4. La lupa
«Lucynda continuò a presentarsi tutte le primavere, per tre anni consecutivi. Passavano le vacanze con un'altra coppia. Gli uomini andavano spesso a pescare nel lago. Avevano tantissime passioni in comune. Lucynda invece trascorreva il suo tempo con me. Ogni pomeriggio veniva a trovarci nella foresta.»
«E l'altra donna?»
«Diceva che con lei non andava molto d'accordo, preferiva lasciarla allo chalet e venire da noi. Non avevano passioni comuni, diceva che la donna fosse piuttosto semplice e che preferiva stare seduta sul portico a sentire il profumo del bosco.»
«Lucynda dove abitava?», chiede Luna mentre, con le dita, liscia una ciocca dei suoi bellissimi capelli rossi.
«Rimase a Holt anche dopo il matrimonio; lì viveva col marito, Louis, anch'egli proveniente da una famiglia di ricchi proprietari terrieri. Durante quei tre anni lui comprò questo territorio, che allora non aveva neanche un nome. Faceva parte della città principale, ma era meta solo per i turisti. Come ti avevo accennato, c'era qualche vecchio chalet disperso in alcuni punti della zona, in cui alcune famiglie per le vacanze, o i cacciatori durante l'attività, si rifugiavano per trovare un po' di pace. Fear Lake fu il nome che diedero gli stessi abitanti decenni dopo.»
«Quindi si trasferirono qui?», la giovane donna domanda, continuando a giocherellare con i suoi capelli.
«Sì, lei era incinta di Lucas quando portarono tutta la loro roba in paese. Costruirono una bellissima casa a pochi chilometri dallo chalet. Louis permise così a Stephen e alla moglie, la coppia con la quale avevano passato qui le vacanze, di villeggiare lì anche nei periodi natalizi. Ma non si fermò. Fondò un paese intero in meno di dieci anni. Elargì case e posti di lavoro ai suoi parenti, pochi stranieri si aggiunsero, dando vita a questo piccolo centro, che divenne poi indipendente.»
«Louis... doveva essere un grande uomo per riuscire in tutto questo!»
«Era di certo un grande uomo d'affari, questo sì... ma nel cuore aveva qualcosa di estremamente complicato...»
«Cosa?», domanda Luna.
«Il più semplice dei mali: l'amore folle, quello che ti spinge a far tutto pur di tenere l'oggetto dei desideri accanto.»
«Non ho mai provato un amore simile...», afferma la giovane.
«Nemmeno io!», sussurro, «Così bella e giovane, non hai mai amato... come è possibile?»
Luna rimane in assoluto silenzio, poi...
«Anche Stephen si trasferì qui?»
«No, lui e la moglie preferirono tornare solo per le vacanze.»
«Come mai?», chiede la rossa.
«Credo che la donna accettasse di venire qui solo per fare un piacere al marito. Le piaceva tanto il luogo e l'aria pulita che si respirava, ma era abituata alla città, non veniva con piacere. Usava il tempo a sua disposizione qui per riposare. Lucynda mi raccontava sempre che stava solo lì, seduta fuori a prendere aria. Beveva continuamente il suo tè, non faceva altro. Era una donna silenziosa, non si sapeva nulla di lei, né si conoscevano le sue abitudini. Ma era una giovane signora molto bella. I suoi capelli lisci e chiari li teneva legati in una semplice coda. Aveva gli occhi molto scuri e le ciglia lunghissime, le labbra erano sottili che non pittava mai. La semplicità fatta persona. Indossava sempre abiti larghi, seppur avesse un bellissimo fisico.»
«Come fai a sapere tanti dettagli?», chiede Luna chinando da un lato la testa.
Mi sento veramente in forte imbarazzo, raccontandole quei particolari le avevo fatto capire parti della mia vita che avrei voluto nascondere, piccole abitudini intime che avrei volentieri evitato di dire.
«Beh, io li ho visti.»
«Sono venuti nel bosco con Lucynda?», domanda la giovane.
«No, in realtà no... Di sera, quando il buio colpiva tutto il paese e veniva di poco illuminato dalla luna, sgattaiolavo via dalla casetta, mentre le mie sorelle già dormivano. Passavo dal sentiero per tutto il bosco e mi fermavo all'ultima fila di pini prima dello chalet e del piazzale. Mi nascondevo dietro il tronco più largo e osservavo la casa. Loro, seppur fosse tarda ora, stavano lì, seduti sul portico. Si tenevano mano nella mano. Lui spesso portava quella di lei sul viso e la baciava.»
