le persone normali
Grazie a tutti voi che seguite il racconto ispirato alla mia vita. Ci tengo a precisare che i nomi delle persone, le persone stesse , alcune situazioni e luoghi sono fittizi al fine di non recare danni morali o altro a chi è stato realmente protagonista della mia storia.
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Ammettere di aver bisogno di aiuto è sempre dura anche per le persone più intelligenti. Quando poi lo si chiede alla famiglia, soprattutto se si è sempre creduto che questa non ti è mai stata tanto vicina, è una sconfitta totale.
Mi preparai psicologicamente ad ascoltare tutti i commenti negativi possibili. Tanto la mia condizione era talmente pessima che peggio di così non potevo stare . Già immaginavo i discorsi tipo :
"Lo sapevo, te lo avevo detto! Uno che lascia la fidanzata così facilmente dopo 5 anni non è affidabile: non mi è mai piaciuto ! ! !"
Era un lunedì mattina di gennaio. Il sole sembrava malato ma riusciva comunque a creare un velo lucido sulle colline innevate. La vista dalla finestra del soggiorno era spettacolare a qualsiasi ora e con qualsiasi condizione metereologica. Di notte, nel bel mezzo delle gelate invernali, si respirava la pace in un vero mondo incantato dove abbandonarsi e sprofondare nella sofferta ricerca di spiegazioni sul perché dovevo affrontare tutto questo. Cosa avrei dovuto imparare da tanta ingiustizia?
Mi sentivo come un fiorellino calpestato.
"Ciaoo sposina!!!!"
Era così che mi salutava quando mi sentiva al telefono, io le ho sempre permesso di credere che la mia vita andasse bene , che ero felice.
"Ciao mamma. . ."
Era dura, nonostante mi sentissi tranquilla e preparata ad accennare il problema, volevo solo chiederle di farsi accompagnare da papà, ancora non li avevo invitati da quando ci eravamo sposati, erano convinti che fossimo troppo impegnati a lavorare e a fare i piccioncini.
" Ascolta attentamente, è difficile. . . . . Mamma correte da me non ce la faccio più !!!"
E Scoppiai in un pianto incontrollabile. Sentivo lontana la voce preoccupata di mia madre dall'altra parte del filo chiamarmi, chiedere cosa stesse succedendo, ma non riuscivo proprio a parlare, mi si chiuse la gola, le mani e le gambe cominciarono a formicolare, riagganciai senza riuscire nemmeno a salutare.
Arrivarono in meno di mezz'ora: i capelli scompigliati e gli abiti di casa , avevano l'espressione di chi era pronto a ricevere la notizia peggiore della loro vita. Parlai a lungo raccontando tutto quello che era successo. Mi fece male sentire il loro dolore: quel bastardo non aveva ferito solo me, aveva spezzato il cuore anche a loro, non potevo perdonare colui che fece piangere tanto mia madre e gli occhi pieni di rabbia e commozione di mio padre che stava seduto ad ascoltare senza dire niente era un'immagine che non avrei mai voluto vedere.
Mio padre, burbero ma di grande cuore, parlava di me agli altri come di una ragazza in gamba, forte e intelligente, ammetteva , a dispetto di mia madre , di essere orgoglioso di me. Con il tempo imparai a capire i suoi silenzi e i suoi scatti improvvisi di ira che, quando eravamo bambini, ci spaventavano tanto, ma erano dovuti ad una serie di eventi traumatici d'infanzia che lo portarono ad avere disturbi neurologici.
La sera, a cena, avevo la casa affollata: i miei fratelli, le cognate, mia sorella, mio cognato e il loro bellissimo bambino. Portarono tantissime cose da mangiare e da cucinare. Era così che volevo vedere la mia vita: una grande famiglia che gremisce la mia casa, che stappa bottiglie di buon vino, che affetta salami e parla allegramente. Presto si sarebbe aggiunto anche un secondo nipotino e io ero l'unica ad avere la casa tanto grande da poter ospitare tutti.
Non sentii nessun commento negativo da parte loro, si limitarono ad ascoltare i miei problemi e mi rassicurarono che presto sarebbe andata meglio e che avrei ricominciato.
Inutile dire che parlare con loro mi aiutò a rialzarmi e ad avere più fiducia in me stessa. Capii che la mia famiglia era importante e potevo contare su tutti loro.
