15. La malattia di Rebecca
Apro gli occhi a fatica, tutto è appannato, due occhi rossi mi stanno di fronte. La lupa prima mi sfiora, ora mi è vicina a pochissimi centimetri. Sento il suo respiro sul viso che si fa sempre più pesante, tento di urlare istintivamente, il suo sguardo si dirige verso il mazzolino di fiori accanto a me. Con uno slancio, salta e attraversa i due pini su cui son poggiata.
«Ehi...», sussurra Luna che sbuca dallo stesso punto in cui i due alberi si separano. Alzo gli occhi cercando il suo viso che mi si para dall'alto. Le sue mani abbracciano i tronchi e sospesa vedo i suoi capelli arrivarmi quasi sul viso. Le sue lentiggini sono leggermente più visibili da questa posizione.
«Dolce Luna, dove sei stata? Ti ho visto sparire come fumo, magari ha ragione mia sorella, forse sto solo delirando e tu nemmeno esisti...»
La donna fa il giro dei tronchi e mi si ferma di fronte. Con le dita sfiora il mio braccio. Io ricambio il gesto affettuoso...
«Mi senti, Adele?»
Annuisco.
«Sento che la tua pelle l'ho già accarezzata...», rispondo sottovoce.
«Certo che lo hai già fatto...»
La donna aspetta ancora a parlarne. Cambiando discorso, mi chiede: «Mi hai detto che non ti sei più avvicinata al paese, è così? Mai?»
«Solo una volta. Rebecca, la sorellina di Lucas ebbe un forte attacco respiratorio...»
«Lei era tanto malata...»
«Sì. La bambina aveva cinque anni quando cominciarono a comparire i sintomi più forti. A volte, mentre giocava avanti lo chalet con le figlie di Stephen, faticava a respirare. Spesso perdeva i sensi.»
«Le fecero tutti gli esami?», chiede Luna curiosa.
«Sì, ma non riuscirono a capire di cosa si trattasse, i medici parlavano di una malattia ancora sconosciuta. La bambina era soggetta a infezioni continue che le procuravano un muco denso nelle vie respiratorie. Ma il primo attacco grave che le venne fu spaventoso. Rebecca aveva sette anni... era allo chalet con Lucas. Lucynda era ormai completamente assopita dai suoi interessi, dalla sua vita e dalla sua malattia mentale, stava giornate fuori, a volte in mezzo alla foresta o per il paese senza una meta. Louis era in città. I bambini aspettavano allo chalet l'arrivo di Stephen e la sua famiglia, quando improvvisamente quel pomeriggio d'estate la bambina non riuscì a espellere il muco né, di conseguenza, a respirare.»
«Lucas era dunque da solo, povero ragazzo!», afferma la donna sedendosi accanto a me.
«Lui aveva solo dodici anni. Così fuggì e venne a chiamarmi, non sapendo dove cercare la madre. Mi disse che la bambina aveva assunto in viso un colore ceruleo. Scappai, andai allo chalet facendo attenzione che nessuno mi vedesse. Entrai in casa e cercai di aiutare la bambina facendo una manovra sullo sterno. Dopo un bel po' di tentativi riuscii a farla liberare da quel muco. Le diedi la tisana di sambuco. Ci volle un po' prima che la bambina si riprendesse.»
«E la madre in tutto questo?», chiede la donna infastidita dall'atteggiamento di Lucynda.
Luna viene interrotta da un rumore.
«C'è qualcuno...», dice spaventata, sta per alzarsi, ma le tengo la mano.
«Mi hai promesso che non mi avresti lasciata sola, non andartene mai più», chiedo con le lacrime agli occhi.
Lei riprende un'espressione rilassata. Si volta verso l'opposta fila di pini. Cerca di capire chi sia stato a far rumore. Da dietro dei cespugli sbuca fuori la figura di Lucas, il quale lentamente si avvicina. La rossa mi si siede ancora accanto.
«Tesoro mio, è la prima volta che ti avvicini a me dopo tanti anni. Ti ho sempre visto passare, ma non ho potuto più toccarti. Sono felice», dico mentre con fatica sposto in avanti il mio corpo per abbracciarlo.
«Sono venuto a salutarti, nonna, volevo darti un bacio», dice Lucas con flebile voce.
Mio nipote non guarda Luna nemmeno per un secondo. Comincio a pensare che io sia l'unica a vederla, mentre la donna continua a osservarci proprio accanto a noi.
«So che mi vuoi bene, tesoro, l'ho sentito poco fa... l'ho avvertito», sussurro a Lucas.
