8. Maria

//Questo capitolo presenta scene di violenza e sesso esplicito. Vietato ai minori.//

«Era il 1897, l'anno in cui tutto accadde. Ero ancora in quella maledetta casa. Nathan era tornato nella casa degli appuntamenti e, come sempre, aveva richiesto me.»

«Nathan... L'uomo di cui eri innamorata?», chiede Luna arrossendo.

«Sì, proprio lui. Era diverso dagli altri, non mi possedeva mai con forza, non mi chiedeva nulla, solo di star con lui. Sapeva di buono, era sempre ben vestito e profumato. Adoravo quei suoi occhi verdi che spiccavano da una carnagione olivastra. Non aveva un fisico statuario, era in carne, ma a me piaceva. L'uomo non faceva del semplice sesso con me... Era tenero, dolce, mi accarezzava, mi possedeva con delicatezza, riempendomi di baci e promesse.»

«Promesse?»

«Sì, diceva che voleva portarmi via da lì... che si era innamorato di me, che era geloso. Nulla di più vero, perché una sera venne a trovarmi quando ero impegnata con un altro uomo. Entrò e lo massacrò di botte, urlandogli che se fosse tornato lo avrebbe ucciso.»

«Ti amava veramente», asserisce la giovane donna.

«Forse, ma nel modo sbagliato. Si presentò da me un'ultima volta. Mi trovò distesa accanto al letto, madida di sangue. Si avvicinò chiedendomi cosa fosse successo. Non avei dovuto dirgli la verità. Appena capì che un uomo mi aveva spaccato la bocca con un pugno, perché godeva solo con del sesso violento, andò a cercarlo. Mentre ancora era al piano di sotto che pagava per la prestazione, Nathan lo colpì con trentatré pugnalate, uccidendolo avanti al Capo e a tutte le altre donne. Nessuno riuscì a fermarlo. Scappò appena si rese conto di ciò che aveva fatto.»

«Il Capo cosa fece?»

«Mi prese a calci e innervosito afferrò per il braccio Maria, che era venuta in mio soccorso. -Adesso la tua sorellina ha quattordici anni, da domani inizierà a lavorare!- disse furioso.»

«Fu quella notte che prendesti le tue sorelle e fuggisti...», mi anticipa Luna.

«Esattamente! In assoluto silenzio, svegliai le bambine, chiesi loro di non far rumore. Avevamo ben poco da portarci dietro. In un lenzuolo attorcigliato inserii solo due coperte, un vestito per ognuna di noi e del pane duro. Sgattaiolammo fuori dalla casa, correndo per la strada. Accompagnai le bambine in una rientranza, dissi a Maria di tenerle d'occhio e attraversai la strada avvicinandomi a una casa.»

«A chi apparteneva?», chiede la donna ansiosa.

«A Nathan. Lo scoprii chiedendo informazioni in un piccolo bar. Bussai eccitata, mentre diedi uno sguardo alle mie sorelle, che si sporgevano dal muro per osservarmi. Aspettai qualche secondo, finché la porta si aprì.»

«Era lui...», afferma Luna.

«No, la moglie.»

«Era sposato?», domanda sconvolta la ragazza.

«Sì, ma io non lo sapevo. Riuscii a sentire la voce dell'uomo provenire da un'altra stanza: -Chi è alla porta, tesoro?- chiese. La donna non sapeva che rispondere, finché lui si avvicinò. Rimase perplesso, mi guardò sconvolto. Capii che non sapeva cosa fare, così giunsi le mani e le porsi verso la coppia: -Ho bisogno di acqua e pane, le mie sorelle hanno fame- sussurrai.»

«Ti fingesti una mendicante!», esclama Luna aggrottando le sopracciglia.

«Non volevo creargli problemi. La bellissima donna continuava a coprirsi con una mantella che si era messa per aprire la porta, ma ogni tanto si intravedeva l'elegante vestaglia. Le sue forme sinuose e provocanti contrastavano il suo viso angelico. Percepii la sua pena per le bambine, che da lontano vide affacciarsi. Si diresse in cucina mentre lui restò a fissarmi sul ciglio della porta. Alzai lo sguardo verso di lui facendogli notare la mia delusione e la mia rabbia. Rimanemmo in assoluto silenzio, i nostri occhi parlarono per noi. La donna tornò con del formaggio e un tozzo di pane, me li donò. Abbassai il mento e chinai la testa come segno di ringraziamento e andai via.»

