CH 1 : La Terra Delle Aquile
"E parlerò nell'unica maniera e nella sola lingua che possa smuovere la tua incombente natura...". 🌙
-J. Kai
Il vento caldo sferzava contro le ali dorate dei volatili, grosse aquile che solcavano le nubi di quel mondo fatto di sabbia e rocce; intinti del profumo speziato e del dolce aroma dei viandanti. Esseri che abitavano le più alte e sacre montagne dell'universo, i deserti più incantati dell'oriente. Come se le stelle fossero cadute sulla terra e si fossero raccolte in un unico luogo magico e recondito.
Chicchi di sabbia che brillavano come diamanti in piena.
Lingotti d'oro in attesa di essere raccolti.
Leggende che attendevano di essere udite e non lontano da lì, torrenti limpidi di acqua dolce, fuoriescenti dalle spesse rocce bianche, che con grazia, si riunivano ai fiumi trasparenti che piroettavano verso il mare di "Sahidisea".
La grande città dei viandanti e la dimora dei volatili.
E fu proprio in terre come queste che nacque la storia di Amira e Yven.
"Oh tu, Donna Angelo che valeggi con l'uomo omerico..."
~Città delle aquile senz'ali
🔸YVEN🔸
-Yven! Yven! -
Socchiusi gli occhi lentamente, aprendo le dita ancora inabissate nella sabbia sulla quale stavo coricato, lo sguardo rivolto verso l'alto, nel cielo azzurro di quel pomeriggio, in attesa del passaggio delle aquile dorate, dei grandi volatili che abitavano il firmamento.
-Yven! Ci senti o no?-
La voce calda di mia sorella, raggiunse il mio corpo sordo, quello che adorava mimetizzarsi con la natura, diventare uno con la flora e la fauna; che trascorreva gran parte del tempo a fare ciò che la maggioranza non faceva.
Ultimo di sei figli, tra cui tre maschi e tre femmine.
Abitanti delle terre del nord. Frazioni costruite vicino alle zone delineate, le terre di nessuno.
I luoghi di cui noi non eravamo padroni.
E questo per via dei viandanti, degl'esseri per metà uccello e per metà umani, a motivi dei pregiudizi e dell'odio che fermentava l'essere umano per ciò che ancora non conosceva.
-Yven! Allora?! Devo perdere la voce prima che tu risponda?-
Sophia si sporse sopra la mia figura distesa, guardandomi con aria torva, le mani fissate sui fianchi larghi, mentre con irritazione sbatteva le lunghe ciglia scure sulla mia figura appisolata.
I suoi lunghi capelli neri ricadevano come ebano sulle spalle e fin dietro la schiena. Gli occhi di un castano giallastro, identici a quelli di nostra madre che era venuta a mancare da ormai tre anni.
Sophia era la maggiore, la prima di noi tutti.
-Che c'è di così urgente?- chiesi schietto, indifferente alla sua fronte corrugata o al visibile fastidio nelle sue movenze esplicite.
-Sei per caso andato a scarpinare nelle terre dei viandanti? Perché papà è furioso! E se la sta prendendo con tutti noi, per colpa tua!-
Sbuffai alzandomi del tutto, spolverando i pantaloni scuri pieni di sabbia, prima di seguirla verso casa.
Abitavamo non molto lontano dal mare, dove spesso andavo a trovare un pò di pace nella quiete della sera. Quando tutti erano ormai andati a inseguire morfeo nei propri sogni segreti.
Quando non mi restava alcuna compagnia se non la mia ombra fedele. La mia mente afflitta.
Al mio arrivo, la casa era affollata come al solito.
Un via e vai di parenti e cugini: le mie sorelle aiutavano in cucina a preparare la cena, mentre i miei fratelli si prendevano a botte come passatempo nel cortile davanti.
Ma vi pare normale??
Scossi il capo contrariato, non trovandovi nulla di divertente. In quanto a volte, finivo per essere tirato in ballo volente o nolente.
Per loro era sempre uno svago picchiare il più giovane.
-Yven! Eccoti qui!-
Prima che potessi reagire mi arrivò uno scappellotto in testa.
-Ehi! Papà non sono andato così lontano!- mi difesi, mettendo delle distanze.
Lui mi guardò corrucciato, incrociando le braccia robuste contro l'ampio torace. La stazza massiccia e autoritaria.
-Osi pure ammetterlo! Non solo vai senza il mio permesso! Ma ne vai persino fiero!-
-Non ho detto questo! -
Arretrai velocemente, schivando un'altra sberla nella mia direzione.
-Colonnello si rilassi! Sa benissimo com'è fatto vostro figlio... Sono giovani! -
Mia zia mi venne in soccorso, ampliando le labbra rosee in un sorriso luminoso.
Zia Rebe era la sorella di mia madre, e siccome a mio padre mancava la presenza di lei, aveva deciso di unire la mia famiglia con quella di mia zia, per riempire il vuoto che governava le stanze di casa nostra. L'affetto che usava girare per le mensole polverose e le pareti di marmo. Come se l'amore materno avesse avuto un profumo, e fosse difatti un effluvio che penetrava nei pori di ogni singola superficie.
- Alina lo aveva sempre nominato "Il piccolo avventuriero"!- aggiunse lei, accostando una mano sulla spalla di lui, il quale sospirò in risposta.
-Lo so, Rebecca, ma ha ventiquattro anni! Non è più un ragazzino che può far delle regole ciò che vuole!-
Mio padre si voltò per folgorarmi un'ultima volta, prima di dirigersi con mia zia verso la nostra villa modesta.
Una casa a tre piani, circondata da un recinto di ferro.
-Sarò anche un colonnello! Ma ho altri superiori al di sopra di me, che di certo non avranno la stessa pietà per mio figlio...-
Andò avanti a parlare, fino a quando le sue parole non si trasformarono in un rumore offoscato. Inudibile.
A differenza dei miei familiari, restai per qualche minuto ancora davanti al portone di casa mia, annusando l'odore di fiori nell'aria, il cielo ora arancione contro la mia silhouette, i capelli scuri e le pupille chiare; chiudendo poi gli occhi di conseguenza, trasportato dalla memoria verso la mia breve escursione di stamattina. Allo splendore che attribuivo ai viandanti.
Alle donne-uccello.
Ne avevo vista una quando stavo rientrando e lei mi aveva guardato per un breve attimo. Un lunghissimo istante per me, il quale ammaliato, ne ero rimasto ipnotizzato. Sconfitto per l'ennesima volta.
Una venere incappucciata da un lungo mantello marrone, che faceva da riparo alla sua pelle olivastra, decorata con disegni di rune, simboli antichi ed egiziani. I capelli di un castano ramato, plagiati dai caldi raggi del sole, i quali parevano brillare come rubini ondulati.
E così senza proferire verbo alcuno, era sparita tra le colline di sabbia. Tra le rovine della mia mente angusta.
Come se me lo fossi sognato.
Come se non fosse mai esistita...
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