1- Ave Maria

1- Ave Maria

Fiòna Kelly

I

Una puzza di alcol miscelato ad un maleodorante gruppo di contadini, vestiti con abiti modesti con le gambe allargate e distesi a peso morto sulle sediole di legno. Quel clima non proprio perfettamente pulito avrebbe potuto far impallidire qualunque persona, ma non Fiòna. Questi era ormai abituata a respirare quel delizioso "odore di primavera" e pertanto non le faceva più lo stesso effetto della precedenti volte, quando era ancora una principiante. All'epoca l'istinto di evadere da quella realtà - che non si era rivelata come se l'aspettava- stava per predominare sulla sua razionalità, ma con quel briciolo di buon senso che le era rimasta decise di rimanere, e mai scelta fu più saggia.

Nonostante gli atteggiamenti un po' rozzi dei compaesani, e l'ambientazione non proprio consona per una donna quella locanda aveva dei suoi lati positivi. Pian piano era riuscita ad abituarsi a quel frastuono assordante, a quella puzza che persistente si inseriva fin dentro le narici del naso, e alle lusinghe dei clienti che invano tentavano di conquistarla. Pertanto mentre questi erano disperati dai continui rifiuti della fanciulla, Fiòna si divertiva ad osservare nei loro visi la rassegnazione.

Così, come di consuetudine, si lisciò i capelli con le mani e li raccolse in una acconciatura scompigliata. Inspirò dal naso e si diresse verso il tavolo, che in modo quasi insistente, richiedeva i suoi servigi. Roteò gli occhi quando vide chi l'aspettava , e con un lieve sorriso appena accennato si diresse a passo lento verso il tavolone indicato.

«Ecco ciò che avete richiesto, signori.» pronunciò a denti stretti tentando, ma senza alcun successo, di rimanere indifferente alle occhiate che quell'impertinente le rivolgeva. L'avrebbe riconosciuto in qualsiasi dove e in ogni circostanza, quello davanti al se era Ser Nioclás Lúarán Kavanagh. I capelli neri perfettamente puliti e ordinati, due luminosi occhi verdi paragonabili ad una pietra di smeraldo. I muscoli si intravedevano dal panciotto bianco, completamente libero da ogni sorta di protezione, e i guanti - che tendenzialmente usava- erano semi-piegati posti verso il suo braccio destro.

Fiòna doveva riconoscerlo era dotato di una sensualità disarmante, talvolta anche lei faceva fatica a rifiutarlo, ma sentiva che non sarebbe stato giusto. Con uomini del genere solo il contatto fisico era importante, poi stavamo parlando di un nobile, un duca, dove sarebbero mai andati lontano?

«Perdonatemi Madmoiselle per la mia impertinenza, forse con il mio modo di fare vi ho in qualche modo infastidito, ma a mia discolpa posso dire che oggi siete davvero splendida.» provò in qualche modo a giustificarsi, ma l'espressione provocatoria e maliziosa non accennava proprio a scomparire. Fiòna, di fatti, si infastidì ancora di più al suono delle sue parole e gli diede le spalle dirigendosi verso un altro tavolo.

Riuscì però a percepire la sua presenza dal calore che il suo respiro gli procurava sul collo, e istintivamente portò la mano sul quello stesso punto dove prima aveva percepito il suo ardore e la sua voglia. Lui voleva possederla, poteva leggerlo nei suoi occhi famelici, nelle sue mani frenetiche che cercavano una scusa per toccarla in ogni istante.

«Mi dica signor Duca, le serve qualcosa?» gli chiese distogliendo più volte lo sguardo dai suoi occhi magnetici.

«Sapete perfettamente ciò che desidero di più al mondo, ma non so perché tentante in tutti modi di ostacolarmi.» le sussurrò piano raccogliendo una ciocca di capelli rigirandosela tra le dita. Fiòna si mosse all'indietro sfuggendo alla freddezza di quella mano e cercò di ravvivarsi il viso con entrambe le mani.

«Perdonatemi, ma adesso devo proprio andare.» e con queste ultime parole corse verso l'uscita della locanda muovendosi senza mai fermarsi.









Ave, o Maria, piena di grazia
il signore è con te
Tu sei la benedetta fra le donne
come è benedetto il
frutto del tuo seno Gesù.

Santa Maria, madre di Dio
Prega per noi peccatori
adesso e nell'ora della nostra morte
Amen




La piccola chiesa della cittadina era silenziosa e poco affollata del solito. Solitamente i fedeli venivano spesso in chiesa per pregare, ma quest'oggi la situazione era assai diversa.

Si avvicinò ai piedi dell'altare dopo aver pronunciato una piccola preghiera alla Vergine Maria. Tra le mani stringeva il crocifisso che tempo a dietro era appartenuto a sua madre e che da oggi, per ereditarietà, apparteneva a lei. Da quando aveva ritrovato quel ciondolo l'aveva subito indossato al collo e aveva iniziato a frequentare la chiesa più frequentemente.

Solitamente lo faceva perché riusciva in qualche modo a comunicare con sua madre, riusciva a sentirla vicina proprio come se fosse accanto a lei ricordandole che in fondo non aveva mai abbandonato il suo fianco. Ed ogni volte le lacrime solcavano il suo viso trattenendo a stento dei piccoli singhiozzi.

Non riusciva più a ricordarla: non riusciva più a ricordare il suo viso, la sua voce, il suo sorriso. Stava con il tempo perdendo ogni frammento, ogni ricordo che ancora la legava a lei. Perché si chiedeva, perché aveva deciso di lasciarla sola?

Era una giornata piovosa quando Úna, la madre di Fiòna, decise di togliersi la vita. Sembrò quanto letto da una lettera che sia morta per amore, un amore non corrisposto per un nobile. Úna era sempre stata una donna mentalmente fragile, e poco dedita al matrimonio e ad occuparsi di bambini. La badante spesso le rimprovera di non passare troppo tempo con la sua bambina, ma lei era irremovibile. Preferiva vivere la sua vita al di fuori delle mura familiari, provando piacere altrove. Per il padre di Fiòna il tradimento della moglie era un vero affronto e infastidito anche dalla sua stessa figlia, che gli ricordava quella donna che un tempo aveva amato, partì senza mai più farvi ritorno.

Fiòna, in quel momento, era stata lasciata sola a se stessa a vivere per strada servendosi della bontà della povera gente per sopravvivere. Aveva dovuto compiere della azioni ingnobile e volgare per raggiungere questa stabilità sociale, e ancora tutti oggi non ne andava assolutamente fiera.

Pertanto le avances del giovane conte rievocavano in lei quei fragili ricordi, ma soprattutto avvertiva la paura, la pausa di essere come Úna. Una donna priva di qualsiasi forza di volontà che ha scommesso tutto soltanto nell'amore e nel vivere al pieno la proprio vita dedicandosi soltanto al piacere proprio.

Fiòna voleva essere libera dagli obblighi della nobiltà, libera dalla meschinità degli uomini più ricchi che si sentono in dovere di sfruttare le donne soltanto perché sono tali. Voleva una vita sganciata dall'amore e voleva dedicare la propria esista al lavoro. Unicamente alla sua formazione nella società.

Rivolse lo sguardo verso il grande crocifisso, e dopo una piccola e delicata preghiera, a mezza voce, si sollevò dal pavimento dirigendosi verso l'uscita della chiesa.

Scorse dal lontano il cielo, mentre piccole nubi neri si muovevano verso la sua direzione, stava per piovere.

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Tags: #amore