Il mio ritorno alla vita
Fu un matrimonio bellissimo o almeno lo fu per noi due.
«Steve, caro, devo sistemare la spesa ma lo scaffale è troppo alto»
«Ci penso io»
«No, prendo una sedia e..»
«Credi davvero che io ti lasci salire su una sedia, nelle tue condizioni, per un paio di barattoli di sottaceti?»
Marta a volte sembra non capire o non accettare la sua malattia, mi ricorda me nei primi tempi in cui la mia cecità era solo un impedimento.
Andai da mille dottori ma tutti mi dissero che non capivano il problema finché un giorno, in un'estate del 1948 andai dal Dr. Harry Louislong.
Entrai nel suo studio dopo mesi e mesi di attesa per un appuntamento, era molto bravo e tutti volevano lui.
«Si accomodi signor Hoakley»
Mi sedetti con l'aiuto della mia dolce Marta, ovviamente.
«Allora, ecco i risultati delle sue analisi» lo sentivo mentre batteva una matita sulla scrivania «Bene bene..» stava leggendo con attenzione, c'era un silenzio insopportabile ed io sentivo l'ansia salire.
«Caro Steve la sua vista, purtroppo, non può essere riacquistata.
La sua cecità è permanente»
Scoppiai a piangere e Marta mi strinse forte forte.
«Dottore, ne è sicuro? La prego»
«Purtroppo lo scoppio di quella mina ha letteralmente bruciato la retina, signor Hoakley mi dispiace tanto»
«Non posso più scrivere, non posso dipingere, non posso più dare sfogo a nulla lo capisce? Non posso nemmeno guardare negli occhi la mia musa..»
Il dottore si alzò e venne di fronte a me per sedersi in punta alla sua scrivania.
«La mente umana è davvero un mondo a sè Mr. Hoakley, lo sa? Un archivio di dati dotato di grande plasticità.
È l'unico organo capace di rimaneggiare continuamente le funzioni dei propri circuiti anche se essi sono danneggiati»
«Cosa sta cercando di dirmi, non capisco»
«Il suo sistema nervoso si riadatterà alla nuova situazione, anzi lo sta già facendo, e sarà capace di modificare in modo efficace la struttura danneggiata.
Lei non è cieco dalla nascita Steve.
Lei ha visto i colori, lei ha visto sua moglie, lei sa come si scrive, sa com'è fatta una tela o un foglio.
Lei ha sentito il vento, il mare, lei sa ciò che il suo cervello ha visto e sentito nel corso della sua vita ed ora il suo cervello si sta modificando per trovare il modo di sentire e vedere tutto di nuovo ma in un modo nuovo»
Marta mi strinse la mano e si alzò.
«La ringrazio dottore, è stato di grande aiuto»
Io non dissi nulla.
Tornai a casa arrabbiato, non sapevo con chi prendermela.
Ero cieco e lo sarei stato per sempre.
Mi sentivo vuoto, inutile, tutto ciò che amavo era sfumato nell'oscurità e sarebbe stato così per il resto della mi vita.
Quella notte stetti male, vomitai fino a perdere i sensi e Marta chiamò il dottore.
Non uscii di casa per mesi, ero fermo a letto nella penombra di una finestra socchiusa mentre il tempo scorreva pesantemente.
Ero depresso.
«Ecco fatto, i tuoi barattoli sono tutti a posto.
Visto? Non c'era bisogno di aiuto»
«Steve, i Barattoli sono sul tavolo...
Hai sistemato i bicchieri nuovi»
«Ah, beh lo sapevo.
Volevo farti uno scherzo»
«Certo, zuccone, ora metti i barattoli mentre io, dopo questa allegra burla, vado a ridere in camera»
Ancora oggi ho degli impedimenti, lo ammetto, ma ho imparato a prenderli con più filosofia.
Ci scherzo su.
All'epoca mi ci volle un po' prima di capire come gestire la mia situazione.
Da piccolo passavo ore a dipingere, lo amavo, l'arte mi ha sempre accompagnato nel corso della mia vita, e ricordo quanto tempo passavo nel toccare le tele.
Sentivo la consistenza, il materiale, la grandezza, amavo farlo perché, come lo spiego, era come sfiorare il corpo di una donna prima di farci l'amore.
Ci capiamo?
Studiavo le tele.
Una mattina Marta entrò in camera di botto, con ferocia, e aprì le tende e la finestra.
«Alzati!»
