capitolo quattro
RAFAEL
"Sono un uomo libero!" esclamò, entrando all'interno del locale di Alain con le mani alzate e attirando così l'attenzione dei due uomini al bancone: suo padre si voltò, salutandolo con un sorriso mentre Alain scosse il capo, poggiandosi con gli avambracci al balcone.
"Merda! Sarah, ti ha già mollato" dichiarò quest'ultimo, scuotendo la testa e lasciando andare un lungo sospiro.
"Ho finito gli esami, deficiente" borbottò Rafael, avvicinandosi e lasciando cadere lo zaino per terra: "Sarah non mi lascerebbe mai."
"Ah, dalle tempo" dichiarò Alain, ghignando e colpendolo alla spalla con un pugno leggero.
"Lo dicevo anche io di Monique, e quella pazza ti ha sposato."
"Sarah è la tua fidanzatina?"
"Puoi smetterla di chiamarla così?" da quando gli aveva detto di Sarah, suo padre continuava a chiamarla in quel modo, sembrava quasi che lo trovasse divertente: ovviamente, anche sua madre aveva subito optato quel nomignolo, durante la chiamata che avevano avuto dove era stata informata del tutto.
"La tua fidanzatina..." lo canzonò Alain, mettendo un boccale di birra davanti a Emile e strascicando per una seconda volta le tre parole.
"Non è un po' presto per quella?" bofonchiò Rafael, guardando suo padre tracannare buona parte della bevanda, mentre scuoteva la testa.
"Si tratta solo di una birra, figliolo" dichiarò Emile, posando il boccale e sorridendogli: "Sai che c'è una popolazione in Messico che ha, come forma di socializzazione, bere una bevanda alcolica ottenuta dalla fermentazione del mais. Si tratta di un rituale sacro, che permette di bere assieme e condividere storie e informazioni" si fermò, alzando appena il bicchiere e portandolo di nuovo alle labbra: "E comunque è primo pomeriggio, direi che mi è concesso bere una birra."
"Ogni volta che vedo tuo padre, capisco da chi hai preso la tua pessima tendenza a rispondere sempre..." gli domandò Alain, mentre il cellulare trillò per una notifica: "Perché sei qui? Oggi non lavori."
"Fifì mi ha detto che mi avrebbe recuperato qui" gli rispose Rafael, recuperando il cellulare e sorridendo alla notifica che gli era arrivata: aprì subito instagram, trovando una foto di Sarah e Suzette che sorridevano alla camera, mentre brindavano con due di quei cosi disgustosi pieni di palline viscide.
Come facesse Sarah a continuare a bere quei bubble tea, rimaneva un mistero per lui.
"No, dimmelo prima che quella stronza bastarda di mia cognata viene..." Rafael ignorò le parole di Alain, digitando un commento veloce dove dichiarava tutto il disgusto per quelle bevande.
"Mi hai chiamato, pezzo di sterco sul mio tacco?" la voce di Fifì echeggiò nell'ingresso vuoto de La Cigale, mentre entrava e si toglieva i grossi occhiali da sole, avvicinandosi mentre il rumore dei tacchi rimbombava fra le pareti: "Emile! Ma che bello rivederti!" cinguettò, avvicinandosi a suo padre e baciandolo su entrambe le guance, prima di voltarsi verso di lui e cambiare completamente espressione: "Coso. Che cazzo stavi guardando con quell'espressione da pesce morto?"
"Sarah ha messo una foto su Instagram" dichiarò Rafael, mostrando la foto a Fifì e vedendola storcere le labbra in una smorfia.
"Penso di essere ingrassata solo vedendo quell'affare" bofonchiò Fìfì, indicando il telefono di Rafael con gli occhiali: "Ma come fa a mantenersi così quella ragazza?"
"Va a correre tutte le mattine" spiegò velocemente lui, guardando di nuovo lo schermo: poteva salvare la foto? O forse era meglio se chiedeva a Sarah di mandargli l'originale?
"Qual è delle due?" chiese suo padre, allungandosi verso lo schermo mentre lui ancora non risolveva il dubbio esistenziale che aveva: Sarah gli avrebbe fatto dannare quella foto, poco ma sicuro.
Forse era meglio salvarla.
"La biondina" sentì rispondere da Alain, accompagnando le parole con una risata grassa: "Carina, vero? Cosa più importante, se lo rigira come gli pare."
"Non è vero" borbottò Rafael, infilando il cellulare nello zaino e sistemandoselo quest'ultimo sulla spalla.
