stato in grado di affrontare l'assassino alla pari. Poi, privato della pietra, aveva dato prova della sua incapacità completa, che lo aveva quasi portato alla morte.
Che ci faccio io qui?

Mentre se lo domandava, Crux gli tese una mano.
Guardò il palmo e trasalì.
"Come fai ad averlo?"
"La Dea ci ha parlato in sogno, ci ha detto dove cercarlo" rispose.
"Con me non si è fatta sentire fino a un momento fa..." ammise, rendendosi conto di aver pensato ad alta voce.

Tese una mano verso il Mirai, ma la ritrasse con incertezza.
Una parte di lui era veramente sollevata perché lo avrebbe riavuto con sé. Con quello, le sue capacità sarebbero tornate a essere migliori, più affinate.
D'altra parte, però, riprenderlo significava che niente era cambiato.
Niente.

Lo prese con un sospiro e lo infilò in tasca.
"Tu come hai fatto a sopravvivere? Quando quella carogna ti ha trascinato nella foresta, pensavamo fossi morto all'inizio. Cosa è successo in questi giorni?" gli chiese allora Crux.
"Sono stato soccorso e medicato da un guaritore che passava per caso. Ho avuto un'incredibile fortuna..." disse e si voltò.

Russter era ancora lì, all'entrata della caverna dove lo aveva lasciato.
Osservava la scena con curiosità, troppo lontano per essere in grado di sentirli.
Lasti gli fece segno di raggiungerli.
Il Rek aveva indossato un mantello beige quella mattina, il cappuccio gli copriva la testa. Malgrado questo, gli si vedevano sia i capelli bianchi sia la pelle rosa squamata, e anche le sue pupille verticali.
I compagni lo guardarono sorpresi, alcuni con timore.

"Lui è Russter Tanati Silvein, e gli devo la vita" aggiunse, per poi rivolgersi a lui. "Spero di poter ricambiare in qualche modo"
"Non serve. Io viaggia per imparare e aiutare. Dovere" rispose, piegando leggermente gli angoli della bocca in un sorriso.

"Ti sono comunque grato, per tutto" insistette.
Ora che si trovava con i compagni, aveva assunto un tono solenne senza farci caso.
"Grazie per aver salvato il nostro Primo Generale" intervenne Crux. "Sono sicuro che anche La Dea ti è riconoscente"

Russter lo guardò restando impassibile, poi si voltò verso Lasti.
"Sofferenza porta solo sofferenza. Morte genera morte. E vendetta..." scosse la testa "...altra vendetta"
Lasti lo ascoltò attentamente.

Pareva che, vedendo che erano davvero soldati, si era sentito in dovere di dire quelle cose.
Mentre lo salutava ringraziandolo ancora, rifletté sul fatto che, probabilmente, La Dea non gli era affatto grata.
D'altronde non era misericordiosa come i Lin credevano, e come aveva fatto credere a lui all'inizio.

Lei non poteva essere riconoscente a qualcuno che disprezzava così apertamente i suoi metodi. Pur non volendolo e cercando di ridurre le vittime al minimo, ce n'erano sempre di nuove e anche la sofferenza ovviamente non mancava. In quanto alla vendetta... Lei stessa era la vendetta.

Rivolse uno sguardo ai compagni, sconsolato.
Malgrado lo avessero ritrovato sano e salvo, non potevano essere felici e ne capiva benissimo il motivo.
Crux aveva perso un fratello d'armi e la sua amante, sorella di Frem. Non sapeva in che rapporto fossero con gli altri, ma comunque avevano perso dei compagni. La situazione non era affatto piacevole.

