La tela del tempo
Nell'aria c'è odore di pioggia, di nuovo, posso sentirla mentre sono seduto qui accanto a Marta con la finestra della camera aperta.
Siamo in ospedale.
L'ho trovata a terra, in bagno, qualche ora fa e i medici non mi dicono ancora nulla.
Resto qui ad accarezzarle la mano mentre lei dorme, mi sento così inutile.
«Signor Hoakley»
«Finalmente, mi dica dottore...che succede?»
«Succede che la malattia è avanzata un po' troppo, molto più in fretta di quanto ci aspettavamo, e il cuore di sua moglie ha fatto un po' i capricci»
«Ha avuto un infarto?»
«Non proprio ma ha un'aritmia preoccupante e deve essere tenuta sotto controllo per evitare complicazioni.
Appena sappiamo qualcos'altro la informeremo.
Vuole chiamare qualche parente?»
«No, non fa niente.
La ringrazio»
La mia piccola Marta.
Sentirsi impotenti davanti la realtà della vita mi fa stare così male che prego Dio di uccidere me per salvare lei.
Ho sempre pensato di morire prima di Marta e sarà così, non sono abbastanza forte per subire una perdita.
Questo è ormai certo.
Quando Marta scoprì di essere incinta fu un evento così bello per la nostra famiglia.
Ricordo che Clara comprò centinaia di cose per il bambino che mesi dopo si scoprì essere un maschietto.
Nicholas Jerry Hoakley, così lo chiamammo.
Nacque a giugno, il 23 per essere precisi, a Brooklyn.
Ogni giorno lo tenevo tra le braccia e gli sfioravo il viso delicatamente per memorizzare ogni tratto, ogni piccolo dettaglio, così da non perdermi nemmeno il minimo cambiamento del suo volto e lui si rilassava al punto da addormentarsi teneramente.
«Cos'hai su quelle mani? Gas soporifero?»
«Beh dai credo che sia rilassante per tutti esser sfiorati delicatamente»
«Sul viso? Non lo so..
Se lo facessi a me ti spezzerei quelle dita»
Marta e la sua solita delicatezza.
Nicholas divenne ben presto un bimbo di quattro anni molto attivo e felice, spensierato e dall'animo artista.
Marta ha sempre detto che il suo essere speciale lo aveva ereditato da me anche se, in realtà, io ero certo che fosse una creatura meravigliosa grazie al DNA di sua madre.
Capelli scuri e mossi, occhi azzurri ghiaccio ereditati dal papà di Marta è una bocca morbida e carnosa.
Un bimbo bellissimo non trovate?
Ecco perché sono certo che abbia preso da Marta.
«Nick, tesoro, è ora di farsi il bagno»
«Non voglio, lasciami in pace!»
Beh, forse l'insolenza l'ha ereditata da me..lo ammetto.
«Nick! Fila in bagno o ti butto nel fiume e ti lavo così!»
«Va bene mamma..»
Marta ci sa fare con i ragazzini, non trovate anche voi?
Tornando seri la mia vita era bellissima nonostante non potessi osservarla e tutto filava liscio.
Marta era una cuoca, stava finalmente lavorando in un ristorante che apprezzava realmente il suo talento gestito da una donna di affari che aveva ereditato il tutto dal marito morto in guerra sei o sette anni prima.
Si chiama Angela Parker ed era molto intelligente, schietta e molto dolce con Marta.
L'aveva presa sotto la sua ala quasi fosse la figlia che non aveva mai avuto.
Io invece dipingevo ancora, e scrivevo poesie, ed ogni mia opera veniva mensilmente esposta in alcuni piccoli musei in giro per la città.
Avevo venduto pochi oggetti lo ammetto ma la soddisfazione di essere esposto ed osservato da persone che apprezzavano davvero la mia arte era tutto quello che volevo.
Firmavo le mie opere con "S.Blind" perché Steve sembrava davvero troppo scontato.
Pochi sapevano della mia cecità poiché non volevo che la mia arte fosse acquistata per pietà.
Ero finalmente nel bel mezzo di un grosso affare:
Un ricco gentiluomo del Canada aveva visto, casualmente, esposto un mio quadro qui a Brooklyn e voleva acquistarlo per una generosa cifra di diciassette mila dollari.
Mi chiamò il possessore della piccola galleria d'arte per avvertirmi:
«Il signor Hoakley?»
«No, sono la moglie.
Marta.
Santo cielo ho una voce così profonda da sembrare un uomo?»
«No! Mi scusi signora ma il telefono non funziona bene.
Cercavo suo marito, è possibile parlarci?»
«Un momento.
Steve?! Steve puoi venire al telefono? C'è un signore che ti cerca ma attenzione perché potrebbe scambiarti per una donna!»
Marta non sapeva come evitare il sarcasmo, era peggio di me.
«Pronto?!» dissi con tono confuso mentre Marta rimase lì a fissarmi curiosa di sapere cosa stesse succedendo.
«Salve Steve, sono Charles della galleria»
«Oh, signor Braixton mi dica»
«Volevo informarla che c'è un uomo, un certo Philippe Russell che vorrebbe acquistare il suo quadro "La tela del tempo" ed offre ben diciassette mila dollari!»
Guardai Marta esterrefatto.
«Ho capito bene?!»
Marta entrò nel panico.
«Oddio Steve che succede?»
Feci cenno a Marta di fare silenzio.
«No, no, perfetto! Va bene , grazie!
Ci vediamo domani»
Presi Marta e la portai seduta sul divano con aria seria.
«Nick?! Vieni qui per favore.
Papà deve dirvi una cosa»
«accidenti Steve, così mi farai morire...che succede?»
«Succede che...» mi misi la mano tra i capelli con aria affranta, volevo recitarla bene la parte.
«Steve se non parli ti caccio di casa!»
«Meno male che sono cieco e non muto allora..»
«Steve!»
«Okay, okay.
Mi ha chiamato il gestore della galleria in centro e mi ha detto che» feci una pausa ad effetto «Un riccone vuole comprare il mio quadro per diciassette mila dollari!!»
«Oh mio Dio!!»
Marta mi saltò addosso felicissima mentre Nick, ancora troppo piccolo per capire, rimase in silenzio sul divano.
«Tu non abbracci papà?»
«Ti pagano per un tuo disegno?»
«Si amore, non è meraviglioso?»
«No» disse con tono triste.
Marta si sedette accanto a lui.
«Perché no amore?»
«Papá, sono felice se tu hai fatto i soldi con il tuo disegno però...» iniziò a fare il beccuccio mentre le prime lacrime trattenute a stento iniziarono a scendere «Però non è giusto che io disegni ogni giorno e non veda mai nemmeno un centesimo!»
Scoppiò a piangere tra le mie risate e quelle di Marta che, teneramente, lo strinse a sè.
«Amore, hai ragione.
Vedrai che papà si farà perdonare»
«Certo, prendi un tuo disegno e portalo qui»
Nick corse verso un mobile del soggiorno e dal cassetto in alto tirò fuori un disegno.
Raffigurava la nostra casa e noi tre ed affianco a noi c'era un cucciolo.
«Siamo noi?»
Fece di sì con la testa mentre con la mano si asciugava le lacrime.
Tirai fuori il portafoglio e sfilai cinque dollari.
«Ecco a te, lo compro!»
Prese i soldi e gli si illuminò il viso.
«Mamma guarda! Finalmente qualcuno che apprezza l'arte!»
Sì, forse Marta aveva ragione.
Aveva preso da me.
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