12. L'esilio

//Questo capitolo presenta descrizioni emotivamente forti//

«Sai perfettamente che non lo hai ucciso... Che non è stata colpa tua!», afferma certa Luna.

«Sì che lo è stata. Carmen veniva da noi e litigava spesso con Iosy, la quale le urlava contro: -Che ti lamenti a fare, almeno tu sei sposata!- mentre Maria tentava di calmarle col suo solito sorriso forzato. Cercava di farle ragionare, ma inutilmente. Tra urla e disperazione, osservavo incredula le donne che piangevano e si dimenavano, quasi si alzavano le mani. Carmen continuava a dire che essere madre era la vera benedizione e Iosy a dirle il contrario: -Avere l'uomo che ami accanto è la vera felicità- gridava rispondendole. Piangeva e stringeva a sé la crocetta di legno che portava al collo. -Ma guardati, sembri in lutto, e tutto per un uomo che ha sposato un'altra e l'ha messa incinta!- esclamò Carmen.»

«Sammy rimase subito incinta?»

«Sì, dopo nemmeno un mese e Iosy fu quella che per gli altri otto mesi le fu accanto aiutandola persino a lavarsi», rispondo con tono di pena.

«Incredibile!», Luna sospira.

«Era l'unico modo per restare accanto al pastore. Nonostante tutto lo amava ancora, e anche di più.»

«Maria riuscì a calmarle?», chiede curiosa la giovane donna mentre con un piccolo balzo si mette in piedi. Seguo con lo sguardo il suo movimento.

«No. Continuarono per ore. Io rimasi a osservarle mentre riempivo continuamente il bicchiere di vino rosso. Non so nemmeno quanto ne bevvi, so solo che era una sera d'estate e ricordo che la temperatura era alta, nonostante l'orario. Io bevevo e cominciai a sudare, come se l'alcool del vino aiutasse il mio corpo a espellere liquidi. L'ansia mi saliva sempre più. Non so se ciò era dovuto al vino o alle loro urla, ma avevo una bruttissima sensazione dentro. Improvvisamente bussarono con forza alla porta. Le donne si ammutolirono, mentre Maria andò ad aprire. -Sta per partorire, Adele, aiutaci!- comandò il reverendo entrando con rapidità. -Vengo con voi- disse Iosy, ma Maria la bloccò. Mi comandò di andare e spiegò che lei sarebbe rimasta con le mie sorelle, per calmarle. Avrei dovuto vedermela da sola.»

«Ma il parto andò male...», sussurra Luna.

«Mi accorsi subito che qualcosa non andava, probabilmente anche Sammy, perché pianse ancor prima di dare l'ultima spinta. Non riuscivo a farlo nascere, il bambino aveva la testa molto più grande del normale,  la donna continuava a perdere troppo sangue. Io cercavo di dilatarla con le mani. Ricordo che con i polsi mi asciugavo il sudore e le mani, che mi si paravano davanti, erano stracolme del liquido rosso. Volevo urlarle di fare un'ultima spinta, ma temevo che si sarebbe accorta del mio alito pungente per il vino. Rimasi con la bocca fitta, speravo che tutto le venisse naturale. E fu così, spinse per l'ultima volta e il bambino uscì. Presi una tovaglia, lo avvolsi senza farlo vedere a Sammy. La lasciai per un attimo che urlava e piangeva, aprii la porta e  porsi quel piccolo essere che muoveva appena la bocca...»

«Quindi era vivo!», esclama Luna.

«Per pochi minuti, mia cara... solo per pochi minuti! Il bambino era ceruleo. Ricordo che il religioso spostò di poco la tovaglia sporca di sangue e liquidi... Il bambino aveva avuto qualche problema durante il primo sviluppo... e questo gli fu evidente! Oltre alla smisurata testa, gli mancava un piedino, si accorse anche di qualcosa di strano nella mano, ma non riuscì a guardare. Lo avvolse nuovamente nella coperta, quando Gabriele già non respirava più.»

Il viso di Luna si incupisce...

«Sammy non riuscì mai a vedere Gabriele perché il reverendo fece chiamare Louis che portò il piccolo Gabriele via. Maria entrò lentamente in stanza, osservò con spavento tutto quel sangue tra le lenzuola. -Lavati le mani e torna a casa, ci penso io- mi ordinò. Sammy riuscì a salvarsi nonostante la grande quantità di sangue perso. Appena rinvenne chiese del bambino al marito. Non ho mai conosciuto la sua reazione nel sapere ciò che era accaduto, mi trovavo già a casa, mentre Louis, raggiunto poi da Maria, aveva già portato via il corpicino per sistemare la sepoltura.»