"Torniamo alla fortezza" esordì, riprendendo il Mirai dalla tasca per indossarlo.
Crux corrugò la fronte.
"Il nostro obiettivo è la capitale, perché fermarci adesso?"
"Mi sembra ovvio, siamo rimasti solo noi. Eravamo in dieci quando siamo partiti... e non è bastato"

"Ma non ha senso! Se torniamo indietro, le loro morti saranno state vane!" ribatté.
"No" insistette Lasti, serio. "Dobbiamo riportare a casa i loro oggetti personali, farli avere ai loro cari. Forse non sarà così per tutti, ma Tadas era sposato ed è giusto che Kaina abbia le sue cose. E le sue lettere" aggiunse, ricordando che c'erano anche quelle.
Avvertì una stretta al cuore.
Gliele aveva scritte perché sentiva la sua mancanza e ora non si sarebbero più rivisti.

"E poi, non siamo pronti. Io non sono pronto" sottolineò, infastidito. "Sono sopravvissuto all'assassino per miracolo, non so cosa accadrebbe se ne arrivasse un altro. Torniamo indietro, ripartiremo quando saremo più forti"
"Il Primo Generale ha ragione" concordò Frem, notando le espressioni sconvolte degli altri. "Eravamo in dieci contro uno, eppure è riuscito a tenerci testa, anzi a metterci in difficoltà" la voce le si incrinò. "Ha ucciso mia sorella davanti ai miei occhi e io non ho potuto fare niente..."
Strinse i denti, ricacciando indietro le lacrime.
"Non posso andare avanti sapendo di non essere in grado di agire. Non posso!"

"Calmati Frem, non è colpa tua!" ribatté Nissa.
La ragazza stava stringendo i pugni e lui non aveva modo di farle cambiare idea.
"Era mia sorella!" urlò e anche Crux ne risentì. Pensava praticamente le stesse cose. "Un giorno, comunque andrà, dovrò guardare in faccia i miei genitori e dir loro che Palkem è morta, uccisa da un sicario mandato da una divinità. Non potranno credere che se ne sia andata facendo qualcosa di giusto, che quello che facciamo sia giusto! Ci sono state vittime tra i soldati del regno e nessuno tra i loro famigliari crederà che stavamo facendo qualcosa per il bene comune! Nessuno tra i famigliari delle nostre vittime potrà accettare quello che è successo, nessuno!"

Era incontrollabile ormai, stava dando voce a cose che Lasti pensava già da tempo, senza poterle esternare.
Nissa le diede un sonoro schiaffo perché tornasse in sé, facendola infuriare. Lei lo spinse via a denti stretti.
"Giù le mani! Forse non ti è ancora chiaro che sono una donna!" urlò.
Crux si mise in mezzo impedendole di continuare, dovette calmarsi per forza.

"Il discorso è chiuso" decise allora Lasti. "Torniamo alla fortezza. Mettiamo insieme un nuovo gruppo, diventiamo più forti e ripartiamo. Non c'è tempo da perdere"
E mentre si metteva in cammino per primo, seguito dagli altri, fu in grado di pensare soltanto una cosa: È tutta colpa mia.

Anno 6217 DID – Fortezza segreta della Dea, Terre di Sente


Erano passati diversi giorni da quando erano tornati, e Lasti si stava allenando con la spada senza usare il Mirai. Lo teneva in tasca, cosa insolita da parte sua.
Si era reso conto che, se voleva migliorare davvero, non poteva farlo con indosso la pietra. Doveva migliorare lui, saper combattere e sapersi difendere anche quando non l'aveva con sé.
La Dea non gli aveva detto niente riguardo alla sua decisione, come a quella di tornare al monte Sentes. Dalla sua esperienza poteva affermare che, in tal caso, Le andava bene.

La palestra della fortezza, che in realtà era semplicemente uno dei grandi saloni, non era mai stata così vuota. Mentre i Prescelti erano impegnati nelle loro azioni quotidiane, Lasti aveva riunito lì il nuovo gruppo per una seduta di allenamento extra.
Presto sarebbero ripartiti alla volta di Lissen, il piano d'azione era già stato stabilito. Avrebbero percorso la strada fatta la prima volta, passando per zone della foresta che esulavano dai sentieri, per poi raggiungere i villaggi già visitati e attraversarli.

In quel momento, Lasti stava combattendo contro Crux.
Con la coda dell'occhio, notò che qualcun altro si stava avvicinando velocemente dalla sua destra. Si abbassò e si spostò di lato, appena in tempo per schivare l'attacco di Guttla Bashi.
La ragazza fece schioccare la lingua, infastidita per averlo mancato.

