la vita normale

Nella foto: Elena

Cosa significa condurre una vita normale?
Vivere una infanzia felice, studiare e diventare grandi , lavorare e farsi una famiglia magari,
ma quanto mi sarebbe costato tutto questo ? quanto avrei dovuto soffrire prima? Ma soprattutto, io, ci sarei riuscita?

Si, ci stavo riuscendo:

"andró a lavorare tutti i giorni e la sera , a casa, troverò mio marito ad aspettarmi . Avrò anche dei figli, e vivrò per sempre felice e contenta con Federico"

Non avrei mai fatto quello che mia madre avrebbe voluto, anche perché avevo appena compiuto 23 anni, ma ormai c'era lui nella mia vita ed ero immensamente felice.
Pensavo a tutto questo mentre mi ammiravo allo specchio indossando il mio abito da sposa. Semplice, lineare ma bianco, con il velo e il bouquet di orchidee.
Per non "ammazzare " l'incontenibile entusiasmo di mia madre e di mia sorella, accettai di organizzare un matrimonio con tanto di invitati , bomboniere e ristorante.
Elena era elettrizzata mentre mi aspettava davanti al municipio, aveva accettato di farmi da testimone.
Quale grande prova di amicizia ha dovuto superare per continuare ad essere al mio fianco! I nostri sguardi fieri si incrociarono sotto al sole pallido in una domenica di novembre , i suoi capelli erano di nuovo lunghi e dorati come piaceva a me e indossava un completo verde pastello che le esaltava il colore degli occhi, con il cappello a larghe falde, sembrava una vera lady inglese. Ormai avevo capito: quella ragazza mi adorava, una vera amica! Sentimento reciproco ovviamente, da quella notte in discoteca dove ci parlammo, cominciai inspiegabilmente a mangiare un po' di più e riacquistai peso e forza fisica. Ero uscita da un tunnel di sofferenza inconscia: ero felice di stare con Federico ma allo stesso tempo soffrivo profondamente per aver perso la mia amica, ma ormai stava andando tutto bene, i conflitti, le lacrime e le menzogne erano finiti, ci eravamo lasciati tutto alle spalle e avevamo ricominciato.

Saremmo andati a vivere in una grande villa nella collina torinese, fu il motivo per cui decidemmo di non partire per il viaggio di nozze, al fine così di fare acquisti per finire di arredarla e spendere i soldi ricevuti in regalo.
In giro per negozi, nell'atmosfera natalizia,
ci perdemmo in spese folli: lampade, tv, stereo, accessori per la cucina, compreso un bellissimo set di coltelli affilatissimi.

"Sono spaventosi, che ci devi fare con quelli???"

Avevo ogni intenzione di imparare a cucinare bene non che non ne fossi capace, ero abituata a farlo già per i miei genitori e i miei fratelli, ma sognavo di preparare menù raffinati per mio marito e per quando sarebbero venuti a trovarci gli amici, sognavo una vita piena di gioia e di cose da fare insieme.
Mi perdevo guardando il mio Federico  negli occhi, era sempre sorridente:sembrava davvero felice.

Tra luci colorate, abeti addobbati e le espressioni liete delle persone che incontravamo, si respirava la magia dall'imminente arrivo del santo Natale.
Furono giorni intensi e spensierati, Federico era un ragazzo solare, cantavamo in macchina, tutte le sere eravamo a cena fuori e facevamo sempre l'amore.
Anche se non partimmo fu una luna di miele a tutti gli effetti.

Ma  perché proprio mentre  vivevo quel  momento intensamente felice  tornó quella lontana e familiare sensazione di malattia? Mi sembrava di avere un po' di febbre, forse avevo preso freddo andando in giro, ma stanchezza,  crampi e mal di pancia si erano fatti sempre più insopportabili. Presi  un appuntamento dal mio ginecologo.