«Non lo hai ucciso... era malato! Non è stata colpa tua!», afferma Luna mentre porta all'altezza del suo odorato un mazzolino di margherite adagiate accanto la casetta.

«Se fossi stata sobria avrei saputo...»

«Cosa? Salvarlo? No, non avresti potuto!», mi interrompe la donna poggiando con violenza le margherite sulla roccia sporgente della casa. Si avvicina a me chinandosi. Mi prende per le mani.

«Santo cielo! Non è colpa tua.»

«Non è quello che credettero gli abitanti. Sammy non si riprese mai dallo shock. Un uomo le raccontò la verità su mia sorella e il reverendo. Convinse tutti che avevo premeditato ogni cosa, che avevo pensato a tutto per far pagare al reverendo tutta la sofferenza procurata a Iosy. Iniziarono tutti a chiamarmi "strega". Lo stesso reverendo scoprì che alcuni uomini del paese si erano organizzati per ammazzarmi, così avvisò Maria e Louis. Ricordo che sei giorni dopo la morte del piccolo, di sera iniziai a sentire uno strano vociare provenire dalla piazza centrale. Mi affacciai notando un grosso rogo al centro. Gli uomini tenevano il loro fucile in mano, alcuni l'accetta. Appena mi videro iniziarono a urlare dispregiativi e insulti. Mi definirono "vecchia", "strega", "mostro", per poi insultarmi e ricattarmi. Mi avrebbero uccisa e impalata al centro del rogo. Questa fu la loro promessa.»

«Così ti rifugiasti qui...»

«In realtà no. Avevo ancora il bicchiere di vino in mano, uscii dalla porta lasciandola aperta,  voltandomi, dopo pochi metri, lo scaraventai verso l'interno della casa prendendo la loro attenzione. Cominciai a camminare verso il centro, mentre tutti mi si attorniarono continuando a imprecarmi contro. In mezzo a loro vi era Sammy. -Assassina!- urlava.»

«Dio mio!» Luna scuote la testa. «Perché non sei fuggita?»

«Non mi importava di vivere. La mia vita non mi aveva mai permesso una gioia. Se uccidendomi  il loro odio verso la mia famiglia si fosse placato ero pronta a sacrificarmi.»

«Temevi potessero prendersela con le tue sorelle?»

«Sì, così mi diedi a loro. Mi puntarono i fucili, mentre due uomini mi legarono. Ricordo che stavano per dirigermi verso il rogo, quando correndo arrivò Thompson,  che allora era il capo della polizia, l'unico nel paese.»

«Un unico poliziotto... in paese?»

«Cosa vai cercando, mia cara? Thompson era lì per caso. Sposò la sorella di Lucynda! Solo per quello abitava lì.»

«Già... tutti parenti, una setta!»

Faccio uno scatto con la testa, chinandola verso un lato...

«Cercò di fermare la furia di quei pochi uomini. Non erano tanti, ma abbastanza da fermare il poliziotto a bastonate.»

«Cosa?» Luna resta perplessa, sconvolta alza i palmi delle mani.

«Gli ruppero tutte le ossa delle gambe. Motivo per cui negli anni, seppur sottoposto a vari interventi, rimase sulla sedia a rotelle.»

«Tu hai visto tutto?»

«Certo, ero lì, ancora legata e tenuta da due uomini. Non riuscii a dir nulla, osservai impietrita e in silenzio. Da lontano vidi delle figure avvicinarsi.»

«Chi erano?», chiede Luna riprendendo la posizione seduta accanto a me.

«Louis, accompagnato da Stephen.»

«Stephen, l'amico di Louis che veniva in vacanza?»

«Sì, la moglie aveva già due figlie piccole, più o meno avevano l'età di Rebecca... Due gemelle, Elvira e Nala. Rimase in disparte con Lucynda, che teneva in braccio Rebecca.»

«E Lucas?»

«Era dietro la madre, morto di paura... teneva la manina a Rebecca che penzolava dalla spalla della madre.»

«Cosa accadde?»

«Louis teneva un fucile a mano e quando lo puntò su quegli uomini, loro iniziarono ad abbassare i loro.»

«Louis da solo... contro sei uomini?»

«Era il padrone, nessuno avrebbe fatto qualcosa contro di lui. -Lasciate la donna- ordinò Stephen avvicinandosi con le mani alzate. -Ci penseremo noi a lei- continuò. Mi slegarono e Louis con l'amico mi portarono via. Le mogli si occuparono di aiutare il poliziotto, mentre Maria tenne i bambini.»

«Quindi in quel momento Lucynda era in sé?»