«Dovevano essere molto innamorati...», pensa ad alta voce Luna.
«L'amore che univa Lucynda al marito scoprirai essere malato, non puro. Quello di questa coppia era invece molto dolce e colmo di rispetto. Si vedeva per come si accarezzavano, per come si guardavano. A volte mi avvicinavo di soppiatto alla finestra e li osservavo cenare. Lei metteva sempre un mazzolino di fiori sul tavolo, illuminavano la stanza con le candele e mangiavano in silenzio... sorridendo l'uno all'altra. Che tenerezza. Era una bellissima coppia. Adoravo stare lì a guardarli. Il cuore mi batteva forte per loro e per il sentimento che sprizzava da tutti i pori. Una sera dimenticarono la finestra aperta della stanza da letto. Loro dormivano in quella al piano terra. Mi avvicinai notando una flebile luce provenire da lì. Beh, capii solo dopo essermi affacciata che la coppia era in procinto... beh, stavano facendo l'amore, ma l'amore pulito. Non quello che si fa con una prostituta... Stavano facendo l'amore senza violenza, senza fastidi, senza pretese. Era qualcosa di meraviglioso, e pochissime volte mi era capitato di vedere quest'atto così tanto dolce.»
Rimaniamo in silenzio. Non vorrei dire che stavo spesso a fissare quella coppia. Chissà cosa penserebbe di me Luna! Le sembrerei ossessionata forse...
La donna arrossisce, chiede: «Perché non vennero più a Fear Lake dopo un po' di tempo?»
«Tornarono per qualche altro anno, poi non più. Come fai a saperlo?»
Luna resta ancora una volta in silenzio...
«Ci fu un evento tragico...»
Penso, rifletto, una lacrima percorre il mio viso, non me la sento ancora di raccontare quella storia, Luna non si accorge di nulla, o perlomeno non insiste. Asciugo rapidamente il volto bagnato...
«Si sta facendo molto tardi, come mai perdi il tuo tempo con una vecchia come me? Non dovresti tornare a casa?»
La donna sembra non voler rispondere, si volta verso di me fissandomi negli occhi...
«Io non ho una casa», risponde deglutendo.
«E dove vivi allora? Ti sei persa? Non sei di qui?», chiedo aggrottando le sopracciglia.
«Sono ormai sola, vivo qui e lì, non ho una dimora fissa. Sono libera da ogni impegno, vivo alla giornata, un po' a ciò che mi capita.»
È assolutamente evidente che la donna mi stia raccontando cose non veritiere ed è chiaro che lo sta facendo perché non le va di parlare delle verità, di qualcosa che le ha fatto molto male. Non capisco cosa le possa esser accaduto, ma non mi va di insistere, me ne parlerà solo quando ne sentirà la necessità.
«Che rapporto si instaurò tra te e Lucynda?»
«Non mi chiamò mai mamma, ma fu sottinteso che per lei lo fossi. Maria, Iosy e Carmen divennero le sue sorelle... Lei, la mia ombra. Mi seguiva ovunque andassi, adorava osservarmi mentre preparavo i miei intrugli d'erbe. Non mise mai in pratica ciò che imparò, a differenza di Maria, che divenne col tempo più capace di me. Solo loro due venivano sull'isolotto insieme a me, Carmen e Iosy preferivano aspettarci alla casetta e occuparsi d'altro. Carmen adorava cacciare, mentre Iosy si dilettava a rammendare.»
«Lucynda fu la figlia che non hai mai avuto?», chiede Luna con voce timida.
«No. Nessuno avrebbe preso il posto della mia creatura. Ma tra me e Lucynda accadde qualcosa... un avvenimento che ci unì per sempre...»
«Quale?»
Luna blocca la mano, smette di lisciare i capelli e si volta con uno scatto verso di me.
Mi rendo conto che è arrivato il momento di parlargliene. Deve sapere che stare qui con me potrebbe essere pericoloso per lei.
«Credi nel male, Luna?», chiedo sospirando.
«Credo che come ci sia il bene esista anche il male. A volte viene scambiata per "pazzia", altre volte è proprio il male a penetrare nelle ossa e a impossessarsi della mente delle persone. Non ho mai creduto che una persona possa nascere malvagia, i bambini sono tutti innocenti. Deve capitare qualcosa, deve per forza esserci una spiegazione per rendere una persona veramente cattiva. Non so se sia un fattore caratteriale o se si tratti di qualcosa di mistico, ma nella mia vita ho conosciuto solo una persona che ha fatto qualcosa di veramente agghiacciante. Non so che problema avesse avuto per diventare così cattiva, ma mi è bastato osservare i suoi occhi per capire che quello non era un essere normale... era il vero male!» spiega Luna.