Eravamo entrambi tornati a lavorare quel lunedì, io avevo appuntamento col medico nell'ora della pausa, ove mi recai con quella strana sensazione che non avrei avuto buone notizie.
Le visite ginecologiche non sono mai una bella situazione, a cominciare dall'odore di disinfettante nell'aria, e la posizione imbarazzante , fortuna volle che trovai un bravo medico sensibile, competente e rassicurante.
Nonostante tutto, non uscii dal suo studio con quello che si poteva chiamare un animo rassicurato. Stavo vivendo la mia prima esperienza destabilizzante e dolorosa che una donna non vorrebbe mai conoscere. Ero incinta ma il bambino era già morto. Non attribuii ad una probabile gravidanza quello strano ritardo mestruale del mese precedente dal momento che, quando sono sotto stress, è la prima cosa che si verifica. Del resto stavo preparando il matrimonio .
Prima di tornare a casa dopo la visita, decisi di fare una passeggiata a piedi passando dal centro. Non mi ero accorta fino a quando non mi vidi riflessa in una vetrina che camminavo guardandomi i piedi con la testa bassa. Lo sapevo che è molto facile abortire spontaneamente , era successo già a tante altre donne che conoscevo, ma viverlo in prima persona è diverso. Non cercavamo nemmeno quel bambino, eppure mi sentivo morta dentro, svuotata, triste , delusa! Quella sera , per strada, non mi lasciai condizionare dalle luci, dalle persone a spasso per negozi e l'atmosfera natalizia. D'un tratto tutto aveva perso significato , solo una settimana prima ero seduta con Federico al Café in via Roma davanti al quale stavo proprio passando in quel frangente ed eravamo felici.
La mattina dopo
dovevo andare in ospedale per l'intervento di revisione, dovevo pensare bene alle parole da usare per dirlo a Federico anche se avrei voluto abbandonarmi tra le sue braccia e sfogarmi in un pianto liberatorio, ma dovevo valutare che magari a lui sarebbe andata bene così, non ne avevamo parlato prima, magari un bambino non lo voleva ancora e dovevo mostrarmi coraggiosa.

"lei è incinta ma....
non rilevo alcun battito cardiaco"

Ma perché quell'esserino mai richiesto, cercato, mai nato e conosciuto mi mancava già così tanto? Quel mezzo secondo intercorso tra le parole pronunciate dal medico

in cui mi sentii dire di essere incinta, quel mezzo secondo prima che dicesse che non c'era attività cardiaca, io mi ero sentita così immensamente felice, pervasa da un esplosione di gioia?
Tornata finalmente a casa Federico mi venne incontro frettolosamente con il borsone sportivo sulla spalla mi diede un bacio sulla guancia e scappò via:

" scusa amore , non ti avevo detto che stasera ci sono gli allenamenti, ci vediamo più tardi ciauu!"

...e se ne andò così, senza nemmeno chiedermi come stavo! All'epoca allenava una squadra di calcio di pulcini , sapevo che amava i suoi bambini e non voleva farli aspettare!
Per un secondo pensai a mia madre, a quando si faceva trovare sorridente con la cena pronta con mio padre che guardava la tv e prendavamo sempre insieme il caffè.
Quella sera aveva cominciato a nevicare, osservai dalla finestra le colline imbiancarsi, era tutto cosi pacifico e silenzioso. Faceva freddo anche in casa, accesi una candela profumata che comprammo insieme alcuni giorni prima e la fissai a lungo, pensavo a quella piccola vita dentro di me che aveva già cessato di esistere, andai a letto presto senza cenare e piansi tanto. Quando mi svegliai il mattino dopo, Federico era già andato via . Non lo avevo sentito rientrare la sera prima e nemmeno quando si alzó per andare a lavorare. Molto gentilmente aveva pensato di fare piano per non svegliarmi:
Decisi di non chiamarlo in ufficio per raccontargli tutto al telefono e mi recai cosí da sola in ospedale per abortire.

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