A Lasti venne naturale sorridere, divertito dalla sua reazione.
Dovette però tornare subito concentrato per schivare anche il fendente del generale e contrattaccare.
In quei giorni alla fortezza era migliorato molto. Tutti lo erano, ora che si sottoponevano a un ferreo regime di allenamenti di ogni tipo.

Poco distante da loro c'era anche Frem. Aveva deciso di imparare a usare la spada, senza però mettere da parte l'arco. Adesso stava combattendo con Kumika, il Lin silenzioso che aveva fronteggiato con loro l'assassino Shin.
Oltre a Guttla, al gruppo si erano uniti altri elementi.
Lei si era offerta volontaria per prima, anche se non era mai stata sul campo di battaglia. A quanto pareva, però, sapeva combattere.

Lasti credeva che quello fosse un tentativo per avvicinarsi a lui, era il suo atteggiamento a farglielo pensare.
Guttla aveva preso il posto di Kaina Talendes nell'harem dopo il suo matrimonio, il che per il ragazzo era un messaggio più che chiaro. Inoltre ricordava ancora le parole che gli aveva rivolto, circa due mesi prima. A lei piacevano gli uomini potenti, che mettevano paura agli altri. Sembrava che lo vedesse in quel modo, anche se lui sapeva bene di non corrispondere alla descrizione.

In quanto a Kaina, invece, era stato difficile dirle ciò che era successo a Tadas, e lei ne era uscita distrutta. Le erano state date tutte le cose del giovane, comprese le lettere che le aveva scritto con tanto amore. La ragazza era scoppiata in lacrime e per un po' non si era fatta vedere, chiusa in se stessa.
Suo marito era morto e loro non potevano far altro che starle vicini.

Lasti però, dopo averle dato la triste notizia, aveva fatto di tutto per evitarla. Non era opportuno che le stesse accanto, col rischio che un desiderio si scatenasse. In rispetto alla memoria di Tadas, non l'avrebbe più sfiorata in alcun modo. Gli dispiaceva per lei, era ovvio, e la considerava un'amica, ma la cosa migliore che poteva fare era starle lontano.

Ciò che era successo con l'assassino lo sapevano in pochi, oltre a loro che lo avevano vissuto. Kaina, ovviamente, ne era stata informata, e poi anche i nuovi membri del gruppo, ma solo dopo che ebbero deciso di farne parte.
L'intervento di un'altra divinità al fine di ucciderli era qualcosa di spiazzante, inimmaginabile, perciò scoraggiante. Ora che anche loro sapevano, si allenavano per essere pronti a questo e ad altro.

Tra di loro, per le situazioni critiche, questa volta c'era anche un medico. Si chiamava Yenri Drana e non aveva mai combattuto, ma per l'occasione erano state impartite nozioni di autodifesa anche a lui.

Al termine dell'allenamento, Lasti andò a lavarsi nei bagni adiacenti alla palestra e gli altri ragazzi lo seguirono per fare lo stesso. Anche le ragazze si sarebbero rinfrescate, in una stanza a parte.
Quando le rivide, per la cena, si erano già sedute a un tavolo in fondo al salone.
Decise di prendere da mangiare e raggiungerle.

Le due sembravano concentrate in un discorso coinvolgente. Da quella distanza avrebbe anche potuto sentirle, dato che il suo Mirai gli acuiva l'udito, ma c'era troppo brusio e decise che non era proprio il caso.
Nel frattempo, Guttla continuava a mandargli occhiate di nascosto. Frem si voltò per guardarsi alle spalle, scoprendo che era lui l'oggetto di quegli sguardi.

"Ti piace il Primo Generale?" le domandò, dopo essere tornata rivolta verso di lei.
Guttla prese tempo prima di rispondere, ma un sorrisetto furbo le si formò sul viso.
"Sì e credo di averglielo fatto capire chiaramente" disse, spostando i lunghi capelli nero viola di lato.
Frem li osservò trovandoli liscissimi e lucidi, quasi ipnotizzata dal gesto, poi tornò a guardarla negli occhi.