Il mattino seguente ebbi l'ennesima discussione con lui:
"Non so proprio cosa ti aspetti da me! Mi sono innamorato di un'altra, non l'ho fatto apposta!"
Essendo alto un metro e novanta , mi parlava sgridandomi guardando verso il basso con l'indice puntato, come se fossi una bambina capricciosa e cattiva :
"ti chiedo SCUSAA! !! Ma questa è anche casa mia e intendo viverci come e quando mi pare, mio padre è avvocato, non riuscirai a mandarmi via e soprattutto non ti terrai tutto quello che c'è dentro!!!"
Infatti, era proprio quello il problema, prendersi quello che era mio, e dargli ciò che era suo! Non ci avevo proprio pensato! Non gli importava niente del danno morale e fisico che mi aveva procurato e tutto quello che avrebbe continuato a infliggermi restando sotto allo stesso tetto.
Quel martedì se ne andò e voltandomi le spalle aggiunse :
"Torna a casa dai tuoi. Stasera, al mio rientro, non voglio trovarti. Domattina ci troveremo allo studio di mio padre per avviare le pratiche della separazione e poi.... per favore guardati: sei uno straccio, mangia qualcosa!!!!!"
"Certo che mangerò qualcosa "
Pensai, avevo la cucina piena delle vettovaglie della sera prima.
" Ma prima devo fare un lavoretto! "
Aprii l'armadio e tolsi tutti i suoi costosissimi vestiti, camicie, maglioni, giubbotti, cappotti, la biancheria, gli orologi, mi diressi nel bagno e presi i suoi cosmetici, il rasoio e svuotai il cesto dei vestiti sporchi buttai tutto direttamente dentro a grandi sacchi neri di plastica. Lo feci in 10 minuti, arrotolando, stropicciando malamente, pigiando bene affinché riuscissi a farci stare più roba possibile. Maledizione quanta ne aveva! Non me ne ero mai accorta e pensare che almeno la metà gliel'avevo
regalata io!
Nel pomeriggio chiamai i suoi genitori. Chiesi loro di portare qualcosa da mangiare:
"Dei dolcetti , possibilemente grazie, ce ne sarà bisogno! "
Arrivarono poco più tardi, inutile descrivere i loro sguardi persi tra i tanti sacchi neri sistemati nell'ingresso, si guardarono poi tra di loro smarriti:
"Sono le 'valigie' di Federico. Da stasera lui non dormirà più qui: ha un'altra donna e io non lo voglio più! ".
Dovetti far appello a tutta la mia forza per non piangere e per pronunciare quella frase ma non riuscii a farlo con la giusta dose di sensibilità.
I suoi genitori erano persone adorabili. Suo padre avvocato e la madre magistrato. Dedicavano la loro vita alla giustizia e ai diritti delle persone, grandi lavoratori e genitori affettuosi. Fu un duro colpo anche per loro. Sua madre, sempre elegante, bella, bionda, dai tratti somatici e i modi gentili che ricordavano tanto Elena, fece dei suoi occhi verdi due palline di fuoco che lacrimavano ininterrottamente. Suo padre, alto e dal fisico possente, non poté nascondere l'imbarazzo soprattutto quando gli mostrai i documenti delle analisi batteriologiche e del ricovero per l'aborto. A quel punto altre due splendide persone erano finite nel carniere di Federico.
I nostri genitori, persone normali che, ingenuamente, credevano che i loro figli si fossero sposati perché si amavano e volevano invecchiare insieme, che magari presto avrebbero messo al mondo un po ' di nipotini da amare e viziare. Cosa ci sarebbe stato di male nel voler tutto questo? Nonostante tutto non riuscivo a sentirmi responsabile della loro sofferenza.
Quando arrivó la sera feci una lunga doccia, indossai il mio abito più elegante , le scarpe con il tacco più alto, mi truccai il viso come se avessi dovuto andare a teatro, e mi sedetti ad aspettare il suo rientro.
Era mezzanotte:
"Ciaoo maritino, come mai così presto? "
Gli sorrisi sollevando la gamba che era accavallata: "I tuoi genitori ti stanno aspettando! !! Quella è tutta la tua roba , sei pregato di caricartela in macchina e di non farti più vedere. Ah! Quasi dimenticavo : tuo padre non ha nessuna intenzione di riceverti nel suo studio né domani né mai. Ho pensato di portati io da un amico di famiglia, vedi di essere puntuale!"
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