I
Immobile, sento lento lo scivolare di dita leggere sulla delicata e incontaminata valle tra le mie terga.
Vibro come le corde del violino che, un pomeriggio di fine novembre, riempì del suo suono le vie del borgo. Un brivido ora pizzica la mia pelle, frantumandola in miliardi di piccole schegge, che si sollevano leggere fino al cielo.
Fumi di vita respirata a pieni polmoni, per aver la forza di attraversare di questi mari le tempeste.
Di uggioso canto si sazia questo demone, che tracanna la mia linfa bivaccato sul mio petto, stringendo tra i suoi artigli il mio cuore.
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