"Oh sì, che è vero" dichiarò Fifì, facendogli scuotere la testa mentre la donna tamburellava un piede per terra: "Senti, ho l'altro deficiente di Damien in macchina che aspetta, muovi il culo che mammina vuole gli stivali nuovi" gli dichiarò, indicando l'uscita del locale: "Emile, ci vediamo" cinguettò Fifì, muovendo le labbra e mimando un bacio nell'aria, voltandosi poi verso Alain: "Tu vedi di morire il prima possibile."
"Ti voglio bene anche io, stronza psicopatica" dichiarò Alain, salutandoli con un gesto della mano, mentre Rafael seguiva all'esterno la donna: Fifì, fregandosene altamente di tutto, aveva parcheggiato in doppia fila e poteva vedere tranquillamente l'altro modello, in attesa sul sedile posteriore.
Damien qualcosa.
Si ricordava il nome, solo perchè Fifì l'aveva detto poco prima.
Rompiscatole e stronzo all'ennesima potenza.
Lo salutò con un gesto del capo, mentre si sistemava sul sedile del passeggero, recuperando poi il telefono e notando la notifica di Instagram: Sarah aveva risposto al suo commento con un emoji.
Lasciò il cellulare in grembo, voltandosi verso il finestrino e osservando Parigi scivolare al di fuori di esso: come al solito sembra che a Fifì non importasse di limiti di velocità e precedenze, facendo sgusciare la macchina da una strada all'altra, infamando a voce alta gli altri guidatori.
Una cosa a cui lui era abituato, notando l'Arco di Trionfo palesarsi davanti a loro e preparandosi all'exploit della donna: la grande rotatoria ai piedi del monumento metteva a dura prova i guidatori più pazienti, con Fifì praticamente era come gettare benzina su un fuoco che divampava alto.
Si rilassò sul sedile, ascoltando la sequela di improperi che uscirono dalle labbra della donna, annotandosi mentalmente quelli più variopinti, mentre superavano finalmente uno dei punti peggiori del traffico parigino.
Guardò di nuovo fuori, notando che la strada che la donna aveva preso e sospirando: Fifì avrebbe replicato la sua perfomance perché la strada che stavano percorrendo, portava esattamente sotto la Tour Eiffel.
Dette una veloce occhiata dietro di sé, notando Damien tranquillamente impegnato a guardare il proprio cellulare, come se quella fosse solo un viaggio di piacere e non fossero alla mercé di una pazza.
Arrivarono sotto la Tour Eiffel e Fifì dette fondo alla sua enciclopedia di insulti, urlando a voce alta all'interno dell'abitacolo e indicando una famiglia che aveva avuto l'ardire di attraversare la strada proprio mentre passava lei.
Alla fine riuscirono a superare, più o meno, indenni anche quel punto nevralgico di Parigi e l'auto di Fifì riprese la sua corsa, fino ad arrivare alla loro destinazione.
Quel giorno, il set fotografico era all'aperto e a ridosso della Senna: Rafael uscì dall'auto di Fifì, osservando le vetture posizionate sulla banchina lastricata, proprio davanti all'entrata di uno dei tanti parchi di Parigi.
Parc Citroën era sempre stato un posto dove andare a fare pic-nic, nella sua testa, di certo non uno sfondo adatto a un servizio fotografico per una pubblicità di auto sportive.
Mentre osservava le due vetture, quasi sospirando alla vista della carrozzeria nera e tirata a lucido di una, venne afferrato dall'assistente di Fifì e portato in uno dei camerini improvvisati.
Si cambiò velocemente, rabbrividendo all'aria di gennaio e si infilò un completo elegante color antracite, mentre veniva preparato per lo shooting fotografico, scattando qualche foto e girando alcuni video brevi che, nell'attesa di posare, caricò sul suo profilo instagram.
Fece qualche scatto anche con Damien, vedendolo sfoderare un sorriso timido piuttosto del broncio perenne che aveva e ne approfittò anche per filmarlo, mentre posava assieme a una delle modelle.
Inserì tutto sul suo account, sperando che il tutto si caricasse velocemente e indolore: alle volte, quella stupida app faceva come gli pareva, caricando i videoin ordine sparso.
Guardò il fotografo fare alcuni scatti a Damien con entrambe le modelle, una per braccio e strinse il cellulare in mano, azionando poi lo schermo e aprendo subito la lista dei contatti, selezionandone uno e portandosi l'apparecchio al volto, ascoltando gli squilli finché la chiamata non venne accettata.