«In quei giorni sì, lo era... dolce e buona come in passato. Accarezzò Thompson e cercò di farlo alzare, ma non ci riuscì. Così, mentre la moglie di Stephen si occupò di tutti i bambini, Lucynda chiamò Dennys per farsi aiutare. I due portarono Thompson dentro casa di Carmen. Le sue condizioni erano gravissime, così mio cognato e mia sorella lo portarono in città, in ospedale, mentre Lucynda venne da me.»

«Dove ti portarono?»

«Louis mi lasciò vicino allo chalet, mi urlò contro che mi aveva salvata solo per volontà di Lucynda, ma che meritavo la morte. -Rimani in mezzo alla foresta, non farti vedere mai più, l'esilio ti terrà al sicuro, ma non ti aspettare più il mio aiuto!- esclamò. Stephen era già tornato in piazza e raggiunse la moglie e i bambini. Lucynda mi accompagnò poi nella foresta.»

«Così la casetta divenne la tua dimora e le piante i tuoi amici.»

Rimango in silenzio. Annuisco.

«Lucynda mi chiese cosa era accaduto a casa del reverendo, le dissi tutto, ogni cosa... Ricordo quella sera con grande dolore, ma anche con immensa gioia, perché fu l'ultima volta che vidi Lucynda in buono stato. Ricordo che mi abbracciò. -Qui sei a casa e io ti verrò a trovare ogni giorno, porterò i bambini così tu potrai vederli e crescerli con me, perché loro sono i tuoi nipoti e nulla può cambiare questo- mi sussurrò all'orecchio.»

«Sembra un'altra donna...»

«Già... invece era lei, era... l'altra lei, quella amata da Louis e da me. Ma durò poco.»

«Cosa accadde dopo?»

«C'era la luna piena, come stasera, rimanemmo a osservarla abbracciate per ore, finché Louis venne con i bambini. Rebecca mi si gettò addosso, Lucas mi si sedette accanto -Nonna, noi ti vogliamo bene- disse la piccola che abbracciai forte sotto gli occhi infastiditi di Louis. Lucynda gli ordinò di andarsene e che lei e i bambini sarebbero rimasti a dormire con me. L'uomo furibondo tornò a casa. -Tesoro, potrebbe essere pericoloso... e se venisse la lupa? Ci sono i bambini.- le spiegai.»

«E si presentò la lupa?»

«No, e mi parve un  miracolo, perché ogni volta che veniva Lucynda nel bosco, la bestia appariva.»

«Eh già... che strana coincidenza!», dice Luna sarcastica.

La osservai confusa. Luna mi fece segnale di continuare.

«Rimasero con me tutta la notte. Fu bellissimo osservarla mentre dormiva abbracciata ai suoi figli...»

«Quanto le durò questo benessere?»

«Pochi giorni ancora, poi tutto cambiò e questa volta per sempre.»

«Immaginavo...»

Resto in silenzio, Luna riflette...

«Sammy? Che fine fece?»

«Non riuscì mai a farsene una ragione. La perdita del piccolo la indebolì ogni giorno di più. Inutile lo sforzo del reverendo per farla riprendere. Iosy era sempre lì pronta ad aiutarla.»

«Non la odiava più?», chiede Luna perplessa.

«Aveva così tanto pregato che le succedesse qualcosa di male che si sentì la causa di ciò che le era capitato. Amava ancora il religioso, ma mia sorella era un'anima buona in fin dei conti e non riuscì più a odiare quella donna che le aveva portato via l'uomo, perché, secondo Iosy, non ero stata io a uccidere quel bambino, ma le sue preghiere. Si sentiva delusa da se stessa e chiedeva continuamente perdono a Dio. Le rimase accanto per tanto tempo cercando persino di aiutarla. Le andava a prendere le medicine, l'aiutava nelle pulizie, le faceva da mangiare. Sammy si lasciò così abbattere che da sola non faceva più nulla: non mangiò più, non dormiva, né si riprese mai. La notte usciva in piazza, scalza e con solo la sottana, urlava, piangeva, si dimenava e imprecava, contro quel Dio che il marito celebrava, e a volte contro di me, seppur non ero più in paese. Maria spesso l'aiutava a tornare a casa e Iosy era costretta a passare la notte con lei, mentre il marito dormiva sulla poltrona.»

«Non capisco, voleva Iosy nel letto e non il marito?», chiede Luna.

«Sì, perché il marito amava Dio, ma lei non più e incolpava anche Lui per quella perdita. Iosy ormai faceva parte della vita di Sammy che la vedeva come un'amica, nonostante avesse scoperto la storia passata tra i due. Il religioso non sopportava le imprecazioni della donna, per cui accettava di non dormire con lei.»

«Santo cielo! Si riprese mai?»

«Si impiccò poco dopo, il reverendo la trovò appesa a una corda, la stessa con cui mi avevano legata... Entrò ed era lì... agganciata al lampadario del soggiorno.»

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