capitolo due
RAFAEL
"Voglio morire!"
Rafael ridacchiò, poggiandosi contro il muro e sentendo il sospiro che accompagnò quelle due semplici parole; infilò la mano nella tasca della felpa, sentendo le monete del resto della colazione di quella mattina e giocherellando con una di esse, mentre guardava il cielo nuvoloso al di là della finestra: quel giorno sembrava che il cielo minacciasse Parigi con le sue pesanti coltri, ma senza mettere in atto la minaccia.
"Sei messa male anche tu?" le domandò, ricordando i piagnistei con cui Blanche gli aveva perforato un timpano quella mattina: "Ma non eri in pari?" aggiunse, ricordando che molto spesso Sarah si era rinchiusa in qualche biblioteca a studiare prima della sua partenza.
"In che senso anche tu?"
"Blanche" sbuffò Rafael, sentendo una risatina e vedendo una ragazza avvicinarsi a lui: le fece un gesto con la mano, scostandosi dal muro e camminando lungo il corridoio della Sorbona.
Quel giorno Daniel l'aveva tirato giù dal letto con la proposta di studiare assieme e la colazione e il pranzo pagati: si erano infilati dentro la Sorbona, uscendo solo per l'approvvigionamento del cibo.
Il problema erano le altre persone: a quanto pareva la popolazione femminile della Sorbona odiava vederlo studiare in santa pace o parlare con tranquillità al telefono con la sua ragazza.
"Ah già. Mi ha chiamato disperata perché non la ascoltavi" mormorò Sarah, lasciando andare poi uno sbuffo: "Mi sono dimenticata tutto."
"Succede" decretò Rafael, fermandosi nei pressi di una nuova finestra e affacciandosi, notando il piazzale davanti al Pantheon completamente vuoto: "Io sto vedendo Daniel impazzire con le leggi, che sa a memoria dato che sono state le sue ninna nanne per tanto tempo..."
"Davvero?"
"I suoi sono avvocati, quindi lo crescevano a codice penale e pappe" mormorò Rafael, dando le spalle al mondo esterno e sorridendo: "Un po' come io sono stato cresciuto a fatti storici e pane."
Perché raccontare una fiaba a un bambino, quando si poteva ottenere lo stesso effetto con le storie del popolo dei Parisi o delle varie personalità che avevano affrescato la storia francese?
Se aveva sempre avuto voti alti in storia, doveva ammetterlo, era stato dovuto alle favole della buonanotte di Emile Fabre.
"Quindi se per esempio io cominciassi a parlarti di Glanum..."
"Mi hai chiamato per ripassare?" le chiese Rafael, ridacchiando e immaginando tranquillamente il volto di Sarah: sicuramente aveva piegato le labbra in una smorfia e, se fosse stata lì con lui, l'avrebbe guardato con gli occhi leggermente socchiusi.
"Sì" Sarah mugugnò quell'unica parola, lasciando poi andare un sospiro: "Non riesco a ricordarmi nulla: tutto quello che sapevo è scomparso in un puf!"
"Se non ricordo male, è un meccanismo della mente" Rafael si grattò la guancia, piegando il capo all'indietro e socchiudendo gli occhi: "L'avevo sentito da qualche parte."
Forse aveva letto un articolo su quella cosa o magari l'aveva sentito in qualche video di Youtube: aveva anche un nome quella particolare dinamica, peccato che gli sfuggisse in quel momento.
"La mia mente funziona malissimo" mugolò Sarah, facendolo sorridere mentre spostava il cellulare da un orecchio all'altro.
"Su quello sono d'accordo."
"Trombator..."
"Niente calci, grazie" si fermò, piegando le labbra in un sorriso e guardando la finestra davanti a sé, al di là della quale svettava la cupola del Pantheon: "Fifì era contenta di non vedermi più lividi addosso, è stato difficile spiegarle che sei un amante del sadomaso, soprattutto con quell'aspetto che ti ritrovi."
Rimase in silenzio, sentendo il respiro di Sarah dall'altra parte del telefono: "Io ti uccido" sibilò la ragazza alla fine, facendolo sorridere di fronte a quell'ennesima minaccia.
"Sai che sono abituato alle minacce di morte" le disse, scrollando le spalle come se lei fosse lì: "Sono il buongiorno di Fifì."
"Ti lascio e mi metto con Julien" decretò Sarah, dopo un momento di silenzio.
Certo, come se avesse veramente il coraggio di farlo: era pazza di lui e lo sapeva bene. Una minaccia come quella gli scivolava addosso esattamente come quelle di morte.