«Chissà che dolore al cuore!», riflette Luna.

«Mentre camminavo per i sobborghi, continuavo a chiedermi il perché veniva da me, seppur avesse una meravigliosa donna a casa.»

«Immagino che non ricevesti risposta a questa tua domanda...»

«Invece sì, una settimana dopo che ero arrivata nella foresta di Fear Lake; camminavo tra i pini dirigendomi verso il lago, volevo arrivare fino all'isola per prendere le piante di sambuco. A un tratto mi ritrovai lui di fronte.»

«Ma come è possibile? Che ci faceva lì?»

«Gli porsi le stesse domande. Era completamente ubriaco, ricordo che quella mattina l'odore di pini e menta era ancora più forte, perché aveva piovuto. Lui, però, aveva così tanto bevuto che riuscivo a sentire solo l'odore di alcool. -Sono un cacciatore!- disse per spiegarmi la sua presenza lì. Si gettò tra le mie braccia, io lo respinsi. -Sei sposato, bastardo!- gli urlai. L'uomo rideva, teneva sulla spalla il suo fucile. -Vieni amore mio, mi sei mancata, ti ho cercata ovunque e finalmente ti ho trovata!- spiegò tentando di avvicinarsi ancora.»

«Quindi ti aveva seguita, non era stato un caso che fosse lì.»

«Sì, si era informato e, chiedendo in giro, era riuscito a trovarmi. Lo spinsi via, mi faceva ribrezzo per ciò che mi aveva fatto. Gli urlai di tornare dalla moglie. Lui aprì una sacca che teneva annodata alla spalla, tirò fuori una bottiglia alla quale attaccò le sue labbra. Mi diede le spalle inoltrandosi fra i pini, mentre beveva si fermava solo per ridere volgarmente.»

«Allora se ne andò...», pensa ad alta voce Luna.

«Così credevo...»

«Cosa accadde?»

«Era tarda sera, Maria era andata tra i pini per... beh, per alcuni suoi bisogni... naturali.»

«Sì, ho capito...»

«Doveva rientrare nella casetta, ma si spostò e fece strada verso le distese di biancospino. Non riusciva a dormire e con l'uso delle foglie avrebbe potuto creare la tisana. Mi accorsi che tardava a tornare, presi il mio mantello e cominciai a cercarla. Non era difficile capire dove fosse. Spesso usava quel tipo di antidoto per l'insonnia, così mi diressi lì.»

«La trovasti?», chiede Luna preoccupata.

«Giaceva immobile per terra. Appena urlai il suo nome sgranò gli occhi, teneva la bocca semichiusa, respirava affannosamente.»

«Povera Maria... Lui... Era tornato, vero?»

«Sì, se la ritrovò davanti mentre aspettava che si facesse più tardi per venire da me e farmela pagare per averlo respinto. Bevve per tutto il tempo dell'attesa. Non era più lui, non era in sé. Sentì arrivare Maria, ancora giovane e bella. Povera piccola mia, aveva solo quattordici anni! La prese e la gettò a terra. Puntandole il fucile le disse che sarebbe venuto da noi e ci avrebbe sparato se lei avesse urlato. Così rimase in silenzio, mentre lui continuava a puntarle l'arma. Maria alzò gli occhi e tentò di contare le punte dei pini, per non urlare dalla paura e per portare la sua mente altrove. La sua saliva imperniata d'alcool cadeva sul viso di mia sorella, mentre la derideva.»

Luna porta le mani sul viso... Mi accorgo di quanto sia sconvolta e mi fermo.

«Va avanti, Adele», mi prega Luna.

«Sbucò dai pini sentendomi urlare il nome di mia sorella: -Avrei dovuto fare a lei quel ciò che meritavi tu! Ma no, non le ho sparato, è ancora viva, spaventata sì... ma viva!- Rise crudamente. Mi voltai di botto vomitando tutto ciò che avevo ingerito ore prima. L'uomo rimase perplesso ed esclamò: - Non dirmi che sei incinta! Di sicuro sarà mio!- dalla mia gola uscì un grido disperato e mi scaraventai contro di lui. Cercò di divincolarsi e afferrò il fucile. Tentò di puntarmelo contro, ma ero una furia e in quel momento l'alcool l'aveva indebolito. Riuscii a prendere l'arma e a scaraventare l'uomo a terra. -Sei una puttana, non un'omicida!- disse ridendo mentre restava a terra. Presi il fucile, mi voltai verso Maria, che era rimasta nella stessa posizione per tutto il tempo... La rabbia mi accecò, riportai lo sguardo su di lui... Premetti il grilletto. Lo colpii per tre volte: sulla testa, sul cuore e sulle sue parti intime. Gettai il fucile nel lago.»