I capelli mossi dell'arciera erano cresciuti nel corso dell'ultimo periodo e lei li aveva tagliati ancora più corti di prima.
"In effetti.. mi sembrava che continuassi a corteggiarlo" commentò, tornando con lo sguardo basso sul suo piatto.
"Già, peccato che non stia mai al gioco. Vorrei che fosse lui a farlo... È così difficile ricevere una soddisfazione"

"Parli proprio tu che sei nel suo harem" ribatté Frem.
"Non ho ancora avuto la mia occasione" precisò, assottigliando lo sguardo. "Non è che piace anche a te? Eppure credevo che fossi interessata al tipo dai capelli viola..."
"A chi non piace il Primo Generale? È La Voce della Dea" sottolineò Frem, in un tentativo disperato di sviare la conversazione.

"Beh, non credo che tutte vorrebbero farselo. In tal caso non avrebbe bisogno di un harem, l'intera fortezza lo sarebbe" disse e bevve un sorso di tè. "Eppure io non vedo l'ora di potermi aggrappare a quelle corna e mettermi sopra di lui..."
A Frem andò di traverso l'acqua, dovette tossire.

Non era abituata ai discorsi di questa natura tra ragazze. Anzi, era abituata a essere trattata come un maschio, e quando in passato i ragazzi avevano parlato di argomenti simili lei si era messa in disparte, fingendo disinteresse. La cosa la imbarazzava tantissimo.
Guttla aveva parlato con sicurezza, usando un tono di voce basso e sensuale, mentre con lo sguardo era rimasta ancorata a Lasti. Ancora lontano, lui le stava dando le spalle ma poco importava.

"Comunque, non hai risposto alla mia domanda" sottolineò, dopodiché diede un morso a una delle verdure croccanti che aveva nel piatto.
"Non mi piace Nissa, se è questo che vuoi sapere" rispose Frem, dopo essersi ripresa. Si rese conto di ciò che aveva detto e controllò i dintorni per confermare che lui non fosse presente, quindi tornò a guardare la compagna. "Cioè, prima mi piaceva e anche tanto... Mi ha corteggiato per almeno un anno, credendo che io fossi un ragazzo"

"Cosa?"
Guttla scoppiò a ridere.
"In effetti tu sembri tanto un ragazzo e parli al maschile, ma lui non lo facevo uno di quei tipi strani! E quindi ora non ti vuole più perché hai il seno?"
"Così pare..."
Frem si mise a giocare con il cibo usando la forchetta. Sospirò, affrontare il discorso per lei era ancora difficile.

"E che mi dici di Lasti?"
L'arciera sorrise appena, imbarazzata.
"Ecco... se si trattasse di qualcosa dettato dal sentimento, e non da un desiderio vuoto, non so se saprei dirgli di no" ammise.
"Allora un po' piace anche a te" commentò Guttla, mentre il suo sorriso diventava forzato.
Frem non poté rendersene conto, dato che stava osservando il suo piatto, ma lo sguardo di Guttla non prometteva niente di buono.

"A me va bene anche un desiderio vuoto, come hai detto tu" aggiunse, tornando a guardare la sua preda. "Se non lo fa lui, un giorno di questi gli salto addosso. Sto resistendo da troppo"
Fece appena in tempo a finire di parlare, mentre Frem la osservava quasi scioccata, che Lasti le raggiunse e si sedette accanto all'arciera, facendola sobbalzare.
"P-Primo Generale!" esclamò lei, agitata.

"Sono io" rispose, confuso da quella reazione. "Ma puoi chiamarmi Lasti, lo sai"
Guttla assistette alla scena inumidendosi le labbra. Allungò una mano per posarla sulla sinistra del ragazzo, ora sul tavolo.
"Anche io posso chiamarti per nome, vero?" chiese, chinandosi leggermente in avanti per mettere in mostra la scollatura.
"Certo" rispose.