Sembra quasi sorridere. Lui non lo fa da quando è bambino. Ha assunto questa posizione storpia dai tempi in cui la madre usava violenza su di lui. Da quando per punirlo lo prendeva dalle orecchie e lo spingeva a camminare per poi rinchiuderlo in punizione nello scantinato. Non parlava quasi più già dall'età di otto anni, o perlomeno non come un bambino "normale".
«Sei un uomo, oggi...», dico avvicinandomi al suo orecchio, «vivi!».
«Devo tornare da Rebecca, nonna...»
Sospiro, scuoto la testa, da questa sua risposta capisco che non riesce ancora a liberarsi dai suoi demoni.
«Sì, tesoro... vai, abbracciala da parte mia», dico per non ferire i suoi sentimenti.
Lucas si alza, mi osserva per qualche secondo. Senza nemmeno guardare in viso la donna, sussurra: «Ciao, Luna, stalle vicino.»
Se ne va, mentre perplessa guardo la donna, la quale, senza distogliere lo sguardo da me, ricambia il saluto... «Ciao, Lucas.»
Resto a fissarla per un paio di secondi. La donna, come se niente fosse, scrolla la gonna che le era rimasta impigliata sotto le cosce.
«Come fai a conoscere mio...»
Luna mi interrompe, mentre faccio caso che per la prima volta qualcun altro ha visto Luna. "Allora non sono pazza", penso.
«Cosa accadde dopo? Rebecca si riprese?»
Sospiro, ancora una volta la donna cambia argomento. Ormai rassegnata all'idea che Luna sia l'unica a tirare i fili di questo dialogo, continuo col racconto.
«Sì. Fu in quel momento che arrivò Stephen con la famiglia. Presa dal panico mi chiusi nello scantinato e mi nascosi dietro gli attrezzi per la pesca. Dissi a Lucas di non dire della mia presenza...»
«Continua, Adele.»
«Stephen corse a cercare Lucynda appena seppe da Lucas che Rebecca non si era sentita bene. La moglie rimase in casa a badare a tutti i bambini. A un tratto sentii delle voci...»
«Erano le figlie di Stephen che giocavano?»
«Sì, sentii la porta della cantina aprirsi, la madre urlò loro di fare attenzione alle scale di legno che scricchiolavano. La donna rimase con Rebecca, mentre le due gemelline iniziarono a nascondersi in cantina. Dal punto dov'ero nascosta riuscii a vederle. Erano bellissime e tanto dolci.»
«Elvira e Nala.»
La guardo un attimo in silenzio. Annuisco.
«Una delle due canticchiava qualcosa, non ricordo adesso la melodia, ma faceva più o meno così...: "Uno... due...tre... forza, nasconditi! Hai tempo fino al dieci!", se non ricordo male.»
Luna si alza d'improvviso, e, facendo un giro su stessa, continua canticchiando: «Sto per venirti a cercare. Ti troverò, forza... su giochiamo a nascondino... voi nascondetevi... io vi cercherò... e tutti vi troverò... pronti o no arriverò... e tutti vi troverò...»
«Quindi la conosci...», dico aggrottando la fronte.
«Oh! Sì...», risponde compiendo l'ultimo giro su se stessa. Incrociando le gambe si siede di fronte a me questa volta.
«Una delle due si nascose dentro la cesta dei panni sporchi, vi si rannicchiò dentro; l'altra gemella le si avvicinò di soppiatto. Lentamente, poi, aprì il coperchio di vimini... -Ti ho trovata- sussurrò.»
Luna ride mentre alza il volto verso la luna, continua a canticchiare... Si blocca poi, mi osserva e tornando a farsi seria, chiede: «Come hai fatto a tornare nella foresta senza farti vedere?»
«Di notte, mentre tutti dormivano, tentai di salire le scale della cantina, ma essa faceva rumore. Ricordo che Stephen si alzò dal letto mentre correndo tagliavo per lo slargo di fronte lo chalet; mi accorsi che si affacciò quando avevo appena superato la prima fila di pini.»
«Riuscisti a salvare Rebecca quel giorno... sei stata veramente premurosa, rischiando di farti trovare.»
«Quel giorno la salvai, ma l'indomani no. Quel giorno maledetto Rebecca ebbe una ricaduta, ancora peggiore della precedente. La sera prima la famiglia di Louis era rimasta allo chalet, perché lui, insieme ai genitori delle gemelle, doveva andare in città. La moglie di Stephen doveva fare una visita medica. I bambini sarebbero dovuti rimanere con Lucynda, ma...»
