11. Iosy

«Dio! Solo io so quanto ho pregato che arrivasse questo giorno. Passare oltre significherebbe smettere di soffrire...»

«Parli così... ma vivere... vivere è una benedizione», afferma Luna quasi infastidita.

«La morte, solo quella, sarà per me la vera benedizione. E lo sarà per tutti, vedrai...»

Luna scuote la testa. Sospira, le sue guance prendono uno strano colorito roseo, sembra arrabbiata... sembra ferita.

«Sai quanta gente avrebbe dato l'anima per vivere qualche giorno in più?», domanda con tono secco.

Resto in silenzio, un brivido percorre la mia schiena. Mi volto a guardarla, una lacrima sprofonda sulla stoffa del suo vestito, lei scrolla la mano, poi asciuga il viso.

«Vedi? Faccio soffrire chiunque mi incontri...», ammetto abbassando lo sguardo.

«Quindi credi che le mie lacrime siano causate dalle tue parole? No, Adele... No.»

«Parlami un po' di te... ti va? Non so quanto tempo mi resta, vorrei sapere qualcosa in più su di te, Luna.», spiego ostentando un sorriso. La donna serra le labbra e accenna una smorfia.

«Abbiamo qualche ora ancora.»

Annuisco. La donna continua...

«Parleremo anche di me. Non adesso.»

«Me lo prometti?», chiedo sorridendo.

Luna ride di gusto.

«Perché continui a richiedermi promesse?»

«Quando vidi per la prima volta mia madre prostituirsi il mondo mi crollò addosso. Lei si rivestì e quando l'uomo andò via mi raggiunse abbracciandomi con tutta la forza che le restava. -Promettimi che non farai la mia fine- richiese mia madre. Ricordo che stavo muta, finché mi scrollò e mi ordinò: -Promettilo!- insistette. Le feci cenno di sì. Quando il primo uomo mi possedette, il vuoto che provai fu immenso, non per la vergogna, non per il dolore... ma solo perché sentivo e percepivo di aver deluso mia madre che, seppur morta, ancora sovrastava la mia mente. Capii che avevo disonorato una promessa e che per questo non sarebbe accaduto mai più che non mantenessi fede alla parola data.»

«Per questo mi hai fatto promettere che sarebbe arrivata a breve la tua fine, seppur tu già ne eri consapevole. Perché tu lo sai già, non è così? Tu hai sempre conosciuta la data della tua...»

«Della mia morte! Sì!», affermo.

«E una promessa è un debito! È sacra... tanto quanto la fede», conferma Luna.

«Per me lo è, ma quanta importanza si dà alla promessa se persino un uomo di Dio non la mantiene?»

«Il reverendo?», chiede la giovane per un attimo confusa.

«Sì... Mia sorella si era data a lui perché il religioso non faceva altro che prometterle di sposarla...»

«E invece...»

«E invece lui sposò Sammy. La donna era venuta ad assistere al matrimonio del fratello. Si sedette in prima fila, accanto quello che era il posto in cui Iosy usava stare, per seguire da vicino l'uomo amato e le sue prediche. Ogni tanto Iosy arrossiva, quando il reverendo le porgeva il suo sguardo, ma dopo pochissimo capì che i suoi sorrisi e l'espressione felice non erano dovuti né a lei, né al matrimonio... Erano tutti rivolti a chi le sedeva accanto, quella donna.»

«Sammy, la sorella di Dennys...», dice Luna annuendo. 

«Iosy capì tutto subito, il cuore le si strinse  alla stregua di una spugna strizzata. Non riuscì a respirare, ricordo che divenne improvvisamente pallida, portò la sua mano sul seno, faticava a prendere fiato. Mi alzai lentamente, mi avvicinai a lei e la spinsi a uscire dalla chiesa. -Smettila! Ti stai uccidendo per un uomo che non ti merita- le urlai. Lei iniziò a piangere, respirava male, finché iniziarono a uscire tutti gli invitati. Tutti... all'infuori di Sammy e il reverendo. Ricordo che Iosy si fece forza e inalando l'ossigeno nervosamente entrò in chiesa cercandoli. Tentai di fermarla, ma non ci fu verso.»

«Li trovò insieme?»

«L'uomo aveva preso una rosa, tra i mazzi che abbellivano la chiesa. Composizioni che la stessa Iosy aveva creato per lui e la sua chiesa. La porse alla donna sussurrandole qualcosa all'orecchio. Bastò la visione di questo atteggiamento per far capire a Iosy che tutto sarebbe cambiato. Quanta sofferenza per questo amore non ricambiato. Mia sorella non poté farci nulla, rimase a osservare la storia come una malata terminale assiste alla sua malattia. Era convinta che ne sarebbe morta. E pure io. Dimagrì in pochissimi giorni, vestiva di nero, come in lutto e imperterrita continuava a pulire la chiesa e a stargli vicino.»