In quel momento vennero raggiunti anche dal resto del gruppo, che occupò i posti a sedere rimanenti.
"La schivata di oggi, per evitare il mio attacco, è stata fenomenale. Vorrei che me la insegnassi" continuò lei, per niente intimidita dalla presenza degli altri.
"Se ce ne sarà l'occasione, va bene"

C'era qualcosa in quella ragazza che non gli piaceva per niente, e le sue continue attenzioni non lo lusingavano nemmeno. Inoltre, aveva fame e voleva soltanto mangiare. Se un desiderio si fosse messo in mezzo avrebbe dovuto interrompere il suo pasto, e non ne aveva alcuna voglia.
I compagni avevano notato come lei ci provasse sempre con lui. Un paio di loro si soffermarono a guardarle l'ampia scollatura del vestito, messa in bella vista.

Lasti ritrasse la mano, ma per non sembrare troppo scortese la usò per sollevare il bicchiere di tè e portarselo alla bocca. Non voleva scostarsi, voleva solo bere, questa era l'impressione che sperava di dare.
Con quegli atteggiamenti, temeva che in viaggio la ragazza sarebbe stata una distrazione più che un aiuto.

In poche settimane sarebbero partiti e lui aveva già abbastanza cose a cui pensare, senza che si aggiungesse anche questo.
Durante il pasto, si limitò ad ascoltare i discorsi degli altri, sperando che Guttla non richiamasse più la sua attenzione.

Fu il primo ad alzarsi da tavola, deciso a stare un po' da solo nella sua stanza.
Mise a posto il vassoio e uscì in corridoio, ma dopo qualche passo si sentì chiamare.
Riconobbe la voce di Frem e, voltandosi, la vide da sola.
"Lasti" ripeté, incerta.
"Facciamo due passi?" propose lui, prima ancora di sentire cosa avesse da dirgli.
La ragazza annuì.

Mentre camminavano l'una affianco all'altro, lei temeva che non fosse il caso di parlare.
"Scusa se mi impiccio, ma da quando siamo partiti per tornare qui ti vedo diverso. È come se qualcosa ti turbasse" disse, senza guardarlo in faccia.
"C'è sempre stato qualcosa che mi preoccupava. Tante cose, a dir la verità"

"Ma adesso qualcosa è cambiato" insistette Frem. "Tu mi sei stato molto d'aiuto, facendomi capire di dover dire la verità sul mio conto. Vorrei ricambiare, se hai bisogno di confidarti ti prego di ricordarti di me. Forse chiedo troppo, ma vorrei che fossimo amici..."

"Non è una buona idea" la interruppe Lasti, sospirando. "Ti considero già un'amica, se può farti stare meglio, ma non è il caso che ci avviciniamo troppo. È vero che le cose sono cambiate... Ho rischiato di morire e dei compagni sono morti" dopo averlo detto ebbe paura di aver esagerato, ma guardando la ragazza la trovò solo triste. "Frem... hai perso tua sorella, non puoi mettere da parte quello che provi per chiedere a me come sto. Concentrati sul tuo dolore per elaborarlo"

La ragazza corrugò la fronte.
"Tutti abbiamo bisogno di sfogarci" precisò. "Anche tu, che sei il nostro Primo Generale. Io preferisco pensarci da sola, quindi ascoltarti mi farebbe piacere. Sembra sempre che qualcosa ti affligga, come se i tuoi problemi fossero più grandi dei nostri. Che sia vero oppure no, sappi che con me ne puoi parlare. Sono disponibile"

Lasti scosse la testa.
"Tutti ne hanno bisogno, ma a me non è concesso"
Avendo a che fare con La Dea, ho imparato che è meglio non dare voce a certi pensieri. È meglio cercare di soffocarli piuttosto che subirne le conseguenze.

Mentre si diceva questo, raggiunsero finalmente la sua camera da letto.
Accorgendosi che ci si era fermato davanti, Frem sembrò tesa.
"Perché mi hai portato qui?" domandò, tornata timida.