«Che accadde poi a Maria?»

«Maria rimase così sconvolta che decise di non avvicinarsi mai a un uomo.»

«Per questo non si sposò mai?»

«Esatto. Chiese a Louis, l'unico uomo di cui si fidava, di assegnarle la farmacia. Lei avrebbe potuto aiutare chi aveva necessità, ma non pensò mai ai suoi di bisogni. Rimase sola... per sempre...»

«Cosa facesti con il corpo di Nathan?», chiese Luna veramente provata.

«Lo seppellii. Presi la stessa pala che usò Maria per scavare la fossa per la mia creatura.»

Luna porta la sua mano nuovamente sul terriccio.

«No, non lo seppellii con sua figlia, non se lo meritava. Scavai una fossa vicino gli ultimi pini prima del lago e con l'ausilio della mia mantella, strisciai il suo corpo fin lì, gettandolo dentro a calci.»

«La sua famiglia non lo cercò mai? La polizia?», chiede la gentile donna.

«Sì, per tutta Holt, che io sappia. Ma non arrivarono mai ai boschi di Fear Lake.»

«Maria in tutto questo trambusto che fece?»

«Rimase lì, ferma... immobile. Mi sdraiai accanto a lei, rimasi in silenzio, lei lentamente si voltò verso di me. Chiuse la bocca, mi strinse la mano, riaprì le labbra e mi disse che aveva tentato di strozzarla. Osservai il suo collo, aveva il segno delle dita anche lì. Un segno che non le sarebbe mai andato via, forse dalla pelle sì, ma non dal cuore.»

«Che grande donna Maria, ha subito tante malefatte anche lei.»

«Forse più di tutti. Tra noi fu l'unica a scoprire l'uomo solo nella sua versione più ignobile. Non ne uscì mai da quest'incubo, che tuttora, sono sicura, la perseguita. »

«Ti raccontò che le fece altro?»

«No, la spaventò traumatizzandola, ma non le fece nulla. Rimanemmo per ore sdraiate lì, mano nella mano a osservare le punte dei pini che si affacciavano al cielo. Solo dopo un paio d'ore, quando si accorse che mi asciugavo delle lacrime, si voltò verso di me e sussurrò: -Non è colpa tua- poi riportò il suo sguardo verso il cielo.»

«Certo che non era stata colpa tua...»

«Imparerai, mia cara, che tutto ciò che è accaduto fino a oggi è colpa mia.»

«Non ci giurerei... sei stata la roccia su cui poggiarsi...», insiste la giovane spostando il solito ciuffo dei capelli caduti sul volto.

«Sono come la roccia scalfita dalle gocce dell'acqua, semmai. Le gocce sono le persone che mi hanno anche solo sfiorata una volta nella vita. Esse sono tutte infrante. La roccia è ancora lì, forse solo rigata, le gocce sono tutte invece morte o sparite in mezzo al terreno. Tutte queste persone hanno fatto una brutta fine... alcune sono sotto terra, altre vivono aspettando di finirci. E tutto... è stato causato da me. Lo capirai presto.»

«Vedo che hai bene in mente tutto, Adele, ma ciò che non ti è chiaro è che quelle gocce avrebbero fatto comunque quella fine, indipendentemente da te. Se cadono prima sulla roccia e poi si schiantano sul terreno è solo una deviazione. La terra è il loro destino. Qualunque cosa avessero fatto sarebbero comunque finiti lì sotto. E tu, mia, cara, non solo non ne sei la causa, ma hai donato loro, seppur per poco, la possibilità di prendere più tempo prima di andare a finire dove il destino aveva già scelto per loro. Capirai che le loro vite, o morti, erano già decise, erano già state disegnate...»

«Anche la mia?», chiedo confusa.

«Soprattutto la tua. Se la lupa non ti ha permesso di morire è perché tu servivi in vita, non a lei, ma a tutte le persone che hai salvato, a tutte quelle a cui hai dato aiuto, a tutte quelle che ti devono anche solo un'ora in più della loro esistenza», dice accarezzandomi la guancia.

«Non capisco, Luna. La lupa non lo ha fatto di certo per salvare altre vite!»

«Ci arriverai da sola... molto presto.»

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