"Com'era quella schifezza?" domandò subito, sorridendo mentre guardava il fotografo dirigere la composizione della nuova fotografia.
"Buona."
"C'è qualcosa che non va?" le chiese: non era da Sarah dire solo una parola quando si trattava di cioccolato e, in più, il suo tono di voce non era stato per niente sognante o sospirato, come invece succedeva quando le chiedeva di qualche dolce che aveva assaggiato.
Gli aveva risposto subito, con una parola e un tono di voce che quasi rasentava lo scocciato.
La sentì sospirare contro il microfono del telefono: "Nulla di che" mormorò, fermandosi un attimo prima di riprendere: "Stavo tornando a casa e ho provato ad avvicinarmi a una fermata e..." Sarah si bloccò nuovamente e un mugolò qualcosa, prima di lasciare andare un secondo sospiro: "Niente, davvero."
"Non direi niente, davvero" dichiarò Rafael, scimmiottando le ultime parole.
"So gestire questi attacchi, soprattutto quando sono così scema da scatenarli" Sarah si fermò e una risatina le gorgogliò nella voce: "Mi stavo distraendo con le tue stories."
Beh, lui era decisamente un'ottima cura.
"Vista la mia nuova macchina?" le domandò, posando l'attenzione sull'auto scura e tirata a lucido: "Se Fifì non mi fa fuori tutti i compensi in vestiti potrei seriamente comprarla."
"Quella nera?"
"Ovvio" spostò l'attenzione sull'altra auto, storcendo il naso alla colorazione blu elettrica. No, decisamente la nera aveva quel qualcosa in più e poi sarebbe stata bene con la sua moto: "Non è male nemmeno quella blu, ma quella nera ha il suo fascino."
Sarah ridacchiò, mentre il rumore di tacchi lo distrasse per un secondo dalla chiamata: "Ehi, Rafael?" lo richiamò la modella che si era avvicinata a lui e si era fermata, sistemandosi il microabito bianco che risaltava grazie alla pelle scura di lei.
"Devo andare. Ti chiamo dopo?" chiese a Sarah, aspettando la risposta affermativa che lei gli dette subito. La salutò e chiuse la chiamata, infilando il cellulare nella tasca dello zaino e sistemandosi la giacca del completo.
"Che ne dici? Dopo ci facciamo un giro?" gli domandò la modella, indicando la macchina e posandogli le mani sul petto, lisciando la stoffa della camicia bianca.
"Non sarebbe male" Rafael le sorrise, prendendole i polsi e abbassandole le mani: "Farci un giro con la mia ragazza."
"Ragazza?"
Rafael sorrise alla nota di confusione nella voce della modella, mentre si avviava verso le auto e ascoltava le direttive del fotografo, mettendosi in posa come questo chiedeva e guardando l'obiettivo.
Fece alcuni scatti da solo, poi il fotografo richiamò anche la modella che si avvicinò a lui, posandogli una mano sulla spalla e spingendo il seno nella sua direzione, mentre entrambi appoggiavano i fianchi alla vettura.
Seguirono altri scatti, dove cambiarono le pose per le fotografie e dopo l'ultima, fatta davanti al muso della vettura, il fotografo dichiarò conclusa la sua sessione: "Ottimo lavoro" dichiarò Fifì, mentre lui si avvicinava e prendeva volentieri la bottiglietta d'acqua che lei gli offriva: "Che voleva, Ruta?"
"Mi ha solo proposto una scopata" le rispose Rafael, scrollando le spalle e bevendo metà del contenuto, lasciando andare poi un sospiro soddisfatto.
"Non mi abituo a te che rifiuti di farti una" gli disse Fifì, tirando fuori una sigaretta e portandosela alle labbra e tenendola fra queste, mentre azionava l'accendino.
"Lontano da me" le dichiarò Rafael, puntandole il dito contro e vedendola fare un passo indietro.
"Quanto sei noioso, merdina" bofonchiò Fifì, soffiando fuori dalla bocca una voluta di fumo: "Vai a cambiarti."
Rafael annuì, ritornando nel camerino improvvisato e infilandosi di nuovo i suoi abiti, passandosi poi una salvietta sul viso e provando a sistemarsi i capelli.
Si guardò allo specchio, annuendo al risultato ottenuto e recuperò il giaccone e lo zaino, prendendo il cellulare, digitando velocemente un messaggio a Sarah.