«Ho conosciuto il vero male anche io, lo riconosco nei suoi occhi. Si chiama la bestia. Non è un essere umano, è un animale... ha qualcosa di orrendo dentro, i suoi occhi sono... Oddio... quella belva fa veramente tanta paura, e tu potresti essere in pericolo oggi, se resti qui con me. Forse avrei dovuto parlartene prima, avvisarti. Forse da una lato egoisticamente ti ho voluto tener nascosta questa storia per paura che tu andassi via... Perdonami, ma forse è meglio che adesso vai...», dico addolorata.
«Quando hai portato l'indice sulla bocca chiedendomi di far silenzio, stavi cercando lei? La bestia?», chiede la giovane donna.
Faccio cenno di sì. Chino la testa vergognata di non averle detto tutto prima.
«Raccontami cosa accadde la prima volta che la vedesti...», bisbiglia Luna.
«Lucynda aspettava Lucas. Era incinta di otto mesi. Era incredibile la forza di quella donna. Seppur in quello stato, ogni giorno si presentava da me. Aveva mantenuto una bellissima gravidanza. Nessun problema, nessun fastidio, nessuna debolezza. Era un leone. Stavamo sistemando le piante e come sempre stavamo passando un pomeriggio sereno. Improvvisamente il sole si oscurò. Dalle foglie dei pini non penetrò più alcuna luce, tutto ciò che ci circondava divenne immerso dal buio fitto. Le mie sorelle continuarono indisturbate le loro attività, riuscivo a vedere le loro sagome, mentre io e Lucynda unimmo le nostre mani prese di paura e da una forte eccitazione. Da dei cespugli, vicino i pini che ci separavano dal lago, due occhi rossi si fecero strada, sempre più vicini, fino ad avvertirli a un metro da noi. Lucynda si posizionò dietro di me, spinta dal mio braccio, urlò catturando l'attenzione delle mie sorelle. Osservai quegli occhi il più possibile, per capire a chi o a cosa appartenessero, quando da quel buio pesto riuscii a inquadrare quell'essere. Era una lupa grande quanto un bue, dal pelo lucido e nero come il carbone e con le punte tendenti al rosso. Ringhiava... ringhiava così forte da prevalere sul vociare delle mie sorelle. Lucynda stringeva le mie spalle con estrema violenza, mentre cercavo il coraggio di abbassarmi e afferrare un bastone. Carmen e Iosy continuavano a fare domande a Lucynda, mentre Maria osservava prima noi e poi il punto in cui il mio sguardo cadeva. Rimase pietrificata dal mio atteggiamento. A un tratto tutto tornò illuminato dal sole, spalancai gli occhi, prima chiusi d'acchito per la paura, anche se solo per pochi secondi... La lupa non c'era più.»
«Una lupa? Ma qui non ce ne sono mai state!», esclama Luna.
«Esattamente... esattamente, mia dolce ragazza.»
«Ma come è possibile?», insiste.
«Infatti... non lo è. Le mie sorelle continuavano a chiederci cosa ci stava accadendo, ci vedevano terrorizzate, l'urlo di Lucynda le aveva scosse. Io le fissavo incredula, soprattutto quando capii che nessuna di loro si era accorta di ciò che era accaduto.»
«Cosa vorresti dire?», chiede la giovane confusa.
«Nessuna di loro vide la lupa, né il buio, nemmeno quei tremendi occhi rossi. Avevano continuato le loro attività senza notare nulla... per loro il sole non se ne era mai andato. Furono disturbate dal nostro atteggiamento, altrimenti nulla le avrebbe interrotte.»
«Vorresti dirmi che quell'essere era lì solo per te e Lucynda?»
Luna sobbalza ruotando la schiena verso di me.
«Sì... era lì solo per noi due. Non era reale, eppure le terribili ansie che ci procurò quella vista furono spaventosamente evidenti anche per le mie sorelle. Ricordo che Lucynda non riusciva proprio a riprendersi. Fu spaventoso. Continuavo a chiedermi perché solo noi avevamo potuto vedere quell'essere, ma soprattutto dentro di me si faceva sempre più forza una terribile sensazione. Come se da un momento all'altro sarebbe potuto succedere qualcosa. Mi resi conto che quell'incubo era solo l'inizio.»
«Di cosa?»
Porto lo sguardo sui suoi intensi occhi.
«Della fine.»
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