«Santo cielo, anche lei sofferente per amore!», esclama Luna incredula.

«Già, il destino di cui tu tanto parli è stato beffardo con noi tutte!»

La donna annuisce.

«Cosa accadde?»

«Una sera si recò in chiesa. Sentì strani rumori e lentamente si diresse verso di essi. Nella sala dietro la chiesa vi era la coppia. Iosy sporse la testa dalla porta facendo attenzione a non fare rumore e li vide...»

«Che facevano?»

«Si stavano baciando.»

«Oh! Mio Dio! Come reagì tua sorella?»

«Tornò indietro e fece sbattere la porta d'ingresso della chiesa per far capire che fosse entrato qualcuno. La coppia uscì dalla saletta entrando all'interno della sala centrale, ala in cui il religioso esercitava il suo lavoro. -Oh signorina Iosy, è lei... stavo facendo vedere la chiesa alla nostra ospite- disse il reverendo. "Signorina Iosy", non la chiamava più così dalla prima volta che erano finiti a letto insieme. Mia sorella era furibonda!»

«Immagino!»

«Tornò a casa e iniziò a camminare avanti e indietro dopo aver messo l'acqua a bollire per fare il tè. Io stavo facendo un bagno e quella sera Maria era andata a cena da Carmen e Dennys. Dentro eravamo solo noi due, dunque. Mi ero appena immersa nell'acqua e stavo cercando di rilassarmi tra i petali di rose che avevo fatto galleggiare nell'acqua. All'improvvisò sentii un botto tremendo, mi alzai rapidamente mettendo la prima vestaglia che trovai sulla sedia del bagno e corsi in cucina. Trovai Iosy con la mano ustionata e la finestra completamente rotta, in mille pezzi. Misi subito dell'olio sulla sua ferita e la coprii con della garza. Le chiesi che diavolo fosse successo, ma non rispose. Stava in assoluto silenzio, in piedi, immobile e con lo sguardo perso.»

Luna aggrotta le sopracciglia.

«Che cosa aveva fatto?»

«Lo capii solo quando, per andare a chiamare Maria, mi accorsi della pentola dell'acqua fuori dalla finestra, in strada.»

«Lo aveva gettato lei sulla finestra...»

«Già, stava facendo bollire l'acqua, ma invece di fare il tè, afferrò con rabbia il pentolino e lo scaraventò verso la finestra rompendola, l'acqua bollente le arrivò sulla mano, ustionandola.»

«Un colpo di ira...»

«Esattamente. Ma non fu quello il momento in cui ebbe il peggiore.»

La donna mi guarda perplessa.

«Dopo pochissimi giorni Iosy fece un bagno caldo e si profumò di olio di rose, uscì poi di casa. Capii subito che stava andando da lui, la seguii uscendo in strada e le gridai di fermarsi. Lei, però, si voltò appena e affrettando il passo se ne andò. Aveva le chiavi di casa del reverendo, lo trovò a letto, dormiva, così si spogliò e si rannicchiò accanto a lui. L'uomo si svegliò perché accarezzato da Iosy e se la ritrovò vicino. Iniziò a urlare di rivestirsi e che doveva tornare a casa. Iosy rimase scioccata -Ma... io ti amo, dovevamo sposarci- rispondeva mia sorella. Ma l'uomo, duro e deciso le chiese di restituirgli le chiavi di casa sua e le fece promettere che non sarebbe più tornata. -Dimenticami, io amo un'altra donna ormai- le disse. Iosy lo guardò ferita, lacrimò, prese le chiavi e gliele restituì. Si rivestì e scappò da quella casa correndo più forte possibile. Tornò che ancora l'aspettavo fuori, seduta sul gradino dell'entrata. Lei mi vide in lontananza, si fermò, per poi riprendere a correre e si gettò tra le mie braccia. La spinsi nella mia camera e la fece coricare nel mio letto. Mi ci sdraiai accanto e per tutta la notte le strinsi la mano.»

«Mamma mia, una tragedia dietro l'altra!»

Faccio cenno di aspettare e annuisco, continuo a raccontare.

«Dopo pochi mesi, sempre di sera, mia sorella, abituata com'era alla vita di prima, in cui era scontato andare in casa del reverendo, dopo cena non riuscì a dormire, così si alzò e uscì. Nessuna di noi sentì mia sorella andarsene. Un'oretta dopo, Carmen venne in casa, aprì con le chiavi e ci svegliò. Io e Maria pensammo fosse per una delle crisi col marito, ma in realtà era altro...»