"Non ti chiederò di entrare, non temere. Voglio stare un po' da solo, tutto qui" sospirò ancora. "Non so come sia possibile, ma non è successo niente di sconveniente tra di noi. Ci aspetta un lungo viaggio e temo che, questa volta, accadranno cose sconvenienti... ma fino ad allora è meglio se mi stai più lontana che puoi, per il tuo bene"
"E... se non volessi?"


Lasti la osservò, sorpreso. Il significato che lesse dietro alle sue parole non gli fece piacere.
"Con Nissa come vanno le cose?" le chiese, cambiando discorso.
Lei sembrò confusa dal fatto che lui avesse chiaramente evitato la domanda.

"Nissa... si è arrabbiato con me quando gli ho detto la verità, ma poi ne abbiamo passate tante, quindi ora fa finta di niente, come se non fosse mai successo nulla. Anzi, credo che adesso punti a Ijinia, gli sta sempre appiccicato" aggiunse, riferendosi a uno dei nuovi compagni di allenamento e, presto, anche di viaggio.
Ne parlò a testa bassa, dispiaciuta.

"Mi spiace. Forse non avrei dovuto chiedere"
"No, non importa più. Anzi, voglio riuscire a dimenticarlo, ma come?"
"Quando meno te lo aspetti riuscirai a farlo, se è questo che deve succedere" rispose, pur sapendo di non essere abbastanza convincente. "Ci vediamo domani per gli allenamenti mattutini"

Entrò nella sua stanza e si chiuse la porta alle spalle. Si passò una mano tra i capelli, triste per come era andata la conversazione.
Le sue dita incontrarono inevitabilmente le corna. Erano cresciute ancora.
Erano così dure che non venivano scalfite nemmeno con le armi più resistenti, ma soprattutto... erano pesanti. Quando si sdraiava e rilassava il collo, si rendeva conto di quanto carico portasse sulla testa ogni giorno.

Sospirò.
Si mise seduto alla scrivania, sulla quale aveva appoggiato, nei giorni precedenti, della carta da lettere.
Sapeva di non poter dare voce alle sue preoccupazioni, ma il fatto che fosse solo e La Dea non si stesse facendo sentire gli dava coraggio. Temeva che il suo stare zitta fosse una strategia: avrebbe scoperto ciò che lui pensava sul suo conto ormai da troppo tempo e lo avrebbe colpito con la sua collera.

Lei era sempre lì, anche quando non si faceva udire... Lo sapeva.
Si chiese se era presente anche nella grotta, quando aveva parlato con Russter della vendetta e di come la sua energia vitale fosse sporca. Quei giorni non si era palesata né in sogno né durante il giorno; in seguito, si era giustificata dicendo che lui era troppo debole e per questo non aveva potuto percepirlo e raggiungerlo.

Ma era anche vero che, appena tornato in forze, gli era bastato chiamarla perché Lei rispondesse. Continuava a ripensarci e a interpretare quei giorni come una sorta di prova: lui era ferito, sarebbe potuto morire e La Dea l'aveva apparentemente abbandonato. Forse voleva vedere come si sarebbe comportato.
Non ce la faceva più.

Si convinse di essere pronto ad affrontare le possibili conseguenze delle sue azioni, sulle quali rifletteva da diverso tempo.
Accese la lampada a olio e prese in mano il pennino.
Il gesto di Tadas Gingo, di scrivere alla moglie Kaina quando sentiva la sua mancanza, lo aveva ispirato. Quando era morto, quelle lettere erano state l'unica cosa rimasta di lui.

Ciò che aveva in mente Lasti non era affatto una lettera d'amore, ma col passare del tempo i suoi nemici non facevano che aumentare e, anche se si stava allenando per sopravvivere, sapeva che sarebbe potuto morire da un momento all'altro.
Per questo la decisione di scrivere.
Sospirò di nuovo e, appoggiando il pennino sul foglio, iniziò a mettere su carta le parole che affollavano la sua mente, sulle quali aveva riflettuto ormai un'infinità di volte.


Continua nel prossimo capitolo

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