Tutto ok?
Sì. Sto bene. Sono a casa, sto scegliendo cosa vedere su Netflix e Noir ha deciso di fare il pane sulla mia pancia
Alex?
A cercare casa.
Tamburellò le dita sul bordo del cellulare, uscendo fuori e trovando Fifì non molto lontano: gli attrezzisti avevano cominciato a smontare il set e qualcuno stava facendo ruggire le due automobili.
Rafael rimase in ascolto delle fusa di quei motori, appuntandosi mentalmente di comprarne una appena possibile: no, non una. La nera senza dubbio.
"Ehi? Fra quanto finiamo?" domandò, avvicinandosi a Fifì e vedendola alzare un dito, mentre finiva di digitare qualcosa sul suo telefono.
"Il tempo che il cazzone si cambi" gli disse, non appena ebbe finito e guardandolo in volto: "Perché?"
"Puoi lasciarmi in boulevard Saint-Michel? Vicino al ponte sarebbe perfetto."
"Va bene" commentò Fifì, mentre Damien li affiancava: "Perché?"
"Perché Sarah vive da queste parti."
"Oh, che carino" Fifì si portò le mani al cuore, sorridendogli e poi voltandosi verso Damien: "Impara, sterco di vacca, è così che ci si comporta con una donna."
"Finché mi chiami sterco di vacca, per me vali meno di zero" gli dichiarò il ragazzo, facendo sospirare Rafael: quel tipo aveva tanto da imparare, soprattutto a livello di sopravvivenza.
Non sarebbe rimasto in vita a lungo se continuava a rispondere in questo modo a Fifì.
"Giuro, sul curriculum aggiungo ottime capacità di gestire modelli problematici" borbottò Fifì, scuotendo il capo e indicando la sua macchina: "Merdina, domani in agenzia per l'assegno dello scorso lavoro, non provare nemmeno a dirmi di buttarlo sul tuo conto."
Perchè continuava a pagarla se non faceva nemmeno quello?
Rafael sbuffò, infilandosi di nuovo nel sedile del passeggero e provando di nuovo quella sensazione di vita appesa a un filo, mentre Fifì mangiava le strade di Parigi.
Un percorso che, di solito, avrebbe richiesto una buona mezz'ora con Fifì veniva fatto in dieci minuti scarsi. Quando la donna si accostò al marciapiede, a pochi passi dalla strada di Sarah, Rafael era certo che avessero ricevuto parecchie maledizioni dagli altri guidatori di Parigi.
Di sicuro fino alla quarta generazione dopo di loro.
"Ci vediamo" sospirò, uscendo dall'auto e vedendola subito sparire nel traffico: se Damien sarebbe tornato a casa intero, non gli era dato sapere.
Si avventurò per la piccola rue, assaporando l'aria carica di odori speziati e ascoltando le chiacchiere distratte attorno a loro, intervallate dalle urla che provenivano da coloro che si procacciavano i clienti.
Si fermò davanti il grosso portone di legno e premette il campanello della casa di Sarah, rimanendo fermo finché la voce gracchiante del citofono gli chiese chi era: "Io" rispose serafico, sentendo l'apertura scattare e permettergli così di entrare.
Forse Sarah non l'aveva riconosciuto, il microfono di quell'affare gli sembrava veramente mal ridotto e gli andava bene così. Salì velocemente le scale, fermandosi davanti l'appartamento di lei e bussando, sentendola muoversi all'interno e poi la porta aprirsi davanti a lui.
"Alex, ti ho già detto che..." sorrise, osservando Sarah bloccarsi e lo sguardo nocciola allargarsi appena.
"Ehi" le mormorò, allungando una mano e sfiorandole il contorno della guancia, vedendola riscuotersi dal suo torpore.
"Ciao" Sarah scosse il capo, facendo ondeggiare la treccia in cui aveva raccolto i capelli e inclinò il capo, mentre lo scollo della maglia oversize scivolò lungo la spalla, subito rimesso a posto dalla ragazza: "Che..."
"Carine quelle" decretò Rafael, dopo aver fatto scivolare lo sguardo su di lei e aver indugiato sugli shorts che lasciavano completamente libere le gambe e sulle ciabatte che aveva ai piedi.
"Nessuna offesa alle mie corgi-ciabatte o ti lascio fuori" decretò Sarah, facendosi da parte e permettendogli di entrare: "Perché?" gli chiese, mentre lui lasciava scivolare lo zaino accanto al bestione e si toglieva il giaccone.
