IMPAURITA ma FELICE

Sono letteralmente tapezzate  di fotografie di neonati le pareti del piccolo ospedale dove mi sono recata stanotte in preda ad una spaventosa emorragia.

Il medico  visibilmente assonnato, dalla rada capigliatura brizzolata e il fisico  rubato al Dio Ares, con un'espressione seria e un po' dispiaciuta mi descrive quello che vede dall'ecografia:

"...ci sono una bella e una brutta notizia signora:
La prima è che lei è incinta, il cuoricino batte forte, l'embrione è di dodici settimane,  la brutta notizia,  invece, è che ha avuto un serio distacco di placenta e l'utero sta continuando a contrarsi, ha il cinquanta per cento di probabilità di riuscire a portare a termine la gravidanza..."

Se è per questo non sapevo nemmeno di essere incinta, ora capisco le nausee e le mestruazioni improvvisamente irregolari...

Sono le due del mattino e solo ora ho trovato il coraggio di chiamare Osvaldo per chiedergli di raggiungermi fino a questo ospedale che non so nemmeno con  quanta fortuna ho trovato guidando con forti dolori e l'emorragia. Non sapevo proprio come giustificare la mia presenza in piena notte, da sola, in queste  strade annebbiate tra le risaie. Ho aspettato almeno di avere una notizia concreta prima di dirgli:

"Amore, non spaventarti, va tutto bene, ti racconterò cos'è successo quando sarai qui,  guida piano, ti prego..."

Quando entra nella piccola  stanza dell'ospedale dove sono ricoverata insieme ad altre due mamme, Osvaldo  mi viene  in contro apprensivo, ho la flebo attaccata al braccio ma non si arrabbia e nemmeno si stupisce quando gli racconto che in un impeto di rabbia mi sono accesa le mie sigarette e, con i Led Zeppelin a tutto volume,  ho spinto la mia auto al massimo in autostrada. Lo sa che sono fatta così,   le sue parole pronunciate a bassissima voce per non disturbare le puerpere che riposano,  sono state disarmanti:

"Quando ti ho chiesto di sposarmi sapevo che avrei potuto trovarmi di fronte a situazioni simili, siamo stati amici per un po' di tempo, so di cosa sei capace e so anche che ti amo proprio  perché sei una donna incasinata..."

Sono stanchissima, affondo il capo nel cuscino, mi gira la testa, ho bisogno di dormire, ma non riesco a trattenere un sorriso, mi volto lentamente verso di  lui, intravedo appena i contorni della sua figura sotto alla luce notturna ma distinguo il luccichio   dei suoi occhi  che mi fissano felici e con un filo di voce gli sussurro:

"Hai ragione, ho trovato un bel modo romantico e incasinato per dirti che avremo un bambino: facendoti morire di paura chiamandoti nel cuore della notte, ti ho  chiesto  di raggiungermi in ospedale,  hai dovuto  guidare per novanta  chilometri... e come se non bastasse, non sappiamo neanche se questo bambino nascerà..."

Sono trascorsi dodici giorni, osservo  l'alternarsi dei campi coltivati alle rade boscaglie tipiche della pianura padana susseguirsi durante il tragitto in autostrada mentre ritorno a casa. Mi piace guidare: i pensieri scorrono e la musica riesce a entrarmi nell'anima. Questa mattina, quando il Dio Ares mi ha firmato il foglio delle dimissioni dall'ospedale, mi sono sentita felice per la prima volta dopo tanto tempo:

"Molto bene signora Paola: Il bambino sta bene, l'allarme è rientrato. Per quanto mi riguarda, lei può tornare a casa ma mi raccomando, niente corse in auto e sigarette, dovrà astenersi da qualsiasi forma di lavoro, niente stress! Deve pensare alla salute del suo bambino adesso, metta da parte i problemi di amici e parenti e cerchi di portare avanti questa gravidanza, può farcela!"

Non so se è stato per l'attrazione fisica che provo per il medico, ma in questi giorni di ricovero è diventato il mio confidente, più che altro, incuriosito dalla mia situazione, ho dovuto raccontargli un po' della mia storia. Non ho problemi a raccontare quello che ho vissuto nella vita, il mio primo matrimonio, ad esempio, ha riscosso molto interesse  tra le donne vicine di letto, in dodici giorni ho avuto modo di parlare con loro, sono stata espansiva e finalmente ho superato quella barriera invisibile che mi allontanava perché loro erano riuscite a diventare madri e io invece no. La vaga speranza di avere finalmente un bambino mi ha regalato un nuovo coraggio, riesco ad avere pensieri più sereni, ho l'irrazionale consapevolezza che tutto andrà bene, è senz'altro una forma di euforia perché sono riuscita a superare i primi tre mesi più difficili della gravidanza, ma per il momento voglio godermela, farò la brava mammina, non berrò più vino, niente più rock a tutto volume in auto e mangerò solo cose sane, sempre ammesso che riesca un giorno  a mangiare con appetito.
Il rientro a casa è stato, come temevo, tristissimo :  Michele sta molto male, si lamenta e Rosa ha gli occhi cerchiati:
''Ciao tesoro. ..''
Parla a voce bassa:
''Non immagini quanto sia felice che tu sei incinta! ''

Mi abbraccia forte e in questo momento sento di doverle tutto l'affetto e la tenerezza che non ho mai provato per mia madre, so che lei mi capisce e che è pronta ad aiutarmi qualsiasi cosa accada. Restiamo per un lungo attimo abbracciate e non riesco a trattenere tutte le lacrime che non sono riuscita a piangere negli ultimi mesi. È il suo affetto che mi apre il cuore, questa donna che coraggiosamente si prende cura del marito morente, riesce anche a preoccuparsi di me, mi commuove e sento crescere grande il valore della mia famiglia che con tanta fatica, forse, riuscirò ad avere.

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