«Ecco perché quel giorno Lucas rimase solo con la sorella, perché la madre era fuori non si sa dove», dice Luna riflettendo.
«Sì. Morì tra le braccia di Lucas, mentre le sorelline giocavano fuori nello slargo. Lucas non riuscì a fermare l'attacco e non ebbe il tempo di chiamare me, perché fu rapido e incredibilmente forte, oltre che fatale. La bambina soffocò senza nessuna speranza di ripresa. Mio nipote urlava di espellere il muco, di provarci mentre la bambina, con gli occhi sgranati stava lì a fissare il fratello, senza riuscire a respirare, né a muoversi. Divenne subito di colore bluastro in viso, inarcò la testa verso indietro ma nulla riuscì a fermare il soffocamento. Pochi secondi e non ci fu via d'uscita.»
«Povero ragazzo, uno shock... da cui non si riprese mai più.»
«No, ancora oggi è convinto che lei sia ancora in camera sua... Le parla, la vede, le porta persino le medicine. Non si rende conto che lei non c'è più... Ormai è adulto, eppure fa tutto in funzione della sorellina, come se ancora lei gli fosse accanto.»
Luna riflette un attimo.
«Hai mai pensato, Adele, che forse siete stati voi a non capire le doti di questo ragazzo?»
Resto perplessa, lei continua: «Se ti dicessi che Lucas ha un dono? Che non è pazzo, né ossessionato dalla sorella...»
«Cosa vorresti dire?»
«Se Lucas vedesse veramente la sorella... Ci crederesti? Se Lucas fosse capace di vedere chi non c'è più... ti sembrerebbe una follia?»
Serro le labbra, resto in silenzio. Sorrido... Ma placo il mio sfogo appena mi rendo conto che la donna è seria.
«Non hai mai pensato che Lucas possa comunicare con i morti?»
Un fitto brivido percorre tutta la mia schiena. Rido istintivamente.
«No, Lucas... no... non vede nulla. Sta solo male, magari ha il gene della pazzia, come la nonna e la madre. Magari è trasmissibile questo gene. No, non ha alcun potere.»
La rossa stringe le labbra e annuisce.
«Quindi saresti pazza anche tu che vedi una lupa che non esiste o che viene vista in certe occasioni anche da altri piuttosto che sempre e da tutti. Saresti pazza perché senti i pensieri di chi ti sta vicino...»
«Come diavolo lo sai?», chiedo di colpo sgranando gli occhi.
«... E vedi me, svanire come fumo!», conclude scandendo le parole.
Resto scioccata, hanno rilevanza le sue parole, ma non capisco ancora dove voglia andare a parare.
«Fa' un ragionamento logico Adele, uno più uno fa sempre due...», dice la donna ironicamente. Si alza sgranchendosi le gambe. Le liscia con le mani chinandosi. Poi fa qualche passo e guarda ancora una volta la luna. D'improvviso svanisce come la prima volta, come fosse nebbia scompare dalla mia visuale... Cerco con lo sguardo in ogni punto, mi perdo nel guardare tutto, persino sopra la mia testa, il punto da dove era sbucata la prima volta, finché quella nebbia torna e si fa sempre più densa. Il suo viso mi appare chiaro di fronte al mio, è Luna, chinata sulle gambe a un centimetro da me.
«Che diavolo sta succedendo? Come fai a sparire e riapparire così, sto vaneggiando», dico portandomi i palmi sugli occhi per strofinarli.
Comincio a riflettere mentre il bellissimo viso punteggiato da piccole macchie color miele mi è ancora di fronte. Sorride Luna mentre mi fissa.
Penso allora alla reazione di Maria quando le ho chiesto dove fosse Luna e quella di Lucas nel salutarla poco prima. Mia sorella non l'ha vista, Lucas sembrava nemmeno finché non l'ha salutata pronunciando il suo nome. Mio nipote ha la facoltà, secondo quanto mi sta dicendo Luna, di vedere le persone morte...
Rifletto, rifletto ancora, mentre Luna perpetua il suo sorriso nella stessa posizione di prima.
«Lucas ti vede, come posso farlo io... ma mia sorella non ti ha vista... Riesci a sparire e ricomparire come nebbia. Sai cose che non ti ho mai raccontato in queste ore, ma soprattutto conosci vicende accadute tanto tempo fa, completi le mie frasi...»
Finalmente capisco... Osservo la donna, sono incredula, forse non sono pazza... Forse ho avuto la verità avanti agli occhi sin dal principio...
«Santo cielo!», esclamo.
«Finalmente hai capito, Adele...»
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