«Puoi chiudere? Ho freddo»
«No, ho detto alzati Steve.
Non puoi passare la tua vita in quel letto, cosa stai facendo? Alzati!»
«No, non ho motivo di alzarmi»
Si sedette sul bordo del letto e mi prese la mano, poi con voce tremante mi disse:
«Tu sei il motivo per la quale dovresti reagire, per te stesso, ma se non vuoi farlo per te allora, ti prego, fallo per me.
Alzati e lottiamo insieme.
Ti prego Steve, non lasciarmi sola in questa battaglia perché io non posso salvarti se tu non me lo permetti»
Si alzò ed uscì dalla stanza, la sentii entrare in macchina ed andare chissà dove.
Marta aveva ragione, dovevo fare qualcosa.
Andai faticosamente verso il mio studiolo, ne avevo uno davvero piccolo in quella casa, e cercai una tela da qualche parte.
Dopo una mezz'ora di ricerche ne trovai finalmente una e la pozionai sul cavalletto.
Non so come né perché ma mi venne quasi naturale far scorrere la punta sulla tela, come se fosse stato il prolungamento della mano, immaginando il disegno che avrei voluto creare.
Dipinsi, lo feci davvero, anche se non in modo perfetto lo ammetto ma dipinsi.
Un paio di ore dopo Marta tornò a casa ed entrò in camera per vedere come stavo, io non ero lì.
«Steve? Oddio, Steve dove sei?»
«Sono qui..» dissi con tono felice.
Mi raggiunse nello studio e mi trovò sporco di pittura ovunque, col pennello in mano ed un gran sorriso in faccia.
«Marta, amore mio, ti prego dimmi com'è venuto e sii sincera»
Si avvicinò e mi accarezzò la testa.
«É bellissimo»
Il primo passo verso la scoperta di questo nuovo mondo interiore iniziò quel giorno stesso, iniziò una ricerca di materiali che sostituissero virtualmente le mia pupille.

Oggi dipingo su tele di canapa grezza dalla texture ruvida che mi consentono di quantificare le distanze sul dipinto.
Le linee che traccio devono essere molto spesse e sporgenti in modo da delimitare gli spazi nei quali stenderò il colore.
Utilizzo anche una vernice più densa, che lascia un’impronta palpabile sulla tela così che il quadro divenga una sorta di scultura che sento col tatto.
Accarezzo il foglio con le dita, tastando con attenzione ogni ruga della carta e i segni marcati dei confini circoscritti con cura; questi sentieri di linee tangibili mi guidano verso la realizzazione dell’opera.
A ogni passo i polpastrelli si sporcano di vernice ma è proprio la tintura pastosa ad essere il mio occhio artificiale e mi permette di sapere esattamente dove e cosa c’è sul dipinto.
Infine, preferisco i colori ad olio, così posso distinguere le varie tonalità direttamente con le mani.
In pratica è come se comunicassi con la schiera di colori posizionati sulla tavolozza, memorizzando la consistenza delle tinte e distinguendo manualmente persino le singole sfumature.
Il dottore aveva ragione.
Fu così per ogni cosa, nel tempo trovai un metodo per ogni tipo d'arte.
Oggi posso scrivere, suonare, dipingere, scolpire, ed i miei sensi sono altamente sviluppati.
Iniziai a sviluppare una sorta di Ecolocalizzazione per sentire lo spazio attorno a me.
Molti medici nel corso degli anni assistettero a questi miracoli del corpo umano ed ho incontrato molte persone come me nel corso della mia vita.
Quando il Dottor Harry Louislong morì mi lasciò una lettera in cui mi disse:
Sei stato il paziente più incredibile che io abbia mai avuto.
Assistere al tuo ritorno alla vita è stato un grande onore Steve.
Hai dimostrato al mondo che non c'è fine, non ci sono ostacoli, se ami qualcosa.
Ti auguro una vita lunga e felice.
Il Dr. Louislong morì all'età di 89 anni, chissà se Dio si ricorderà anche di lui.
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Salve, piccola precisazione:
Tutto ciò che trovate in questo articolo è scientificamente appurato ed è già successo a tanti artisti affetti da cecità.
Mi sono ispirata principalmente al grande pittore John Bramblitt leggendo molte sue interviste.
Vi consiglio di dare un'occhiata ai suoi quadri poiché sono meravigliosi.
Qualsiasi cosa vi sembri assurda ditela e vi linkerò informazioni se servono.
Grazie
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