"Auguri con la sua fidanzata pazza, allora" dichiarò, storcendo la bocca in un ghigno divertito: la sua piccola meraviglia non aveva ancora capito con chi aveva a che fare.
"Smetti di avere la risposta pronta!" squittì Sarah, facendolo ridacchiare.
"Non vincerai mai contro di me, culetto."
"Si tratta di una sfida?" gli chiese Sarah, cambiando tono della voce e sembrandogli molto più interessata: oh no, non avrebbero ripreso quel gioco. Non aveva la forza mentale per affrontare altre sfide con Sarah.
"No" sospirò, stirando un po' la schiena e voltandosi di nuovo verso il mondo esterno, osservando i muri color ocra del Pantheon: "Basta sfide. Passata l'ansia da prestazione?"
Sarah sbuffò, mentre lui poggiava le braccia sul davanzale: "No, mi hai solo fatto arrabbiare e ho dimenticato anche quel poco che ricordavo. Grazie, Trombator. Giuro che mi vendicherò."
"Oggi non vai dalla psicologa? Perché non chiedi a lei? Magari conosce qualche trucchetto."
"Posso chiederglielo" Sarah sospirò di nuovo: "Odio gli esami" pigolò poi, facendolo sorridere e montare dentro di lui la voglia di andare da lei e abbracciarla, carezzarle la testa e riempirla di baci.
"Li odiamo tutti, meraviglia" le bisbigliò, sentendo un mugugno in risposta: "Ci sentiamo stasera?"
"Va bene" decretò Sarah, sbuffando: "Se senti rumori molesti è perché ho legato e imbavagliato Alex."
Rafael sorrise, immaginando tranquillamente una scena del genere: Sarah ne sarebbe anche stata capace se la presenza di Alex fosse stata fin troppo disturbante per i suoi gusti. La fortuna del ragazzo era che lavorava gran parte del giorno e dormiva dalle padrone di casa, altrimenti era certo che avrebbe dovuto trovare un metodo per nascondere il suo cadavere.
Forse.
In fondo, Alex conosceva Sarah da quando erano piccoli ed era ancora vivo...
"Fai la brava." decretò Rafael, scostandosi dalla finestra e avviandosi lungo il corridoio, ritornando verso la sala dove stava studiando con Daniel.
"La faccio sempre."
"Su questo ho dei dubbi, meraviglia" dichiarò Rafael, salutandola e poi chiudendo la comunicazione: rimase a fissare lo schermo nero del suo cellulare, appuntandosi mentalmente di studiare con Sarah, magari avrebbe veramente potuto aiutarla a ripassare.
Guardò poi la pesante porta di legno e lasciò andare un sospiro: i suoi appunti di economia lo stavano aspettando e uno degli esami più difficili che doveva affrontare per quella sessione si stava avvicinando inesorabile.
Lasciò andare un sospiro ed entrò nella sala, puntando subito lo sguardo sul completo dorato che Daniel indossava quel giorno: come sempre era impossibile non vederlo.
Si avvicinò al tavolo, sentendo due ragazze parlottare fra di loro e sorridergli, quando si voltò nella loro direzione, prima di sedersi davanti a Daniel: "Allora?" gli domandò l'amico, senza alzare lo sguardo dal pesante tomo che aveva davanti a sé: "Come ci si sente ad avere una ragazza? Sopratutto nello stesso stato e continente."
"Come prima che andasse a trovare sua madre per Natale?" gli rispose Rafael, sistemando il tablet e ricercando i grafici che aveva copiato dalle slide che il professore aveva fornito loro.
"Serio? Mi rispondi così?"
Rafael alzò lo sguardo su di lui, scrollando le spalle: "A parte che non sono cazzi tuoi, ma non è che sia cambiato poi tanto" si fermò, selezionando un file e scorrendo fra le pagine, fino a trovare il grafico che gli interessava: "Oltretutto con questi cazzo di esami ci sentiamo solo per telefono, l'avrò vista due volte da quando è tornata e una è quando sono andato a prenderla all'aeroporto."
Entrambi avevano il loro lavoro e con le vacanze natalizie ancora in corso, Sarah lavorava molto di più durante il giorno. Lui inoltre aveva il suo lavoro al locale, quindi si erano visti veramente pochissimo, se poi si aggiungeva il fatto che entrambi si erano rinchiusi sui libri per via degli esami imminenti.
Quando si sentivano, però, era come sempre: battute e prese in giro da entrambe le parti.
Principalmente da parte sua, Sarah non era molto brava in quel gioco.
Forse era così un rapporto di coppia, non ne aveva la più pallida idea e il fatto che Sarah non si lamentasse gli faceva pensare di star facendo giusto.