«Che era successo?», chiede la rossa curiosa.

«Qualcuno era entrato dalla finestra della macelleria, riuscendola ad aprire senza molti sforzi, la serratura si era sganciata, e avevano rubato il coltello per tagliare la carne.»

«Non ci credo... era stata lei, vero?», dice Luna scuotendo la testa.

«Andammo nella stanza di Iosy per svegliarla, ma non la trovammo, per cui capimmo tutto. Aveva preso il coltello di Dennys, il suo preferito, quello più affilato, lungo venti centimetri e alto otto. Rapidamente si diresse a casa del reverendo, ma non poteva mai immaginare di trovare la finestra poco chiusa della stanza da letto, una candela accesa e... la coppia a letto.»

«No, no, no!», Luna ripete sempre più sconvolta.

«Nel frattempo chiamammo Dennys e insieme a lui ci dirigemmo dal reverendo. Trovammo mia sorella avanti la finestra. Tremava, teneva il coltello lucido e pulito in mano. Aveva gli occhi sgranati e lo sguardo perso, non batteva ciglio. -Avvicinati a lei senza fare rumore e tappale la bocca- ordinai a Dennys. Ma quell'uomo era troppo tozzo per non far sentire la sua presenza, mia sorella se ne accorse e improvvisamente mosse le palpebre. Chiuse gli occhi più volte, si voltò verso mio cognato, aveva la bocca aperta e si capiva essere disorientata. Mi avvicinai a lei lentamente dall'altro lato e mettendole la mano sulle labbra la spinsi via. -Shhh, sono io, shhh- le sussurrai. Riuscimmo a riportarla in casa e il religioso non si accorse mai di questa presenza in quel momento.»

«Iosy si riprese?»

«Per un po' non andò nemmeno in chiesa. Rimase chiusa in casa finché non si sentì pronta di riprendere la sua vita. Ciò che proprio non avrei mai creduto è che per farlo avesse comunque bisogno della presenza del suo amato.»

«Veramente?», chiede Luna molto provata.

«Sì, scelse la via più semplice, quella che Maria aveva preferito da sempre, restare sola, non sposarsi mai, né essere madre»

«Nessuna di voi lo fu.»

«No, il tuo amato destino non lo volle e so per certo che le mie sorelle finirono per credermi colpevole di questo.»

«Non lo hai scelto tu, né per te stessa né per loro.»

«Certo che no, ma come te lo spieghi che tutte noi, chi più e chi meno, rimanemmo sole e senza figli? Tu, che tanto sai sul destino, spiegami come sia possibile...»

«A tutto c'è una spiegazione...»

«Beh, se lo dici tu...»

«Come finì la storia tra loro due?»

«Mi disse che avrebbe continuato a restargli accanto -Non lo avrò mai più, ma non lo lascerò solo- mi spiegò un giorno. Non ci potevo credere! Quell'amore era malato, era un'ossessione per lei. Eppure incessantemente gli stava accanto. Persino il giorno del matrimonio tra il reverendo e la donna. Iosy era lì in prima fila. Sorrideva, perché per l'apparenza doveva far finta di niente... Ma dentro di sé la sua anima stava lentamente morendo. Ogni sorriso che faceva si rivelava falso, o non lo era solo quando immaginava d'esser lei in abito da sposa accanto al suo amore più folle!»

«Incredibile!»

«Già, ma nessuno di noi poteva capire, sebbene avevamo vissuto più o meno le stesse sofferenze, perché il suo fu l'amore più grande e invasivo, quello che entra dentro l'anima e ti rende un mostro se il cuore viene ferito. Osservavo mia sorella e capii che qualcosa le frullava in mente. Fissava il crocifisso ma la sua anima stava patteggiando col diavolo.»

«Stava facendo un patto col male? In che senso?»

«Pregava, ma contro il reverendo e contro la donna che era appena diventata sua moglie, pregava... pregava! Sperava che qualcosa potesse andare storto, bramava vendetta, e solo allora avrebbe potuto trovare la pace, solo se il suo cuore sarebbe stato vendicato. Le sue preghiere portarono a una tragedia in pochissimo tempo.»

«Ma tu non ne hai colpa...»

Faccio uno scatto con la testa, mugugno qualcosa... Luna si avvicina al mio viso...

«Guardami bene in faccia... NON è stata colpa tua!»

«Io ho ucciso il figlio del reverendo... e non sono colpevole?»

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