Perché era lì? Perché era andato da lei? Era facile intuire cosa voleva sapere.
"Non mi era piaciuta la tua voce al telefono" dichiarò, avvicinandosi a lei e posandole le mani sui fianchi, vedendo le labbra di Sarah piegarsi un sorriso.
"Sto bene, te l'ho detto."
"Avevo voglia di vedere qualcosa, non volevo stare a casa da solo, mi sei mancata tutto il giorno..." snocciolò una serie di risposte valide, tutte che effettivamente rappresentavano una motivazione per cui si trovava lì: "Scegli pure quella che preferisci."
La fissò, osservandola alzarsi sulle punte dei piedi e sfiorargli le labbra con le proprie, mentre sentiva le sue mani gli carezzavano la nuca, mentre lui si chinava appena per renderle più facile il tutto: "L'ultima, decisamente" mormorò Sarah, contro la sua bocca: "Mi sei mancato anche tu."
Rafael sorrise, mordicchiandole il labbro inferiore e facendola indietreggiare, finché non arrivarono sul divano: si sedette, lasciando che Sarah gli salisse in grembo e continuasse a baciarlo, mentre gli carezzava le spalle e il petto.
Rafael le posò una mano sulla nuca, approfondendo maggiormente il bacio e spostandosi in modo da sdraiarsi sul divano con Sarah sopra di lui, lasciando vagare le mani lungo la schiena della ragazza e sentendola strusciarsi contro di lui.
Inspirò profondamente, sentendo la parte migliore del suo corpo, oltre al viso, risvegliarsi alle carezze di Sarah: "Che cosa volevi guardare?" le chiese, osservandola a cavalcioni sulla sua pancia e massaggiandole la coscia nuda.
Sarah lo fissò dall'alto. inclinando la testa e piegando le labbra in una smorfia, scuotendo poi la testa: "Stavo ancora decidendo con Noir: eravamo indecisi fra il capitolo due di IT e un film con Gerard Butler" si sdraiò completamente su di lui e giocherellando con la sua mano: perché nessuno gli aveva mai detto che le coccole creavano così tanta dipendenza?
"Il film con Gerard Butler" le rispose, prendendole la mano e strofinandosela contro le labbra, prima di baciarne l'interno.
Sarah si allungò su di lui, avvicinando il volto al suo e baciandolo leggera: "è una commedia romantica" gli bisbigliò contro la bocca, tirandosi poi su e guardandolo, mentre lui le posava le mani sui fianchi.
"Allora il capitolo due di IT."
"Vale la prima risposta" decretò Sarah, prendendogli il naso fra l'indice e il pollice, ridacchiando: "Penso ti piacerà. Il protagonista di assomiglia, Trombator."
Si mosse appena lei cominciò a pronunciare le prime sillabe di quello stupido soprannome, si tirò su, tenendola stretta a sé e affondò denti nella pelle morbida del collo di Sarah: "Ahi" squittì lei, saltando via da lui e guardandolo, con una mano sulla parte lesa.
Rafael si issò, usando i gomiti per sorreggere il suo peso e la fissò in volto: "Chiamami di nuovo in quel modo e te ne do un altro" decretò, battendo i denti fra loro per accentuare la sua minaccia.
"Mi stai sfidando?" gli domandò Sarah, piegando le labbra in un sorriso.
"Oh sì" decretò, annuendo con la testa e guardandola con la stessa espressione di sfida che aveva lei: non fuggiva davanti una sfida e, ormai, lo sapevano bene entrambi.
a/n: bene, bene. Eccoci di nuovo qua con un nuovo capitolo e il ritorno della nostra amata Fifì. Ammettetelo, tutti voi che leggete siete qui solo per lei...
In questo capitolo fa anche la comparsa un altro modello che avremo, ahimé!, il piacere di conoscere poco per il momento...Diciamo che per il momento fa solo una comparsata, giusto per dare un po' di stress a Fifì.
Detto ciò, come sempre vi ringrazio tantissimo per tutto il supporto che mi date: siano letture silenziose, stelline o commenti, tutto quanto serve a questa piccola per crescere. Certo, se mi lasciate un commentino mi fate piacere, anche perché così so cosa pensate della storia.
Mi scuso per gli eventuali errori lasciati qua e là.
Infine vi do appuntamento alla prossima settimana per un nuovo capitolo!
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