Picchiettò la penna sul quaderno, avvertendo qualcuno ridacchiare dietro di lui e vedendo Daniel alzare lo sguardo e poi scuotere la testa: "Senti, possiamo fare qualcosa per quelle? Mi disturbano con i loro sospiri."
"Ignorale" bofonchiò Rafael, girandosi appena verso le due ragazze, sedute non molto distanti da loro e vedendole ridacchiare, salutandolo poi con un cenno della mano.
Sbuffò, tirandosi indietro i ciuffi che gli cadevano sulla fronte e riprese a leggere gli appunti che aveva preso durante le lezioni, intervallando la lettura con la visioni di grafici e schemi dal suo tablet.
Si immerse totalmente nell'econometria ignorando qualsiasi altra cosa al di fuori delle formule che doveva usare, facendo un esercizio dopo l'altro di quelli che riportava il suo libro.
Era immerso nel calcolo della regressione di un dataset di produttori di vino quando Daniel batté sul tavolo, trascinandolo via dai numeri e dai calcoli: Rafael alzò la testa, osservando l'altro ragazzo e vedendolo mentre gli mostrava l'orologio, prima di cominciare a sistemare tutta la roba che aveva sparpagliato sul tavolo.
Rafael sbuffò, tornando ai calcoli e finendo velocemente l'esercizio, imitando poi Daniel e infilando tutto nello zaino. Prese il cellulare, alzandosi e rimanendo con il pollice sospeso sopra il contatto di Sarah...
L'avrebbe disturbata se l'avesse chiamata in quel momento?
Scosse il capo, infilando il telefono nello zaino e appuntandosi mentalmente di chiamarla più tardi: magari in quel momento stava ancora studiando e l'avrebbe mangiato vivo se l'avesse interrotta o forse si sarebbe di nuovo disperata per aver dimenticato ogni concetto.
Daniel lo salutò con un cenno della mano e se ne andò velocemente, mentre lui recuperava il casco e ignorò le risatine che accompagnavano ogni suo movimento: quelle due erano veramente un palo infilato...
Sbuffò, senza guardarle e s'infilò il giaccone, abbandonando la sala e uscì velocemente dalla biblioteca della Sorbona, raggiungendo la moto che aveva parcheggiato lì vicino.
S'infilò il casco e salì in sella, azionando il motore e poi immettendosi nel traffico.
Scivolò fra le auto e i mezzi pubblici, attraversando velocemente Parigi da una parte all'altra e arrivando in poco tempo nel suo quartiere, risalendo la butte di Montmartre fino alla sua strada.
Si fermò davanti al suo cancello, notando l'uomo fermo che lo fissava con un sorriso in volto e le braccia completamente spalancate: "Figliolo, sono a casa!" esordì Emile Fabre, mentre Rafael parcheggiava e scendeva dalla moto, togliendosi il casco.
Suo padre si avvicinò, stringendolo nel suo abbraccio e portando con sé quel particolare profumo che aveva sempre: suo padre aveva sempre un odore speziato, come se nei suoi viaggi si fosse attaccato a lui assieme alla polvere degli scavi.
"Tu avvisare mai, eh?" gli domandò Rafael, osservandolo in volto e notando qualche ruga nuova, assieme a qualche capello bianco in più: "Perché sei qui?"
Sapeva che sarebbe tornato presto, in fondo aveva un corso alla Sorbona da tenere ma di solito lo chiamava dopo essersi sistemato nella casa che possedevano vicino all'università, quella dove lui era cresciuto e che era ancora il punto fermo per i suoi genitori a Parigi.
Non capiva proprio perché suo padre fosse andato da lui e con la sua valigia dietro.
"Mi puoi ospitare qualche giorno?" gli domandò Emile, mentre Rafael prese la moto e azionò l'apertura del garage:"Tua madre sta facendo fare dei lavori in casa e io sono senza un letto."
Sì, forse sua madre gli aveva accennato qualcosa quando l'aveva chiamato per Natale...
Se non ricordava male, doveva risistemare il bagno.
"Papà, ho solo una camera" disse Rafael, sistemando la moto nel garage e vedendo il genitore scrollare le spalle, mentre lui azionava di nuovo il telecomando e dava l'input di chiusura.
"Mi va bene anche il divano, sicuramente sarà più comodo dei letti degli Yagua" Emile gli dette una lieve pacca sulla spalla, avviandosi fuori dal garage.
"Di chi?" domandò Rafael, seguendolo e fermandosi davanti l'ingresso di casa, tirando fuori le chiavi di casa e aprendo, permettendo così al genitore di entrare.
"Gli Yagua, sono una popolazione indigena che vive vicino a Kuélap, in Perù" Emile si fermò, togliendosi il giaccone e lasciandolo sul divano di pelle, prima di massaggiarsi il volto coperto dalla barba leggermente incolta e incrociando poi le braccia: "Praticamente vivono in queste capanne che chiamano maloca e dentro ci possono vivere più famiglie; comunque usano queste amache sospese come letti e non ti dico la scomodità, più che altro i primi tempi avevo seri problemi a trovare il perfetto equilibrio per non cadere mentre dormivo."
Rafael sorrise, mentre immaginava la sua ragazza e suo padre assieme: Sarah avrebbe sicuramente ascoltato con sguardo sognante ogni cosa Emile Fabre avrebbe detto ed era certo che lo avrebbe tormentato con le lezioni che suo padre avrebbe tenuto il semestre successivo.
"Quindi il mio divano ti va bene" bofonchiò Rafael, posando i fianchi contro il tavolino di vetro e vedendo il genitore annuire.
Sarah sarebbe impazzita per quell'uomo, e lui...
Serrò la mascella, sentendo la bocca farsi arida e un sapore amarognolo risalirgli lungo l'esofago al solo pensiero dei sorrisi di Sarah rivolti verso l'uomo: "Allora? Come va da queste parti?" gli domandò Emile, guardandosi attorno, prima di accomodarsi sul divano.
"Come sempre" borbottò Rafael, schiarendosi poi la voce e lasciando andare un sospiro: "ho iniziato l'università, lavoro. Le solite cose."
Le solite cose...
Certo, come se il suo mondo non fosse stato completamente stravolto e cambiato da quando Sarah era entrata nella sua vita: doveva dirglielo? Accennare il fatto che aveva una ragazza?
"Ottimo, ottimo" Emile annuì, massaggiandosi di nuovo il mento: "Alain sta bene?"
"Al solito, è ancora vivo" Rafael scrollò le spalle e suo padre annuì con la testa, alzandosi e posando poi la valigia sul divano, aprendola e cominciando a cercare qualcosa all'interno: "Papà?" lo richiamò, vedendo Emile voltarsi verso di lui e rimanere in attesa di quello che doveva dirgli.
Rafael inspirò, portandosi una mano alla nuca e massaggiandosela: "Ho una ragazza" mormorò, lasciando che le parole fluissero fuori e vedendo suo padre annuire appena e sistemarsi di nuovo composto.
Emile si schiarì la voce, accavallando le gambe e posando entrambe le mani sul ginocchio in una posa forzata mentre lo fissava in volto: "Per citare tua madre: hai una ragazza nel senso che hai intrapreso una relazione stabile con un esponente di sesso femminile? E per relazione stabile intendo andare ben oltre il semplice atto di..."
"Sì" lo bloccò Rafael, scuotendo la testa e sbuffando: sì, una domanda del genere era degna di sua madre e suo padre ne aveva fatto l'imitazione perfetta.
"Questo è interessante" mormorò Emile, annuendo con la testa e prendendo il suo giaccone, tirando fuori il cellulare.
"Che stai facendo?"
"Chiamo tua madre" dichiarò Emile con un sorriso, facendogli l'occhiolino e alzandosi, cominciando a girare per la stanza: "Adéle? Ciao, sono io. No, non devi mandare soldi a nessuno: non mi hanno di nuovo venduto per un cammello. Sì, lo so che ore sono a New York ma sono appena arrivato a casa e ho scoperto una cosa" Emile si fermò, inspirando profondamente mentre Rafael sentì l'impulso di fermarlo: "Il nostro bambino ha la fidanzatina!"
a/n: io spero di aver notato tutti gli errori che ho lasciato. Mi rendo conto che ho un problema quando rileggo questa storia, mi immergo in essa e tutto il resto passa in secondo piano.
Bene, abbiamo il primo nuovo arrivo per questa seconda parte! Salutate il signor Fabre, esimio professore di storia alla Sorbona e padre del nostro caro Trombator.
Voglio ringraziarvi tantissimo per tutto il sostegno che mi avete dato, fin dal primo capitolo e mi rendo conto che sono pessima come autrice: io vorrei rispondere a tutti i commenti, solo che... Solo che poi mi metto lì, davanti allo schermo, e faccio tutt'altro. Sono un genio.
Detto ciò, vi ringrazio tantissimo per ogni lettura, stellina e commento che lasciate.
Infine, vi do appuntamento a giovedì prossimo con un nuovo capitolo!
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